giovedì 27 gennaio 2022

Cartina del 30° Batt. Guastatori Alpino

Ricevo e pubblico questa bellissima testimonianza storica donatami del gentilissimo Colonnello Pirola che segue questa pagina; è la cartina rappresentata su un cartoncino natalizio autografato anche da Vincio Delleani, autore del bel libro "Non vogliamo encomi - Cronache del XXX Battaglione Guastatori nella Campagna di Russia 1942-1943".

Cita testualmente... "Il ripiegamento del 30° Btg. Guastatori del Genio per Corpo d'Armata Alpino sul Fronte Russo - 15۰31 gennaio 1943" ... "Nel corso degli incalzanti attacchi nemici superasti in 15 giorni di combattimenti caddero 326 guastatori alpini per primo il loro comandante. I superstiti furono 146".

Il Corpo d'Armata Alpino non si arrende, 1

Il Corpo d'Armata Alpino non si arrende, di Julius Bogatasvo - prima parte.

La sera del 15 gennaio 1943, il tenente Angelo Damini della 34a batteria del gruppo Udine uscì dalla località chiamata "Trebbia osservatorio" per raggiungere il comando dell'8° Reggimento alpini Julia. C'era un gelo tremendo, senza speranza. I soldati della 34a batteria (erano partiti dall'Italia al comando del capitano Lubrani) non battevano neanche più i denti tant'erano rassegnati, loro, come i commilitoni dell'8° cui erano stati aggregati. Quella sera, quando so lo vide capitare davanti, il comandante dell'8°, il colonnello Cimolino, chiese bruscamente al giovane tenente: "Qualcosa di nuovo?". "No, signor colonnello, nulla da segnalare" rispose l'altro.

Il volto del giovanotto di Cavaso del Tomba, in quel di Treviso, era calmo. Il fronte non esisteva praticamente più, i Russi avevano sfondato da giorni, più in là, dov'erano schierati i fanti, ma qui, fra gli alpini, la situazione poteva dirsi ancora sotto controllo. Solo fra quelli dell'8° s'erano registrati morti e feriti: 14 "penne mozze" e 42 "penne ferite". In quel settore, lungo la linea, c'era schierato il Tolmezzo, seguito dal Cividale e da una compagnia cannoni. Il terzo battaglione dell'8°, vale a dire il Gemona si trovava invece nel settore del 9° Reggimento, oltre il caposaldo che portava il nome di "Selenior". I Tedeschi avevano ripiegato abbandonando in fretta una posizione per coprire la quale era stato mandato a sud il battaglione Val Cismon del capitano Valente: il battaglione si era cosi trovato, dall'originario settore del 9° in quello dell'8°...

Il colonnello, dopo la risposta di Damini, non aveva aperto bocca; continuava a guardar fisso dinanzi a sè, sembrava non badare nemmeno al giovane, assorto in chissà quali pensieri, con l'aria preoccupata e due profonde rughe agli angoli delle labbra. "Decisamente è di umor nero", pensò Damini. Il silenzio ormai era pesante; da quando aveva finito di parlare erano trascorsi ormai almeno un paio di minuti senza che il colonnello avesse fatto un minimo tentativo di aprir bocca. "... uhm; qui le cose devono andare piuttosto maluccio", riflettè ancora Angelo Damini; era prima volta, infatti, che il colonnello l'aveva ascoltato senza interromperlo e, soprattutto, che alla fine dell'esposizione non avesse sbraitato qualcosa... beh, questo era fuori di ogni consuetudine.

Ma forse Damini aveva compreso il motivo dell'umore funereo del suo superiore: quella stessa mattina gli osservatori avevano segnalato il passaggio indisturbato di un gruppo folto di carri medi russi; saranno stati circa quattordici; li avevano scorti, mentre filavano a tutto gas sollevando ondate di neve gelata, quelli del comando del Corpo d'Armata Alpino di Rossosch, vale a dire circa venti chilometri alle spalle dei reparti schierati in linea... Forse era questa la ragione? Ma una decina o poco più di carri è poca cosa; in quella guerra era già capitato altre volte: certo, destava perplessità il fatto che fossero piombati alle spalle dello stesso comando di corpo d'armata, ma dopo tutto in quella piana i carri armati erano padroni, almeno finchè qualche ben centrato tiro d'artiglieria li immobilizzava per sempre. Anzi, per quanto ricordava lo stesso Damini di quei carri non dovevano esserne tornati molti alle basi, forse un paio, non certo di più, perchè altri alpini avevano riferito che le cannonate "li avevano sistemati a dovere". E allora, perchè il colonnello si mostrava cosi preoccupato?

Mah... il fronte in quei giorni era un guazzabuglio. Non si riusciva a capir nulla; mentre qui si cacciava il naso fuori per vedere il solito tran-tran, poco più in là, all'insaputa di tutti, con i collegamenti tagliati dall'accerchiamento, alcuni settori subivano pressioni insostenibili. Quella guerra era proprio cosi: imprevedibile. Era tutto un gioco di sacche e controsacche: io accerchio te, tu accerchi me e quelli che prima sono gli assediati diventano di colpo gli assedianti. Poi tutte quelle notizie semiufficiali e le fantasticherie della "voce del fante", di "radio scarpa" o "radio Naja"... che giungevano a confondere ancora di più le idee!

