lunedì 30 ottobre 2023

Gli oggetti di Raoul Achilli

Siamo alle prese da mesi con il progetto INVISIBILI e procediamo con le nostre interviste che poi verranno pubblicate per dare voce anche ai parenti dei caduti e dispersi della Campagna di Russia in cui loro stessi raccontano la storia della loro famiglia, portano la loro testimonianza attraverso racconti, fotografie e documenti, la sofferenza di quei genitori, fratelli o figli che non hanno più visto ritornare a casa il loro figlio, il loro fratello o il loro padre.

In questi giorni abbiamo parlato con i nipoti di Raoul Achilli, Medaglia d'Oro al Valor Militare e caduto a Nikolajewka il 26 gennaio 1943 con la seguente motivazione: "Saldamente addestrata al cimento la sua squadra esploratori, chiedeva ed otteneva di impegnarla in azioni rischiose che in più riprese affrontava con perizia, audacia, elevato sprezzo del pericolo, riuscendo a conseguire tangibili successi in ardito colpo di mano compiuto oltre le linee nemiche. Durante un aspro combattimento, ferito mentre alla testa della sua valorosa squadra assaltava munite posizioni, manteneva imperterrito il suo posto di dovere e persisteva audacemente nell’impari strenua lotta malgrado tre successive ferite. Indomito, non si abbatteva e trovava ancora la forza per guidare l’ultimo audace assalto. Colpito in pieno da una raffica di mitragliatrice ad obiettivo raggiunto con tanto nobile sacrificio e singolare valore, cadeva sul campo dell’onore. Luminoso esempio di salde virtù militari. – Fronte russo, 15-26 gennaio 1943.".

Abbiamo così avuto l'onore anche di toccare con mano alcuni oggetti che lo riguardano.. la Medaglia d'Oro con la motivazione, tenuta giustamente come una reliquia dai famigliari... il suo orologio, raccolto da un commilitone proprio negli ultimi istanti di vita di Raoul e riportato in Italia e consegnato ai genitori... una sua pagella della prima elementare.

L'intervista verrà pubblicata esattamente il 26 gennaio, anniversario della sua morte in Russia.





martedì 24 ottobre 2023

Ricordi, parte 23

Si avviciniamo a quei giorni e inizio a incupirmi, come mi succede tutti gli anni in questo periodo. Il pensiero va a chi è rimasto là per sempre e non è più tornato a casa, all'amico Sasha che non so se riuscirò mai più a rivedere, agli amici che sono stati con me in Russia e che seppur rivedo di tanto in tanto, non potranno più rivivere con me quell'esperienza così totale ed unica nel suo genere. Il pensiero a quella neve che non finiva mai, a quei passi uno dopo l'altro nel silenzio assoluto che difficilmente qui è possibile ascoltare, a quei luoghi così lontani ma nel contempo così vicini. Il pensiero va...

Ricompense - 2° Corpo d'A. - Gr. Leonessa

Ricompense al Valor Militare attribuite per le operazioni sul Fronte Russo, a cura di Carlo Vicentini, fonte UNIRR.

MOVM - Medaglia d'Oro al Valor Militare, MAVM - Medaglia d'Argento al Valor Militare, MBVM - Medaglia di Bronzo al Valor Militare, MOVM - Medaglia d'Oro al Valor Militare, CGVM - Croce di Guerra al Valor Militare.

2° Corpo d'Armata - Ragg. CC.NN. 23 Marzo - Gruppo Leonessa.

