venerdì 6 settembre 2019

Diario di viaggio, giorno 5

5 SETTEMBRE - Giornata dedicata ad Arbusowka, la "valle della morte: ciò che accadde nella “valle della morte” lo lascerò raccontare direttamente dai protagonisti; dal libro “Dal Dnieper al Don - La Legione CC.NN. Tagliamento in Russia” di Loris Lenzi: Data 21.12.1942: “Sul far della sera del 21 dicembre, i russi ci assaltano nuovamente. Si ha l’impressione si attraversare una folta foresta i cui alberi sono i russi armati. Per un po' ci lasciano passare, poi cominciano a stringere la vite della morsa. […] Anche questo ultimo anello è rotto; molti altri di noi resteranno sul terreno; i russi fanno posto, e la colonna giunge nei pressi di Garbuschowski.

Almeno qui troveremo un po' di riparo, un fuoco per scaldarci, un giaciglio. Il paese è occupato dai russi, e meglio sarebbe dire “invaso” perché i nemici vi brulicano come formiche. L’accesso al paese è impedito da uno schieramento massiccio, aggressivo, imponente. Sono in così gran numero che non solo fermano la colonna, impegnando le avanguardie di uno scontro di estrema violenza, ma accennano anche a riaprire la bocca del sacco, per infilarci dentro tutti quanti siamo. Si combatte alla disperata per tutta la notte, e nella mattinata del giorno seguente. È una carneficina alla quale concorrono le artiglierie, i mortai, le mitragliatrici, e quelle maledette “ katiuska” che ti fanno impazzire. Garbuschowski, “la valle della morte” come la chiamammo noi. Una montagna di morti, un mare di feriti”.

Data 22.12.1942: “Siamo al 22 dicembre, a tre giorni dal secondo Natale di guerra, e venticinquemila soldati italiani sono ormai chiusi in un cerchio, i cui limiti configurano il più grande mattatoio della storia. Venticinquemila soldati italiani, stretti in un cerchio implacabile di ferro, di fuoco e di ferocia, destinati a morir tutti. Il comandante dei reparti tedeschi tiene consiglio col generale Lerici, comandante italiano. Toccherà a noi il compito di abbattere il muro, per aprire un varco e mantenerlo fino al deflusso di tutta la colonna. Gli uomini sono stremati, le ami difettano, e mancano le munizioni. […] Contro la marea nemica, esaltata, urlante, agguerrita; fanti, artiglieri, genieri, bersaglieri, carabinieri, ogni arma, ogni uomo, si preparano a recitare quello che potrebbe essere l’ultimo atto della tragedia. Le camicie nere sono fra i primi. Gli ufficiali di tutte le armi sono alla testa dei loro reparti. […] Questi uomini che hanno addosso il peso inasprito di infiniti tormenti, che son denutriti, semiassiderati, scattano con un impeto più violento delle loro sofferenze, e si gettano nella mischia”.

Data 23.12.1942: “Ma non importa più nulla a nessuno. Ci siamo scannati per passare, e non è ancora finita. Non finirà mai. Siamo stremati, inutili, miserabili. Combatti per ore e ore contro un nemico strapotente; devi fare economia di munizioni, e tuttavia riesci a vincere. Poi, per premio, ti rimettono in colonna, e via. Chi resiste più? Che venga una cannonata e ci faccia a pezzi, così il conto è chiuso, e siamo in pari con tutto. […] Siamo sempre a Garbuschowski. Sorge un altro giorno ed è l’antivigilia di Natale del 1942. È caduto il vento, sono cessati gli spari. Di mano in mano che la luce cresce, il paese appare nella sua impressionante desolazione. Molte isbe sono distrutte; nell'aria e sulle cose è un presagio di morte. I russi, inaspriti per la recente sconfitta, riprendono il concerto delle artiglierie, pestando il villaggio dove gli uomini della colonna affluiscono in cerca di un qualche riparo. […] Corre voce che il generale Lerici ha concordato col generale tedesco un tentativo di manovra avvolgente per impedire alle dilaganti forze nemiche di soffocarci. […] Gl’italiani, come i guerrieri dell’antico poeta, combattono all'arma bianca.

Non hanno armi da fuoco, e le poche di cui dispongono son prive di munizioni. I moschetti vengono usati come clave. I soldati vanno all’assalto brandendo sbarre di ferro, paletti, pugnali. Il nemico rovescia sugli attaccanti il fuoco ben nutrito delle mitragliatrici. […] I due fanti che cavalcavano a pelo sbandierando il tricolore, erano virtualmente in testa a noi. E noi abbiamo vinto anche per loro, ormai già sepolti nel sonno della più sublime pazzia. […] La neve è punteggiata di morti, e arrossata di molto sangue. Signore perdonaci. Siamo tutti forsennati. I pazzi non erano i due fanti che cavalcavano senza sella sventolando una bandiera. Siamo noi i pazzi. Noi che vogliamo ancora dar la morte, mentre stiamo per morire”.

Data 24.12.1942: “Si procede come allucinati nella notte gelida, mentre all'eccitazione prodotta dagli scontri succede una stanchezza mortale. Perché non ci fermiamo un po', ora che “quelli là” pare chi siano quieti? Non dobbiamo fermarci. Occorre mettere fra noi il nemico una distanza che ci dia sicurezza. […] I feriti di Garbuschowski, gli sfiniti per denutrizione, si fermano sul ciglio della strada. Ti si spezza il cuore a lasciarli, soli nella notte e nel gelo, col peso delle loro sofferenze e della loro disperazione. […] Per tutta la notte sul 24 dicembre, si cammina e si cammina, e dentro di noi non c’è più nulla: né un pensiero, né una luce di speranza. Si va. Guidati dalla schiena di chi ci sta davanti, e sospinti dal passo strascicato di chi ci segue. Se ognuno di noi fosse solo, si fermerebbe. Ma c’è quello davanti e c’è quello di dietro, e nessuno si ferma. […] Poi, quando siamo rientrati in noi stessi, ci si guarda attorno, e cerchiamo di illuderci con una pietosa bugia dicendo che i camerati mancanti si son forse confusi in altri reparti. Ma sappiamo che non è vero. Gli assenti non torneranno, perché il reparto al quale sono stati aggregati, non restituisce nessuno”.

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