venerdì 29 ottobre 2021

Terza lettera di Hitler a Mussolini

Sempre a scopo divulgativo e storico riporto la terza lettera scritta da Hitler a Mussolini a circa un mese dall'inizio dell'Operazione Barbarossa.

Terza lettera di Hitler a Mussolini.

Quartier Generale del Führer, 20 giugno 1941.

Duce, al termine della quarta settimana dall'inizio della guerra vorrei farvi, Duce, un breve riassunto della situazione, cosi come essa si presenta. Ho letto la Vostra ultima lettera con un vero piacere. Condivido completamente, Duce, le Vostre considerazioni politiche. Sono ora sorti alcuni nuovi problemi essenziali, ai quali vorrei brevemente accennare.

Dopo la prima breccia che ha portato all'annientamento di un certo di armate russe come pure alla distruzione di numerose divisioni russe, è trascorso un certo tempo 1) per annientare e costringere alla resa queste armate russe da noi circondate, le quali del resto comprendevano più di un milione di uomini; 2) per dar modo alle divisioni di fanteria di raggiungere le divisioni corazzate che erano andate molto avanti; 3) per riordinare la base di approvvigionamento e in particolare le linee ferroviarie e il centro di smistamento delle notizie e tenerle in contatto le armate che avanzano sempre più.

Trasporti e collegamenti.

Specie per quanto riguarda le ferrovie è stato fatto un lavoro eccezionale. Numerose strade ferrate sono state già messe in funzione. Di altre linee siamo riusciti temporaneamente a servirvi, in modo che i nostri treni appositamente attrezzati riescano a percorrerle fino ad un tratto che è molto ad oriente di Minsk. Queste strade ferrate, nonostante tutte le distruzioni, non solo raggiungeranno in pochi giorni la cosiddetta linea Stalin ma la sorpasseranno. Dopo che questi preparativi erano stati compiuti e le divisioni di fanteria, pronte all'attacco, si erano in collegamento con i reparti motorizzati che avevano già avanzato ho dato l'ordine di attaccare linea Stalin e di sfondarla nei punti stabiliti.

Questa operazione è riuscita su tutto il fronte. Attualmente in ben otto punti davanti al nostro fronte si trovano incapsulati reparti di armate russe. Il cerchio si stringe di ora in ora intorno a loro ed io non credo che importanti contingenti riusciranno ad aprirsi una breccia e a sfuggirci. In ogni modo, passeranno probabilmente ancora otto giorni prima che i nostri reparti corazzati, spintisi molto avanti in oriente, siano raggiunti dal grosso della nostra fanteria. Io ritengo che per la fine della prossima settimana gran parte delle armate russe che si trovano dinanzi alla ex linea Stalin sarà distrutta.

Attualmente, altre operazioni dirette alla distruzione dell'esercito nemico sono in via di preparazione e saranno attuate entro brevissimo tempo. Io ritengo fin da ora che sia da escludere che il comando russo possa riuscire a portare in salvo ingenti reparti dietro il Volga o dietro gli Urali. Comunque, io sono deciso ad inseguire l'armata finché russa essa sarà e distrutta interamente. Questa decisione è anche la decisione delle truppe. E' una decisione sorta nella sua durezza sotto l'impressione della crudeltà che il bolscevismo stesso ci ha dato. Poiché la forza contro la quale combattiamo non è composta di uomini ma di diavoli.

Ogni giorno di più si rafforza presso gli ufficiali ed i soldati la convinzione che era proprio l'ultimo minuto utile quello in cui noi siamo entrati a combattere un pericolo che minacciava l'Europa in un modo tale come non si era più visto dall'epoca delle incursioni degli Unni e dei Mongoli. Gli atti di crudeltà commessi da questi esseri bestiali non si possono immaginare. Ad esempio, la mia Guardia del Corpo fu aggregata ad un reparto di avanguardia del gruppo corazzato Kleist che spintosi molto avanti, fu tagliato fuori e sopraffatto dopo aver fatto uso di tutte le sue munizioni. I suoi componenti sono stati trovati tutti legati e ridotti in condizioni così crudeli che anche in Germania non si è potuto pubblicarne le fotografie. Conseguenza di queste impressioni è un sempre piu crescente fanatismo anche presso i nostri semplici soldati, i quali non vogliono fare più prigionieri.

La massa dei prigionieri in nostre mani - sia soldati che ufficiali - è rappresentata da esseri cosi bestiali e cosi in basso nella scala degli esseri animali che basta da sola a stabilire un netto confine fra l'Europa e l'interno dell'Asia - la quale però va distinta dall'estremo Oriente, cioè da quelle razze di antica ed alta civiltà che per secoli hanno dovuto faticosamente difendersi dagli attacchi dei Mongoli asiatici.

Rallegramenti per il C.S.I.R.

