giovedì 18 marzo 2021

Il processo D'Onofrio, parte 3

Il processo D'Onofrio, terza parte. Premetto un aspetto molto importante che ha sempre contraddistinto questa pagina: a volte si toccano argomenti scottanti ed ancora oggi delicati; quello che qui tratterò è forse uno dei più significativi da questo punto di vista. Ma detto questo sottolineo che quanto andrò a riportare NON ha alcun fine politico o di parte, ma esclusivamente storico. Sono fatti relativi alla Campagna di Russia ed alle sue conseguenze e come tali vengono riportati. Qualsiasi commento inopportuno da una parte e dall'altra verrà immediatamente cancellato. Chiedo a chi segue la pagina di esporre la propria idea con educazione e rispetto verso chi magari espone pensieri opposti: la storia e non solo la storia ha già condannato chi mandò quei sfortunati ragazzi in Russia e chi contribuì a tenerli più del dovuto.

LA SECONDA UDIENZA.

Dopo una settimana di sospensione, il processo è ripreso il 23 maggio 1949 con la deposizione dell’ultimo imputato, Ivo Emett, tenente degli alpini, caduto prigioniero il 27 gennaio 1943, nei pressi di Valuiki. Dopo un viaggio estenuante a piedi, senza cibo né acqua, i prigionieri furono chiusi nel campo di Tamboff. Le condizioni fisiche di tutti erano terribili. Conferma i casi di cannibalismo. Un giorno arrivò una signora italiana: la signora Torre.

Emett: 'Credevamo che fosse venuta in nostro aiuto e invece a qualcuno che le domandava un pezzo di pane chiese in compenso quei pochi gioielli, quella poca roba di valore che il prigioniero era riuscito a salvare'.

Venti ufficiali italiani, fra i quali l'Emett stesso, furono trasferiti al campo di Oranki. Giunsero estenuati. Due medici italiani che si trovavano in quel campo, il prof. Ioli e il dott. Reginato, fecero miracoli per i malati. Usavano coltelli da cucina per gli interventi chirurgici ma come medicina, oltre al permanganato, non potevano dare che il loro conforto.

L'Emett appena dimesso dall'ospedale venne interrogato dal commissario Fiammenghi. Il colloquio fu dei più estenuanti. Si volle sapere il perché della sua presenza in Russia, del suo nome che tradiva l'origine inglese, della sua iscrizione al partito fascista o meglio al Guf, come tutti gli studenti delle università italiane.

Nel convalescenziario di Skit (uno scantinato dove gli ammalati, anziché guarire, peggioravano) l'Emett trovò che si era costituito un gruppo di ufficiali marxisti i quali ricevevano uno speciale trattamento di favore.

Emett: 'Un giorno all'aperto vidi degli ufficiali che si riunivano. D'Onofrio rivolgeva loro la parola. Rimanendo sdraiato dove mi trovavo, a qualche metro dalla riunione, sentii che il «cospiratore» proponeva agli ufficiali di inviare un appello al governo Badoglio, per invitarlo a non continuare la guerra. Sentii il cap. Magnani rifiutarsi a nome di tutti di firmare, prospettando la inopportunità del proclama non soltanto dal punto di vista politico ma della disciplina militare. Quasi tutti i presenti applaudirono a lungo il capitano e allora il D'Onofrio ordinò che l’adunata fosse sciolta e che rimanessero soltanto quelli che facevano parte del cosiddetto gruppo antifascista, ossia comunista. Rimasero una quindicina.

D'Onofrio venne poi da me, qualche giorno dopo, in ospedale e mi chiese di firmare l'appello. Rifiutai. M'accusò di essere fascista e aggiunse che dovevo cambiare idea. Replicai che le mie non erano idee politiche. Ero un ufficiale e come tale non potevo e non dovevo interessarmi di politica. Il colloquio finì alla maniera di tutti gli altri: con le solite minacce di dimissioni dall’ospedale, il che per me, in tali condizioni di depressione fisica e psichica, significava morire'.

Due ore è durata la deposizione del ten. Emett e con essa s'è chiuso questo primo capitolo della raccapricciante narrazione dei reduci.