MAVM Console SARDU Graziano alla memoria
MAVM Seniore ALBONETTI Fortunato
MAVM Seniore COMINCIOLI Giacomo alla memoria
MAVM Capo Manipolo MERINGHI Giorgio alla memoria
MAVM Capo Manipolo QUADRELLI Marcello
MAVM capo squadra BONCUORE Renato
MAVM capo squadra PIAZZETTI Vittorio
MBVM Centurione DE GIOVANNI Piero
MBVM Capo Manipolo ARLOTTI Antonio alla memoria
MBVM vice capo squadra BORTOLOTTI Bruno
MBVM vice capo squadra ODARDA Davide
MBVM vice capo squadra REBUZZINI Lorenzo
MBVM camicia nera GHIGLIA Enrico
MBVM camicia nera MAZZOLA Carlo
MBVM camicia nera NICOLA Giuseppe alla memoria
CGVM capo squadra BANFI Luigi
CGVM capo squadra ZAUSA Umberto alla memoria
CGVM vice capo squadra CIOFFI Pasquale
CGVM vice capo squadra COSCIA Giuseppe
CGVM camicia nera BREVIARIO Vincenzo alla memoria
CGVM camicia nera PITAMORSI Mario
CGVM camicia nera PROSIO Pietro

Il viaggio del 2013, da Scheljiakino a Warwarowka

Immagini del mio primo trekking effettuato nel 2013... Martedì 22 gennaio - 4a tappa Km.15: da Scheljiakino a Warwarowka. Lungo la strada che porta verso Warwarowka quando cielo e terra si fondono insieme.



Italiani nella neve, parte 2

Italiani nella neve: Il cinema della campagna italiana di Russia, di Sergio Spinnato - tratto da HUMANITIES, anno VI, numero 12, dicembre 2012.

Seconda parte, il Neorealismo (1).

“Aderire alla realtà come sudore alla pelle”. Con questa semplice frase, lo sceneggiatore e scrittore Cesare Zavattini riassumeva l’essenza del Neorealismo. Il cinema, come in realtà tutte le forme d’arte, non restò insensibile alla forte richiesta di rompere con gli schemi del passato e iniziare a raccontare la realtà attraverso la realtà stessa (Cesare Zavattini, Il neorealismo secondo me, in Rivista del cinema italiano, III, 3 marzo 1954, pp. 18-27; relazione al Convegno sul neorealismo tenuto a Parma il 3-4-5 dicembre 1953, ripubblicata in Idem, Neorealismo ecc., a cura di Mino Argentieri, Milano, Bompiani, 1979).

Il paese era uscito moralmente e materialmente distrutto dal secondo conflitto mondiale. Gli addetti cinematografici esprimevano il forte desiderio di superare, una volta per tutte, quella produzione cinematografica che aveva dominato i primi anni ’40 e che era stata ribattezzata come “cinema dei telefoni bianchi”.

Questi film, ambientati in un’idealizzata Ungheria, narravano perlopiù vicende amorose di persone della ricca borghesia e dell’aristocrazia. La definizione di telefoni bianchi fa riferimento al perenne lusso in cui i film erano ambientati. Per l’appunto il telefono bianco, più costoso rispetto al comune nero bachelite, divenne il simbolo di tale produzione cinematografica (Giovanni Gozzini, Fascismo in Enciclopedia del cinema, 2003).

Dal punto di vista materiale, anche i luoghi demandati alla produzione cinematografica erano momentaneamente inservibili. Un esempio su tutti era rappresentato dagli studi di Cinecittà. Gli studi, fondati nel 1937 e diventati fulcro della vita cinematografica del paese, nel 1943 erano stati abbandonati ed erano diventati luogo di rifugio per un gran numero di sfollati. Fu partendo da queste necessità che i registi iniziarono a spostare i set dai teatri di posa alla strada, con attori non professionisti presi proprio dalla strada.

Convenzionalmente il Neorealismo ebbe inizio con Ossessione di Luchino Visconti del 1943 anche se la consacrazione a livello mondiale avvenne due anni dopo con il successo di Roma città aperta di Rossellini. In realtà esiste un film, realizzato dallo stesso Rossellini, che può essere indicato come un “prologo” del Neorealismo. Questo film è "L’uomo dalla croce".