I Vostri contingenti, Duce, non appena le circostanze lo permetteranno entreranno subito nella lotta, ed io sono convinto che essi potranno in ogni caso partecipare utilmente e vittoriosamente alla seconda campagna del Sud. Mi rallegro soprattutto che si tratti di un corpo di spedizione numeroso e completo, poiché ciò facilita il compito per l'ulteriore avanzata. Però sarò soprattutto lieto, Duce, se potrò di nuovo salutarVi. Questa volta, ancora più di prima, sono convinto che la guerra è vinta, poiché dopo l'annientamento della Russia non vi sarà alcuna forza al mondo, Duce, che potrà scuotere la nostra posizione europea e la Vostra posizione nord-africana. Oltre ciò ci sarà possibile assicurarsi nell'immenso del continente Orientale quelle condizioni economiche fondamentali che, pure nel caso del prolungarsi della guerra, sono atte a sollevare anche il resto della Europa dalle attuali necessità e preoccupazioni.

Vogliate gradire, Duce, i miei più cordiali camerateschi saluti.

Vostro Hitler

Immagini, il ripiegamento

Immagini del ripiegamento, 20 e 23 gennaio 1943... la lunga strada verso casa.



martedì 26 ottobre 2021

Racconti di Russia, Novo Postojalowka

Un'altra testimonianza tratta dal libro "Nikolajewka: c'ero anche io" a cura di Giulio Bedeschi. Capitano Lino Ponzinibio, medaglia d'oro al V.M. Battaglione Mondovì, 1° Reggimento Alpini.

[...] Io a Nikolajewka non c'ero. Posso però egualmente affermare che essa fu la più grande battaglia fortunata combattuta in terra di Russia dal Corpo d'Armata Alpino, e per esso quasi esclusivamente dalla Tridentina. Io però c'ero a Nowo Postojalowka! Questa sanguinosa, disperata battaglia che doveva durare, quasi ininterrotta per più di trenta ore ed in cui rifulse il sovrumano e sfortunato valore dei battaglioni e dei gruppi della Julia e della Cuneense che ne uscirono poco meno che distrutti.

Di questa battaglia quasi nessuno dei molti che hanno scritto sulla campagna di Russia si è occupato, quantunque essa sia stata, senza dubbio alcuno, la più dura, lunga e sanguinosa fra le molte sostenute dagli alpini sia in linea sia nel corso del ripiegamento: ritengo quindi necessario affermare che essa, anche se al moltissimo sangue che fu sparso non corrisponde il meritato successo, costituì una delle pagine più gloriose che gli alpini abbiano mai scritto nella loro lunga storia e fu certamente la più splendida fra le molte di cui si compose l'epopea della Julia e della Cuneense in terra di Russia.

La lotta davanti a Novo Postojalowka era costata alla Cuneense la distruzione pressoché completa di quattro battaglioni, di due gruppi d'artiglieria e del battaglione genio ed alla Julia circa eguali perdite, sebbene i suoi reparti fossero già stati assottigliati in seguito a precedenti duri e sanguinosi combattimenti. Questo il tragico bilancio della battaglia di Nowo Postojalowka dei giorni 19 e 20 gennaio 1943. Ma non fu un inutile sacrificio perché attirando su di sé ed impegnando a lungo notevoli e poderose forze russe impedì loro di accorrere più a nord e di gettarsi sulla Tridentina che poté così superare meno duramente le numerose resistenze russe e uscire dalla sacca traendo in salvo, sulla sua scia, qualche migliaio di superstiti delle divisioni sorelle.

A queste ultime, invece, la sorte fu meno benigna ed i superstiti, nella maggior parte feriti o congelati, dovettero subire la triste sorte della prigionia. Non senza aver resistito e combattuto fino oltre ogni estremo limite e possibilità di resistenza. Infatti, prive di collegamenti con la Tridentina e quindi con il comando del Corpo d'Armata Alpino, ignare perciò del dirottamento su Nikolajewka, le superstiti colonne della Cuneense della Julia proseguirono il cammino puntando sulla meta originaria, Waluiki, che raggiunsero attraverso combattimenti pressoché continui alternati a estenuanti marce compiute soprattutto di notte, ben spesso fra violente bufere, sempre accompagnati dalla fame dal gelo. E ciò in una crescente progressione di atroci disagi fino al 27 gennaio, allorché dinanzi a Waluiki, nonostante il quasi totale esaurimento delle munizioni i generali Battisti e Ricagno e i loro superstiti alpini si impegnarono in combattimento ad oltranza e infine vennero catturati dai russi.

La colonna del 1° Alpini resisteva ancora dinanzi a Waluiki, all'alba del 28 gennaio, quando il colonnello Manfredi venne ucciso dai russi; e il battaglione Mondovì, sopraggiunto a metà giornata, combatté aspramente fino a notte, prima di essere sopraffatto dalle strapotenti forze nemiche che portavano a compimento l'effetto di dieci giorni di patimenti inauditi, accumulati dal rigore del clima e dalle quasi inverosimili circostanze nelle quali si trovarono infossati gli alpini nella sacca sul fronte russo.

Serata a Medesano

Sabato 6 novembre alle ore 20.45 saremo ancora una volta quasi tutti insieme, a Medesano in provincia di Parma, per raccontare il viaggio del 2018, ma soprattutto per ricordare tutti quei ragazzi che non sono tornati. Su invito e grazie all'iniziativa del Gruppo Alpini Medesano e con il patrocinio del Comune di Medesano, interverremo alla serata con un primo inquadramento storico della Campagna di Russia e successivamente proietteremo immagini e video del viaggio con la diretta testimonianza di chi ne ha preso parte. Chi fosse interessato può presentarsi al Teatro Comunale Adolfo Tanzi in Via Picelli 12 a Felegara, frazione di Medesano.

