domenica 1 gennaio 2023

Ritorno sul Don, parte 6

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Mi fanno risalire in macchina e scendiamo lentamente per la strada che va verso la chiesa; da questa strada dove, dopo ore e ore di battaglia, il generale Reverberi e un gruppo di disperati hanno trascinato la massa che aspettava. Per questa strada, tra queste isbe che fanno da quinta, e la chiesa da fondale. É stata la porta che abbiamo aperto per arrivare a baita. Qui, davanti a questa chiesa, con Baroni ho chiamato quelli che mai più sarebbero venuti avanti; e il tenente Zanotelli diceva: - Ma dove sono tutti? Vestone! Vestone! - Il freddo, la notte e il silenzio erano scesi su questo villaggio. E gli alpini morti restavano nella neve. [...]

Quelle lunghe marce, eterne, senza soste, senza cibo, con i congelati che restavano ai lati della pista, con i feriti che morivano sulle slitte, con i sopravvissuti che si trascinavano. Neve cielo, notte giorno, neve cielo. Ma come abbiamo potuto? Dopo ore di corsa con la Volga incontriamo un villaggio, dopo ore un altro, e quando arriviamo a Sebekino è vicina la mezzanotte. Tutte le porte e le case sono chiuse; ma rivedo le isbe che ci hanno accolto dopo quei diciassette giorni di marcia dal Don. [...] Ma è possibile? Ma come è stato possibile?

Ho visto Kiev e Charkov; le università, gli alberghi, i negozi, i monumenti a Lenin, le piazze, le chiese, i musei. A lungo mi sono soffermato in una sala dove erano esposte molte armi della nostra guerra, bandiere naziste e, in una vetrina, alla rinfusa, croci di ferro di ogni classe, spalline di generali e un bastone di maresciallo. [...]

Al funzionario dell'Inturist, in albergo, dico del mio desiderio di ritornare ancora una volta sui campi di battaglia. [...] tra l'altro arrivare laggiù, dove ero il primo inverno con il Cervino, o dove il 10 settembre il Vestone fu distrutto, è troppo lontano. - Sul Don, - dico, - desidero andare. Loro si sono già informati e mi spiegano che invece di rifare la strada per Valuichi è molto meglio arrivare a Rossoch scendendo da Alessievka perché la strada è asfaltata per bel tratto; non sanno, invece, come sarà verso Rossoch e il Don. Cosi, a un primo conteggio, i chilometri sono circa novecento. Ce la faremo? [...]

La strada corre diritta: sale, scende, risale, ridiscende; i limiti dei kolcos sono segnati da insegne con il nome e il numero. Terre arate, terre seminate: nero, verde. Rosso di foreste di querce, bianco verticale di betulle con le chiome d'oro. Stagni con oche bianche e vaporose, pascoli con mandrie bicolori. La sorpresa in una balca è un gregge di pecore. Dopo Alessjevka il paesaggio cambia; diventa più selvaggio, ampie zone non sono coltivate, i villaggi sembrano più poveri; la strada è una pista di terra battuta che sovente dobbiamo lasciare per i lavori in corso sul fondo delle balche. Piccole mandrie di cavalli girano libere nei pascoli; corsi d'acqua si impaludano. - Fermati, - dico a Boris, - qui vorrei scendere.

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