mercoledì 18 ottobre 2017

Libri: "RITORNO SUL DON"

Il libro che più mi ha emozionato... e la conclusione più bella che si poteva scrivere...

"Ecco, sono ritornato a casa ancora una volta; ma ora so che laggiù, quello tra il Donetz e il Don, è diventato il posto più tranquillo del mondo. C'è una grande pace, un grande silenzio, un'infinita dolcezza. La finestra della mia stanza inquadra boschi e montagne, ma lontano, oltre le Alpi, le pianure, i grandi fiumi, vedo sempre quei villaggi e quelle pianure dove dormono nella loro pace i nostri compagni che non sono tornati a baita".

giovedì 5 ottobre 2017

Trekking del 75° anniversario

Programma del trekking per il 75° anniversario della ritirata del Corpo d'Armata Alpino in Russia.

Ho il piacere di presentarvi il nostro prossimo trekking che si terrà dal 18 gennaio 2018 al 27 gennaio 2018 in Russia lungo il percorso della ritirata del Corpo d'Armata Alpino in Russia, in particolare della Divisione Tridentina, dal Don a Nikolajewka. Il Tour Operator è Travel-Lab in cooperazione con l'Associazione Culturale Sulle orme della Storia che vanta al suo attivo già diversi viaggi in Russia. Il viaggio si terrà con qualunque condizione meteorologica.

GIORNO 1 (18.01): volo Milano Malpensa - Mosca; pranzo libero; passaggio e guida da aeroporto a centro città; visita della Piazza Rossa e dintorni; cena in ristorante; treno notturno per Rossosch in scompartimenti riservati.
GIORNO 2 (19.01): Rossosch con hotel per una notte; pranzo in hotel; visite nei dintorni (da definire con Alexander); giornata libera; cena in hotel.
GIORNO 3 (20.01): Passaggio fino a Belogory e fine servizi; INIZIO TREKKING; Belogory - Podgornoje; circa 30 km
GIORNO 4 (21.01): Podgornoje - Opit - Postojalyi; circa 28 km
GIORNO 5 (22.01): Postojalyi - Novo Postoyalowka - Novo Karcowka; circa 27 km
GIORNO 6 (23.01): Novo Karcowka - Novo Georgewskji - Scheljiakino; circa 26 km
GIORNO 7 (24.01): Scheljiakino - Warwarowka - Garbusowo; circa 20 km
GIORNO 8 (25.01): Garbusowo - Rybalkin - Zhukovo - Romakhovo - Nikitovka; circa 30 km
GIORNO 9 (26.01): Nikitovka - Arnautovo - Nikolajewka; circa 20 km; FINE TREKKING; passaggio fino a Rossosch per sistemazione; cena in hotel; treno notturno per Mosca in scompartimenti riservati.
GIORNO 10 (27.01): arrivo a Mosca e volo Mosca - Milano Malpensa.

Avremo a disposizione una guida russa dedicata 24/24 con servizio di assistenza e soccorso nel caso in cui durante il trekking subentrino problemi di natura fisica; durante il trekking si dormirà in sacco a pelo all'interno di strutture private e/o pubbliche, tipo scuole, palestre, locali.

Termine massimo per la raccolta delle adesioni il 10 novembre 2017 e non oltre; il passaporto dovrà avere una validità superiore ai 6 mesi rispetto all'ultimo giorno di permanenza in Russia.

Se interessati contattatemi in privato e vi fornirò tutte le informazioni ed i costi definitivi per partecipare ad un'esperienza che sarà certamente entusiasmante, come lo è stata la precedente che abbiamo effettuato nel 2013.









Il medagliere dei reparti

Elenco tutte le motivazioni delle Medaglie d'Oro al Valor Militare conferite ai gloriosi reparti italiani che combatterono nella Campagna di Russia.

Al labaro del 63° Gruppo Battaglioni M d'Assalto Tagliamento.
Erede e continuatore di unità CC.NN. della quale, col nominativo, assumeva titoli preclari di reputazione e di valore, durante inseguimento di nemico agguerrito ed esperto, riaffermava tempra battagliera, sicura prestanza e saldezza militare. Dislocato in posizione fiancheggiante in settore di delicata importanza, al primo allarme, balzava compatto contro colonne bolsceviche, che tentavano di guadagnare terreno sulla destra del Don, e in cruenti duelli, ne frenava l'urto. Successivamente accerchiato in un caposaldo, vi resisteva intrepido per alcuni giorni, sopportando perdite gravi in morti e feriti. Mentre le munizioni stavano per esaurirsi, i superstiti si facevano largo tra i nemici, con bombe a mano: rompevano il blocco e raggiungevano con gli altri combattenti delle posizioni vicine con inalterato spirito offensivo e indomita volontà di riscossa. Fronte Russo (Nikitino - Schterowa - Ansa del Don - Tschebotarevskij - luglio-agosto 1942).

Alla bandiera del 37° Reggimento Fanteria Ravenna.
In un importante settore sul Don, dove già nei mesi precedenti aveva sempre stroncato ripetuti e violenti attacchi in forze, sosteneva valorosamente per più giorni l'urto di poderose masse e mezzi nemici infliggendo — con l'eroica resistenza e con gli impetuosi contrattacchi condotti a prezzo di gravi sacrifici — perdite così sanguinose specie alle fanterie avversarie da paralizzarne per più settimane ogni capacità offensiva. Dopo circa un mese i fanti superstiti confermavano al Donez le magnifiche doti di valore e di eroismo dei tanti camerati immolatisi sul Don. Ferreo nella resistenza, irresistibile nell'assalto, col suo sublime eroismo e col suo generoso sacrificio dava nuova prova delle insuperabili virtù del Fante d'Italia. (Don - Donez, agosto 1942 - gennaio 1943). (Decr. 31 dicembre 1947).

Alla bandiera del 38° Reggimento Fanteria Ravenna.
Insuperabile barriera di armi e di cuori manteneva saldamente per sette giorni contro ripetuti violenti attacchi avversari l'importante settore affidatogli sul Don, dove già nei mesi precedenti aveva stroncato ogni velleità nemica e di fronte all'avversario dieci volte superiore in forze e mezzi lottava strenuamente infliggendo, col sacrificio della massa dei suoi fanti, perdite tanto gravi all'avversario da paralizzare per più settimane ogni capacità offensiva della sua fanteria. Al Donez, dopo circa un mese, i non domi superstiti confermavano, con l'eroica resistenza e con il travolgente contrattacco, le magnifiche doti di valore e di eroismo luminosamente dimostrate al Don. Ferreo nella resistenza, irresistibile nell'assalto, col suo sublime eroismo e col suo generoso sacrificio dava nuova prova delle insuperabili virtù del Fante d'Italia. (Don - Donez, agosto 1942 - gennaio 1943). (Decr. 31 dicembre 1947).

Alla bandiera del 53° Reggimento Fanteria Sforzesca.
Nella grande battaglia invernale tra Don e Donez, i fanti del 53° reggimento fanteria, già copertisi di gloria a Jagodnij, si schieravano quale estrema retroguardia del corpo d'armata su una linea intermedia e completamente scoperta sul fianco sinistro, assolvendo mirabilmente e con notevole contributo di sangue il grave e delicato compito loro assegnato. Sopravanzati alle ali da numerosi mezzi corazzati avversari rompevano di forza la cerchia nemica e dopo due giorni di asprissima battaglia riuscivano a ricongiungersi col resto della divisione. Successivamente durante altri 15 giorni di accaniti combattimenti nella steppa ed in pieno inverno si battevano con indomita energia e superbo coraggio riuscendo a rompere vittoriosamente un nuovo accerchiamento del nemico. Confermavano così le gloriose tradizioni del passato e perpetuavano attraverso il loro valore ed il loro sacrificio le mirabili virtù guerriere della Fanteria italiana. (Ob Tschirsky - Popowka - Aunenskij - Krassnojarowka, 18-31 dicembre 1942). (Decr. 31 dicembre 1947).

Alla bandiera del 54° Reggimento Fanteria Sforzesca.
Nella grande battaglia invernale fra Don e Donez, i fanti del 54° fanteria già duramente provati ma non piegati dalle dure battaglie dell'agosto 1941, in ripiegamento dal Don per ordini superiori, con serenità ed altissimo senso di disciplina e del dovere, invertivano, a nuovo ordine, la marcia e rioccupavano posizioni già sorpassate, nonostante la criticissima situazione per la presenza già nota di masse nemiche che avevano sorpassato il fiume. Attaccati da aviazione e, in seguito, di fronte e di fianco da forze corazzate avversarie, combattevano strenuamente in posto dando modo con il loro sacrificio ad altri reparti di sfuggire alla terribile morsa. Successivamente i superstiti, riuniti in reggimento di formazione, durante altri 15 giorni di accaniti combattimenti nella steppa e nel rigore dell'inverno russo si battevano ancora con indomita fede e coraggio riuscendo a uscire vittoriosamente dal cerchio nemico. Tenevano così fede alle nobili e gloriose tradizioni del reggimento, perpetuando attraverso il loro valore e sacrificio le mirabili virtù della Fanteria italiana. (Russia: Don - Donez, agosto 1942). (Decr. 31 dicembre 1947).