Si parlava per esempio di modernissime divisioni corazzate in arrivo dalla Germania dotate di carri strabilianti, tali da surclassare in un attimo i pur possenti T 34 sovietici. Si raccontava di armi in grado di contrastare le "katiusce", di nuove truppe che sarebbero affluite all'est. Se ne dicevano, insomma, tante e tante che il semplice alpino non ci capiva più nulla e meno che mai arrivavano a comprendere gli ufficiali inferiori. Chissà se quelli di grado più elevato, loro, ci capivano qualcosa? Ma... ecco: finalmente il colonnello Cimolino sembrò scuotersi dalle sue osservazioni "solitarie" e aprì bocca: "Chiedi notizie alla Cuneense, alla nostra sinistra" disse bruscamente al tenente Angelo Damini; "telefona al capitano Brigento, al comando divisione, fa' un salto al comando del 9°... coordina le notizie e riferiscimi subito... ". Poi, dopo un istante di pausa: "... ho la sensazione che le cose non vadano troppo bene per noi".

Il tenente parve stupito, ma portata la mano alla fronte girò su se stesso e si precipitò fuori per assolvere ai nuovi compiti. Correre, telefonare, recarsi al comando del 9° fu tutt'uno. Si sentiva le ali ai piedi e una gran curiosità di sapere quello stava succedendo. Ebbe un breve il colonnello Lavizzari, poi, via, di nuovo fuori nel gelo. Quelli della Cuneense, di Battisti, avevano appena finito di respingere un forte attacco russo; nel settore del 9° invece, niente da segnalare; scaramucce; ma c'era un piccolo particolare: dal comando della Tridentina avevano avvisato che probabilmente i Russi stavano per macchinare qualcosa ai loro danni; o forse la mossa era diretta contro gli Ungheresi, schierati immediatamente a sinistra della divisione di Reverberi, il "general nervous", soprannominato affettuosamente dai suoi alpini "gazzousa"...

Piuttosto, però... ecco, il pericolo veniva da sud: non si sapeva niente preciso, ma tutte quelle voci di "consolidamenti su nuove linee di resistenza", "rettifiche di settore", "valorosi combattimenti" sostenuti dai Tedeschi, non indicavano nulla di buono, niente di positivo: questo era il dato più importante. Quando Cimolino sentì quello che Damini aveva da dirgli, divenne ancora più aggrondato: si mise a camminare su e giù per l'isba che gli faceva da comando, le mani serrate dietro la schiena. "Caro Damini", sbottò infine, "dobbiamo prepararci al peggio. Questa è una guerraccia. Manchiamo di onestà e lealtà da parte dei comandi superiori. Ma dicano perdio una buona volta come stanno le cose, senza reticenze!". Una pausa: il viso del colonnello s'era fatto congestionato, rosso per la rabbia accumulata in tutti quei mesi e che adesso gli veniva fuori tutta d'un colpo, violenta.

mercoledì 26 gennaio 2022

Il viaggio del 2011, Nikolajewka

Immagini del mio primo viaggio "esplorativo" effettuato nel 2011... il vero sottopassaggio di Nikolajewka, visto dalla parte italiana. Premetto che è stato sicuramente rimodernato e che anche io stentavo a crederlo, ma all'epoca fu proprio il professor Alim Morovoz ad indicarcelo e a dirci che quello che tutti conosciamo viene mostrato agli italiani da sempre perché risulta essere più caratteristico. Lo dico sinceramente: nessuno gli credette troppo perché a tutti noi sembrava impossibile che fosse così... così diverso. Poi negli anni confrontando le cartine dell'epoca, le testimonianze e parlando anche con alcune persone più esperte di me, arrivammo alla conclusione che questo era proprio il famoso sottopassaggio.

Il viaggio del 2011, Nikitowka

Immagini del mio primo viaggio "esplorativo" effettuato nel 2011... tramonto a Nikitowka.



Raul... Raul Achilli

"Questo è stato il 26 gennaio 1943... Anche Raul mi ha lasciato quel giorno. Raul, il primo amico della vita militare. Era su un carro armato e nel saltar giú per andare ancora avanti, verso baita ancora un poco, prese una raffica e morí sulla neve. Raul, che alla sera prima di dormire cantava sempre: «Buona notte mio amore». E che una volta, al corso sciatori, mi fece quasi piangere leggendomi Il lamento della Madonna di Jacopone da Todi... ".

Dovevo e volevo essere oggi ancora una volta a Nikolajewka... sono venuto qui a salutare Raul Achilli, almeno questo.

martedì 25 gennaio 2022

Russia 2013... 2018... 2020

Russia 2013, Russia 2018 e Russia 2020... per tre volte ho ripercorso la lunga strada della ritirata dal Don a Nikolajewka con amici diversi. Domani è Nikolajewka e domani sarei dovuto essere ancora una volta là. Non mi resta che il ricordo e la speranza di poter ripercorrere ancora una volta quella strada nell'80° anniversario di quella che fu la ritirata per tutti ma che non fu l'unica!





giovedì 20 gennaio 2022

Le fotografie di Mario Bagnasco, 14

Le fotografie di Mario Bagnasco, Primo Capo Squadra o Capo Squadra della Legione CC.NN. "Valle Scrivia".