In realtà per noi sarà un doppio impegno, perché la mattina avremo anche il piacere di parlare della Campagna di Russia e della nostra intensa esperienza anche ai ragazzi della scuola media locale.

Cimitero di Lambrate, Milano

Milano, piazzale del cimitero di Lambrate...

sabato 23 ottobre 2021

Tributo ai combattenti di El Alamein

Parlo della Campagna di Russia e dei ragazzi che lì hanno combattuto e sofferto, ma questa sera il mio pensiero va a loro... ai soldati che proprio in queste ore ad El Alamein, 79 anni fa, affrontarono la morte.

martedì 19 ottobre 2021

MOVM - Iacovitti Mario

Le Medaglie d'Oro al Valor Militare della Campagna di Russia, Soldato Scelto Flammiere IACOVITTI Mario, 1° Battaglione Chimico d’Armata.

Motivazione: "Volontario in durissimi combattimenti difensivi, mentre l’unità di cui faceva parte, completamente circondata, era premuta da soverchianti forze nemiche, sfìnito da più giorni di combattimento e con gli arti inferiori menomati da principio di congelamento, in un disperato ritorno di energie, riusciva a montare su di un cavallo e, tenendo alto sulla destra un drappo tricolore, si lanciava contro il nemico, trascinando con l’esempio centinaia di uomini all’attacco. Incurante della reazione avversaria, attaccava ripetutamente. Alla quinta carica, rimasto miracolosamente illeso, dopo che una raffica di mitragliatrice gli aveva abbattuto il cavallo, si trascinava ancora avanti, carponi, verso una postazione di arma automatica nemica, della quale, con fredda astuzia e straordinario coraggio, riusciva a impadronirsi con lancio di bombe a mano. Nel prosieguo della lotta disperata, travolto dalla marea nemica veniva catturato. - Arbusow (Russia), 22 dicembre 1942".

MOVM - Vitale Vincenzo

Le Medaglie d'Oro al Valor Militare della Campagna di Russia, Caporale VITALE Vincenzo, 5a Compagnia Lanciafiamme, Divisione Cosseria.

Motivazione: "Vicecomandante di squadra lanciafiamme, si lanciava animosamente contro il nemico incalzante ricacciandolo col getto della sua arma. Esaurito il lancio sostituiva il suo apparecchio con un altro tolto ad un compagno ferito e si portava di nuovo arditamente e decisamente al contrassalto infliggendo notevoli perdite all’avversario. A lancio finito si toglieva di dosso l’apparecchio e spintosi davanti a tutti teneva testa ad un numero soverchiante di nemici, prima con la pistola e poi a colpi di bombe a mano. Mentre a voce alta incitava i compagni a seguirlo nella azione destando l’ammirazione dei superstiti, rimaneva ucciso da una granata avversaria. Già distintosi in azioni precedenti. Chiaro esempio di elevato senso del dovere spinto sino al sacrificio. - Fronte russo (Don Deresowka), 15 dicembre 1942".

Ricompense - 8a Armata - Btg.ni Lanciafiamme

Ricompense al Valor Militare attribuite per le operazioni sul Fronte Russo, a cura di Carlo Vicentini, fonte UNIRR.

MOVM - Medaglia d'Oro al Valor Militare, MAVM - Medaglia d'Argento al Valor Militare, MBVM - Medaglia di Bronzo al Valor Militare, MOVM - Medaglia d'Oro al Valor Militare, CGVM - Croce di Guerra al Valor Militare.

8a ARMATA - BTG.NI LANCIAFIAMME
MOVM caporale VITALE Vincenzo, alla memoria
MOVM soldato IACOVITTI Mario
MAVM Capitano PIAZZA Melchiorre
MAVM Tenente GERUNDA Aldo
MAVM Sottotenente GORI Cesare, alla memoria
MAVM Sottotenente LOVERA Agostino
MAVM soldato CONTE Domenico, alla memoria
MAVM soldato GABRIELLI Filippo, alla memoria
MBVM Tenente TARTARA Ettore
MBVM Sottotenente RICCI Giovanni
MBVM sergente AGOSTINI Giorgio
MBVM soldato APICELLA Mario
MBVM soldato BALDUCCI Savino
MBVM soldato MARIAN Luigi
MBVM soldato SCANO Antioco, alla memoria
CGVM Sottotenente LOVERA Agostino
CGVM Sottotenente PICCA Francesco
CGVM soldato BALDONI Sestilio
CGVM soldato GRILLI Nunzio
CGVM soldato MANGIAROTTI Libero
CGVM soldato RIMOLDI Innocente
CGVM soldato TENTORI Giovanni

Woroschilowa, parte 5

Woroschilowa: un buco senza speranza, di Giulio Ricchezza - quinta e ultima parte.

