lunedì 23 gennaio 2023

Cronaca di una sconfitta annunciata, 22.01.43

Cronaca di una sconfitta annunciata; dall'11 dicembre 1942 al 31 gennaio 1943, giorno per giorno, la cronistoria dell'ARMIR durante l'offensiva sovietica "Piccolo Saturno". Tratto da "Le operazioni delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943), edito dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

22 GENNAIO.

DIFESA DI VOROSCILOVGRAD E DI UN ALTRO SETTORE SUL DONEZ.

Alle ore 4 del 22 gennaio il nemico attaccava da est, da nord e da ovest l'abitato di Iljevka, impiegando due battaglioni rinforzati da partigiani. Iljevka veniva circondata e vi si sacrificavano la maggior parte del III/38°, compreso il suo comandante, e quasi tutti gli ufficiali. Alle ore 8 rimanevano disponibili solamente una compagnia, altri elementi superstiti, reparti di artiglieri e del III battaglione mortai divisionale, che stavano tentando d'impedire il dilagamento del nemico in direzione di Novo Svetlova e di Voroscilovgrad. Un battaglione sovietico e centinaia di partigiani attaccavano Ivanovka, arrestati dalle azioni di fuoco della difesa. Al Comando della Sezione d'Armata veniva segnalato l'assottigliamento numerico dei reparti e veniva anche rappresentata la situazione di spossatezza dei combattenti dopo tre giorni continui di lotta allo scoperto con temperature oscillanti intorno ai - 40°.

Il Generale Fretter Pico invitava a fare ancora quanto era umanamente possibile, in attesa di unità corazzate. Queste giungevano alle ore 13,30 del 22 gennaio e da Ivanovka puntavano su Kruscilovka, seguite dai fanti della Ravenna, che rioccupavano quella località nella stessa serata.

RIPIEGAMENTO DEL CORPO D'ARMATA ALPINO (17-31 GENNAIO).

Nella notte sul 22 gennaio il Comando del Gruppo di Armate «B» attraverso la radio del XXIV Corpo, indicava Nikitovka quale punto di sbocco del Corpo d'Armata entro le linee amiche, fatto che richiedeva una parziale modifica dell'itinerario previsto. La via più breve da percorrere per raggiungere la località indicata sarebbe passata per Varvarovka, località che era ritenuta occupata, in quanto situata nella valle della Tciornaja Kalitva. Ma il breve tempo disponibile non consentiva di variare gli ordini precedentemente impartiti ed il Generale Nasci, pertanto, decideva di puntare ugualmente su Sceliakino, aggirando Varvarovka da sud.

L'avanguardia della Divisione Tridentina (6° alpini) raggiungeva alle ore 10 una sella dominante l'abitato di Sceljakino, accolta da violento fuoco. I battaglioni alpini Vestone e Val Chiese ed i carri armati tedeschi, appoggiati dai gruppi Bergamo e Vicenza, muovevano all'attacco. Il battaglione Edolo (5° alpini) svolgeva un'azione aggirante per la sinistra; ma l'arrivo nel paese dei carri armati del nemico faceva temere un rovesciamento della situazione, che era tuttavia superata dalla tenacia e dalla saldezza d'animo dei reparti.

Immobilizzata una parte dei carri del nemico, ridotta al silenzio la sua artiglieria, snidati i difensori sovietici dalle case, pronunciatasi l'azione aggirante dell'Edolo, il paese veniva sgomberato dall'avversario, che subiva gravi perdite, ed occupato dagli alpini. All'imbrunire la colonna proseguiva su Ladomirovka, raggiunta nella notte. Durante la marcia nuove forze sovietiche, in parte corazzate, sopraggiungevano da sud, investendo la colonna sul fianco. Per non essere travolta, la colonna deviava su Varvarovka, dove il battaglione Morbegno, scontratosi con altri reparti nemici provenienti da nord, si impegnava in una cruenta lotta e si sacrificava per dare modo al resto della colonna di salvarsi deviando verso ovest.

La Divisione Vicenza si rimetteva in marcia nella notte, con tre semoventi tedeschi, quasi privi di munizioni. Giunta a Sceljakino, la trovava fortemente presidiata da unità motocorazzate nemiche, ritornate a schierarsi sul posto dopo essere state allontanate dalla Tridentina. Un primo attacco mosso dai resti del II/277° veniva respinto e doveva essere ripreso dall'intera colonna, con l'appoggio dei semoventi tedeschi. La colonna italiana penetrava nell'abitato, immobilizzava i carri armati sovietici, sconvolgeva gli apprestamenti difensivi, ma nuove forze russe attaccavano la coda della colonna distruggendo il Quartier Generale della Divisione ed una aliquota del CLVI battaglione mitraglieri divisionale.

L'azione della Vicenza era servita a svincolare reparti della Tridentina e tedeschi. Alle prime luci la Divisione Cuneense riprendeva la marcia su Lymarevka, raggiungendola alle ore 12. Il 1° alpini si univa alla colonna, ma veniva attaccato da tre carri armati russi. Superato l'attacco, il reggimento sostava a Lymarevka. II resto della Divisione proseguiva su Novo Dmitrovka, che, occupata dal nemico, veniva conquistata dal battaglione Dronero e dal IV battaglione misto genio. La Divisione subiva la perdita di centinaia di alpini rimasti assiderati lungo l'itinerario. Alla sera il Comandante della Divisione dava facoltà, a chi intendesse valersene, di lasciare la colonna per tentare di salvarsi isolatamente.

Il movimento della Divisione Julia diveniva più faticoso e pesante. Al mattino i resti dell'8° alpini, nella zona di Novo Georgevskij, venivano raggiunti, circondati e catturati dal nemico. Nella giornata il Comando della Divisione raggiungeva la zona di Sceliakino, dove anch'esso veniva circondato ed attaccato da forze nemiche. Alla fine della giornata, quanto rimaneva del Corpo d'Armata Alpino si trovava incolonnato su di un solo itinerario. La situazione si presentava estremamente confusa per l'addensamento di parecchie migliaia di uomini, tra i quali numerosissimi sbandati tedeschi ed ungheresi. Slitte ed impedimenta sostavano nell'abitato, parzialmente in fiamme e battuto dai cannoni dei carri armati nemici.

I sovietici, sempre informati sulle dislocazioni e sulle direzioni di marcia dei vari scaglioni, consapevoli della necessità dei reparti avversari di sostare al coperto per attenuare le difficoltà climatologiche, impiegando reparti motorizzati precedevano le unità in ripiegamento nell'occupazione degli abitati ubicati sugli itinerari. La lotta per impossessarsi degli abitati stessi era necessità vitale per poter sopravvivere al riparo dal gelo. Altri reparti nemici attaccavano le colonne sui fianchi, cercavano di frazionare le code delle colonne, catturavano i ritardatari consegnandoli nelle mani dei partigiani.

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