"Prigionieri verso le retrovie".

Il viaggio del 2011, Nikitowka

Immagini del mio primo viaggio "esplorativo" effettuato nel 2011... Nikitowka e dintorni.











mercoledì 19 gennaio 2022

Rispetto

Non sono soldati italiani, ma per me fa lo stesso... sono soldati ungheresi caduti nella zona di Stalingrado. La fotografia è abbastanza famosa e rende purtroppo bene l'idea di quella che fu la sconfitta delle forze dell'Asse in Russia. Ma a prescindere, potrebbero essere anche italiani o russi o tedeschi o rumeni, e per me meritano tutti quanti rispetto. Erano soldati e solo per questo lo meritano, tutti quanti. Ognuno di loro aveva qualcuno a casa che lo aspettava e anche loro meritano rispetto, soprattutto da parte di chi non ha vissuto sulla propria pelle tutto quanto.

Immagini, la ritirata

Sono i giorni della più famosa delle ritirate di Russia, la più famosa ma non l'unica... vengono scritte tante parole, tanti post, tante testimonianze e risulta così difficile riuscire ad aggiungere dell'altro a tutto ciò. Allora ecco che lascio ad una fotografia per me inedita, recuperata su un forum, il senso di quella che fu per il nostro esercito la più grande tragedia mai subita (a mio avviso anche peggio di Caporetto) e quella che fu per ognuno dei protagonisti forse la più grande tragedia personale. Non si vede un uomo in faccia, ma basta vederli di spalle, vederne le condizioni per comprendere cosa passarono in questi stessi giorni di 79 anni fa.

sabato 15 gennaio 2022

Un ricordo dal 2013

Sono i giorni che precedono l'inizio della ritirata degli Alpini e non solo degli Alpini e... dei miei viaggi in Russia ho tantissimi bei ricordi che mi accompagnano giorno dopo giorno. Ho letto continuamente libri su quella campagna e continuerò a farlo, come continuerò a viaggiare per ricordare e tenere viva la memoria di quei ragazzi. Ma credo che fra tutti i ricordi quello che spesso mi viene alla mente, quello che con più trasporto ed emozione racconto, anche e soprattutto nelle serate in cui sono invitato a parlare dei miei viaggi, è quello raffigurato in queste due fotografie.

Sono i dettagli che a volte fanno la differenza e questo è un "dettaglio" che se non fossi stato in Russia non avrei mai potuto conoscere. Gennaio 2013, il primo trekking organizzato in Russia; siamo ad Opit, la famosa Opit. Al nostro arrivo la "babushka" fotografata nella prima immagine ci riconosce ovviamente come italiani ed esce di casa; credo che ci saranno stati dai 20° ai 25° gradi sotto zero, ma la signora esce comunque. Per me è uno dei primi incontri con i russi del posto e davvero non so cosa aspettarmi (negli anni imparerò a volere bene a queste persone che quasi nella totalità dei casi, seppur con una bandiera regia al seguito, mi/ci regaleranno sempre un sorriso e a volte anche molto di più). La signora si avvicina a noi, scambiamo qualche saluto e qualche informazione grazie alla nostra guida Sasha.

Poi lei raccontò... era una bambina il 19 e il 20 gennaio 1943, ma ricordava bene quello che vide. Ci disse: "... i vostri soldati arrivarono qui con la paura in volto ...". Probabilmente in Russia non mi sono mai emozionato così tanto come in quel momento; e quante altre volte mi è successo. A distanza di 70 anni ero lì, dove erano passati loro e con una testimone di eccezione che ci raccontava quel particolare. Chissà quante cose ha visto in quei giorni, in quelle ore, ma ci raccontò quel piccolo "dettaglio". Ecco... ora tutti gli sforzi per andare in Russia avevano avuto un senso; almeno per me il cerchio aveva iniziato a chiudersi.

Mi ricordo che mi sono guardato intorno per immaginare, per provare ad immedesimarmi in uno di quei soldati che lontano migliaia di chilometri da casa, braccato dai soldati russi e preso dal freddo era passato da una località che oggi sarebbe assolutamente sconosciuta se non fosse capitato quello che in pochi ormai ricordano ed onorano. Forse ci sono in parte riuscito o forse non potrò mai davvero capire cosa un uomo può provare in una situazione simile, ma ero lì e tanto mi bastava.

Parlavo di dettagli... nella seconda fotografia sempre la "nostra" signora ci indicava in quella sorta di stalla mal messa il luogo dove venivano portati i nostri feriti della battaglia di Opit. Quando cammino in Russia mi chiedo spessissimo se in quel preciso istante mi trovo su un pezzo di terra dove è caduto uno dei nostri, ma non potrò mai saperlo con esattezza. Ecco ora ero in un punto preciso dove molto probabilmente qualcuno aveva vissuto i suoi ultimi minuti e ancora una volta non poteva che prendermi un'emozione unica che su un libro difficilmente avrei potuto toccare così con mano.