Rainaldi scriveva sovente alla famiglia. Di lui sono rimaste molte delle lettere inviate dal fronte russo; una di queste, per esempio, porta la data del 17 novembre 1941; vi si legge: "Carissimi, nei giorni precedenti all'azione del 12, noi col battaglione avevamo tentato di aggirare le posizioni russe che impedivano l'accesso alla strada asfaltata che da Stalino porta a Gorlowka e a un altro centro; non siamo riusciti; quindi, in forze, il CSIR ha attaccato frontalmente. Il nostro battaglione di rincalzo, dopo poche ore aveva scavalcato il X Battaglione e si era portato in primissima posizione. La prima compagnia in testa. Il mio plotone avanzato, ancora più avanti; così durò tutta la giornata del 12 contendendo e guadagnando terreno sulle posizioni russe annidate dietro la ferrovia. Dalle case vicine, dalle fabbriche, da postazioni a terra, si sparava contro di noi con mitragliatrici, fucili mitragliatori, moschetti automatici, mortai e cannoni. Tutto era rivolto contro di noi che avanzavamo in terreno completamente scoperto, di sbalzo in sbalzo, di buca in buca, alcune buche di proiettili ancora fumanti; si avanzava sempre. Già la colonna del colonnello Chiaramonti, dell’80° Reggimento fanteria, si era incuneata fra le postazioni russe; noi abbiamo alleggerito il suo fronte aumentando la resistenza sul nostro. Alle 16 l'azione terminava avendo raggiunto lo scopo prefisso. Le mie impressioni? Eccole: azioni come quella del 12 noi non ne avevamo mai fatte, così in piena regola e così allo sbaraglio. Vi erano state prime linee, esplorazioni, scaramucce; il vero battesimo del fuoco, quindi, è stato quello del 12... Il nostro regolamento dice che la migliore ambizione è quella di aver compiuto il proprio dovere. Da questo lato io sono completamente a posto. Ho lasciato il campo di battaglia per ultimo, avendo visto tutto prima di mettere al riparo i miei uomini".

Come si vede, in queste righe vi è tutto l'animo giovane, entusiasta, anche un tantino ingenuo se vogliamo - come appare dalla citazione del regolamento per giustificare e auto... premiare il proprio comportamento - del Rainaldi. Un ragazzo che non meritava certo di morire così, in mezzo a quella piana gelata, col sangue delle proprie ferite coagulato dal freddo. Morto dunque per Woroschilowa, per quattro spuntoni di isba, sudici lembi di muretti di fango, accanto a un sentierino pesticciato, in una lercia contrada paesana, appena appena ingentilita dal bianco manto di neve. Con lui, con Rainaldi, sono caduti tanti altri. Il solo ruolino di una compagnia che verso Natale recava ancora 142 presenze, dopo Woroschilowa ha solo trentasei nomi; gli altri sono andati a ingrossare le file dei deceduti, dei feriti, dei dispersi.

Anche Taralli è falciato. Si è inoltrato fra i primi, sempre mosso da quell'irrefrenabile entusiasmo, da quella volontà di fare, di agire. Ha sopravanzato i suoi commilitoni, alla testa della sua compagnia. Ai suoi fianchi i soldati cercano di liberarsi dalla stretta della neve fresca, mentre l'artiglieria italiana che dovrebbe appoggiare l'attacco - per una sfasatura o nel tiro o negli... orari - fa piovere qualche colpo anche sui bersaglieri e sui legionari. Cose che in guerra succedono assai più frequentemente di quanto non si pensi. Taralli, arrivato a circa duecento metri dai Russi, si ferma: il tempo di tirar fuori dal tascapane le bombe a mano per poi riprendere quella che dovrebbe essere una corsa, ma che si è convertita ormai in un faticoso avanzare. Questo ragazzone simpatico dal sorriso aperto e dalle spalle quadre è uno di quelli che sono falciati senza pietà. Qualcuno, ad azione finita, riferirà di averlo sentito gridare all'indirizzo dei suoi: "Savoia! Savoia! Terzo! Terzo!".

Difficile dire se, nel frastuono della battaglia e nell'ansia spasmodica dei bersaglieri di far fronte all'azione avversaria, Taralli abbia effettivamente pronunciato queste parole. Probabilmente sì, perché in fondo faceva parte del suo carattere ed era in armonia con il suo desiderio di far di tutto per guadagnarsi quella medaglia tanto sospirata, una cosa alla quale teneva profondamente, per dimostrare a se stesso d'aver compiuto tutto ciò che c'era di umanamente possibile per il bene del proprio paese. Woroschilowa vede anche morire don Davoli, vede inghiottite nella mischia decine e decine di soldati, graduati, ufficiali. Tant'è che a un certo punto l'aiutante maggiore, tenente Supino, il solo rimasto che possa ancora impartire un ordine, dice a quelli che sono accanto a lui: "Fate circolare la voce... ci ritiriamo". Così, a poco a poco, gli Italiani rompono il contatto.

Qualcuno, come il bersagliere Salvatore Tropea, non riceve l'imbeccata e continua a combattere senza accorgersi che i colpi italiani si diradano progressivamente. Poi Tropea vede comparire il portaferiti Medetti, che vuol raggiungere un muricciolo sbrecciato dietro il quale ci sono dei soldati in attesa di qualcuno che rechi loro soccorso. Medetti va avanti per non tornare mai più. È il cammino a ritroso, per quei quattro gatti rimasti dopo la strage. Devizi si è caricato sulle spalle la salma di Nigra e con quella si farà tutti e sette i chilometri che separano Woroschilowa da Iwanowski.

