martedì 11 giugno 2019

Una campagna fatale

Una campagna fatale, Russia: 1941-43; intervento dello storico Riccardo Maffei sull'Operazione Barbarossa e sulla partecipazione italiana alla campagna di Russia.

Premessa metodologica: Quale campagna di Russia? Riflessioni sul conflitto tedesco-sovietico tra immaginario collettivo e controversie storiografiche.

Il 22 giugno 1941 la Germania nazionalsocialista di Adolf Hitler attaccò l'Unione Sovietica di Jozif Stalin sulla base dei piani contenuti nella direttiva n. 21, meglio nota come Operazione Barbarossa, con l'obiettivo di annientare il bolscevismo e ristrutturare radicalmente con metodi brutali i territori conquistati fino al fiume Volga come previsto dal cosiddetto Generalplan Ost.

Pochi giorni dopo l'aggressione l'Italia fascista di Benito Mussolini seguì l'alleato perché “non poteva essere assente da una guerra anticomunista”, come dichiarò il duce. La guerra, dopo gli iniziali clamorosi successi, prese un'altra piega.

Il 25 luglio 1943 il fascismo crollò sotto il peso di un conflitto al quale non era in grado di far fronte. Il 30 aprile 1945 Hitler si suicidava mentre l'Armata Rossa combatteva tra le rovine di Berlino contro ciò che restava dell'esercito tedesco.

La guerra sul fronte orientale si era ritorta contro gli aggressori trasformandosi in un enorme carnaio e aprendo le porte alla sconfitta dei regimi che l'avevano scatenata.

Con la fine della guerra la vittoria sovietica contro la Germania assunse un significato addirittura epico e leggendario poiché simboleggiava la superiorità del comunismo, l'indispensabile apporto del regime staliniano alla coalizione antifascista, sanzionava la criminale condotta della guerra da parte dei nazi-fascisti ma, soprattutto, il carattere provvidenziale delle politiche staliniane, che avevano reso l'Urss in grado di resistere ai colpi delle armate hitleriane senza crollare su se stessa.

La condotta criminale della guerra da parte della Germania nazionalsocialista fu stigmatizzata e illustrata durante il processo di Norimberga.

Lontano dai campi di battaglia e dalle aule del tribunale di Norimberga, ma non dalle polemiche della guerra fredda, gli storici iniziarono a ricostruire, con i documenti alla mano (fino al 1991 principalmente sui documenti tedeschi), gli eventi proponendosi di riesaminare le cause e le origini della guerra tedesco-sovietica del 1941-45.

Il loro lavoro iniziò a scontrarsi con le reticenze dei governi, con le memorie divise di vincitori e vinti, con le strumentalizzazioni dettate dal realismo politico (Realpolitik) nonché col mito, assai potente nel secondo dopoguerra, dell'Urss come nazione che aveva distrutto il nazismo e “liberato” gran parte dell'Europa centro-orientale.

Già al tempo del processo di Norimberga un selezionato gruppo di ufficiali anglo-americani, coadiuvati da francesi e sovietici, ebbe la possibilità di esaminare gli archivi tedeschi e di interrogare militari e civili, gerarchi e gregari tedeschi preparando, a tempo di record, il materiale che avrebbe sostanziato le accuse del tribunale militare internazionale (R. J. Overy, Interrogatori. Come gli alleati hanno scoperto la terribile realtà del Terzo Reich, tr. it., Milano, Mondadori, 2003).

La pubblicazione degli atti processuali fornì alla comunità internazionale degli storici una prima documentazione sulla condotta della guerra e della diplomazia da parte dell'Asse (International Military Tribunal, Nuremberg).

Lo stesso avvenne a Tokyo con il processo contro i leader politici e militari del Giappone imperiale. Anche in questo caso la documentazione raccolta fu pubblicata e resa disponibile al pubblico e agli storici (International Military Tribunal for the Far East, Tokyo).

Ovviamente, non tutto venne reso accessibile agli storici e per decenni il materiale catturato dagli alleati negli archivi ministeriali dell'Asse (Captured German and Related Records on Microfilm in the National Archives; German Foreign Ministry and other captured enemy documents from the Second World War) fu posto lontano da occhi indiscreti in attesa che le procedure burocratiche e il trascorrere del tempo rendessero tali carte consultabili e/o innocue.

Già con le prime fasi della guerra fredda parte di questo materiale venne usato a fini propagandistici, come nel caso della pubblicazione – da parte del governo statunitense – dei documenti provenienti dagli archivi diplomatici tedeschi relativi alle relazioni tedesco-sovietiche tra il 1939 ed il 1941 (Nazi-Soviet Relations 1939-1941. Documents from the Archives of the German Foreign Office, Washington D.C., GPO, 1948).

Fu in tale occasione che venne resa nota l'esistenza del protocollo segreto stipulato tra Berlino e Mosca per la spartizione dell'Europa orientale alla vigilia dello scoppio della Seconda guerra mondiale. Ovviamente Mosca negò l'esistenza del documento e pubblicò una contestazione formale dei documenti divulgati dagli Stati Uniti, accusati di falsificare la storia (Fal'sifikatory istorii (istoriceskaja Spravka), Moskva, 1948).

Nonostante la restituzione dei documenti catturati e microfilmati dagli alleati alle nazioni sconfitte e la pubblicazione dei documenti diplomatici tedeschi (Documents on German Foreign Policy), a cura di una commissione storica internazionale, ciò che era avvenuto sul fronte orientale restò una materia incandescente per gli storici e vincolata a veti, censure e ricostruzioni di parte.

Soltanto lentamente, man mano che i documenti venivano pubblicati o resi accessibili negli archivi, era possibile per gli storici precisare, delineare, ricostruire criticamente le dinamiche degli eventi e potersi così confrontare con la memorialistica e le ricostruzioni interessate circolanti allora (A. Dallin, German Rule in Russia, 1941-1945, London, 1957; G. Reitlinger, The House built on Sand, New York, 1960).

Di tutti gli archivi esistenti gli unici ad essere rigorosamente chiusi, ad eccezione dei pochi storici autorizzati e vincolati a non citare indicazioni o riferimenti al materiale consultato oltre ad essere graditi al regime comunista, erano proprio quelli dell'Urss.

venerdì 7 giugno 2019

Il reduce dell'Armata Rossa

In un anniversario così significativo ed importante come il 75° dello sbarco in Normandia, io voglio ricordare TUTTI i soldati che presero parte a quella tremenda guerra. Qui raffigurato un reduce dell'Armata Rossa conosciuto di persona nel 2016; fiero della bandiera per la quale aveva combattuto e rischiato la vita più volte, ci ha raccontato alcuni episodi che lo videro protagonista. Al di là delle ideologie e delle proprie convinzioni personali, credo che ogni persona che sente saldi nel cuore e nella testa certi valori, debba sempre portare estremo rispetto per tutti questi uomini e queste donne che servirono, nel bene o nel male, il proprio paese; chi si scaglia contro questo o quel SOLDATO credo non abbia proprio capito nulla del loro sacrificio; chi oggi da dietro una tastiera non porta rispetto per tutti i SOLDATI non ha la minima idea di ciò che queste persone dovettero affrontare in quei giorni tragici. Per questo seppur allora nemico quest'uomo rappresenta per me l'onore, il sacrificio e la dedizione per la propria bandiera ed il proprio paese.