Il film, datato 1943, ispirandosi alla figura di Don Reginaldo Giuliani, morto durante la guerra d’Etiopia, racconta le vicende di un cappellano militare aggregato ad un gruppo corazzato operante sul fronte russo, in Ucraina. Con questa pellicola, Rossellini va a chiudere quella che, nel gergo cinematografico, viene definita la “trilogia della guerra fascista”. Il primo film era stato La nave bianca del 1941, il secondo Un pilota ritorna, uscito alla fine del 1942 ed infine L’uomo dalla croce (Gian Piero Brunetta, Storia del cinema italiano. Il cinema del regime, 1929 – 1945, Ed. Riuniti, Roma, 2001, pp. da 153 a 155).

In tale trilogia, Rossellini affronta gli elementi delle tre armi, seguendo un preciso progetto: marina, aviazione ed esercito. L’intento del regista romano è quello di porre al centro del racconto “l’uomo, il soldato ferito, che anela alla riconciliazione, alla ricongiunzione, all’unità” (Adriano Aprà, Storie di guerra: De Robertis e Rossellini, 07/04/2015).

D'altro canto la scelta di raccontare storie di uomini in divisa è data dalla necessità di sottostare alle direttive propagandistiche del Minculpop, che voleva mostrare agli italiani l’eroismo delle sue forze armate. Questo contrasto di fondo, già presente negli altri due film, si rivela ancora più marcato proprio ne L’uomo dalla croce. Il film, sia dal punto di vista stilistico sia tecnicamente, viene convenzionalmente diviso in due parti.

La prima parte, filmata in esterna, con scene in aperta campagna, è caratterizzata da un racconto degli avvenimenti bellici con sequenze in campo lungo dove figurano carri armati, reparti di cavalleria e battaglioni di soldati. La seconda parte, invece, venne girata nei teatri di posa di Cinecittà e la stessa ambientazione è quella di un luogo chiuso, l’isba. Qui, con un’atmosfera cupa e piani ravvicinati, il racconto è dominato dalla riflessione delle conseguenze dei combattimenti (Adriano Aprà, Storie di guerra: De Robertis e Rossellini, 07/04/2015).

Proprio in questa seconda parte del film convivono, con una certa difficoltà, gli intenti di propaganda e la visione del regista. Ma da dove ha origine questo contrasto narrativo?

Non bisogna dimenticare che l’Italia dell’epoca era un paese governato da una dittatura e che il Minculpop dava l’autorizzazione soltanto a quei film che manifestavano la loro adesione alla linea del partito fascista. Partendo da tale premessa, la sceneggiatura fu affidata ad Asvero Gravelli, giornalista e sceneggiatore di provata fede fascista. Nonostante ciò, Rossellini riuscì ad inserire la sua idea di cinema, mantenendo però alcune scene previste dalla sceneggiatura originale di Gravelli.

In questo senso la sequenza più significativa è quella dell’interrogatorio del cappellano. La scena ambientata in una scuola vede l’inquisitore russo rappresentato come un “diverso” non solo dal punto di vista ideologico e religioso ma “diverso” anche fisicamente, in quanto viene ritratto deturpato da un profondo eczema che lo costringe a vivere quasi totalmente bendato. Rossellini, quindi, edulcorando i toni enfatici della propaganda, riesce ad introdurre via via la sua idea di cinema, facendo diventare L’uomo dalla croce l’ultima tappa prima della stagione del Neorealismo di cui proprio Rossellini ne sarà il fondatore con Roma città aperta (1945).

Gli elementi che legano il Rossellini “fascista” a quello “neorealista” sono “motivi stilistici, tipo di sguardo, strutture narrative, costruzione dei personaggi, rifiuto di certi tipi di convenzioni, capacità di sintesi significanti fulminee, genesi di un’idea di cinema destinata ad agire a largo raggio nel dopoguerra molto al di là dei limiti del neorealismo”. La stessa costruzione del cast segue i dettami del cinema neorealista, portando Rossellini a scegliere degli attori non professionisti. Il film ebbe una scarsissima circolazione e ad oggi è una delle pellicole meno conosciute della produzione rosselliniana.

