giovedì 5 settembre 2019

La battaglia del "cappello frigio" 11

ALCUNI CENNI STORICI DELLA BATTAGLIA DEL "CAPPELLO FRIGIO" - Data 16.12.1942: all’alba tutto il settore viene attaccato violentemente dai russi, l'azione si sviluppa con particolare violenza nel tratto di fronte Krassnogorowka - Abrossimowo - Monastyrschina, non preparata da fuoco d'artiglieria, ma appoggiata abbondantemente dalle armi pesanti della fanteria; cadono i caposaldi di destra tenuti dall’80° Reggimento di Fanteria e quelli di sinistra tenuti dal 79° Reggimento di Fanteria; nel frattempo una compagnia del 63° Battaglione CC.NN. d’Assalto attacca e respinge i russi dal caposaldo X; ma i russi intendono a tutti i costi sfondare e tornano nuovamente all’attacco, forti di riserve a quanto pare inesauribili; i reparti così impegnati del 63° Battaglione CC.NN. d’Assalto sono così costretti a ripiegare sul caposaldo Olimpo; qui devono resistere ad oltranza fino a quando non viene stabilita una nuova linea di arresto strutturata da ovest verso est sui resti della 298° Divisione di Fanteria germanica, su un battaglione del 79° Reggimento di Fanteria della Pasubio, sui resti del Gruppo Tagliamento e del Gruppo Montebello.

Contemporaneamente il Gruppo Montebello viene destinato alle dipendenze tattiche dell’80° Reggimento di Fanteria e opera a sostegno dello stesso contro il nemico che si va consolidando sulle quote 175.5, 178.3 e 187.6, sovrastanti il vallone di Artykulnyj Schlucht, che vengono conquistate. Il Comando della Pasubio dispone che l’intero Montebello si schieri dalle propaggini sud orientali di quota 201 fino ad affacciarsi sul vallone Getreide - Monastyrschina; le perdite sofferte ammontano in tutto a 446 unità, pari al 50 per cento degli effettivi dei nuclei tattici. Dal libro “L’aurora a occidente” di Mario Bellini: “Tornai all’osservatorio. Con il cannocchiale spiavo ogni boschetto, ogni canneto, ogni sentiero, ogni spaccatura, ogni passaggio. Il terreno brulicava di nemici che lentamente ma inesorabilmente venivano avanti. Le mitragliatrici e i mortai dei nostri capisaldi li falciavano, ma i colpiti venivano scavalcati da altri soldati. […] Su Olimpo si stava rovesciando un uragano di fuoco. Non tirava un alito di vento e il fumo delle esplosioni ristagnava, irritando gli occhi abbagliati dalle vampe ininterrotte.

Immersa nella fitta caligine, la spianata di Olimpo era percorsa in ogni direzione dai superstiti del caposaldo X, disorientati, terrorizzati, sbandati. Alcuni ufficiali, esausti, cercavano invano di bloccarli. Sulle nostre teste cominciarono a esplodere le granate a shrapnel. Sospese a 10 metri di altezza comparivano come d’incanto delle nuvolette dense, colorate in rosa ciclamino, in violetto o in arancione. Subito dopo le orecchie erano frustate dal rumore delle esplosioni e dai sibili aspri delle centinaia di pallettoni che ci piovevano addosso. Nel cupo frastuono delle esplosioni si diffondevano i lamenti di coloro che erano feriti e che nessuno soccorreva. […] Urlando, sparando colpi in aria, sferrando pugni, dando spintoni e strattoni, bloccammo e ricacciammo gli sbandati verso le trincee di Olimpo, dove già si erano attestati alcuni gruppi di camicie nere”.

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