"Mesti mesti, mogi mogi, tornammo sui nostri passi. Il nemico, quando noi eravamo ormai a una cinquantina o forse anche più metri dal luogo dello scontro, aveva già rallentato il tiro; ancora qualche decina di metri e il fuoco sarebbe cessato quasi del tutto. Marazzani aveva seguito a distanza l'azione, scuotendo di tanto in tanto la testa. Ci fece radunare; eravamo rimasti, mi pare, poco meno di un centinaio, tant'è che Marazzani decise di mandarci a riposo, il che voleva dire andare dietro le linee di quattro o cinque chilometri per riorganizzarci, per rimetterci in forze, per stare un po' in disparte. Con quelli che erano rimasti a lwanowski con il materiale, i servizi, eccetera, di tutto il battaglione, il XVIII, saranno rimasti sì e no centocinquanta uomini, da ottocento che eravamo un mese prima, contando quelli che erano stati mandati a riposo, contando anche quelli che erano ammalati, o che erano restati, come si è detto, a Iwanowski...

"I compagni che erano lì ci accolsero con non eccessivo gaudio; ci avrebbero accolto magari meglio, anzi sarebbero stati loro che ci avrebbero raggiunto a Woroschilowa, qualora l'avessimo conquistata. Tornando lì, naturalmente, si sa come succede, si videro alcuni commilitoni farsi avanti, chiedere angosciati che cosa fosse accaduto; quando seppero della morte di tutti quei compagni, del Taralli, del Tedeschi, della scomparsa di don Davoli, di cento altri, rimasero muti, non dissero più niente. Muti anche loro, come del resto noi... Che cosa avremmo potuto dire?".

La battaglia per la conquista di Woroschilowa falliva così. Nei testi dedicati all'avvenimento o nelle parole infiammate di qualche reduce potrebbe sembrare che gli Italiani abbiano qui conseguito non un successo, ma per lo meno un discreto risultato. Non per nulla Taralli è diventato una sorta di simbolo, come lo è divenuto don Davoli. Nell'iconografia bersaglieresca Taralli è stato dipinto come una sorta di novello eroe della prima guerra mondiale: butta le sue bombe a mano contro il nemico con lo stesso sprezzo del pericolo dimostrato da un Toti. Ma non basta, ovviamente, un pugno di coraggiosi com'erano effettivamente Taralli e i suoi a trasformare in vittoria un insuccesso; né basteranno le difficoltà del combattimento sostenuto a giustificare agli occhi del comando tedesco l'abbandono della posizione che era costata tanto sangue e tante fatiche.

Non per nulla i Tedeschi ordineranno più tardi agli Italiani di riprendere ad ogni costo quel buco, dando incarico a tutti gli effettivi del battaglione di stanza a Iwanowski di partecipare all'azione. La collera tedesca, unita alla mancata occupazione di un caposaldo ritenuto, a torto o a ragione, chi lo sa, davvero prezioso, farà sì che i bersaglieri non potranno ricevere il riposo e il premio alle fatiche sostenute fino a quel momento. Dopo la guerra, uno di loro, ci mostrerà un piccolo quaderno scolastico russo, portato con cura in Italia, in cui era stato tenuto un diario o per lo meno in cui erano stati scritti degli appunti casuali, guerra permettendo.

C'erano dei nomi, scritti in bella grafia; accanto a loro una parola, una sola:
Modica: morto
Russo: morto
Nordi: morto
Casarini: morto
Camarca: ferito
Creta: disperso
Cap. Rigo: ferito

Erano i nomi dei componenti di una sola squadra, la III, di una sola compagnia.

Fotografia dell'archivio storico della Legione Tagliamento: l'abitato di Woroschilowa.

Il camion dello CSIR

Camion dello CSIR al museo di Kubinka (Mosca).











sabato 16 ottobre 2021

Le mappe dello CSIR e dell'ARMIR 15

Le mappe delle operazioni del CSIR e dell'ARMIR dal giugno 1941 all'ottobre 1942 - La battaglia di Chazepetowka (5-14 Dicembre 1941).

Il viaggio del 2011, Scheljakino

Immagini del mio primo viaggio "esplorativo" effettuato nel 2011... nella prima immagina una tipica balka russa, nella seconda immagine il monumento dedicato ai giovani partigiani russi caduti durante gli scontri fuori Scheljakino.



La serata alla Comunità Giovanile

Come avevo indicato qualche giorno fa proprio su questa pagina, ieri sera si è tenuta la serata dedicata alla Campagna di Russia presso la Comunità Giovanile di Busto Arsizio. Grazie all'invito di Francesco Pannilini e con la presenza di Silvia Ostinelli, abbiamo parlato di Russia e dei suoi protagonisti.