Il mancato successo è da ricondurre a due motivi: il primo è che il film fu frettolosamente bollato come una pellicola di mera propaganda fascista e per tale motivo risultò sgradito anche nell’immediato dopoguerra; l’altro motivo è la data di rilascio del film. Infatti, L’uomo dalla croce venne distribuito nelle sale nel giugno 1943, senz’altro uno dei periodi meno indicati per il lancio di un film.

sabato 14 ottobre 2023

Intervista a Salmaso Santo

Campagna di Russia 1941-1943 - L'autiere Salmaso Santo di 94 anni racconta la sua storia di guerra.

Il viaggio del 2013, da Scheljiakino a Warwarowka

Immagini del mio primo trekking effettuato nel 2013... Martedì 22 gennaio - 4a tappa Km.15: da Scheljiakino a Warwarowka. Appena fuori Scheljiakino attraversiamo il famoso ponte che fu all'epoca un vero e proprio imbuto per gli uomini in ritirata. In realtà questo ponte è quello nuovo, mentre del vecchio sono rimasti alcuni tronconi a filo d'acqua, appena visibili nelle fotografie.





Intervista a De Ambrosis Edmondo

Intervista all'Alpino De Ambrosis Edmondo, classe 1918.

A seguito della serata organizzata al Teatro Sterna di Quarona, il Presidente Gianni Mora, il gentilissimo Valter Stragiotti e tutto il Consiglio Sezionale, in occasione del 100° anniversario della Sezione Valsesiana hanno aderito alla mia richiesta di diffondere il contenuto del dvd "Ciau Pais", 34 storie di Alpini che sono tornati; obiettivo come sempre quello di fare tesoro e memoria dei nostri soldati e raccontare alle nuove generazioni la loro storia ed il loro sacrificio. Dal bel dvd prodotto dalla Sezione Valsesiana sono state estratte le singole interviste. Un grosso grazie a tutta la sezione per il permesso accordatomi.

Ricompense - 2° Corpo d'A. - Gr. Valle Scrivia

Ricompense al Valor Militare attribuite per le operazioni sul Fronte Russo, a cura di Carlo Vicentini, fonte UNIRR.

MOVM - Medaglia d'Oro al Valor Militare, MAVM - Medaglia d'Argento al Valor Militare, MBVM - Medaglia di Bronzo al Valor Militare, MOVM - Medaglia d'Oro al Valor Militare, CGVM - Croce di Guerra al Valor Militare.

2° Corpo d'Armata - Ragg. CC.NN. 23 Marzo - Gruppo Valle Scrivia.