Dopo pochi minuti il cammino è ripreso con un caro saluto a quella signora che ci aveva fatto un regalo così unico e così irripetibile; oggi probabilmente la signora, testimone di quei fatti, non ci sarà più come non c'è più quella stalla che sono andato a rivedere nei viaggi successivi per scoprire che era stata abbattuta. Ma quel ricordo me lo porto dentro da allora come uno dei momenti più intensi vissuti in Russia.



mercoledì 12 gennaio 2022

79 anni fa...

Fra pochi giorni tutto avrebbe avuto inizio...

Le fotografie di Mario Bagnasco, 13

Le fotografie di Mario Bagnasco, Primo Capo Squadra o Capo Squadra della Legione CC.NN. "Valle Scrivia".

"Teatro all'aperto".

Corazzati italiani in Russia, 2

Pubblico con il permesso dell'amico Massimiliano Afiero la seconda e ultima parte del bell'articolo "Corazzati italiani in Russia 1941 – 1943" di Paolo Crippa; questo e altri interessanti articoli sulla Campagna di Russia sono disponibili sulla rivista "Fronti di guerra" distribuita gratuitamente ai soci dellʹAssociazione Ritterkreuz, fondata da Massimiliano Afiero, con il solo obiettivo di incentivare la ricerca storica sulla Seconda Guerra Mondiale ed in particolar modo sulle forze Armate dell'Asse (Italia, Germania, Giappone) e dei paesi alleati ad esso (Romania, Ungheria, Slovacchia, Croazia e Finlandia). Per aderire allʹAssociazione e ricevere la pubblicazione Fronti di Guerra (in formato PDF via email) basta semplicemente fare una donazione minima di 10,00 (dieci) euro, per l'anno solare in corso. Per coloro invece che desiderano ricevere la copia stampata della rivista (52 pagine, quattro pagine a colori), cadenza bimestrale, dovrebbero gentilmente inviare una donazione minima di 50,00 euro (cinquanta) a parziale copertura delle spese di stampa della stessa e della spedizione effettuata esclusivamente con posta prioritaria. Le donazioni vanno effettuate sul Conto corrente postale numero 93983450 o IBAN IT70 K076 0103 4000 0009 3983 450 intestato a Afiero Massimiliano - Via San Giorgio, 11 - 80021 Afragola (NA); nella causale indicare sempre ʺDonazione Associazione Culturale per...ʺ.

Quest’ultimo fu ritirato nelle retrovie a novembre per una fase riorganizzativa. All'inizio dell’inverno, il Battaglione ed il XIII Gruppo Semoventi passarono alle dipendenze della 3ª Divisione Celere e, successivamente, al II Corpo d'Armata. Facendo un piccolo passo indietro, il 6 ottobre 1942, erano stati destinati all’8ª Armata (ARMIR) 24 semoventi da 90/53 del X Raggruppamento ed il DLVII Gruppo Semoventi da 75/18, ma, per motivi indecifrabili, queste unità non furono mai inviate in Russia: si trattò di un grave errore, solo l'invio di mezzi corazzati più potenti avrebbe potuto avere un peso nelle operazioni sul fronte orientale. Nel successivo mese di dicembre, il settore del fronte italiano tenuto dalle Divisioni “Cosseria” e “Ravenna” subì un violento attacco russo e l’11 dicembre, i due reparti corazzati furono richiamati in linea, a rinforzo delle posizioni tenute dalle due Divisioni italiane e da alcuni reparti tedeschi.

Nonostante la strenua resistenza italiana, tra il 16 ed il 21 dicembre, i sovietici sfondarono la linea difensiva della “Ravenna”, tra Gadjucja e Foronovo, ed il 19, i reparti italiani dovettero arretrare. Ai Bersaglieri ed ai Cavalleggeri toccò il compito di coprire il ripiegamento, con i pochi mezzi corazzati sopravvissuti agli scontri dei giorni precedenti (in tutto una ventina); la maggior parte di questi carri e semoventi andò persa durante la ritirata, che si concluse il 28 dicembre a Skassirskaja. I pochissimi corazzati rimasti andarono poi dispersi nella disastrosa ritirata dell’ARMIR. Alcuni L6 e semoventi da 47/32, catturati dalle truppe sovietiche, furono conservati per alcuni anni (ad esempio, un semovente L40 fu esposto nel 1947 nel Parco Gorky di Mosca, insieme ad altri mezzi corazzati catturati al nemico, come testimoniato da alcune fotografie, ma fu poi demolito). Presso il Museo delle Truppe Corazzate di Kubinka è tutt’ora conservato, in discrete condizioni, un carro L6/40 del LXVII Battaglione Bersaglieri.

Colorazione dei mezzi corazzati.