Credo una delle serate meglio riuscite che ho tenuto in questi ultimi anni... forse la viva atmosfera della Comunità Giovanile, forse la presenza di Silvia che è riuscita a trasmettere in modo diretto e profondo la tragedia vissuta dalle famiglie nelle quali un padre, un figlio, un fratello è stato dichiarato disperso, siamo riusciti a coinvolgere le persone presenti con un racconto fatto sì di numeri, di immagini di guerra, di immagini dei nostri viaggi che toccano l'anima, ma soprattutto fatto di emozioni e di sensazioni.

Per noi ormai questa è diventata una sorta di "missione" di vita: vogliamo mantenere viva la memoria di quei ragazzi anche se a distanza di 80 anni. Se ci fosse qualche altra realtà desiderosa di organizzare un'analoga serata in Lombardia o nelle regioni limitrofe, mi contatti senza alcun problema.







giovedì 14 ottobre 2021

GIS per la Campagna di Russia

Danilo Dolcini e Stefano Olivieri sono gli ideatori di questo gruppo che ha quale finalità la realizzazione di un sistema informativo geografico (GIS) per la Campagna di Russia; attraverso lo studio di documenti e di diari storici, le testimonianze e i resoconti di reduci e parenti di reduci, l'analisi di cartine e sistemi cartografici, le esperienze dirette sul campo in Russia, vogliamo realizzare, su una piattaforma Web che un giorno potrà essere consultata gratuitamente da tutti, una ricostruzione dinamica ed interattiva della partecipazione italiana alla Campagna di Russia dall'invio dello C.S.I.R. alle tristemente famose ritirate che si svolsero nel dicembre 1942 e nel gennaio 1943 da parte dei reparti dell'ARM.I.R.

Obiettivo dunque di tale progetto è quello di rappresentare su un sistema virtuale la dislocazione dei reparti nei vari momenti della campagna; l'identificazione delle varie località con la traslitterazione in italiano, tedesco e russo; i movimenti e i percorsi seguiti durante le fasi di avanzata e di ritirata; la comparazione della cartografia attuale con quella militare dell'epoca attraverso la sovrapposizione di cartine storiche tedesche e sovietiche; la sequenza degli avvenimenti con appositi riferimenti geografici e storici, tratti da saggi attualmente o in passato in commercio; l'integrazione con immagini storiche ed attuali, queste ultime realizzate durante i viaggi in Russia sui campi di battaglia.

Per raggiungere quanto indicato avremo sicuramente bisogno del contributo di tutte quelle persone che come noi sono interessate a questa vicenda e che un giorno potranno anch'esse utilizzare liberamente il sistema informativo geografico (GIS); il gruppo ha quindi la finalità di raccogliere semplici ma precise testimonianze di episodi avvenuti in una data e in un luogo preciso, riferite a reparti ben identificabili, onde poter ricostruire con estrema accuratezza la storia dei battaglioni, dei reggimenti, delle divisioni impegnate in Russia. Sono altrettanto preziosi i contributi più consistenti quali studi e resoconti già effettuati di provata attendibilità.

Al completamento di questo studio andremo inoltre a realizzare, come autori e curatori, un saggio storico in cui i dati raccolti saranno utilizzati per la stesura di alcuni capitoli. Ogni singolo contributo sarà adeguatamente citato nella pubblicazione in oggetto.

Come contribuire? Iscrivendosi al gruppo innanzitutto. Con regolarità inseriremo dei post relativi a TEMI specifici che in quel momento stiamo trattando, opportunamente etichettati con un apposito tag che serve a contraddistinguere in modo univoco un argomento; per ognuno di questi TEMI potrete dunque aggiungere immagini, fonti, racconti, testimonianze, ecc. che verranno mappate sul sistema informativo geografico. Per esempio quando tratteremo della battaglia di Nikolajewka il tag sarà #nikolajewka ed eventuali vostri contributi potranno essere aggiunti direttamente sotto il nostro post oppure proposti da zero, meglio se contenenti il tag univoco che servirà a tutti per capire a quale TEMA fanno riferimento.

Oppure potrete voi direttamente attivare di un TEMA per il quale avete informazioni, immagini ed altri contenuti di particolare rilevanza, sempre identificandolo con il suo tag univoco... in tal modo sarete promotori di un argomento specifico e chiunque potrà collaborare fornendo ulteriore materiale.

Vi lasciamo immaginare quale potrà essere il risultato finale di questo lavoro... un risultato che già giorno per giorno vediamo crescere sotto i nostri occhi!

https://www.facebook.com/groups/campagnadirussiagis

mercoledì 13 ottobre 2021

Woroschilowa, parte 4

Woroschilowa: un buco senza speranza, di Giulio Ricchezza - quarta parte.

Un tenue chiarore comincia a diffondersi all'orizzonte. Le tre compagnie di bersaglieri e CC.NN. continuavano a scalpicciare sulla neve gelata del sentierino. Il nemico non dovrebbe essere lontano. Il generale Marazzani è a Iwanowski. Non immagina che i suoi della Celere stanno per prender contatto coi Russi. Ma sa che dopo tutte quelle ore di marcia, nel gelo siberiano, i suoi uomini devono essere esausti; riusciranno a trovare ancora la forza per combattere?