MAVM Console BERTONI Mario
MAVM Seniore MASPER Giuseppe
MAVM Seniore MASPER Giuseppe alla memoria
MAVM Centurione ASNICAR Giovanni
MAVM Centurione BATTISTELLA Aldo
MAVM Centurione NASCIMBENE Giorgio
MAVM Centurione ORIANI Angelo alla memoria
MAVM Capo Manipolo MALAVASI Felice
MAVM camicia nera CASSULO Vincenzo
MAVM camicia nera GIACOMINI Carlo
MAVM camicia nera SALDARINI Attilio
MBVM Console BERTONI Mario
MBVM Seniore ABRILE Enzo
MBVM Centurione ANDREINI Renzo
MBVM Centurione POLVANI Fortunato
MBVM Centurione SOCINO Giuseppe
MBVM Capo Manipolo BERNACCHI Tommaso alla memoria
MBVM Capo Manipolo SAPORITI Francesco alla memoria
MBVM Sotto Capo Manipolo LEONE Luigi
MBVM capo squadra AVIGO Giuseppe alla memoria
MBVM capo squadra BRUMAT Giuseppe alla memoria
MBVM capo squadra GUIDO Ernesto alla memoria
MBVM vice capo squadra BINDA Silvio
MBVM vice capo squadra BUNI Gino alla memoria
MBVM vice capo squadra CAVAGNI Rino
MBVM vice capo squadra CHIESA Giovanni
MBVM vice capo squadra RIZZOGLIO Alessandro
MBVM camicia nera ANDREONI Celestino alla memoria
MBVM camicia nera BALBI Armando alla memoria
MBVM camicia nera BELLINI Cesare alla memoria
MBVM camicia nera BRECCIOLOTTI Costantino
MBVM camicia nera CAMPANA Massimo
MBVM camicia nera CHIAVAZZA Matteo
MBVM camicia nera FILADELFI Albo
MBVM camicia nera GIORDANO Aldo
MBVM camicia nera GOTTA Paolo
MBVM camicia nera GUARNIERI Ugo alla memoria
MBVM camicia nera LAZZARONI Serafino
MBVM camicia nera MANFRIN Virginio
MBVM camicia nera MOLINO Carlo alla memoria
MBVM camicia nera NOVELLO Giovanni
MBVM camicia nera NOVERO Giuseppe
MBVM camicia nera RAULE Romolo
MBVM camicia nera RICCI Domenico
MBVM camicia nera TOME' Giov.Battista
CGVM Centurione PELLEGRINI Bruno
CGVM Centurione cappellano SANGIORGIO Leandro
CGVM Centurione SCIANCA Carlo
CGVM Capo Manipolo BUSATTI Oscar alla memoria
CGVM capo squadra FIORINESCHI Giuseppe alla memoria
CGVM capo squadra PERTUSI Giovanni alla memoria
CGVM capo squadra ROCCO Arcangelo alla memoria
CGVM capo squadra SOARDO Alcide alla memoria
CGVM vice capo squadra CARLOTTI Mario
CGVM vice capo squadra FEDELI Mario
CGVM vice capo squadra POLLINI Giuseppe
CGVM camicia nera BARONCI Armando alla memoria
CGVM camicia nera BIANI Carlo alla memoria
CGVM camicia nera CAROSIO Aldo alla memoria
CGVM camicia nera CARTASEGNA Giovanni alla memoria
CGVM camicia nera CECCHINI Giuseppe alla memoria
CGVM camicia nera CIVERCHIA Dino alla memoria
CGVM camicia nera DANI Rinaldo alla memoria
CGVM camicia nera ESPOSITO Vincenzo alla memoria
CGVM camicia nera FELICE Umberto
CGVM camicia nera GIRAUDO Chiaffredo
CGVM camicia nera GROSSI Renzo
CGVM camicia nera MAZZI Pietro
CGVM camicia nera MORACCHIOLI Annunzio
CGVM camicia nera PASQUALE Alessandro
CGVM camicia nera PIARDI DEBORMIDA Giac.
CGVM camicia nera PIROTTO Giovanni
CGVM camicia nera RENZI Alfredo
CGVM camicia nera SALA Pietro
CGVM camicia nera SERENA Agostino
CGVM camicia nera SIANO Luigi
CGVM camicia nera SIANO Luigi
CGVM camicia nera TARCHI Rodolfo
CGVM camicia nera VALLI Amelio
CGVM camicia nera VIANELLO Silvestro

Italiani nella neve, parte 1

Italiani nella neve: Il cinema della campagna italiana di Russia, di Sergio Spinnato - tratto da HUMANITIES, anno VI, numero 12, dicembre 2012.

Prima parte, introduzione.

Nel maggio-giugno 1940, dopo la sigla dell’armistizio franco-tedesco a Compiègne, Hitler emanò delle direttive per intensificare le azioni aeree su Londra e sulla Manica con lo scopo di spingere il governo britannico a chiedere la pace ed avere così la vittoria totale in Europa (Andreas Hillgruber, Storia della Seconda Guerra Mondiale. Obbiettivi di guerra e strategia delle grandi potenze, Laterza, Roma - Bari, 1987, pp. 44-45. [Ed. orig. Der Zweite Weltkrieg, 1939-1945: Kriegsziele und Strategie der grossen machte, Kohllhammer, Stuttgart, 1982]). Queste aspettative furono ben presto disattese, in quanto il Regno Unito, sostenuto da crescenti aiuti americani, non aveva alcuna intenzione di arrendersi. Hitler, prendendo coscienza di tale situazione, decise di forzare le tappe e rivolgere la propria potenza bellica verso l’Unione Sovietica (Operazione Barbarossa), ordinando che l’attacco avrebbe dovuto avere luogo entro e non oltre il 22 giugno 1941. In questa data, lungo il confine russo- tedesco, era pronta a fronteggiarsi una forza complessiva di 7.750.000 uomini, divisi tra sovietici, tedeschi e i relativi alleati (Stato maggiore dell’esercito, Ufficio storico, Le operazioni delle unità italiane al fronte russo, 1941-1943, Ufficio storico SME, Roma, 2000, p.22).