Per il fronte orientale non furono utilizzati particolari segni distintivi sui mezzi corazzati, ma furono mantenuti quelli regolarmente già in uso; lo stesso può dirsi per la colorazione dei mezzi, non furono infatti adottati particolari schemi mimetici, ma soltanto il LXVII Battaglione Bersaglieri utilizzò degli accorgimenti campali. I carri L3 del Gruppo “San Giorgio” raggiunsero la terra russa con la colorazione che avevano in Patria, verde o a piccole chiazze verdi su fondo marrone ruggine. Gli L6/40 del LXVII Battaglione Bersaglieri mantennero la livrea standard giallo sabbia. Per ovviare alla mancanza di una colorazione mimetica, i Bersaglieri applicarono un vistoso camouflage a chiazze irregolari, realizzato con del fango, che andava spesso a coprire anche le insegne dei carri armati. Durante il rigido inverno russo alcuni L6/40 ricevettero un’estemporanea colorazione mimetica bianca, realizzata in maniera assolutamente artigianale. Sui carri del reparto erano stati applicati dei contrassegni tattici più grandi del consueto ed in posizioni diverse dalle regolari prescrizioni (sui lati e sul retro della torretta e sul frontale della casamatta).

La posizione del carro all’interno del Plotone era identificato con un numero arabo sempre rosso, indipendentemente dal Plotone, posto non sopra, bensì anteriormente al rettangolo; sul carro del comandante il numero romano del Battaglione era in nero e portato sul rettangolo anteriore della casamatta e anteriormente ai simboli in torretta. All’interno dei portelli laterali degli L6 del Battaglione era riportato in nero il nome di un caduto o di un fatto d’arme, legati alla storia dei Bersaglieri. I carri armati della 2ᵃ Compagnia, infine, adottarono un piccolo tricolore, issato sull’antenna. I semoventi dei “Cavalleggeri di Alessandria” adottavano la mimetica a chiazze propria del periodo e recavano i regolamentari simboli tattici ai lati della casamatta e sul retro dello scafo.

Carri armati di preda bellica.

Nel 1941, l’ARMIR riuscì a catturare alcuni corazzati nemici (probabilmente un totale di 14 carri armati e 2 autoblindo), reimpiegati dalle unità del Regio Esercito. Tra i mezzi catturati vi erano 2 BT‐7M, almeno 1 T‐60, almeno un T‐26/39, 1 carro anfibio T‐37A, 1 lanciarazzi Katjuska BM13‐16 su autotelaio Austin K6 ed almeno 2 carri pesanti T‐34. Uno di questi T‐34/76A fu portato al Centro Studi della Motorizzazione a Roma (non è chiaro se questo carro armato fosse stato catturato dagli italiani o dai tedeschi, che lo avrebbero in un secondo momento ceduto agli italiani), mentre un T‐34/76B fu utilizzato dal LII Gruppo del 120° Reggimento Artiglieria della 3ª Divisione Celere come veicolo comando. Quest’ultimo, con ogni probabilità, era un mezzo abbandonato dai sovietici a causa di un guasto meccanico e gli Artiglieri italiani riuscirono a rimetterlo in condizioni di marcia. Sulle scudature laterali e posteriori della torretta furono dipinte delle grosse croci bianche, che avevano la funzione di identificarlo e di non essere fatto bersaglio di fuoco amico. Il carro fu protagonista di un servizio dell’Istituto Luce, fatto in occasione della visita del Generale Italo Gariboldi, Comandate dellʹ8ª Armata del Regio Esercito ai reparti della Divisione. Pare che altri T‐34, non funzionati, furono utilizzati come bersagli fissi per valutare l'efficacia dei pezzi controcarri in dotazione al Regio Esercito.

Fotografia 1: sui carri L6 del XLVII Battaglione Motocorazzato furono applicate delle mimetiche di fortuna fatte con fango e, come in questo caso, con frasche, per migliorare il mascheramento dei mezzi.
Fotografia 2: questa foto permette di apprezzare la posizione dei segni tattici sui carri del XLVII Battaglione Motocorazzato, segni realizzati in una dimensione maggiore rispetto al consueto.
Fotografia 3: due semoventi L40 da 47/32 del XIII Gruppo Squadroni Semoventi “Cavalleggeri di Alessandria” arrancano tra la neve ed il terreno reso fangoso dalle intemperie nel tardo autunno del 1942. I mezzi recano la mimetica a chiazze ed il primo semovente ha un ferro di cavallo fissato sulla scudatura anteriore, probabilmente come portafortuna.
Fotografia 4: nella innevata distesa della steppa russa giacciono molti mezzi italiani, andati perduti durante il ripiegamento del dicembre 1942, conseguenza dello sfondamento russo del 19 dicembre. Tra le carcasse, due carri armati L6/40 del LXVII Battaglione Bersaglieri ed un semovente da 47/32 dei “Cavalleggeri di Alessandriaʺ.
Fotografia 5: L6/40 del LXVII Battaglione esposto in Russia targato “RE 3912”.
Fotografia 6: artiglieri del 62° Gruppo del 120° Reggimento dʹArtiglieria mostrano il carro armato russo da loro catturato T‐34/76B, al generale Italo Gariboldi, Comandate dellʹ8a Armata del Regio Esercito, durante una visita ai reparti da lui dipendenti.











Il viaggio del 2011, Nikitowka

Immagini del mio primo viaggio "esplorativo" effettuato nel 2011... Nikitowka.