Ha inizio la deposizione del sen. D'Onofrio. Il querelante, confermata la querela e riservatosi di produrre il settimanale 'L'Alba' stampato per i prigionieri di Russia, spiega al tribunale il perché della sua azione.

D'Onofrio: 'Io ho ravvisato negli articoli offesa alla mia persona, come comunista e come italiano. Ciò perché ho sempre difeso gli interessi del mio paese: in Italia come in Russia'.

Presidente: 'È vero che lei procedeva ad interrogatori nel modo come hanno detto gli imputati?'.

D'Onofrio: 'Non ho mai tentato di convincere altri alle mie idee usando imposizioni e minacce'.

Il senatore comunista accennando alla polemica avuta nel febbraio 1948 con il giornale romano 'Risorgimento Liberale' che pubblicò degli articoli contro la sua attività antitaliana in Russia, ha detto che in quell'occasione non si querelò, perché il direttore del giornale pubblicò regolarmente tutte le lettere di risposta, per cui la questione rimase negli stretti limiti della polemica politico giornalistica.

D'Onofrio: 'Ma durante la campagna elettorale viene fuori quel libello (il numero unico 'Russia') nel quale ricorrono chiaramente gli estremi dell’oltraggio. L'accusa fattami, di violenze o minacce, è assolutamente falsa, in quanto non si possono infondere con quei mezzi idee politiche, ma soltanto con una assidua opera di persuasione. Il fatto è che al fondo di tutta questa storia c'è una ragione politica. Perciò sono lieto di poter esporre al Tribunale quegli episodi che, pur essendo ormai di dominio pubblico, vanno posti nella loro vera luce'.

Dopo questa premessa il sen. D'Onofrio è entrato nel vivo della questione cominciando con l'affermare che la cifra di 80 mila prigionieri in Russia è esagerata. Dalle dichiarazioni degli stessi prigionieri essi sarebbero stati non più di 10 o 12 mila. Secondo studi effettuati dagli Stati Maggiori, l'Armir avrebbe perduto 84 mila uomini e in questa cifra vanno compresi naturalmente oltre quelli catturati dai russi, i morti e i feriti. Ora, giacché l'URSS ha restituito all’Italia 12 o 13 mila prigionieri, va da sé che la differenza che manca è data dal numero dei caduti.

La responsabilità di un cosi elevato numero di morti, secondo D'Onofrio, è tutta dei capi che non furono capaci di organizzare una resa che avrebbe salvato tante vite.

A questo punto il pubblico che fino ad allora aveva assistito silenziosamente e compostamente al dibattito, reagisce alle dichiarazioni del senatore con vivaci mormorii di disapprovazione, tanto che il Presidente è costretto ad intervenire per ristabilire il silenzio nell'aula. Ma prima che torni la calma, qualcuno, che non è possibile identificare, nella folla grida: 'Allora non è morto nessuno nei campi di concentramento?'.

Avv. Taddei: 'Sicché la Russia avrebbe restituito all'Italia più uomini di quanti non ne avesse catturati!'.

Ma D'Onofrio non raccoglie l'insinuazione della difesa, e prosegue nella sua esposizione dei fatti, scagionando la Russia da ogni diretta responsabilità nelle morti dei soldati.

D'Onofrio: 'Era inevitabile che i prigionieri fossero sottoposti ad una vita di grandi disagi specialmente quando venivano trasferiti. Le condizioni della Russia, causa la guerra, non consentivano viaggi agevoli. Quindi le sofferenze durante tali viaggi non possono essere attribuite a malevolenza da parte russa. Quanto ai casi di malattia e alle epidemie tra i prigionieri, si trattava di malattie di cui i prigionieri stessi erano già affetti prima ancora della cattura. Quanto alla mancanza dell'acqua era anche essa inevitabile, perché in certe zone l’acqua mancava completamente e la stessa popolazione civile ne era priva. Per tornare ai trasporti è vero che i trasferimenti venivano effettuati su carri bestiame ma quelli russi sono più grandi di quelli usati in Italia e nella parte centrale di essi era stata sistemata una stufa, cosicché i prigionieri potevano godere di un minimo di comfort'.