Alla bandiera del 79° Reggimento Fanteria Pasubio.
In diarissima, tenace, aggressiva e cruenta battaglia difensiva, di fronte a ripetuti, ostinati violenti assalti nemici, operati da forze ingenti, continuamente rinnovellantisi, riconfermava, superandole, le fulgide, eroiche tradizioni del passato. Attraverso larghissimo tributo di vite e di sangue, imposto dal nemico e dal clima, già aggirato sui fianchi ed oltrepassato sul tergo, fedele alla consegna ricevuta, con sublime eroismo, fede convinta ed eccelso spirito di sacrificio, manteneva salda la sacra linea intangibile affidata al suo onore ed al suo valore, anche quando già appariva ineluttabile il totale, estremo sacrificio. Rifulgeva nella successiva, logorante lotta, intesa ad aprirsi un varco ripetutamente, per vari giorni consecutivi, attraverso le imbaldanzite schiere dei mezzi corazzati accerchianti. Né le estenuanti tappe del tragico ripiegamento lungo la nevosa gelida steppa russa, né il calvario del supremo olocausto del superstite pugno d'eroi, incalzato, braccato e falcidiato, valsero a fiaccarne l'intrepido animo, il saldo cuore, e lo strenuo valore che, dopo oltre un mese di contrastata, sfibrante lotta, trionfavano sulla maggiore potenza dei mezzi nemici. (Fronte del Don: Tereschowo Krasnogorowka - Ologew - Getreide Sweb - Schepilow - Sesepos - Kijewskje - Belaja Kalitwa - Arbusow - Tscherkovo, 1 dicembre 1942 - 15 gennaio 1943). (Decr. 31 dicembre 1947).

Alla bandiera dell'80° Reggimento Fanteria Pasubio.
In avanguardia ad una Divisione impegnata per l'accerchiamento di preponderanti forze nemiche, quantunque separato dalla propria colonna, attaccava arditamente l'avversario, sgominandolo. Distintosi al forzamento del Nipro e nella battaglia di Petrikowka, si lanciava con grande animosità all'inseguimento del nemico fedele alla sua antica reputazione di valore, incurante delle più aspre fatiche e privazioni, raggiungeva per primo le forti retroguardie avversarie, cui negava tregua e scampo, debellandone ripetutamente l'ostinata resistenza. Inoltratosi tra gelo, fango e pioggia per trecento chilometri in territorio infestato da partigiani, affrontava di nuovo impari lotta, resa più perigliosa dall'isolamento e dalla penuria di rifornimenti ed al nemico, quattro volte superiore di numero, che deciso ad annientarlo lo circondava rabbiosamente in un villaggio, imponeva rispetto per nove giorni di duri combattimenti, obbligandolo infine a cedergli il passo. A conferma delle sue fiere qualità militari, si acquistava meriti altrettanto eletti nel prosieguo delle operazioni offensive e nella tutela di un delicato settore difensivo nonostante che l'eccezionale crudezza dell'inverno imponesse ai suoi ranghi duramente assottigliati inenarrabili patimenti e sacrifici. (Fronte russo: Jasnaja - Poliana -Wionowka - Shelesnoje - Gorlowka Nikitowka - Chazepetrowka - Ploskij, agosto 1941 - maggio 1942). (D.L. 8 febbraio 1945).

Alla bandiera dell'80° Reggimento Fanteria Pasubio.
In durissima, tenace, aggressiva e cruenta battaglia difensiva, di fronte a ripetuti ostinati violenti assalti nemici, operati da forze ingenti, continuamente rinnovellantisi, riconfermava, superandole, le fulgide, eroiche tradizioni del passato. Attraverso larghissimo tributo di vite e di sangue, imposto dal nemico e dal clima, già aggirato, sui fianchi ed oltrepassato sul tergo, fedele alla consegna ricevuta, con sublime eroismo, fede convinta ed eccelso spirito di sacrificio, manteneva salda la sacra linea intangibile affidata al suo onore e al suo valore, anche quando già appariva ineluttabile il totale, estremo sacrificio. Rifulgeva nella successiva, logorante lotta, intesa ad aprirsi un varco ripetutamente, per vari giorni consecutivi, attraverso le imbaldanzite schiere dei mezzi corazzati accerchianti. Né le estenuanti tappe del tragico ripiegamento lungo la nevosa, gelida steppa russa, né il calvario del supremo olocausto del superstite pugno d'eroi, incalzato, braccato e falcidiato, valsero a fiaccarne l'intrepido animo, il saldo cuore, e lo strenuo valore che, dopo oltre un mese di contrastata, sfibrante lotta, trionfavano sulla maggiore potenza dei mezzi del nemico. (Fronte del Don: Abrossimowo - Monastyrschina - Getreide - Swch - Arbusow - Tscherkowo, 1 dicembre 1942 - 15 gennaio 1943). (Decr. 31 dicembre 1947).

Alla bandiera dell'81° Reggimento Fanteria Torino.
Già decorata di medaglia d'argento per le vittorie riportate sul fronte orientale durante il primo anno della campagna di Russia, faceva sventolare i suoi gloriosi brandelli nella rapida avanzata dal Bulawin al Don nel luglio del 1942. Affermatosi in salde posizioni sul Don l'81° Reggimento lanciava su altro settore il primo battaglione e quivi riconquistava una importante posizione, mantenendone il possesso nonostante i reiterati attacchi di forza del nemico. Sopravvenuto il duro inverno russo e con esso una poderosa offensiva del nemico a largo raggio, l'81° Reggimento Fanteria, gareggiando in disciplina e tenacia con gli altri reparti della Divisione, ripiegava ordinatamente secondo gli ordini ricevuti su una seconda linea prestabilita e, sopraggiunto poi l'ordine di un ripiegamento generale, si distingueva per valore e resistenza nel sostenere e rintuzzare più volte il poderoso urto nemico. Accerchiato una prima volta riusciva a rompere l'accerchiamento dopo due giorni di aspra lotta e raggiungere con epica, ininterrotta marcia durata oltre trentasei ore, a digiuno e fra i mortali tormenti di una bassissima temperatura, un altro più arretrato caposaldo entro cui, nuovamente accerchiato, teneva fronte al nemico per ben ventiquattro giorni. Rotto infine anche questo secondo accerchiamento con altra eroica marcia, perduto ormai complessivamente il 90% dei suoi effettivi riusciva a congiungersi con i resti della propria armata. La gloriosa, lacera Bandiera, come leggendaria meteora, spariva in cenere tra le proprie fiamme, nella tremenda tempesta del fuoco e del gelo. (Malo Orlowka - Now - Orlowka - Bogutschar - Monastyrschina - Peseka - Merkulow - Arbusow - Tscherkow, luglio 1942 - gennaio 1943). (Decr. 31 dicembre 1947).

Alla bandiera dell'82° Reggimento Fanteria Torino.
Già decorato di medaglia d'argento per le vittorie riportate sul fronte orientale durante il primo anno delia campagna di Russia, splendeva di vivida luce nella rapida avanzata dal Bulawin al Don nel luglio 1942. Schieratosi in salde posizioni sul Don, l'82° Reggimento Fanteria teneva per molti mesi inviolato il vallo dell'est, respingendo nettamente innumerevoli attacchi diurni e notturni del nemico, non senza proprie dolorose perdite. Sopraggiunto il duro inverno russo e con esso una poderosa offensiva dell'avversario a largo raggio, l'82° Reggimento Fanteria, gareggiando per disciplina e tenacia con gli altri reparti della Divisione, ripiegava, secondo gli ordini ricevuti, su una seconda linea prestabilita e, giunto poi l'ordine di un ripiegamento generale, si distingueva per resistenza ed eroismo nel sostenere e respingere più volte il poderoso urto nemico. Accerchiato una prima volta ad Arbusow, riusciva a rompere l'anello dell'assedio dopo due giorni di accanita lotta e a raggiungere con epica, ininterrotta marcia durata oltre trentasei ore, a digiuno e fra i mortali tormenti di una temperatura polare, un altro più arretrato caposaldo contro cui, nuovamente accerchiato, teneva fronte al nemico per ben ventiquattro giorni. Rotto infine anche questo secondo assedio, con altra eroica marcia, perduti ormai complessivamente il 90% dei propri effettivi, riusciva a ricongiungersi coi resti della propria armata. La gloriosa, lacera Bandiera, nascosta sul petto dell'eroico comandante ferito a morte, veniva con lui sepolta sotto la desolata steppa nevosa senza cassa e senza nome come il seme che dovrà risorgere in fiore e in frutto al buon sole estivo. (Juni Comunard - Demidow - Ssurrow - Arbusow - Tscherkowo, luglio 1942 - gennaio 1943). (Decr. 31 dicembre 1947).