Rapporto sui prigionieri, parte 12

Pubblico alcuni estratti del "Rapporto sui prigionieri di guerra italiani in Russia" a cura di Carlo Vicentini e Paolo Resta, fonte UNIRR, 2a edizione, anno 2005, a mio avviso la fonte più autorevole per fare chiarezza sulle perdite e sulle vicissitudini dei nostri soldati in Russia durante il secondo conflitto mondiale.

I RAPPORTI DEI PRIGIONIERI CON LA POPOLAZIONE.

La popolazione russa, salvo rare eccezioni, ha avuto nei riguardi del prigioniero italiano comprensione e pietà, quando non addirittura solidarietà e premura. Si deve dare atto, che la popolazione con la quale convivevano i nostri soldati nella zona del fronte e immediatamente dietro, all'arrivo dei primi reparti russi, ha unanimemete testimoniato l'esemplare comportamento dei soldati italiani nei confronti dei civili, cosa che ha smorzato lo spirito di vendetta dei liberatori ed evitato, almeno in gran parte, gli eccidi di prigionieri di cui furono oggetto invece i tedeschi.

Anche in seguito, nelle zone percorse dalle colonne dei prigionieri, atti di generosità, da parte soprattutto delle donne, sono numerosi. Ci sono stati perfino casi di ospitalità data a feriti e congelati, talvolta protratti per mesi. Infine, quando i prigionieri dai campi di concentramento uscirono a lavorare a contatto o addirittura mescolati ai civili russi, nei kolkos, nei villaggi, nelle fabbriche, i rapporti furono sempre improntati a cordialità e vicendevole aiuto. C'è stato, infine, anche qualche episodio di solidarietà da parte dei soldati delle scorte o di vigilanza ai lager: è ricordato con maggior riconoscenza perché effettivamente raro ed inaspettato in un contesto dove autorità militare e polizia politica consideravano il prigioniero come un oggetto, ben raramente come una persona umana.

domenica 9 gennaio 2022

Corazzati italiani in Russia, 1

Pubblico con il permesso dell'amico Massimiliano Afiero la prima parte del bell'articolo "Corazzati italiani in Russia 1941 – 1943" di Paolo Crippa; questo e altri interessanti articoli sulla Campagna di Russia sono disponibili sulla rivista "Fronti di guerra" distribuita gratuitamente ai soci dellʹAssociazione Ritterkreuz, fondata da Massimiliano Afiero, con il solo obiettivo di incentivare la ricerca storica sulla Seconda Guerra Mondiale ed in particolar modo sulle forze Armate dell'Asse (Italia, Germania, Giappone) e dei paesi alleati ad esso (Romania, Ungheria, Slovacchia, Croazia e Finlandia). Per aderire allʹAssociazione e ricevere la pubblicazione Fronti di Guerra (in formato PDF via email) basta semplicemente fare una donazione minima di 10,00 (dieci) euro, per l'anno solare in corso. Per coloro invece che desiderano ricevere la copia stampata della rivista (52 pagine, quattro pagine a colori), cadenza bimestrale, dovrebbero gentilmente inviare una donazione minima di 50,00 euro (cinquanta) a parziale copertura delle spese di stampa della stessa e della spedizione effettuata esclusivamente con posta prioritaria. Le donazioni vanno effettuate sul Conto corrente postale numero 93983450 o IBAN IT70 K076 0103 4000 0009 3983 450 intestato a Afiero Massimiliano – Via San Giorgio, 11 – 80021 Afragola (NA); nella causale indicare sempre ʺDonazione Associazione Culturale per...ʺ.

La disastrosa Campagna di Russia condotta dal Regio Esercito vide una partecipazione di unità corazzate italiane veramente marginale, le quali conseguirono risultati di scarso valore. Infatti, furono inviati in Unione Sovietica solo tre reparti corazzati, equipaggiati inoltre con carri e semoventi leggeri, che potevano competere solamente con altri corazzati leggeri o contro la fanteria e non contro i pesanti carri armati sovietici, ed inoltre in un numero assolutamente inadeguato per la portata del conflitto che si stava consumando su quel fronte. Quando il 10 luglio 1941 iniziò la partenza del Corpo Italiano di Spedizione in Russia (C.S.I.R.) verso gli immensi spazi russi, l'unica unità dotata di carri armati mobilitata per quel fronte era il III Gruppo Squadroni Corazzati ʺSan Giorgioʺ, inserito nella 3ª Divisione Celere ʺPrincipe Amedeo d'Aostaʺ (conosciuta anche con l’acronimo “PADA”); organizzato su 4 Squadroni. Il Gruppo era equipaggiato esclusivamente con 53 carri leggeri L3 delle diverse versioni 33, 35 e 38.