Improvvisamente, nei pressi del villaggio di Woroschilowa, appaiono lungo la piana le caratteristiche lingue di fuoco dei colpi in partenza; tutti i bersaglieri che stanno ancora camminando in fila indiana e con loro i legionari della Tagliamento, quelli dei servizi che sono stati messi nel numero, i complementi appena arrivati al fronte, freschi freschi, ignari di Russia e di guerra, si sparpagliano a semicerchio per evitare di essere presi d'infilata. Ma al di fuori di quel maledetto sentiero a mala pena tracciato nella neve, si affonda fino al ginocchio; procedere è quasi impossibile, piazzare un'arma per rispondere al tiro avversario diventa assurdo. Nigra è li che cerca di imbastire un'azione qualunque; quel fuoco immediato dei Russi, segno indubbio che il nemico stava all'erta e ha reagito con prontezza fin eccessiva, lo ha sconcertato. Forse i Russi avevano nei dintorni di Iwanowski degli informatori locali che senza farsi scorgere sono arrivati la notte stessa per avvisare dell'imminente attacco. Chi lo sa.

Accanto a Nigra c'è il tenente Devizi. All'improvviso questi - mentre la buriana dei colpi infuria adesso senza posa - vede il colonnello che si affloscia senza un gemito: una pallottola russa gli ha perforato l'elmetto fulminandolo. Ormai il combattimento è feroce, accanito; i bersaglieri gli altri son dunque rimasti senza comandante. Tutti si sono buttati in mezzo a quella neve alta, allontanandosi a semicerchio dal sentierino, cercando di avvolgere il paese da più lati, di premerlo in una morsa. Ma i mortai russi continuano a far danni. La neve bianca è letteralmente coperta di fagotti nerastri. Sono i corpi degli Italiani, intabarrati nei loro pastrani grigioverdi, rattrappiti in quelle pose grottesche degli ultimi spasimi dell'agonia. Non hanno nemmeno fatto a tempo a sparare, a imbracciare il ridicolo moschetto per truppe speciali, contro i mortai russi, contro le posizioni nemiche che hanno sparso, come ha scritto tempo addietro una persona oggi defunta, Luigi E. Gianturco, "morte e disordine fra gli indifesi".

Woroschilowa, infatti, dal punto di vista tattico, è un assurdo: si tratta a ben vedere di un attacco, condotto appunto secondo la prassi più ortodossa; ma nelle particolari circostanze in cui viene effettuato si tramuta da attacco in autodistruzione. Vogliamo dire che, da offensori, gli Italiani sono in breve tramutati in carne da cannone, in vittime. Impotenti, esposti a un fuoco a cui non sanno né possono reagire, privi come sono di strumenti adeguati, gli Italiani dapprima si fermano, poi cominciano a sbandarsi. Invano il sergente Olivo guida ancora una volta all'assalto la propria squadra; invano i caporalmaggiori Gandini e Trabattoni fanno miracoli, insieme con il mitragliere Chiapparini.

Giuseppe Vasi, un semplice bersagliere, si vede addirittura strappar l'arma di mano da uno scheggione di granata che gli sibila davanti, mentre un violento colpo di mortaio sfracella la gamba di Giulio Panepinto, un sergente, distruggendogli al contempo il prezioso mitragliatore. È ferito un altro caporalmaggiore, Pietro Mancini; si accascia al suolo, colpito, Carlo Panizza; poi è la volta di Aldo Napoli. Vampa... esplosione... uomini che cadono, altri che si rialzano poco dopo come inebetiti. Pietro Medetti, portaferiti, non sa più dove voltarsi. Laggiù un uomo si è abbattuto come un albero colpito dal fulmine. Medetti arranca nella neve; si avvicina. Raffiche sibilano intorno alla sua persona. Il gelo è terribile. Ma ogni soccorso è inutile. Quell'uomo è ormai cadavere.

Amedeo Rainaldi, giovanissimo sottotenente della 1a Compagnia, fa appena in tempo a gridare: "Portate le munizioni!". Poi si abbatte anche lui, falciato da una raffica. Ma quel grido è stato sentito da Pietro Cattaneo, che ha raccolto una cassettina di proiettili e che curvo sotto il peso e per non farsi colpire si avvicina. La sventagliata (non si capisce bene da dove provenga, dove sia il Russo che sta sparando) raggiunge anche lui, che si accascia, ferito, senza riuscire a portare il minimo soccorso al povero Rainaldi. Ma il sottotenente non ha più bisogno di soccorsi: ha già chiuso gli occhi per sempre. Eppure il tenente medico De Ponti, il giorno prima, glielo aveva detto: "Non andare... stai qui... con quei piedi non ce la farai...".

Infatti Rainaldi era stato colpito da un inizio di congelamento durante la celebre battaglia di Natale; era stato uno dei primi che erano saliti sui carri tedeschi per meglio inseguire le truppe russe. Poi, al rientro, s'era dovuto mettere a letto, con un febbrone da cavallo. I piedi, gonfi, purulenti, facevano un groppo sotto le coperte, come se si fosse coricato con degli enormi scarponi da montagna. Una ventina di giorni dopo aveva cominciato ad alzarsi, a camminare un po', ma non poteva più calzare gli scarponi. Allora s'era infilato i più comodi e caldi valenki, le calzature di feltro fabbricate dalle donne ucraine, ideali sulla neve gelata ma inservibili al momento del disgelo.