Nel frattempo Mussolini, informato dell’inizio delle ostilità, ordinò di velocizzare la preparazione di un contingente militare da inviare in Russia. In quel momento l’Italia viveva un’esperienza bellica molto ridimensionata rispetto alle aspettative iniziali. Entrata in guerra nel giugno 1940 con l’intento di spartire il bottino con la Germania, l’Italia faticò a conseguire vittorie di livello soprattutto in Africa Settentrionale, in Grecia e in Etiopia (Stato maggiore dell’esercito, Ufficio storico, Le operazioni delle unità italiane al fronte russo, 1941-1943, Ufficio storico SME, Roma, 2000, p.58). Fu con questo spirito depresso che venne costituito il Corpo di Spedizione italiano in Russia (CSIR) e posto agli ordini del generale Giovanni Messe. Il primo ciclo di operazioni, nonostante le innumerevoli mancanze dell’esercito italiano, fu per le forze dell’Asse sostanzialmente positivo. Infatti i tedeschi e i suoi alleati arrivarono a minacciare direttamente Leningrado e Mosca, e a conquistare Kiev, Stalino e il bacino industriale del Donez.

Dopo un periodo di stasi dovuto all’arrivo del gelido invero russo, in vista della ripresa delle operazioni, complice il buon andamento del ciclo estivo - autunnale, il comando italiano decise che il CSIR venisse trasformato nell’8ª Armata italiana (Armir) aumentandone il numero delle divisioni da tre a dieci e affidandone il comando al generale Italo Gariboldi (Gian Carlo Fusco, La lunga marcia, con una nota di Beppe Benvenuto, Sellerio, Palermo, 2004, p. 86). Contemporaneamente Hitler, in funzione delle nuove operazioni dell’estate 1942, ordinava di conquistare l’arco del fiume Don fino a Stalingrado, e da qui puntare a sud in direzione del Caucaso procedendo successivamente alla conquista di Baku (Stato maggiore dell’esercito, Ufficio storico, Le operazioni delle unità italiane al fronte russo, cit., p. 112). In realtà queste direttive resteranno soltanto progetti, in quanto i tedeschi, dopo aver cinto d’assedio Stalingrado per quattro mesi, subirono la violenta controffensiva sovietica (Operazione Urano) che trasformava le forze tedesche guidate dal generale Paulus da assedianti in assediati (Richard Overy, La strada della vittoria. Perché gli Alleati hanno vinto la seconda guerra mondiale, Il Mulino, Bologna, 2011, p.174 [Ed. orig. Why the Allies Won, Pimlico, London, 1996]).

Dopo l’enorme successo nell’area di Stalingrado, il comando sovietico, nella persona del generale Zukov, decise di liberare con due successive operazioni (Piccolo Saturno e Ostrogozsk – Rossosc) l’intero arco del fiume Don (Per Piccolo Saturno vedi Richard Overy, La strada della vittoria. Perché gli Alleati hanno vinto la seconda guerra mondiale, cit., p. 125; per Ostrogozsk – Rossosc vedi Carlo Vicentini, Il sacrificio della Julia in Russia, prefazione di Giorgio Rochat, Gaspari, Udine, 2011, p. 59). Queste operazioni, compiute tra il dicembre 1942 e il gennaio 1943, causarono la rotta delle forze italiane, rumene, ungheresi e tedesche che furono costrette a compiere a piedi una tragica ritirata combattendo sia contro le forze sovietiche sia contro i rigori del terribile inverno russo.