Alla bandiera dell'89° Reggimento Fanteria Cosseria.
Da quattro mesi in posizione di resistenza, già distintosi in precedenti azioni di guerra, durante sette giorni di aspra lotta contro forze cinque volte superiori, resisteva in posto passando reiteratamente al contrattacco per rigettare oltre Don forze nemiche sempre incalzanti sostenute da potente appoggio di artiglieria e mortai, da violente azioni aeree, causando all'avversario perdite ingentissime in uomini e materiali. Superato in questa lotta accanita ogni limite di umana resistenza e ricevuto ordine di ripiegare su posizioni retrostanti, contrastava passo per passo le posizioni al nemico, inchiodandolo successivamente al terreno e infliggendogli continue gravi perdite, con sublime mirabile estremo sacrificio di pochi prodi stretti attorno al colonnello comandante il reggimento, caduto eroicamente sul campo alla testa di essi in epica leggendaria affermazione di valore militare, spirito di sacrificio, fedeltà al dovere fino all'estremo. (Fronte russo - Don, 12 - 17 dicembre 1942). (Decr. 31 dicembre 1947).

Alla bandiera dell'90° Reggimento Fanteria Cosseria.
Da quattro mesi in posizione di resistenza, già distintosi in precedenti azioni di guerra, durante sette giorni di aspra lotta contro forze cinque volte superiori, resisteva in posto passando reiteratamente al contrattacco per rigettare oltre Don forze nemiche incalzanti e sempre rinnovantisi, sostenute da potente appoggio di artiglieria e mortai, da violente azioni aeree, causando all'avversario perdite ìngentissime in uomini e materiali, arrestandone oltre ogni limite di umana resistenza la foga offensiva. Accerchiato infine in ristretta zona per tener fede alla consegna di resistere in posto, in un supremo tentativo di rompere il cerchio di ferro e di fuoco, scagliava sul nemico le sanguinanti residue forze, riuscendo a romperlo. Fulgido esempio di eroico comportamento, di ferrea coesione, di spirito di sacrificio spinto all'estremo limite. (Fronte russo, dicembre 1942). (Decr. 31 dicembre 1947).

Alla bandiera del 3° Reggimento Bersaglieri Celere.
Compatta e gagliarda unità di guerra, salda amalgama di energie, di volontà intrepida e di temeraria arditezza fuse nell'abilità manovriera, in dieci mesi di ardua campagna ha dato vivido risalto alle superbe tradizioni onde sono onusti il suo ceppo ed il suo nome. Chiamato alla battaglia del Nipro dopo mille chilometri di rudi marce, imponeva all'avversario la invitta superiorità delle sue baionette, che con travolgente irruenza e lena inesausta, sgominando ripetutamente dense e rabbiose retroguardie nemiche, faceva balenare prime e vittoriose nel cuore del Donez. Riaffermata in rischiose azioni esplorative la bella audacia dei suoi battaglioni e distintosi pel contributo di valore nel soccorso a nostra colonna avviluppata, teneva ovunque in scacco l'avversario strappandogli capisaldi muniti e preziosi punti di appoggio. Incaricato infine della tutela di un delicato settore difensivo ancorché ridotto di numero ed esposto ai rigori di un inverno eccezionalmente ostile, reagiva con indomito coraggio e fede suprema all'urto di forze nemiche dieci volte superiori, arginando con l'incrollabile diga dei petti e degli animi, la furia che minacciava di stremarlo e portando i suoi piumetti ad affermarsi in una scia di sangue oltre le posizioni riconquistate. (Fronte russo: Nipro Uljanowka - Maximiljanowka - Ssofijewka - Stalino - Panteleimonowka - Rassypnaia - Michailowka - Jwanowka - Stohskwo, agosto 1941 - maggio 1942). (Decr. 30 gennaio 1948).

Alla bandiera del 3° Reggimento Bersaglieri Celere.
Superba unità di guerra non paga del grande sangue e delle eroiche imprese compiute nel precedente ciclo operativo, si prodigava ancora con suprema dedizione per il buon esito in numerosi combattimenti. Balzato per primo dalle posizioni tenacemente difese durante tutto l'inverno, prendeva d'assalto un importante centro ferroviario e creava la premessa per afferrare alla gola il nemico ripiegante, distruggerlo e conquistare una ricca zona mineraria. Lontana avanguardia delle truppe italiane in Russia con la 3ª Divisione Celere, slanciatosi con fulminea marcia dal Donez al Don, attaccava e conquistava con dura e sanguinosa lotta una munitissima testa dì ponte, sconvolgendo il piano offensivo nemico. Travolto l'avversario in rovinosa fuga, ne frustrava i successivi suoi ritorni offensivi compiuti con forze sempre rinnovantisi. Chiamato all'arresto di masse nemiche transitate sulla destra del Don le ricacciava con impetuoso attacco; quindi, inchiodato al terreno, costituiva insormontabile barriera ai reiterati, sanguinosi ma vani assalti nemici, spezzandone l'impeto e facendo brillare di piena, fulgida luce, di fronte agli alleati ed allo stesso nemico, le virtù guerriere della stirpe italica. (Fronte russo: Rassjpnaja - Stazione Fatschewka - Iwanowka - Serafimowtsch - Brobowski - Quota 224.4 - Jagodnyj, 11 luglio - 1 settembre 1942). (Decr. 31 dicembre 1947).

Alla bandiera del 6° Reggimento Bersaglieri.
Salda e forte unità di guerra, già temperata in mesi di aspra lotta su altro fronte, si prodigava nella dura campagna di Russia con lo stesso ardore e la stessa fede che formarono la sua gloria nelle precedenti guerre d'Italia. Balzato dalla linea difensiva aspramente contesa, ma sempre inviolata all'audace offensiva, si impossessava con sanguinosa battaglia del centro fortificato di Twno-wka, aprendo il passo alla conquista del ricco bacino minerario di Krasnji Lutsch. Passato, con rapida leggendaria marcia, dal Donez al Don, dava il suo potente e decisivo contributo alla battaglia per la conquista di una munitissima testa di ponte nemica, annientando il nemico annidato in un settore particolarmente difficile ed insidioso. Chiamato in altro settore, dove minacciose masse russe erano riuscite a passare sulla destra del Don con eroici contrattacchi e con tenacissima resistenza arrestava definitivamente l'avversario rendendo vani ripetuti sfondamenti fatti dal nemico con mezzi e forze assolutamente preponderanti. (Fronte russo: Orlowo Iwanowka - Bokono Antrazit - Bobronskji - Baskowskji - Quota 224.4 - Jagodnij - Quota 208.4, febbraio - settembre 1942). (D.P. 13 dicembre 1958).

Alla bandiera del 6° Reggimento Bersaglieri.
Magnifico Reggimento Bersaglieri durante la campagna in Russia già duramente provato e copertosi di gloria, stremato nelle sue file, ma non domo, compì atti prodigiosi nella tormentata manovra di ripiegamento delle truppe della A.R.M.I.R. segnando, dal Don al Dnieper, con copioso sangue le tappe di una lotta epica. In nobile gara di eroismo e di sacrificio con altre truppe: avanguardia arditissima in cruenti puntate controffensive, temeraria ed implacabile retroguardia, in durissimi combattimenti di arresto contrastò passo a passo il procedere baldanzoso di forti colonne corazzate nemiche, rompendone più volte l'accerchiamento con mezzi ed armi di gran lunga inferiori in numero ed efficacia. Sorretto da una disperata volontà di resistenza, benché sopraffatto dalle travolgenti forze avversarie, dopo aver perduto circa il 70% dei suoi effettivi chiuse combattendo per ultimo, sulle sponde del Dnieper, il tragico ciclo operativo, ammirato dagli alleati a fianco dei quali validamente si batteva, tenendo ovunque alto il nome dei soldati d'Italia e sempre fedele alle nobili tradizioni del Corpo. (Fronte russo - fiume Don - fiume Dnieper, 17 dicembre 1942 - 20 febbraio 1943). (D.P, 26 maggio 1956).

Alla bandiera del 1° Reggimento Alpini Cuneense.
Con i suoi fieri battaglioni «Ceva», «Pieve di Teco» e «Mondovì» eredi delle innate tradizioni, delle magnifiche virtù cittadine e della solida tempra delle stirpi liguri, piemontesi ed apuane, il 1° Reggimento Alpini, nei duri mesi di indomita lotta sul fronte del Don, si dimostrò saldo, massiccio, ben temprato e pronto istrumento di guerra, e, fra difficoltà, ostacoli, insidie del nemico, terreno e clima, seppe resistere fermo come le rocce delle montagne, onorando così la razza e benemeritando la riconoscenza della Patria. Stremato dal doloroso calvario di freddo e di fatiche e dai sanguinosissimi incessanti combattimenti, in una atmosfera di sublime eroismo e di dedizione al dovere, concluse la propria leggendaria vicenda tra il Don e l'Oskol con una disperata resistenza, facendo scudo, fino all'estremo sacrificio, alla sacra ed immacolata Bandiera che, simbolo della Patria lontana, distrusse per sottrarla al nemico. (Fronte russo, 20 settembre 1942 - 28 gennaio 1943). (Decr. 5 marzo 1949).