Questa ultima dichiarazione di D'Onofrio suscita un fragoroso scoppio di ilarità e il presidente è costretto per la seconda volta a richiamare il pubblico al silenzio.

Dalla deposizione del senatore comunista si apprende che le condizioni dei prigionieri andarono sempre più migliorando. Nel settembre del 1943 la razione di un ufficiale prigioniero, ad esempio, sarebbe stata così composta: 300 grammi di pane bianco; 300 grammi di pane nero; 10 grammi di farina; 100 grammi d'orzo; 200 grammi di pasta; 75 grammi di carne; 80 grammi di pesce; 40 grammi di burro; 40 grammi di zucchero; 10 grammi di olio; 10 grammi di frutta fresca; 400 grammi di patate; 190 grammi di verdure.

Nuova eccitazione fra i presenti, a stento frenata dal Presidente, quando la Russia viene additata come una nazione amica.

Costretto a fuggire dall’Italia per le persecuzioni fasciste, D'Onofrio passò prima in Francia e di lì in Spagna dove combatté nelle file antifranchiste. Nel 1939 accompagnò in Russia un gruppo di reduci dalla guerra di Spagna e quando stava già per tornare indietro fu sorpreso dallo scoppio del secondo conflitto mondiale. Rimase perciò in Russia.

D'Onofrio: 'Ero convinto che la guerra voluta dai fascisti non dovesse continuare. Ma da ciò non si deve dedurre che io fossi un disfattista. Io ho sempre sostenuto l’urgenza di una uscita dell’Italia dal conflitto, prima che venisse la disfatta. Mi ripromettevo di elevare la coscienza democratica dei prigionieri attraverso una costante opera di persuasione e di convinzione: mi proponevo di unire tutti i nostri prigionieri su questa base politica.

Prima del 25 luglio 1943 tenni nel campo di Oranki e in quello di Skit due conferenze. E in ambedue le manifestazioni ricevetti le congratulazioni e l’applauso di tutti i presenti. Lo stesso cap. Magnani, nel campo di Skit, manifestò il suo entusiasmo dicendo che era la prima volta che in Russia sentiva parlare un vero italiano. Parlai poi, tra i prigionieri, del settimanale 'L'Alba' che doveva essere diffuso nei vari campi di concentramento e molti avanzarono proposte sul come tale giornale avrebbe dovuto essere fatto.

Gli aderenti ai gruppi antifascisti non avevano un trattamento migliore degli altri. L'adesione a tali gruppi era assolutamente volontaria e chi vi faceva parte era spinto da convinzione personale e non da tornaconto'.

A questo punto il querelante fa presente al tribunale che dovrà parlare ancora per due ore almeno. Sono già le 13,30: l'esposizione dura ormai da quattro ore. Il Presidente decide allora di rinviare a domani la prosecuzione del dibattito.

LA TERZA UDIENZA.

24 maggio 1949. Il seguito della deposizione del sen. D’Onofrio, si protrae per tutta l'udienza odierna concludendosi con un vivace incidente fra gli avvocati della difesa e quelli di parte civile. Il querelante ha esordito smentendo di avere assunto in Russia lo pseudonimo 'Edo'.

Presidente: 'Ci parli delle sue conferenze con i prigionieri'.

D'Onofrio: 'Nei primi giorni dopo il mio arrivo al campo di Oranki ebbi alcune conversazioni singolarmente con gli ufficiali internati, soprattutto con quelli che costituivano il gruppo antifascista. Ma poi volli parlare con tutti gli ufficiali, molti dei quali avevano sollecitato questi colloqui'.

Presidente: 'Chi era presente a queste conversazioni?'.

D'Onofrio: 'Quasi sempre si svolgevano tra me e l'ufficiale senza la presenza di terze persone. Solamente qualche volta assistette alle conversazioni il magg. Orloff. La porta delle baracche, ove esse si svolgevano, era sempre aperta e non fu mai redatto alcun verbale, in alcuna lingua, di quanto si diceva nel corso di quelle conversazioni. La mia era, dunque, una semplice inchiesta giornalistica che mi doveva servire per i miei discorsi e per gli articoli da stampare sul settimanale 'L'Alba'. Gli ufficiali mi erano presentati dall’istruttore politico Fiammenghi'.