Dopo aver brevemente esposto le vicende militari della campagna italiana di Russia, riteniamo sia utile analizzare i medesimi eventi attraverso l’ausilio di materiale filmico. L’idea di base non è tanto quella di realizzare un semplice racconto cinematografico ma di adoperare il cinema stesso, al pari di altre fonti storiche, come strumento attraverso il quale mettere in luce le molteplici peculiarità di questo episodio storico. Tale ricerca, compiuta con il supporto di testi di storia del cinema come quelli realizzati da Gian Piero Brunetta e dal Centro Sperimentale di Cinematografia, ha come fine di analizzare la produzione cinematografica, audiovisiva e teatrale prodotta dalla seconda guerra mondiale ai giorni nostri. Tale materiale è così corposo tale da fornire una lettura sufficientemente approfondita di questo cruciale episodio della storia militare italiana. In questa direzione, la sezione relativa alla divulgazione scientifica appare notevole non soltanto in termini quantitativi ma anche per ciò che concerne il livello qualitativo.

Il cinema della campagna italiana di Russia, al pari di altri grandi filoni cinematografici come quello della guerra in Vietnam e, in anni più recenti, della guerra in Iraq, realizza tutte le possibilità d’incontro tra il cinema e la storia. Naturalmente questo racconto cambia in base agli anni che passano; per esempio L’uomo dalla croce è un racconto molto diverso da Italiani, brava gente. Da questo punto di vista, è interessante vedere come viene declinata non solo la storia, ma la memoria della partecipazione italiana in Russia. Questa spedizione militare, aldilà degli innumerevoli aspetti politici e strategici, offre numerosi spunti di riflessione per quanto concerne il risvolto umano della vicenda. In effetti questo episodio, unito al fascino e alla mitizzazione che avvolge il mondo alpino, ha ancor oggi la capacità di smuovere le coscienze di generazioni cronologicamente molto distanti da esso, diventando base prediletta per racconti, film e opere teatrali.

Iniziamo la nostra disamina dall’analisi del cinema di produzione italiana che, nel corso degli anni, ha più volte analizzato le vicende in terra di Russia e i suoi contraccolpi in Italia. La filmografia di questo ambito copre un arco di tempo molto vasto, che va dai primi anni '40, cioè in piena guerra mondiale, sino alla fine degli anni ‘80. Dagli anni ‘80 in poi il racconto della guerra in Russia, fatta eccezione per un rinnovato interesse storiografico e documentaristico, ha subito una forte flessione. La campagna di Russia, complice la progressiva scomparsa dei reduci di guerra che rappresentavano la vera memoria storica, ha perso appeal nei confronti delle produzioni televisive e cinematografiche che tendono a considerare questo tema poco appetibile sul mercato. In realtà effettuando una rapida ricerca sul web, ci siamo imbattuti in decine di siti che richiedono a gran voce la realizzazione di una fiction sui fatti di Russia, con un’operazione analoga a quella realizzata dalla RAI sui fatti di Cefalonia e di El Alamein.

martedì 10 ottobre 2023

Il viaggio del 2013, da Scheljiakino a Warwarowka

Immagini del mio primo trekking effettuato nel 2013... Martedì 22 gennaio - 4a tappa Km.15: da Scheljiakino a Warwarowka. Partenza da Scheljiakino.





lunedì 2 ottobre 2023

Storia di tre fotografie...

... anzi a dire il vero le fotografie sono ben di più. Ma partiamo dall'inizio di questa triste storia. E' l'estate del 2019 e mi reco in Russia per la mia quinta volta, aggregandomi ad un viaggio non organizzato da me, l'unico che non ho organizzato. E si vede... ma grazie a Fabio, già presente in Russia e nostro accompagnatore, al suo impegno e anche alla sua pazienza, il tutto prende una piega favorevole. Nasce anche una bella amicizia che rimane salda a distanza di anni.