Alla bandiera del 2° Reggimento Alpini Cuneense.
Con i suoi fieri battaglioni «Borgo S. Dalmazzo», «Dronero» e «Saluzzo», eredi delle innate eroiche tradizioni, delle magnifiche virtù cittadine e della solida tempra dei migliori figli del Cuneense e dei Monti Apuani, il 2° Reggimento Alpini, nei duri mesi di indomita lotta sul fronte del Don, si dimostrò saldo, massiccio, ben temprato e pronto istrumento di guerra, e, fra difficoltà, ostacoli, insidie del nemico, terreno e clima, seppe resistere fermo come le rocce delle sue montagne, onorando così la razza e benemeritando la riconoscenza della Patria. Stremato dal doloroso calvario di freddo e di fatiche e dai sanguinosissimi, incessanti combattimenti, in una atmosfera di sublime eroismo e di dedizione al dovere, concluse la propria leggendaria vicenda tra il Don e l'Oskol con una disperata resistenza, facendo scudo, fino all'estremo sacrificio, alla sacra ed immacolata Bandiera che, simbolo della Patria lontana, distrusse per sottrarla al nemico. (Fronte russo, 20 settembre 1942 - 28 gennaio 1943). (Decr. 5 marzo 1949).

Alla bandiera del 4° Reggimento Alpini Taurinense (Battaglione Sciatori «Monte Cervino»).
Battaglione di alpini sciatori, fusi in un granitico blocco di energie e di arditismo alpino, in dodici mesi di campagna russa ha dato ininterrotte prove di eccezionale valore e di ineguagliabile spirito di sacrificio. Incrollabile nella difesa, impetuoso e travolgente nell'offesa, ha sempre raggiunto le mete indicategli. Nella grande offensiva invernale russa scrive fulgide pagine di gloria. Sostiene per primo l'urto di imponenti masse di fanteria sostenute da unità corazzate che hanno travolto la resistenza del fronte; le contiene con una difesa attiva ed ardita, le inchioda al terreno fino a quando arrivano rinforzi che gli consentono una tregua dopo un combattimento di due settimane compiuto senza soste, senza riparo, in condizioni di clima eccezionalmente avverso. Accerchiato da forze agguerrite di fanteria e blindate, benché ridotto a pochi superstiti in buona parte feriti, congelati ed esausti, sostiene una lotta disperata e col valore di tutti ed il sacrificio di molti, riesce a rompere il cerchio di ferro e di fuoco. In seguito continua a marciare nella sterminata pianura nevosa, supera tutti gli ostacoli che si frappongono al suo andare, tiene in rispetto il nemico che lo incalza, e, sparuta scolta, raggiunge le linee alleate in un'aureola di vittoria uguale a quella delle più alte tradizioni alpine e della Stirpe. (Olkowactka - Quota 176 - Klinowiy - Brody - Jahodnj - Jwanowka - Quota 204 - Kolhos Selenjar - Rossosch - Olikowatka (Russia), febbraio 1942 - febbraio 1943). (Decr. 31 dicembre 1947).

Alla bandiera del 5° Reggimento Alpini Tridentina.
In sette mesi di durissima campagna sul fronte russo si dimostrava granitica e potente unità di guerra, saldissimo fascio di indomite energie, di ferree volontà e di leggendario ardimento. Durante una difficilissima manovra di ripiegamento dal fronte del Don, sempre vittoriosamente tenuto, i suoi battaglioni «Morbegno», «Tirano», «Edolo», malgrado le eccezionali avverse condizioni di clima e di elementi, le asperrime estenuanti marce lungo le sterminate distese di neve, la mancanza assoluta di ogni rifornimento, davano continue fulgidissime prove delle loro fiere qualità guerriere. Operando con rara abilità in territorio insidiosissimo, pur spossati dalle più aspre fatiche e privazioni, superando ogni umana possibilità di resistenza fisica e morale, a Scererjb, a Scheliakino, a Wawarowka, a Nikitowka, Nikolajewka ed in altri numerosi durissimi combattimenti, troncavano sempre nuove soverchianti forze nemiche appoggiate da potenti mezzi corazzati e con furore leonino rompevano il cerchio di ferro e di fuoco in cui l'avversario, rabbiosamente deciso di annientarli, si illudeva di averli ormai chiusi. Col loro intrepido valore e con la loro travolgente irruenza, in nobile gara di abnegazione, di arditezza e di irresistibile slancio con i battaglioni del reggimento gemello, travolgevano il nemico, ne contenevano e ne arginavano l'irniente avanzata, creando la indispensabile premessa alla ripresa ed aprivano la via della salvezza a numerose unità. Primi nell'offerta, nella sofferenza e nel sacrificio, i tre ferrei battaglioni, sempre fedeli alla loro antica tradizione, hanno superato con più che leggendario valore il loro eroico passato di guerra. (Fronte russo: Bassowka - Schererjb - Scheljakino - Nikitowka - Nicolajewka, agosto 1942 - febbraio 1943). (Decr. 31 dicembre 1947).

Alla bandiera del 6° Reggimento Alpini Tridentina.
In sette mesi di durissima campagna sul fronte russo si dimostrava granitica e potente unità di guerra, saldissimo fascio di indomite energìe, di ferrea volontà e di leggendario ardimento. Durante la difficilissima manovra di ripiegamento dal fronte del Don sempre vittoriosamente tenuto, i suoi battaglioni «Vestone», «Verona», «Val Chiese», malgrado le eccezionali avverse condizioni di clima e di elementi, la mancanza assoluta di ogni rifornimento, davano continue fulgidissime prove delle loro fiere qualità guerriere. Operando con rara abilità in territorio insidiosissimo, pur spossati dalle più aspre fatiche e privazioni, superando ogni umana possibilità di resistenza fisica e morale, a Postojalyj, e Scheljakino, a Malakeiewa, a Arnautowo, a Nikolajewka ed in altri numerosi durissimi combattimenti stroncavano sempre nuove e soverchianti forze nemiche appoggiate da potenti mezzi corazzati, e con furore leonino rompevano il cerchio di ferro e di fuoco in cui l'avversario, rabbiosamente deciso ad annientarli, si illudeva di averli ormai chiusi. Col loro intrepido valore e con la loro travolgente irruenza, in nobile gara di abnegazione, di arditezza e di irresistibile slancio coi battaglioni del reggimento gemello, travolgevano le agguerrite e impetuose truppe nemiche, ne contenevano e ne arginavano la irniente avanzata, creando la indispensabile premessa alla ripresa ed aprivano la via della salvezza a numerose unità italiane ed alleate. Primi nell'offerta, nella sofferenza e nel sacrificio, i tre ferrei battaglioni, sempre fedeli alla loro antica tradizione, hanno superato con più che leggendario valore il loro eroico vittorioso passato di guerra. (Fronte russo: Postojalyi - Scheljakjno - Malakejewa - Arnautowo - Nicolajewka, agosto 1942 - febbraio 1943). (Decr. 31 dicembre 1947).

Alla bandiera del 8° Reggimento Alpini Julia.
Fedele ad una superba tradizione di gloria, coi suoi granitici battaglioni «Tolmezzo», «Gemona», «Cividale» e 41ª compagnia controcarro, respingeva con gagliardo impeto reiterati violenti attacchi. Destinato successivamente in altro settore per sbarrare al nemico la via del successo, per oltre trenta giorni, nell'aperta e ghiacciata steppa russa, resisteva con incrollabile tenacia alla diuturna formidabile pressione del nemico grandemente superiore per numero di uomini e di mezzi, lo inchiodava sul terreno, lo contrattaccava con aggressiva violenza, gli infliggeva gravissime perdite, dando prova sublime di eroismo ed immolandosi per l'onore della Patria. Avuto ordine di ripiegare, i superstiti, con aspri combattimenti, riuscivano ad aprirsi un varco attraverso l'accerchiamento nemico confermando ancora una volta le leggendarie virtù degli alpini d'Italia. (Fronte russo, 15 settembre 1942 - 1 febbraio 1943). (Decr. 31 dicembre 1947).

