martedì 11 maggio 2021

Commissione speciale dell'ONU, parte 7

Pubblico la settima parte di un documento storico di alto interesse, recuperato qualche mese fa dopo svariate ricerche. "Note e documenti riguardanti i militari italiani prigionieri e dispersi i Russia" realizzato dell'Ufficio del delegato italiano presso la Commissione speciale dell'O.N.U. per i prigionieri di guerra, edito nel 1958.

Questo noi domandiamo, poiché non possiamo considerare esatte le dichiarazioni ripetute dal Governo sovietico circa il rimpatrio totale dei prigionieri italiani. In effetti queste sono delle affermazioni che hanno avuto una smentita dal fatto già rammentato, del ritorno in Italia di un certo numero di prigionieri a una data successiva alle dichiarazioni sovietiche ed inoltre dall'arrivo recentissimo di un certo numero di lettere di prigionieri alle loro famiglie. E' evidente che in questa situazione, noi pensiamo che è necessario che la Commissione prosegua il suo lavoro. Noi abbiamo la certezza che l'opinione pubblica di tutto il mondo si renda conto delle ragioni della nostra ostinazione. Il problema dei soldati italiani dispersi nell'Unione Sovietica è talmente imponente - pensate a queste 63.000 famiglie che piangono e che ancora hanno qualche speranza! - che ci obbliga a usare tutti i mezzi perché il problema possa essere chiarito. Noi non indirizziamo delle accuse a nessuno. Noi siamo anche disposti a rinunciare a tutte le recriminazioni, a tutte le lagnanze, purché ciò possa apportare della comprensione e dell'aiuto a tanta sofferenza.

Signor Presidente, nel Vostro discorso di apertura della seconda Sessione avete lanciato un appello al sentimento umanitario dei popoli e dei governi. Ebbene, per il rispetto di questo sentimento, purché la causa della giustizia possa trionfare, per l'osservanza di questi principi della libertà e della democrazia per i quali noi speriamo di creare un mondo nuovo, tenendo presente allo spirito l'insegnamento e la venerazione di quelli che sono caduti nel compimento del proprio dovere, oggi noi siamo ancora in questa sala, non solamente per domandare il Vostro aiuto, ma per dare anche il nostro ed appoggiare con tutte le nostre forze le richieste degli altri paesi che chiedono il rimpatrio dei loro cittadini ancora in prigionia.

Può darsi che la tristezza delle nostre anime - poiché non possiamo dimenticare in questo momento che siamo gli inviati di tutti quelli che sono nella sofferenza a causa di questo problema angoscioso - potrà essere meno dolorosa se avremo fra noi i delegati dell'Unione Sovietica. Noi non vogliamo, d'altra parte, perdere tutte le speranze di un cambiamento di questa incomprensibile posizione presa dal Governo sovietico. In tutti i casi il Governo italiano, da me rappresentato, desidera che si sappia che l'interesse tenace al problema dei soldati italiani dispersi nell'Unione Sovietica sarà e resterà tale sino a che avremo la certezza che la posizione di tutti, assolutamente di tutti i nostri cittadini sia stata chiarita. Questa è la volontà precisa e il sentimento unanime del popolo italiano che è fraternamente ed affettuosamente solidale con tutti questi perché la tragedia della guerra non è ancora terminata e tuttavia sette anni sono già passati dal giorno in cui si sono deposte le armi.

Si è molto detto e molto scritto sulla nostra attività in questi giorni; questa attività che è cominciata, resta e resterà puramente umanitaria, che è il segno sotto il quale ha preso vita la Commissione creata dalla Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Fedele a questa parola d'ordine, voi ci avete informato Sig. Presidente che in questo spirito la Commissione presenterà un primo rapporto dettagliato all'organo superiore dell'O.N.U. Noi siamo portati a credere che questa prima conclusione sia il principio di una nuova tappa della nostra missione che ci permetterà di ottenere i risultati che ci siamo proposti. Ancora una volta la Delegazione Italiana, sensibile più Che mai agli appelli e alle preghiere delle famiglie dei dispersi rivolge un invito all'Unione Sovietica, perché voglia considerare, comprendere ed aiutare il lavoro della Commissione.

Il popolo italiano non ha dimenticato la nobiltà d'animo di cui sono stati capaci, i lavoratori ed i cittadini della piana ucraina verso i nostri soldati durante le drammatiche giornate dell'inverno 1942-1943. Noi abbiamo una lunga lista di episodi di fraternità umana di questa popolazione verso i nostri connazionali, che si trascinavano senza aiuto e senza protezione lungo le strade. Sono questi episodi che dimostrano come la popolazione russa è stata sensibile - e una tale sensibilità noi pensiamo ancora vivente - a queste regole e a questi sentimenti umanitari in nome dei quali noi siamo qui riuniti e ci battiamo sotto gli auspici delle Nazioni Unite. Sig. presidente nel ringraziare, la contessa Bernadotte, il Sig. giudice Aung-Khine ed i membri della Segreteria, con la più profonda riconoscenza per quello che avete fatto, non vi dico addio ma arrivederci.

Arrivederci in questo giorno non lontano quando il sorriso sarà di nuovo la ove oggi è solamente tristezza, arrivederci in questo giorno non lontano quando le madri, le spose gli orfani potranno mettersi in ginocchio sulla terra sacra dei cimiteri ove riposano i nostri soldati morti in Russia. Arrivederci in questo giorno non lontano quando l'angoscia dell'incertezza e del mistero sarà svelato a seguito delle comunicazioni ufficiali, che ci rassicurano sulla sorte di tutti i nostri concittadini travolti dalla tragedia della guerra. Se noi non avessimo una grande fede in tale avvenimento e se non avessimo una grande speranza in questo avvenire, noi mostreremmo di considerare distrutti in questi giorni i principi di libertà e di giustizia, senza i quali una comunità di vita tra i popoli non è possibile, noi mostreremmo di aver perduto la fede nelle possibilità di difesa e di mantenimento della pace nel mondo".