Il 25 gennaio s'era così trovato in riga con gli altri... A battaglia finita, con il cuore gonfio, il caporalmaggiore Piero Mancini, che lo aveva visto morire, prenderà la penna per scrivere al padre, Riziero Rainaldi, per comunicargli la morte del figlio; lo farà umilmente, con un tono rispettoso, così: "... il 25 gennaio, anche se il signor tenente Rainaldi non stava bene, anzi i piedi gli doloravano, e in più il gonfiore gli era aumentato per le fatiche, e gli ostacolava il camminare, volle nuovamente partecipare alla conquista di Woroschilowa, malgrado il medico e i suoi colleghi e tutti noi bersaglieri lo pregassimo di rimanere a letto. Fu sempre alla testa del suo plotone e cadde per ultimo, ferito a morte; in quelle condizioni, a terra, continuava a incitarci: "Savoia... avanti... portate le munizioni"; ma un'altra raffica lo fece tacere; io fui ferito; e venne l'ordine di ripiegamento dentro le nostre linee".

Fotografia dell'archivio storico della Legione Tagliamento: isba a Woroschilowa.

Una serata con Giuseppe Bassi

Ricevo dal gentile Signor Carlo, figlio di Giuseppe Bassi, reduce di Russia.

Sabato 30 ottobre alle 20.30 all'auditorium di Galzignano Terme (PD) si terrà la presentazione del libro "Dal fronte del Don ai lager sovietici", presente il protagonista Giuseppe Bassi.

martedì 5 ottobre 2021

Bassil'ora, il trailer

Bassil'ora, il bellissimo trailer del film.

Bassil'ora

Finalmente disponibile "Bassil'ora"... appena saputo dell'uscita ho voluto contattare Rebecca Basso di Emera Film, regista, per dare immediato e totale supporto a questa bellissima opera.

Bassil'ora è la storia del vivace centenario Giuseppe Bassi uno dei pochi sopravvissuti della Campagna italiana di Russia.

Catturato dai Sovietici nel ’42, Giuseppe Bassi viene imprigionato nei campi di concentramento e rientrerà in Italia un anno e mezzo dopo la fine della guerra.

I due personaggi di questa storia sono molto vicini emotivamente ma allo stesso tempo opposti: Giuseppe è un anziano che ha combattuto la seconda guerra mondiale sul fronte sovietico mentre Katerina invece è una donna che con la guerra ha avuto poco a che fare che ha un vissuto completamente diverso ma che proviene proprio da quel paese in cui Giuseppe ha vissuto tanta sofferenza.

Katerina ripercorre in modo non cronologico gli incontri e i dialoghi che ha avuto con Giuseppe così da ricostruirne la storia. Attraverso le riflessioni di Katerina entriamo in profondità del vissuto di Giuseppe nelle sue emozioni ma al tempo stesso passiamo dal microcosmo della sua storia personale al macrocosmo della guerra intesa in senso più ampio.

Vi chiedo sinceramente di acquistare questo DVD sia per rendere omaggio a uno dei pochi reduci di Russia ormai rimasti, scampato fra l'altro alla "valle della morte" (Arbusovka) sia per premiare chi come Rebecca Basso e tutta Emera Film si è dedicata ad una vicenda importante e poco "commerciale", come quella di raccontare nel 2020 la storia di un reduce di Russia.

Il DVD può essere acquistato su RUNshop a questo link: https://www.runshop.it/prodotti/Bassil_ora.













sabato 2 ottobre 2021

Il viaggio del 2011, Scheljakino

Immagini del mio primo viaggio "esplorativo" effettuato nel 2011... in partenza da Scheljakino.



Berretto Frigio, caposaldo Olimpo

Berretto Frigio, caposaldo Olimpo, 18 dicembre 1942... fanti della Pasubio... a mio avviso una delle più drammatiche e "belle" fotografie della Campagna di Russia. Sullo sfondo i soldati sovietici che avanzano... guardate i visi di quei ragazzi; sono rivolti tutti verso una persona, non il fotografo... come se cercassero in quel momento così angoscioso il conforto o la rassicurazione di qualcuno, come se si chiedessero "cosa dobbiamo fare?". Mille volte mi sono chiesto, in quegli istanti, cosa hanno provato e soprattutto come mi sarei sentito io al loro posto.

Dopo oltre 70 anni da quella fotografia ho avuto la fortuna (la ritengo tale perché chissà quante persone avrebbero voluto anche solo per un istante trovarsi al mio posto) di essere esattamente nello stesso punto, al caposaldo Olimpo. Era estate e ovviamente non c'era la neve, non c'era il freddo, non c'era nessuno che mi sparava contro e soprattutto non c'era l'angoscia di quei ragazzi.

Avevo stampata nella testa questa fotografia; volevo essere lì, nello stesso punto loro e guardare verso nord, nella stessa direzione dalla quale arrivavano i soldati allora nemici. Non c'era nessuno, oltre a me e alle persone che erano con me; solo silenzio. Avrei voluto dirgli "Ok ragazzi ora torniamo tutti a casa...".