Alla bandiera del 9° Reggimento Alpini Julia.
Fedele ad una superba tradizione di gloria, con suoi granitici battaglioni «Vicenza», «L'Aquila», «Val Cismon» e 83ª compagnia cannoni controcarro respingeva con gagliardo impeto reiterati violenti attacchi. Destinato successivamente in altro settore per sbarrare al nemico la via del successo, per oltre trenta giorni, nella aperta e ghiacciata steppa russa, resisteva con incrollabile tenacia a diuturna formidabile pressione del nemico grandemente superiore per numero di uomini e mezzi, lo inchiodava sul terreno, lo contrattaccava con aggressiva violenza, gli infliggeva gravissime perdite, dando prova di sublime eroismo ed immolandosi per l'onore della Patria. Avuto ordine di ripiegare, i superstiti, con aspri combattimenti, riuscivano ad aprirsi il varco attraverso l'accerchiamento nemico confermando ancora una volta le leggendarie virtù degli Alpini d'Italia. (Fronte russo, 15 settembre 1942 - 1 febbraio 1943). (Decr. 31 dicembre 1947).

Allo stendardo del Reggimento Savoia Cavalleria.
Temprato ad ogni arditezza e sacrificio, nel corso di operazioni offensive per la conquista di importante regione industriale e mineraria, assolveva con immutata dedizione ed inalterato coraggio le missioni gravose, complesse e delicate, fiancheggiando grandi unità impegnate nell'inseguimento di rilevanti ed agguerrite retroguardie avversarie. Divampata repentinamente la battaglia contro nemico che con la potenza del numero e dei mezzi, irrompeva bramoso sulla riva meridionale del Don, piombava con fulminea destrezza sulle colonne avversarie delle quali domava più volte la pervicacia, sventandone l'insidia e contribuendo, con rara perizia e maschia temerità allo sviluppo efficace della manovra d'arresto. Affrontato all'improvviso da due battaglioni avversari, durante rischiosa e profonda esplorazione, ne conteneva l'urto con la valentia di reparti appiedati ed avventandosi in arcioni sul fianco degli aggressori, ne annientava la belluina resistenza, restituendo alla lotta, con l'impeto corrusco delle sue cariche vittoriose, il fascino dell'epica cavalieresca ed illustrando il suo nome alla pari dei fasti del risorgimento e delle sue secolari tradizioni. (Fronte russo: Bacino minerario di Krasnij Lutsch, luglio 1942 - Simowskij - Quota 200.1 - Quota 236.9 di Val Krisaja - Ciglione di Isbunschenskij - Bachmutkin - Quota 226.7 di Jagodnij, 21-30 agosto 1942). (Decr. 13 dicembre 1948).

Allo stendardo del Reggimento Lancieri di Novara.
Fedele al prestigio di magnanime tradizioni ed all'orgoglio di uno spirito marziale testimone della più nobile prodezza, confermava con chiaro ardimento la sua reputazione in un difficile ciclo di operazioni offensive. Chiamato repentinamente a battaglia dall'avversario che con la potenza del numero e dei mezzi irrompeva bramoso sulla riva meridionale del Don, con fiera risolutezza e spavalda fiducia di sé, affiancava i propri squadroni alle unità più provate, ovunque intimando rispetto ai battaglioni avversari ed imponendo loro con azione multiforme e fulminea, tempi d'arresto validi e proficui per la difesa. Lanciato in rischiosa missione, portava il fremito delle sue armi e dei suoi cuori a signoreggiare nel vivo del dispositivo avversario donde, fattosi largo con le sciabole ed i moschetti, si portava alla difesa di importante caposaldo contro il quale si infrangevano inesorabilmente tutti i ritorni offensvi dell'avversario. Appiedato ed in arcioni, nell'impeto del corpo a corpo, come nel cimento della carica irrefrenabile, cementava il vanto dell'eroismo all'ambizione delle sue ardue imprese. (Fronte russo: bacino minerario di Krasnij Lutsch, luglio 1942 - Quota 137.1 - Quota 187.1 - Quota 200.1 di Tschebotarewskij - Quota 191.4 di Satowsij - Jagodnij - Dewiat Kijn - Boloschoij, 21-30 agosto 1942). (Decr. 13 dicembre 1948).

Allo stendardo dell'8° Reggimento Artiglieria Pasubio.
In dieci giorni di durissimi combattimenti, con violenza inaudita e fede sovrumana, degne delle sue grandi tradizioni, decimava il nemico susseguentesi in continui attacchi, concorreva, in strettissima unione con i fanti, a distruggerlo ed a farlo retrocedere dove per numero stragrande, era riuscito a mettere piede sulle posizioni contese. Nelle alterne vicende della lotta rimase incrollabile sulle sue posizioni, pilastro della difesa, sicura raccolta e base di partenza per i fanti travolti dal combattimento, talvolta unico scudo verso il nemico. Rifulgeva nella successiva, logorante lotta, intesa ad aprirsi un varco, ripetutamente, per vari giorni consecutivi, attraverso le imbaldanzite schiere dei mezzi corazzati accerchianti. Né le estenuanti tappe del tragico ripiegamento lungo la nevosa gelida steppa russa, né il calvario del supremo olocausto del superstite pugno di Eroi, incalzato, braccato, falcidiato, valsero a fiaccarne l'animo intrepido, il saldo cuore e lo strenuo valore che, dopo oltre un mese di contrastata, sfibrante lotta, trionfava sulla maggiore potenza dei mezzi corazzati nemici. (Fronte del Don: Tereschowo - Krasnogorowka - Ogolew - Abbrassmowo - Monastyrschtschina - Getreide - Swch - Sechepilow - Leschos - Kiewkoje - Belaja - Kalitwa - Arbusow - Tscherkowo, 1 dicembre 1942 - 15 gennaio 1943). (D.P. 26 dicembre 1951).

Allo stendardo dell'52° Reggimento Artiglieria Torino.
Già decorato di medaglia di bronzo per le azioni compiute sul fronte orientale durante il primo anno di campagna di Russia, sfolgorava vittorioso nella rapida avanzata dal Bulawin al Don nel luglio 1942. Dalle salde posizioni raggiunte sul Don il 52° Reggimento Artiglieria portava più volte le sue batterie a sostenere anche altri settori, concorrendo efficacemente a rafforzare anche reparti alleati. Sopraggiunto il duro inverno russo e con esso una poderosa offensiva del nemico a largo raggio, il 52° Reggimento Artigliera, gareggiando in disciplina e valore con gli altri reparti della Divisione, battendo continuamente il nemico in una prima azione di ripiegamento, portava in salvo i suoi mezzi nonostante la scarsezza della sua scorta di carburante. Avendo dovuto cedere tutta la benzina rimasta ai carri armati alleati che scortavano la Divisione, trasforma tutti i suoi artiglieri in fanti, (dopo aver sacrificato ad uno ad uno i suoi pezzi non senza prima averli resi inefficienti. Assediato una prima volta in una zona fortemente battuta, lanciava i superstiti all'assalto alla baionetta, riuscendo a rompere il cerchio. Dopo lunghissima marcia durata oltre 36 ore a digiuno, fra i mortali tormenti di una bassissima temperatura, gli artiglieri superstiti, combattendo sempre come fanti tra i fanti, raggiungevano un altro più arretrato caposaldo entro cui, nuovamente accerchiati, tenevano fronte al nemico per ben ventiquattro giorni. Rotto infine anche questo secondo accerchiamento, i resti del Reggimento, ridotti appena al 10% degli effettivi, riuscivano con altra epica marcia a ricongiungersi coi resti della propria Armata. Il glorioso Stendardo, colpito più volte col proprio colonnello comandante dal fuoco delle artiglierie e mortai nemici, bruciava entro l'autovettura frantumata, sparendo così nella mischia come il simbolo di un mitico eroe trasumanato dal fuoco. (Malo e Nowo Orlowka - Bogutschar - Wiatschenkawa - Monastyrscnina - Peseka - Merkulow - Demidow - Ssuow - Arbusow - Tscherkow, luglio 1942 - gennaio 1943). (Decr. 31 dicembre 1947).

Allo stendardo del 3° Reggimento di Corpo d'Armata, per il 30° Raggruppamento Artiglieria di Corpo d'Armata.
Salda unità di guerra temprata all'ardimento ed al sacrificio, pluridecorata in precedenti aspri cicli operativi, confermava, in situazioni estremamente difficili determinate da cruente impari lotte contro potente agguerrito avversario, l'indomito valore, il superbo spirito di abnegazione. Violentemente attaccato da travolgenti forze corazzate sussidiate da incontrastate azioni aeree, resisteva con rinnovato ardore e quindi reagiva con estrema audacia riuscendo, a costo di gravi sacrifici, a contenere l'aggressività avversaria. Decimato, a corto di munizioni e di viveri, tormentato da gelida temperatura, affrontava con stoica fermezza la dolorosa odissea di un tragico ripiegamento attraverso sconfinate steppe nevose. Incalzato senza tregua, falcidiato da terrificanti bombardamenti terrestri ed aerei, ridotto ad un pugno di eroi, persisteva imperterrito nell'ardua impresa di ricongiungersi ai resti gloriosi della sua Grande Unità e la realizzava sostenendo successive epiche lotte corpo a corpo per aprirsi varchi attraverso micidiali cerchi di ferro e di fuoco. Col sacrificio compiuto tra valorosi fanti perpetuava le gloriose tradizioni dell'Artiglieria italiana. (Fronte russo, dicembre 1942 - febbraio 1943). (Decr. 7 aprile 1949).

