mercoledì 6 gennaio 2021

L'ARMIR nella II battaglia del Don, parte 3

L'8 Armata italiana nella seconda battaglia difensiva del Don (11 dicembre 1942 - 31 gennaio 1943), terza parte.

Inoltre, l'affluenza in zona, in rapporto alla minaccia che si fa di giorno in giorno più imponente e immediata, effettuata sotto le imperiose necessità del momento, avverrà, specie per la 385a D. ftr., in modo irregolare; le unità verranno impiegate a spizzico per il frazionato arrivo degli elementi costitutivi, a detrimento, quindi, della loro piena capacità operativa. All'inizio dell'offensiva russa, l'Armata è quindi schierata a cordone su un fronte di quasi 300 chilometri, con scarsi elementi di rincalzo nei vari settori divisionali; senza grandi unità di 2a schiera, se si eccettua la 27a D. Cr. giunta anch'essa tardi e la cui modesta consistenza non può dare affidamento di una robusta reazione.

Concetto basilare cui si deve informare la condotta della difesa, ribadito in una serie di disposizioni dei comandi superiori germanici, il seguente: la difesa del Don, la cui sponda da noi occupata rappresenta la linea di resistenza, non deve essere fatta in modo elastico, bensì in modo rigido. Viene assolutamente escluso ogni ripiegamento tattico sia ai fini della manovra, sia per ottenere un raccorciamento del fronte e una conseguente maggiore disponibilità di forze. Decisioni del genere possono essere prese soltanto dal comando Gruppo Armate. ln caso di rottura i pilastri laterali non debbono ripiegare. (Si noti che il Don gelato è transitabile al nemico ed ai suoi carri). L'Armata è cosi condannata ad una difesa lineare contro forze nettamente preponderanti senza poter contare sull'arrivo tempestivo di grandi unità in misura adeguata all'entità delle forze nemiche attaccanti.

La situazione del nemico, all'inizio della battaglia, presenta per contro sul fronte dell'ARMIR: 15 D. ftr. ed 1 br. ftr. autonoma, con un complesso di 145 btg.; 2 corpi corazzati, 1 brigata corazzata e 2 rgt. corazzati con un complesso di 600 carri e btg. motorizzati; unità varie di artiglieria con un complesso di btr. delle quali circa la metà schierate. Il complesso delle forze sopraindicate gravita decisamente sul fronte del II C.A. , prescelto per l'attacco, dove risultano schierate: 9 divisioni di ftr. (di cui 6 in prima schiera) pari a 80-90 btg., 400-500 carri armati, 11-12 btg. motorizzati; 130-140 btr. (delle quali una parte si è schierata e rivelata soltanto prima dello scatto della fanteria). Contro questo schieramento il II C.A. può opporre soltanto, 16 btg. organici più i 3 btg. del 318° rgt. ftr. germanico e la 27a D. Cr. di soli 50 carri. Soltanto a battaglia iniziata potrà valersi di altri 6 btg. (2 rgt.) della 385a D.

I sovietici, peraltro, effettuarono la radunata delle proprie unità celermente a differenza di quanto era avvenuto nelle precedenti azioni (molte truppe furono autotrasportate dalle stazioni di scarico alla zona di schieramento); occultarono il movimento delle masse corazzate, facendole marciare di notte e lo mascherarono con rumore di trattori e automezzi. Riuscirono così a celare, fino all'ultimo, parte delle grandi unità e dei mezzi affluiti. Talune divisioni segnalate in arrivo sul fronte dell'ARMIR furono, ciò nonostante, dall'organo informativo del Gruppo Armate, date come sicuramente presenti in altri settori. A questi nuovi procedimenti impiegati per attuare la radunata, fece riscontro una nuova dottrina operativa tendente, nel campo strategico, alla rottura del fronte con aggiramento delle ali (formazione di sacche) per conseguire la distruzione o cattura delle forze accerchiate, prima di tendere verso la conquista territoriale. ln relazione a questo concetto il comando russo aggiornò anche le modalità nel campo tattico ai fini di ottenere maggiore rapidità e potenza d'azione.

Le nuove norme previdero: - l'impiego di masse corazzate con obiettivi in profondità, utili ai fini dell'accerchiamento, sostenute da elementi di fanteria, portati sui carri stessi, e di cavalleria. (Per lo innanzi i carri erano stati adoperati soltanto in appoggio alla fanteria e con obiettivi limitati); - preparazione di artiglieria breve, ma particolarmente violenta con l'impiego di artiglierie pesanti e di numerose "Katiusce" (arma lancia-bombe incendiarie capace di lanciare 24 bombe contemporaneamente, con gittata oltre i 600 metri e con buona efficacia di tiro) in contrasto con la preparazione precedente, effettuata con pochi pezzi e limitata consistenza; - un largo appoggio nell'attacco della fanteria da parte dell'aviazione, appoggio che era sempre mancato nelle precedenti azioni; - il frequente ricorso alla ricognizione ed ai bombardamenti aerei spinti in profondità, con masse notevoli, le quali, anche per ubicazione dei campi e perizia del personale, ebbero quasi sempre prevalenza nel cielo delle azioni.

Nell'attuazione della nuova dottrina i comandi sovietici si dimostrarono capaci di iniziativa, duttili e pronti nello sfruttare le situazioni favorevoli. L'entità delle forze russe in azione, la rapidità della radunata e i nuovi concetti operativi costituirono senza dubbio una sorpresa per il comando germanico che, fra l'altro, era convinto che i russi non avrebbero potuto attuare azioni invernali in grande stile dopo le perdite subite nell'estate.

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