Grazie ai suoi contatti, andiamo a visitare anche il campo di Uciostoie, nella zona di Tambov; qui sono registrati 4.344 caduti italiani, ma tutti noi sappiamo che furono ben di più. Si, di più, perché i sovietici i primi mesi di prigionia non segnavano nulla, ne i nominativi, ne registravano i morti giornalieri.

Sappiamo che lì intorno ci sono le fosse comuni; ogni volta che si va ad un campo di prigionia e nei dintorni, si è consapevoli che si rischia di camminare sopra i morti, disseminati lì da qualche parte. Ma un conto è pensarlo, un conto è vederli.

I nostri accompagnatori lì presenti, seppur d'estate, ci spiegano che dobbiamo coprire qualsiasi parte del corpo, viso e mani comprese, perché è una zona, come tante altre, piena di zecche e qui le zecche non perdonano, e possono causare seri problemi anche agli esseri umani. Lasciamo quindi le macchine e iniziamo ad inoltrarci in un bosco; ad un certo punto a poca distanza l'una dall'altra, individuiamo tre buche; saranno profonde circa un metro e mezzo e di dimensioni variabili; ci avviciniamo al bordo e quello che vediamo, ciò che ci si para davanti è quello che ora potete vedere anche voi nelle fotografie.

Ossa sul fondo delle buche e teschi, ossa che affiorano dagli scavi e denti, morti e quello che ne resta... è la prima volta nella mia vita che vedo tutto questo; rabbia e dolore... cerco lo sguardo di Silvia, amica di tutti i viaggi in Russia; lei che ha perso uno zio in questa guerra; ha la mia stessa espressione sul viso: anche incredulità, ma tanto dolore a vedere quei resti, lì buttati nelle buche.

Ma come è possibile che nessuno sia venuto a prenderli? Perché sono ancora lì? Ricordo dei vecchi notiziari dell'U.N.I.R.R. nei quali era possibile leggere il resoconto di alcuni viaggi fatti anni prima dai parenti dei caduti e dei dispersi che riferivano di situazioni analoghe. Ma, ripeto, una cosa è leggerlo, una cosa è vederlo.

La rabbia prende il sopravvento al dolore e scatto queste fotografie... "appena esco da questo maledetto bosco voglio pubblicare tutto sulla pagina Facebook e denunciare tutto quanto". Voglio fare sapere a tutti, quello che abbiamo visto; fare sapere a chi ha perso un figlio, un padre, un fratello, dove potrebbero essere i suoi resti, così... buttati in un bosco. Non importa di chi sono quei resti: italiani, tedeschi, rumeni, ungheresi, francesi, olandesi o anche russi. Cosa importa? Chiunque essi siano non devono essere lasciati così; non possono essere lasciati così.

Dopo la pubblicazione delle tre fotografie sulla mia pagina Facebook, in poche ore, centinaia di persone vedono e poi scrivono, commentano indignate, arrabbiate, sgomente; sono le stesse persone che in Italia da sempre cercano notizie, siete voi che leggete questa pagina e tante altre, alla ricerca di qualsiasi notizia che possa esservi utile per conoscere, per sapere.

Ma non succede solo questo; succede anche dell'altro, molto altro. Ma diciamo solo che alla fine le fotografie vengono cancellate dalla mia pagina, o meglio mi viene chiesto di cancellarle; e tutto viene eliminato con la motivazione che le fotografie potevano urtare la sensibilità di voi parenti. E forse era anche vero, forse non era giusto far vedere queste immagini.

Ma le tre fotografie saltano nuovamente fuori e vengono pubblicate, non da me, in questi ultimi mesi; non serve sapere da chi. A Uciostoie io ci sono stato e ho visto; ho le coordinate precise al metro delle tre fosse; tutte queste informazioni sono a disposizione delle autorità preposte che volessero compiere un atto di umanità verso quei caduti, indipendentemente dalla nazionalità. Non posso tornare più in Russia; è difficile per tutti e forse anche impossibile ora, ma mi piacerebbe che chi può, faccia o cerchi di fare. Lo spero per loro che sono ancora là e per chi a casa aspetta a distanza di oltre 80 anni.