Allo stendardo del 2° Reggimento Artiglieria Alpina Tridentina.
Sulla steppa arsa dal sole e sulla nuda gelida sponda del Don, i Gruppi «Bergamo», «Vicenza» e «Valcamonìca» per lunghi mesi si prodigarono con fiero sacrificio in diuturna gara di dedizione per concorrere in modo decisivo, col loro fuoco tempestivo ed infallibile e fino alla conclusione sempre vittoriosa, ad ogni combattimento degli intrepidi battaglioni alpini. Nelle durissime vicende del ripiegamento dal fronte del Don, compatti nella fede, tenaci pur nel tormento del gelo, della fame, degli stenti e della bufera implacabile, solcano con volontà sovrumana per centinaia e centinaia di chilometri la steppa nevosa ed infida, stroncano col tiro micidiale dei pezzi, con titanico sforzo spinti innanzi a braccia, l'impeto di soverchianti forze nemiche, ne inchiodano i carri armati, ne smontano le artiglierie. Dappertutto presenti, con indomita coraggio affrontano anche il sacrificio supremo pur di spezzare ogni nuovo cerchio avversario. Dopo undici battaglie, esaurite le munizioni, vinti dagli stenti i muli fedeli, ridotti nel numero a pugno di leggendari eroi, stremati da inenarrabili sofferenze, si affiancano ai resti gloriosi dei battaglioni alpini e in ripetuti assalti, lanciandosi all'arma bianca col disperato supremo furore di cui è tessuta la storia radiosa delle invincibili Fiamme Verdi, stroncano l'impeto nemico, ne contengono l'irruenta avanzata, creando la premessa indispensabile alla ripresa ed aprono con essi l'ultimo più ostinato cerchio avversario che li vorrebbe togliere alla gioia di servire la Patria fino alla vittoria. (Fronte russo: Medio Don, agosto 1942 - febbraio 1943). (Decr. 31 dicembre 1947).

Allo stendardo del 3° Reggimento Artiglieria Alpina Julia.
Magnifica compagine di armi e di spiriti, ancor più rinsaldata dai fasti gloriosi della campagna di Albania, coi gruppi «Conegliano», «Udine», «Val Piave», 77ª batteria controcarro, 45ª e 47ª batterie contraeree, accorreva attraverso tempeste di neve e di gelo a fermare il nemico che, potentissimo per uomini e mezzi, avanzava in altro settore del fronte. Per trenta giorni le batterie del Reggimento, nella piena crudezza dell'inverno russo, senza ripari né ricoveri nella steppa innevata, manovravano impavide, benché duramente colpite, e ricacciavano ovunque l'avversario nel corso di disperati furibondi combattimenti infliggendogli perdite sanguinose. Soltanto quando il nemico era da più giorni alle spalle, il Reggimento, per ordine ricevuto, iniziava il ripiegamento. Benché stremati, gli artiglieri alpini del 3°, con sovrumana forza di volontà, frammischiati agli alpini, riuscivano ad aprirsi un varco attraverso l'accerchiamento nemico, col sacrificio di molti, col valore di tutti. Confermavano così le più pure tradizioni di valore, di abnegazione e di sacrificio dell'Artiglieria alpina italiana. (Fronte russo, 15 settembre 1942 - 1 febbraio 1943). (Decr. 31 dicembre 1947).

Allo stendardo del 4° Reggimento Artiglieria Alpina Cuneense.
Con i suoi fieri gruppi «Mondovì», «Pinerolo» e «Val Po», eredi delle innate tradizioni, delle magnifiche virtù cittadine e della solida tempra delle stirpi liguri, piemontesi ed apuane, il 4° Reggimento Artiglieria Alpina, nei duri mesi di indomita lotta sulla fronte del Don, si dimostrò saldo, massiccio, ben temprato e pronto istrumento di guerra, e, fra difficoltà, ostacoli, insidie del nemico, terreno e clima, seppe resistere fermo come le rocce delle sue montagne, onorando così la razza e benemeritando la riconoscenza della Patria. Stremato dal doloroso calvario di freddo e di fatiche e dai sanguinosissimi incessanti combattimenti, gareggiando con i battaglioni alpini, in un'atmosfera di sublime eroismo e di dedizione al dovere, concluse la propria leggendaria vicenda tra il Don e l'Oskol con una disperata resistenza, immolandosi eroicamente alla sacra ed immacolata Bandiera che, simbolo della Patria lontana, distrusse per sottrarla al nemico. (Fronte russo, 20 settembre 1942 - 27 gennaio 1943). (Decr. 5 marzo 1949).

L'idea del viaggio

Andare in Russia e camminare in quei luoghi, sentirli, toccarli con mano. All'epoca mi sembrava tutto così irrealizzabile, così lontano. Come potevo da solo organizzare un viaggio del genere? Il primo spunto lo ebbi nel modo più impensato.

Del tutto casualmente nella sala di aspetto di un medico, sfogliai delle riviste ed una in particolare attirò immediatamente la mia attenzione. Era un vecchio numero del mensile Airone che parlava appunto del viaggio di due uomini nel 1992 lungo le zone del Don, in cui combatterono i nostri soldati. Se in due avevano potuto organizzare un viaggio del genere e così particolare, perché non avrei potuto tentare anche io con le mie modeste forze?

Quello fu davvero il punto di svolta: dal sogno alla realtà. A volte serve così poco per andare oltre, ma io all'epoca non riuscivo a capire da che parte iniziare. La rivista e poi un successivo incontro fortuito diedero vita al mio primo viaggio e a quelli successivi che in questo blog andrò a raccontare.

Riporto qui le pagine di Airone: un viaggio molto particolare ma identico a quello che avevo in mente io, con delle condizioni climatiche diverse, ma non troppo da quelle dell'epoca, che ha permesso a questi due uomini di visitare tutti quei luoghi; di seguito la loro storia e le loro fotografie.




























mercoledì 4 ottobre 2017

I russi raccontano

"Intervistati per la prima volta i comandanti sovietici" tratto da Storia Illustrata numero 266 del gennaio 1980.

'Steppa senza fine del Don, le mani dei conducenti si ghiacciano, presto su questa pianura correranno veloci i carri'. Con questa annotazione intrisa di lirismo, l'allora generale Polobujarov, oggi maresciallo dell'URSS (nel dicembre del 1977 venne incaricato di presiedere all'organizzazione dei funerali di Vassiljievski, uno dei maggiori condottieri della Seconda Guerra Mondiale), ricorda nel suo diario personale di cui siamo venuti a conoscenza la vigilia dell'attacco che l'Armata Rossa sferrò contro l'Armir schierato lungo la riva destra del Don.

Era la sera del 15 dicembre 1942. Da cinque giorni si sviluppava una intensa azione di logoramento delle posizioni degli italiani. Adesso era venuto il momento di sferrare l’offensiva di sfondamento. Oggi, a trentotto anni di distanza, Polobujarov afferma di non poter 'raccontare di quella battaglia nulla di gradevole'. Continua: 'Gli italiani non vennero sconfitti soltanto dal generale inverno, ma dal valore dei nostri soldati. Bisogna aggiungere che noi avevamo oramai una preparazione, una tecnica, una quantità di mezzi, decisamente superiori. L'avventura di Mussolini, l'aggressione a tanti chilometri di distanza contro di noi non poteva che concludersi drammaticamente'.

L'allora tenente colonnello Leonid Baukov, oggi generale della riserva, dal canto suo entrò a Kantemirovka, dove avevano sede i magazzini del II Corpo d'Armata italiano, il 19 dicembre. In una conversazione avuta con noi a Mosca risponde: 'Uno dei primi spettacoli che mi si presentò furono i corpi di alcuni soldati italiani completamente nudi. Non so per quale ragione fossero in quello stato. Presumo che fossero stati spogliati dai loro commilitoni bisognosi di indumenti'. Alla nostra domanda su come abbia giudicato la preparazione degli italiani, risponde: 'Non avevano nè la cultura nè le armi della guerra moderna'.

Gli abbiamo posto un'altra domanda: 'Nella polemica fra i comandi italiani che segui alla sconfitta dell'Armir è stato detto che fu un grave errore non fare uscire dai capisaldi del Don il Corpo d'Armata alpino per attaccare sul fianco destro le armate sovietiche nella fase di preparazione dell'offensiva contro il II Corpo d'Armata comandato dal generale Zanghieri'. Risponde: 'Di fronte allo schieramento degli alpini mi risulta che vi fosse soltanto una divisione-civetta, a ranghi ridotti, con finte postazioni di mitragliatrici. Tuttavia tale attacco avrebbe avuto soltanto conseguenze limitate e tali da non influire sul risultato finale dell'offensiva. La quantità e la mobilità delle nostre riserve ci avrebbero consentito di parare il colpo entro breve tempo'.