Il Gruppo era rientrato da poco in Italia, presso la propria caserma a Verona, dopo aver partecipato, seppur per un breve periodo, alla Campagna di Jugoslavia ed era articolato su: Squadrone Comando ʺSan Giorgioʺ, 1° Squadrone ʺDelle Armiʺ, 2° Squadrone ʺMedaglie dʹOroʺ, 3° Squadrone ʺSavoiaʺ, 4° Squadrone ʺNovaraʺ. I reparti raggiunsero in treno la località di Borsa in Ungheria, dopo 25 giorni di viaggio, e da lì si trasferirono nella Moldavia rumena a Botosani con mezzi propri, un tragitto di circa 200 chilometri. All'inizio di agosto, i carri armati del Gruppo ʺSan Giorgioʺ presero parte alla cosiddetta ʺBattaglia dei due fiumiʺ (10 agosto ‐ 26 settembre 1941), una grande manovra effettuata dalle forze armate tedesche per intrappolare i sovietici tra i fiumi Dniestr e Bug. Alla battaglia, che fu il primo scontro per le truppe italiane in terra di Russia, partecipò la Divisione ʺPasubioʺ; il Gruppo ʺSan Giorgioʺ sostenne un'azione di sfondamento nei pressi di Jwanovya il 23 settembre, mentre, dopo avere perso i suoi primi 5 carri armati in uno scontro a Saderokowka, il 26 novembre contribuì a respingere un tentativo di contrattacco sovietico a Zaritschanka.

Il Gruppo ʺSan Giorgioʺ rimase aggregato alla Divisione ʺPasubioʺ anche durante le operazioni a Petrikowka, tra il 28 ed il 30 settembre, durante la battaglia di Stalino e quella di Nikitowka. Qui il Gruppo perse numerosi carri armati durante l'assedio sovietico durato dal 6 al 12 novembre, che strinse un reparto dell’80° Reggimento della Divisione. Con solo una quarantina di carri superstiti e dopo essere penetrato in territorio nemico per quasi 1.400 km, il ʺSan Giorgioʺ prese parte anche alla tristemente celebre ʺBattaglia di Nataleʺ. I reparti del C.S.I.R. furono investiti da un poderoso attacco condotto da tre divisioni di Cavalleria e forti reparti di Fanteria nemici; le truppe italiane riuscirono a contenere l'impatto nemico, a prezzo di perdite gravissime.

Il rigido clima invernale contribuì a mettere fuori uso gli ultimi carri armati sopravvissuti ed i militari del Gruppo ʺSan Giorgioʺ, ormai appiedati, furono fatti confluire nel Raggruppamento “Musino”, formato da un Gruppo dei ʺLancieri di Montebelloʺ, una Batteria d'Artiglieria motorizzata dell’8° Reggimento Artiglieria, un Battaglione di Bersaglieri e due Battaglioni di Pontieri. Il Raggruppamento era un reparto di formazione, che assommava a poco più di 1.300 uomini, e combatté nel saliente di Izyum, con la 17.Armee tedesca, in seguito allo sfondamento del fronte operato dai sovietici (fine gennaio ‐ fine febbraio 1942).

Campagna del 1942.

A fine febbraio 1942, il ʺSan Giorgioʺ fu ritirato dalla prima linea e fu fatto disporre in posizione difensiva in attesa della bella stagione, ma, essendo ormai privo di potenziale offensivo, il 15 luglio 1942 iniziò a rientrare in Patria. Contemporaneamente dall'Italia giunse in Russia il LXVII Battaglione Bersaglieri Motocorazzato, equipaggiato con 58 carri leggeri L6/40. Costituito a Siena pochi mesi prima (ufficialmente il 25 febbraio) con i mezzi della 2ª e della 3ª Compagnia del LXVIII Battaglione (in addestramento) e con personale tratto dal 5° e dallʹ8° Reggimento Bersaglieri, il reparto arrivò sul fronte orientale il 12 luglio 1942. Il Battaglione, assegnato alla Divisione ʺPrincipe Amedeo d'Aostaʺ, era organizzato su: Plotone Comando, 1 Compagnia su 5 Plotoni con 5 carri ciascuno, 2 Compagnia su 5 Plotoni con 5 carri ciascuno.

L’insolita presenza di un quinto Plotone carri armati può essere spiegata con il fatto che, essendo il fronte molto lontano dall’Italia e quindi dai Depositi dei reparti, l’invio di carri armati per rimpiazzare le perdite era molto difficoltoso e questo quinto Plotone avrebbe dunque assolto il ruolo di riserva, da cui attingere mezzi corazzati sostitutivi. Il 27 agosto 1942, il reparto sostenne il primo combattimento in terra di Russia: due Plotoni con 9 carri armati contribuirono alla manovra difensiva operata dai Battaglioni “Valchiese” e “Vestone” del 3° Reggimento Alpini, respingendo un attacco russo nel settore di Jagodny. Soltanto pochi giorni dopo, però, una Compagnia del LXVII Battaglione, forte di 13 L6/40, durante uno scontro perse tutti i mezzi (tranne uno), messi fuori combattimento da colpi di fuciloni controcarro russi. Ad agosto il fronte russo era stato raggiunto anche dal XIII Gruppo Squadroni Semoventi “Cavalleggeri di Alessandria”, organizzato su: Comando, Squadrone Comando, 1° Squadrone Semoventi, 2° Squadrone Semoventi con una dotazione complessiva di 19 semoventi da 47/32 L40, destinati a fornire fuoco d’appoggio alla Fanteria ed ai carri L6/40 del LXVII Battaglione Bersaglieri.