Presidente: 'Era presente il Fiammenghi alle conversazioni?'.

D'Onofrio: 'Solo qualche volta. Escludo che io o il Fiammenghi, o il magg. Orloff (il quale non è vero appartenesse alla polizia di Stato sovietica ma era soltanto ufficiale di amministrazione) abbiamo mai scritte in precedenza domande o risposte che avrebbero costituito l'oggetto delle conversazioni'.

Il D'Onofrio nega di aver minacciato, in un incontro personale, il ten. Ioli, che, a suo dire, faceva nel campo attiva propagando fascista, e di averne provocato l'invio in un campo di punizione. Ma non può contestare, che lo Ioli fosse in realtà gravemente punito e allontanato. Il senatore comunista dice di aver scritto su 'L'Alba' un ordine del giorno che costituirebbe un inno di italianità, di compiacimento per la caduta del fascismo e per il nuovo governo Badoglio, approvato all'unanimità. Inesistente quindi, a suo dire, l'appello antigovernativo e rivoluzionario. Inizia il serrato fuoco di fila delle domande, rivolte dagli avvocati, tramite il Presidente.

Avv. Taddei: 'Quale era la posizione giuridica degli italiani emigrati in Russia?'.

D'Onofrio: 'Io ho sempre mantenuto la cittadinanza italiana, in Francia, come in Spagna, come in Russia'.

Avv. Taddei: 'Perché, allora, mentre l'Italia era in guerra con l'U.R.S.S. lei circolava liberamente in Russia?'.

D'Onofrio: 'Non ritengo necessario rispondere a questa domanda'.

Avv. Paone: 'Qui si vuole fare il processo all'antifascismo. La domanda non è pertinente alla causa'.

Avv. Taddei: 'Spieghi, il sen. D'Onofrio, come mai il tenente Amadeo, fucilato nel 1943, poté far pervenire per radio notizie alla sua famiglia ancora nel 1946'.

D'Onofrio: 'Non conosco questo fatto specifico. Quel che posso dire è che tutti i messaggi venivano ammassati da Radio Mosca che li trasmetteva a gruppi; non è quindi escluso, dato il gran numero di essi, che alcuni potessero esser trasmessi con ritardo'.

Avv. Taddei: 'Il querelante, sa che contro qualcuno dei prigionieri italiani da lui interrogati, è stato celebrato in Russia un procedimento penale?'.

D'Onofrio: 'No. Non mi risulta... D'altra parte non ho mai fatto indagini in proposito'.

Avv. Taddei: 'Certi Danilo Ferretti e Fidia Gambetti, facevano parte del gruppo antifascista?'.

D'Onofrio: 'Sì. Li conobbi ambedue. L'uno e l'altro mi confermarono la loro fede fascista ma poi mutarono radicalmente le loro idee. Il Ferretti diventò collaboratore de 'L’Alba'.

Avv. Mastino Del Rio: 'Infatti... prima era capo della stampa e propaganda del fascismo e poi...'.

La frase dell’avvocato della difesa provoca un vivace incidente fra i patroni delle due parti e il pubblico, come al solito numeroso, sottolinea il battibecco con lunghi mormorii e con segni evidenti di nervosismo sicché il Presidente ritiene opportuno rinviare la udienza a domani.

2 commenti:

  1. Scusa Danilo, io non riesco a leggere questo giornale. Bisognerebbe che fosse leggibile oltre che il titolo anche il contenuto. Vorrei dire la mia opinione su certe cifre, documentandole, ma vorrei leggere prima tutto l'articolo. Per favore puoi inviarmi un link leggibile. In queste condizioni non penso sia opportuno pubblicare un articolo di cui si legge solo il titolo.

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  2. Come già detto se vuole mandarmi del materiale, lo leggo e lo pubblico, se costruttivo; il giornale è un riferimento generico alla vicenda ma non tratta assolutamente del caso D'Onofrio. Poi a prescindere magari decido io cosa e come pubblicare sul mio sito e sulla mia pagina.

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