Il capitano Bomotov fu anch'egli in quei giorni coinvolto nella grande battaglia ingaggiata lungo un fronte amplissimo, da Stalingrado al Don. Era al comando di un carro armato T-34 e dice di aver visto con i suoi occhi degli italiani: 'Era un gruppo di soldati laceri, segnati dalla fatica e dalle privazioni. Vagavano nella steppa dopo essersi arresi e mi chiesero da che parte si trovasse il campo di raccolta. Ricordo che mi limitai a fare un cenno verso l'est. Non provavo odio verso di loro anche se rappresentavano il nemico'. E’ la prima volta che dei testimoni da parte sovietica, della battaglia sul Don che portò alla distruzione dell'8a Armata italiana, accettano di parlare di quella lontana vicenda con dei giornalisti italiani: sono gli autori di questo articolo che da poco hanno completato un volume sulle vicende dell'Armir di prossima pubblicazione presso la Mondadori.

Questo volume si avvale (oltre che delle testimonianze e dei documenti di parte italiana) di testimonianze e documenti di parte sovietica raccolti sempre dagli autori a Mosca e sul Don; e inoltre delle conversazioni che essi hanno avuto con storici e scrittori sovietici, tra cui i colonnelli Vassili Morozov, capo redattore della voluminosa storia della Seconda Guerra Mondiale edita a Mosca su incarico del ministero della Difesa dell'URSS, e Igor Celiscev, vice cape redattore della stessa. E ancora, lo scrittore Beliajev, Filatov e altri. Queste testimonianze dirette hanno consentito di ricostruire l'andamento della battaglia da parte sovietica in parallelo con le vicende italiane, di risolvere molti quesiti finora rimasti senza risposta e di allargare l'indagine al clima, agli stati d'animo che regnavano oltre la linea del fiume.

Le operazioni sul fronte russo nell'autunno del 1942 vedono i tedeschi e i loro alleati italiani, ungheresi e rumeni, attestati lungo il corso inferiore del Don, a ridosso del Caucaso, mentre l'armata di Paulus che si è spinta verso il Volga ha il compito di conquistare Stalingrado. Sul resto dell'immenso fronte l’attivita ristagna. Contrariamente a quello che pensavano i russi, i quali si aspettavano un attacco in grande stile nella zona di Mosca, i tedeschi avevano deciso di forzare la situazione a sud sia per impadronirsi dei pozzi petroliferi, sia per prendere alle spalle, dopo la caduta di Stalingrado, l'imponente schieramento sovietico disposto attorno alla capitale. Ma i tedeschi ignoravano che l’URSS disponeva ancora di imponenti riserve di uomini e che poteva contare su una industria bellica in piena efficienza.

Hanno una funzione decisiva a questo riguardo le regioni orientali dove, già prima della guerra, era stata creata una possente base industriale. Lontane dal fronte sono invulnerabili. Nella zona del Volga, negli Urali, nella Siberia occidentale, nell'Asia centrale e nel Kazachstan dove, fra la seconda metà del 1941 e gli inizi del 1942, sono state evacuate più di millecento aziende industriali, si stanno costruendo nuove fabbriche militari e nuovi stabilimenti metallurgici. Anche per aumentare l'estrazione del carbone nel bacino di Kuzbass, sono stati inviati in queste zone circa 100 mila fra operai, tecnici e ingegneri e sono stati investiti 16 miliardi di rubli (più del 50 per cento di tutti gli stanziamenti per l'economia nazionale) nei 10.315 cantieri. Particolare attenzione viene dedicata alto sviluppo dell'industria aeronautica e dei carri armati, tra i quali il T-34, uno dei più avanzati per resistenza, mobilità e volume di fuoco.

E' in questo periodo che compare sulla linea del fronte la famosa katiuscia, soprannominata anche 'organo di Stalin', cioè il mortaio multiplo a trentasei canne. In seguito a questa svolta dell'industria sovietica viene annullata la superiorità tecnica della Germania. Sul finire del 1942 la produzione bellica sovietica supera quella tedesca di due volte per i carri armati e gli aerei, di più di quattro volte per i cannoni, di cinque volte per i mortai e due volte e mezzo per i fucili. E in virtù di questa superiorità che è riuscito al generale Eremenko di chiudere nella sacca di Stalingrado la 6a Armata di von Paulus, che i tedeschi pensano di poter sbloccare con la controffensiva del feldmaresciallo von Manstein. Il contrattacco tedesco parte la mattina del 12 dicembre. I mezzi corazzati del generale Hoth muovono da Kotelnikovo diretti verso Stalingrado. Un altro corpo corazzato, al comando di Hollidt, dovrebbe partire dal fiume Tchir.

I russi non si limitano a contenere l'attacco di Hoth facendo accorrere la 2a Armata di Malinovski, ma prendono a loro volta l'iniziativa praticamente allargando il fronte di Stalingrado fino al Don e scatenando due robuste offensive di sfondamento contro i tedeschi e i rumeni di Hollidt, e contro il II Corpo d'Armata italiano. 'Già in novembre', spiega Polobujarov, 'le nostre truppe avevano portato un duro colpo ai romeni della 3a Armata. Il piano originate dell'attacco preparato dal comandante del fronte di Sud-Ovest, Vatutin, in collaborazione con la Stavka, cioe il nostro comando supremo, si chiamava Saturno e prevedeva adesso di attaccare gli italiani, i tedeschi e i romeni sul Don e sul Tchir con tre grandi puntate offensive: una affidata alla 1a Armata della guardia, che partendo dall'ansa di Verchnje Mamon doveva raggiungere Millerovo; una seconda, con la 3a Armata della guardia del generate Leljuschenko che, partendo da Cerniscevskaja, doveva raggiungere anch'essa Millerovo; infine una terza puntata, affidata alla 5a Armata corazzata, doveva toccare Morozovsk e Tazinskaja'. Si trattava di impedire che forze fresche affluissero verso Stalingrado e di scompaginare l'intera ala sinistra dei tedeschi e dei loro alleati con una offensiva che avesse come ultimo obiettivo Rostov sul Don e ponesse in pericolo di accerchiamento lo stesso gruppo di eserciti A che si era avventurato nel Caucaso.

Continua Polobujarov: 'Lo schema dell'offensiva sul Don subì in seguito delle modifiche e per questo venne ribattezzata Piccolo Saturno. Per dare più forza all'attacco, la 6a Armata del fronte di Voronez venne sottratta al generale Golikov e passata alle dipendenze di Vatutin'. E’ un piano di vasta portata. Le unità corazzate sovietiche della 6a e della 1a Armata devono sfondare le posizioni degli italiani per raggiungere, con una serie di affondi nella steppa gelata, Kantemirovka, Millerovo dove è installata l'intendenza dell'Armir, Morozovsk e Tazinskaja da dove partono i rifornimenti aerei per Stalingrado. Verso Morozov punterà anche la 3a Armata che dovrà travolgere le posizioni del gruppo Hollidt. 'Noi giudicavamo le divisioni italiani forti nella difesa e deboli nell'attacco', ci dice il colonnello Morozov. 'Le armi di cui essi disponevano non gli consentivano di prendere iniziative. Già nel corso dell'estate avevamo gettato nei punti prestabiliti sul Don, sotto il pelo della corrente, delle passerelle che potevano sopportare il peso dei nostri carri armati. Sarebbe stata una sorpresa per quanti confidavano che il fiume, anche se gelato, avrebbe costituito una naturale linea difensiva'. Dopo il logoramento del II Corpo d'Armata italiano che si è protratto dalla mattina dell' 11 alla notte del 15 dicembre, il 16 mattina duemila cannoni aprono il fuoco contemporaneamente sulle posizioni degli italiani.

Racconta Bomotov: 'Era uno spettacolo spaventoso, ma c'era la nebbia e noi comprendevamo che i cannoni dovevano dirigere il fuoco soltanto sugli obiettivi prefissati'. E’ questa stessa nebbia che impedisce ai russi di sconvolgere subito il sistema dei capisaldi e i centri dell'artiglieria italiana e tedesca, costringendo i sovietici a fare entrare in azione prima del previsto le riserve di carri armati. Ricorda ancora il capitano Bomotov: 'I giorni della vigilia avevano visto un'attività senza pari nelle nostre retrovie. Colonne di camion circolavano di notte a fari spenti trasportando truppe e materiale. A ogni reparto era stata minutamente spiegata l'importanza dell'attacco e tutti avevano promesso di compiere fino in fondo il proprio dovere'.