Fotografia 1: i carri armati del Gruppo Squadroni Corazzati “San Giorgio” attraversano una cittadina della Romania, mentre si dirigono verso il fronte russo (Benvenuti – Colonna).
Fotografia 2: un carro leggero L3/38 del “San Giorgio” tra un gruppo di isbe russe (Benvenuti – Colonna).
Fotografia 3: attraversamento del fiume Dniepr su un ponte gettato da genieri tedeschi (Benvenuti – Colonna).
Fotografia 4: L3/33 del “San Giorgio” in marcia durante le operazioni del novembre 1941 nel bacino del Donetz (Benvenuti – Colonna).
Fotografia 5: carri del Gruppo “San Giorgio” in movimento nelle retrovie del fronte nell’autunno del 1941 (Benvenuti – Colonna).
Fotografia 6: bersaglieri accanto ad un L6/40 centro radio del XLVII Battaglione Motocorazzato in Russia nel 1942. I militari indossano la tuta turchina, destinata agli equipaggi dei carri, e sul casco da carrista hanno apposto il piumetto che contraddistingue i Bersaglieri.
Fotografia 7: lo stesso carro armato della foto precedente, ritratto mentre l’equipaggio consuma il rancio. Si notano chiaramente il colore giallo sabbia del mezzo ed i contrassegni tattici.













martedì 4 gennaio 2022

Le fotografie di Mario Bagnasco, 12

Le fotografie di Mario Bagnasco, Primo Capo Squadra o Capo Squadra della Legione CC.NN. "Valle Scrivia".

"Profughi".

La mia Russia

Sono i giorni prima della partenza... ma anche quest'anno non potrò partire per la Russia. Ed ecco che a pochi giorni dall'inizio della seconda ritirata di Russia, a pochi giorni dal fare la valigia e lo zaino per tornare là ancora una volta, mi prende quello che io chiamo sempre il mal di Russia. L'ho scritto tante volte... per me non è importante andare in Russia, ma come ci si va. E' staccarsi per più di una settimana dalla propria vita di tutti i giorni ed entrare in un mondo antico, passato, simile a quello che loro hanno vissuto. Fatto di sensazioni e di emozioni che solo stare lì ti possono arrivare. La neve, il freddo, il ghiaccio, la solitudine a volte, la solitudine di staccarsi da tutto e da tutti per pensare e provare a capire meglio, il guardarsi intorno e non vedere nulla per chilometri, ma nel contempo essere in mezzo a chi non è tornato a casa. Ogni volta cerco in qualche modo di trasmettere alle persone che vengono con me queste sensazioni, e credo che tutti non possano che provarle, perché poi la Russia, questa Russia ti prende, ti stringe e ti "appiccica" addosso questi stati d'animo che vivi ogni momento e soprattutto che ti porti a casa. E quando sento i miei compagni di viaggio nei mesi o negli anni successivi, tutti quanti vogliono tornare, si sentono addosso queste sensazioni che ti accompagneranno per sempre. Questa è la Russia...

Libri: "ANCORA UN'ALBA PER SPERARE"

Segnalo questo nuovo romanzo sulla Campagna di Russia da poco uscito dal titolo "Ancora un'alba per sperare" di Michele Scaranello.

Non c’è coltre di neve che possa seppellire per sempre una promessa; non c’è gelo che possa estinguere il calore di una vera amicizia. Non c’è guerra, per terribile e ingiusta che sia, che possa strappare due cuori che si sono uniti nel sacrificio. In una piccola cittadina russa un grande chirurgo, Jakov Sernov, stimato da tutti per la sua capacità e la sua abnegazione, tiene celato nell’animo un segreto che risale alla terribile stagione della seconda guerra mondiale, quando l’immensa steppa è stata teatro di una delle più grandi tragedie della Storia. Più che un segreto, una ferita che non si è mai rimarginata, un’ombra che non è riuscita a trovare la pace che meritava. Ed è un’ombra pesante, capace di proiettare oscurità ancora a distanza di anni, condizionando le vite di tutte le persone che da essa sono sfiorate. Un’ombra che intesse e intreccia le vicende di persone a migliaia di chilometri di distanza, la cui memoria e le cui radici restano marchiate dal fuoco di quella terribile esperienza. E solo l’amicizia, l’affetto, il sacrificio potranno dissiparla per sempre. Un romanzo capace di riflettere, come il sole sul ghiaccio, le mille sfaccettature della grande Storia e i mille eroismi di ogni piccola scelta privata, sullo sfondo di una terra unica, la Russia, che non a caso viene definita “madre” da chi l’abita, perché capace di custodire e di restituire intatti i segreti di una vita e i segni di una speranza.

Il testo è acquistabile a questi link: https://www.amazon.it/Ancora-unalba-sperare-Michele-Scaranello/dp/8867201611/ref=tmm_pap_swatch_0?_encoding=UTF8&qid=1640281502&sr=8-1, https://www.lafeltrinelli.it/ancora-alba-per-sperare-libro-michele-scaranello/e/9788867201617, https://www.mondadoristore.it/Ancora-un-alba-per-sperare-Michele-Scaranello/eai978886720161/