martedì 26 ottobre 2021

Racconti di Russia, Novo Postojalowka

Un'altra testimonianza tratta dal libro "Nikolajewka: c'ero anche io" a cura di Giulio Bedeschi. Capitano Lino Ponzinibio, medaglia d'oro al V.M. Battaglione Mondovì, 1° Reggimento Alpini.

[...] Io a Nikolajewka non c'ero. Posso però egualmente affermare che essa fu la più grande battaglia fortunata combattuta in terra di Russia dal Corpo d'Armata Alpino, e per esso quasi esclusivamente dalla Tridentina. Io però c'ero a Nowo Postojalowka! Questa sanguinosa, disperata battaglia che doveva durare, quasi ininterrotta per più di trenta ore ed in cui rifulse il sovrumano e sfortunato valore dei battaglioni e dei gruppi della Julia e della Cuneense che ne uscirono poco meno che distrutti.

Di questa battaglia quasi nessuno dei molti che hanno scritto sulla campagna di Russia si è occupato, quantunque essa sia stata, senza dubbio alcuno, la più dura, lunga e sanguinosa fra le molte sostenute dagli alpini sia in linea sia nel corso del ripiegamento: ritengo quindi necessario affermare che essa, anche se al moltissimo sangue che fu sparso non corrisponde il meritato successo, costituì una delle pagine più gloriose che gli alpini abbiano mai scritto nella loro lunga storia e fu certamente la più splendida fra le molte di cui si compose l'epopea della Julia e della Cuneense in terra di Russia.

La lotta davanti a Novo Postojalowka era costata alla Cuneense la distruzione pressoché completa di quattro battaglioni, di due gruppi d'artiglieria e del battaglione genio ed alla Julia circa eguali perdite, sebbene i suoi reparti fossero già stati assottigliati in seguito a precedenti duri e sanguinosi combattimenti. Questo il tragico bilancio della battaglia di Nowo Postojalowka dei giorni 19 e 20 gennaio 1943. Ma non fu un inutile sacrificio perché attirando su di sé ed impegnando a lungo notevoli e poderose forze russe impedì loro di accorrere più a nord e di gettarsi sulla Tridentina che poté così superare meno duramente le numerose resistenze russe e uscire dalla sacca traendo in salvo, sulla sua scia, qualche migliaio di superstiti delle divisioni sorelle.

A queste ultime, invece, la sorte fu meno benigna ed i superstiti, nella maggior parte feriti o congelati, dovettero subire la triste sorte della prigionia. Non senza aver resistito e combattuto fino oltre ogni estremo limite e possibilità di resistenza. Infatti, prive di collegamenti con la Tridentina e quindi con il comando del Corpo d'Armata Alpino, ignare perciò del dirottamento su Nikolajewka, le superstiti colonne della Cuneense della Julia proseguirono il cammino puntando sulla meta originaria, Waluiki, che raggiunsero attraverso combattimenti pressoché continui alternati a estenuanti marce compiute soprattutto di notte, ben spesso fra violente bufere, sempre accompagnati dalla fame dal gelo. E ciò in una crescente progressione di atroci disagi fino al 27 gennaio, allorché dinanzi a Waluiki, nonostante il quasi totale esaurimento delle munizioni i generali Battisti e Ricagno e i loro superstiti alpini si impegnarono in combattimento ad oltranza e infine vennero catturati dai russi.

La colonna del 1° Alpini resisteva ancora dinanzi a Waluiki, all'alba del 28 gennaio, quando il colonnello Manfredi venne ucciso dai russi; e il battaglione Mondovì, sopraggiunto a metà giornata, combatté aspramente fino a notte, prima di essere sopraffatto dalle strapotenti forze nemiche che portavano a compimento l'effetto di dieci giorni di patimenti inauditi, accumulati dal rigore del clima e dalle quasi inverosimili circostanze nelle quali si trovarono infossati gli alpini nella sacca sul fronte russo.

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