Le punte dell'attacco sono i carri del XVII Corpo corazzato, comandato da Polobujarov, e del XXIV, comandato dal generale Badanov. Alla 174a brigata corazzata del colonnello Scibankov è stato affidato il compito di varcare il Don fra Deresovka e l'ansa di Verchnje Mamon, per puntare su Kantemirovka. Il tenente colonnello Baukov è, all'epoca, Capo di Stato Maggiore della brigata. Ci dice: 'Quello che più ci infastidì fu il fossato anticarro scavato dagli italiani alla base dell'ansa di Verchnje Mamon. Nell'insieme tutte le opere di difesa erano buone. Io e il mio comandante, colonnello Scibankov, che sarebbe caduto molto più avanti nel tempo, mentre già marciavamo verso Praga, ci incontrammo la sera precedente l'attacco per studiare gli ultimi particolari. In quei giorni avevamo ricevuto anche la visita del generale Polobujarov, molto amato dai carristi. Era un uomo che non si risparmiava. Sapevamo che aveva preso parte alla guerra civile nelle unità di cavalleria.

Quella sera del 15 dicembre, Scibankov e io ci chiedemmo quali imprevisti avremmo potuto ancora incontrare. Eravamo sicuri del successo, ma non volevamo esporre inutilmente le vite dei nostri uomini. II colonnello Scibankov era particolarmente attento ai suggerimenti che gli venivano. E se nessuno aveva consigli da dargli era solito chiudere l'incontro con questa frase: 'Non importa, mi basta che mi siate amici'. Per meglio garantire il successo dell'attacco avevamo escogitato anche una specie di diavoleria. Osservando gli attacchi degli Stukas tedeschi ci eravamo resi conto che molti degli effetti psicologicamente dirompenti provocati da questi aerei dipendevano dalla sirena che mettevano in azione durante le picchiate. Avevamo quindi provveduto a montare sui carri armati delle sirene, confidando nella sensazione di panico che il loro suono avrebbe provocato nel momento dell'attacco, anche perche si poteva pensare che i nostri T-34 fossero più numerosi'.

L'offensiva dei russi si svolge secondo i piani, anche se vi sono dei rallentamenti. Il massimo sforzo viene compiuto, per quel che riguarda la fanteria, dagli uomini della 127a divisione fucilieri, 172a , 350a, 195a e 1a divisione. Oltre che nell'ansa di Verchnje Mamon tenuta dal II Corpo d'Armata italiano, composto dalle divisioni Cosseria e Ravenna, l'attacco viene concentrato nell'ansa di Ogolev, difesa dalla divisione Pasubio del XXXV Corpo d'Armata, comandato dal generale Zingales. Sostiene ancora Baukov: 'Eravamo al corrente anche di scontri che si erano verificati tra italiani e tedeschi. Malgrado la propaganda che ci perveniva attraverso lanci di fogli dagli aerei o con gli altoparlanti, sapevamo che fra gli alleati non regnava l'armonia'.

E’ la mattina del 19 dicembre quando i primi carri della 174a brigata si presentano sulle alture che dominano l'abitato di Kantemirovka. Ai T-34 non è stato affidato il compito specifico di prendere le città e i villaggi. Essi devono scompaginare le difese, in modo che le fanterie possano introdursi nelle case. I carristi puntano dunque le bocche da fuoco verso lo spiazzo della stazione mirando ai camion. Baukov dice: 'Quando anch'io raggiunsi Kantemirovka, degli italiani erano rimasti soltanto i feriti nell'ospedale. Dovunque c'erano automezzi sventrati, corpi con le membra straziate sotto le ruote. Non è uno spettacolo che mi piace ricordare. I magazzini erano pressochè intatti. Evidentemente non c'era stato il tempo di bruciarli. Erano comunque ben riforniti, più di quanto potessi immaginare dall'aspetto dei primi prigionieri italiani'.

Come chiarisce il colonnello Morozov, 'a mezzogiorno del 19 dicembre i T-34 si impadroniscono di Kantemirovka. Nello stesso tempo entravano in città i mezzi della 66a brigata corazzata oltre alle avanguardie della 31a brigata motorizzata di fucilieri. Alle otto di sera la città era liberata. Con ciò veniva tagliata una importante via di comunicazione fra Voronez e Rostov sul Don. Da questo momento i carristi del XVII corpo corazzato continuarono a sviluppare l'offensiva in direzione sud verso il Donez settentrionale'. Il 16, giorno dell'inizio dell'offensiva contro gli italiani, Hoth è stato bloccato sulla strada di Stalingrado, precisamente sulle rive del fiume Axai. Cinque giorni dopo la liberazione di Kantemirovka, i carristi di Badanov occuperanno Tazinskaja dopo avere travolto romeni e tedeschi. La 6a armata rimane nella sacca di Stalingrado. La linea del Don è definitivamente infranta.

Rimane intatta a nord, oltre le paludi del fiume Kalitva, ed è tenuta dal Corpo d'Armata alpino e, piu oltre, dalla 2a Armata ungherese. Queste unità sono quanto rimane sul Don del Gruppo di Armate B, comandato dal maresciallo von Weichs, assieme al XXIV corpo corazzato tedesco del generale Wedel e al Gruppo Kramer posto alle spalle degli ungheresi. Dopo il Natale del 1942 l'offensiva sovietica si attenua un po'. I reparti fucilieri rastrellano il territorio compreso fra il Don e il Donez nel quale si difendono ancora alcuni presidi italiani e tedeschi, come a Cercovo e Millerovo, mentre si stringe ancora di più la cintura di fuoco attorno a Stalingrado, che cadrà alla fine di gennaio. Gli italiani sono di nuovo coinvolti nella battaglia alla metà di gennaio 1943, quando si e già sviluppato il nuovo attacco sovietico che porta il nome di operazione Ostrogoszk Rossosc, affidato al comandante del fronte di Voronez, generale Golikov.

Golikov ha incominciato a stendere i suoi piani il 20 dicembre, e il 25 ha raggiunto Mosca in aereo per sottoporli personalmente a Stalin. Questi ha approvato il progetto e anzi ha deciso di fare intervenire nuove forze nell'operazione, il cui scopo principale è di riconquistare la linea ferroviaria che scende da nord verso Rossosc, base di lancio delle future offensive verso il cuore dell'Ucraina. Golikov sorprende il comando tedesco che si aspetta un attacco sul fronte del Corpo d'Armata alpino, e non sui fianchi. Il generale russo lancia le sue offensive contro le posizioni tenute sul Kalitva dal XXIV corpo corazzato tedesco che include la divisione Julia frettolosamente fatta scendere più a sud, e che si è già dissanguata nella difesa del quadrivio di Seleny Jar. Inoltre attacca a nord sul fronte della 2a Armata ungherese. Il Corpo d'Armata alpino si trova chiuso dentro una gigantesca tenaglia, cui cercherà di sottrarsi a prezzo di gravissimi sacrifici.

Una delle caratteristiche essenziali del piano di Golikov è che, alle manovre avvolgenti delle sue armate corazzate, si accompagnano quelle di rastrellamento. Il generale sovietico non vuole incorrere nello stesso errore compiuto dai tedeschi fin dall'inizio della guerra sul fronte russo, allorchè, nella loro spinta verso est, hanno lasciato dietro di loro intere armate solo nominalmente distrutte. Nel corso dell'avanzata, tre generali italiani cadono prigionieri. Sono Battisti, Ricagno e Pascolini, rispettivamente comandanti della Cuneense, della Julia e della Vicenza. L'operazione Ostroszk-Rossosc si conclude 1'1 febbraio, lo stesso giorno in cui von Paulus capitola a Stalingrado. Ma già il successo per Golikov si è delineato il 20 gennaio, quando sul fronte delle sue armate è cessata ogni resistenza organizzata.

Se per le tre divisioni alpine, Tridentina, Julia e Cuneense, e per la divisione di fanteria Vicenza, coinvolte in questa gigantesca manovra di accerchiamento, la ritirata attraverso la steppa e con una temperatura che spesso raggiunge i quaranta gradi sotto zero, si risolse in una tragedia (soprattutto per il ritardo con cui il comando supremo tedesco autorizzò dopo molte resistenze il loro sganciamento dalla linea del Don), per i russi essa ebbe a un certo momento le caratteristiche di un'azione di 'bonifica' del territorio liberato. Ci dice Morozov: 'Concluse rapidamente le due battaglie di sfondamento a nord sul settore ungherese, e a sud su quello tedesco del XXIV corpo corazzato, per le armate sovietiche che già avevano raggiunto Valuiki, si tratto di rastrellare la grande sacca: un compito, diciamo, quasi di ordinaria amministrazione nel quadro dell'intera operazione Ostrogoszk Rossosc'.

In queste stesse settimane è incominciata la ritirata tedesca dal Caucaso e anche il fronte di Leningrado passato all'offensiva dopo il lungo assedio della città. L'avventura degli italiani in terra di Russia è praticamente terminata. I primi reparti superstiti affluiti in un primo tempo verso Voroscilovgrad, in seguito verso Dniepropetrovsk e Gomel, incominciano a rientrare in Italia a partire dalla metà di marzo. In Russia rimangono i morti e i prigionieri.