In definitiva i risultati della IIIa Sessione della Commissione dell'O.N.U. - che chiuse i suoi lavori il 12 settembre 1952 - possono riassumersi: - completamento della documentazione ed aggiornamento dei termini della questione; - stesura di un rapporto speciale da presentare al Segretario Generale dell'O.N.U.; - proposta di continuazione dell'esistenza e dell'azione della Commissione speciale. Praticamente nessun risultato concreto, il quale non si sarebbe mai potuto raggiungere sino a quando non fosse intervenuta nella discussione, una delegazione russa che potesse rispondere, chiarire e precisare la situazione e convenire ad accordi per la definitiva soluzione del problema.

Nel 1953, il 24 Agosto, venne convocata la IVa Sessione della Commissione Speciale dell'O.N.U. per i prigionieri di guerra a Ginevra. Alla Sessione intervennero le Delegazioni di: Australia - Belgio - Francia - Germania - Italia - Giappone - Lussemburgo - Olanda - Gran Bretagna e Stati Uniti. Molte speranze nutrirono le Delegazioni circa il probabile intervento di una rappresentanza russa sebbene tale eventualità si palesava quanto mai difficile. In seduta privata il presidente della Commissione ad hoc annunciò che a New York erano in corso trattative fra la Segreteria Generale dell'O.N.U. e i rappresentanti dell'U.R.S.S per una reciproca collaborazione alla soluzione del problema e in conseguenza si decise di rimandare la seduta plenaria e pubblica a data da determinarsi per non compromettere quelle trattative e per permettere ai Capi delle delegazioni dei paesi intervenuti di approntare le dichiarazioni ufficiali dei rispettivi Governi in relazione all'intervento o meno della delegazione russa.

Il fallimento dei colloqui di New York, durante i quali il Ministro Vichinsky non avrebbe dimostrato la minima volontà di collaborazione con la Commissione Speciale, indusse il Segretario Generale dell'O.N.U. ad includere l'argomento dei prigionieri di guerra nell'ordine del giorno dell'VIIIa Sessione dell'Assemblea Generale e far aprire, a Ginevra, la seduta pubblica nel corso della quale i Capi delle Delegazioni lessero le dichiarazioni dei rispettivi Governi redatte con tono conciliante e soprattutto umanitario, elogiando il lavoro della Commissione Speciale ed auspicando che essa continuasse la sua azione. In particolare il Capo della Delegazione Italiana pronunciò un atto di fede circa i risultati che si sarebbero potuti avere nella soluzione di un problema che, lungi dall'avere pretese politiche, andava concepito soltanto come un'atto di umanità e come desiderio di diminuire le sofferenze degli uomini.

Sulla questione dei prigionieri e dispersi in Jugoslavia, la Delegazione Italiana, data la tensione del momento fra i due Paesi, non si pronunciò nella seduta pubblica, cosa che fece in quella privata nel corso della quale la Commissione Speciale accolse la richiesta e si impegnò a farne cenno nel rapporto conclusivo da trasmettere, a chiusura dei lavori, all'Assemblea Generale dell'O.N.U. Questa la dichiarazione ufficiale del Delegato Italiano: "Sig. Presidente - l'atto di fede nella Commissione Speciale che io avevo espresso al momento della chiusura della terza sessione, ha trovato più di una eco: e, se noi siamo ancora riuniti qui oggi, è perché noi abbiamo avuto tutti anche questa volta, la sensazione della necessità di continuare il nostro compito. Il detto latino «gutta cavat lapidem» potrebbe essere il motto della vostra opera, opera paziente, opera che noi tutti perseguiamo con la convinzione di poter attendere lo scopo che ci siamo prefissi. Siamo persuasi che le difficoltà che ancora si frappongono sul vostro cammino saranno eliminate e che spariranno certi pregiudizi sullo spirito e sul fine della vostra e della nostra attività.

Tutti noi abbiamo sempre dichiarato che non c'era mai alcun partito preso contro alcuno e che vogliamo agire unicamente a nome dell'umanità per diminuire le sofferenze degli uomini. La vostra opera era ed è sempre una manifestazione ideale generata da uno spirito di solidarietà verso coloro che oggi ancora soffrono in conseguenza della guerra. Su questo terreno sappiamo che vi è un accordo fra tutti i popoli e crediamo che tutti i governi finiranno per riconoscere il loro dovere di aiutare questi sforzi. In questi ultimi mesi si è molto parlato e si parla ancora di una più forte volontà di pace e di un più leale e franco intento universale. Ebbene come si potrebbe più chiaramente dimostrare la sincerità di tali propositi che risolvere il problema dei prigionieri di guerra e dei dispersi?

Siamo felici di constatare che la Commissione Speciale ha potuto concludere la prima fase della sua attività con l'elaborazione di un rapporto che sarà presentato alla prossima assemblea generale dell'O.N.U. In questa maniera l'Assemblea potrà essere informata del problema dei prigionieri e dispersi della grande guerra e gli stati membri che non hanno potuto prendere parte ai lavori della Commissione Speciale, potranno fare ascoltare la loro parola. L'Italia, pur avendone il diritto non è stata ancora messa nell'Organizzazione delle Nazioni Unite. Tuttavia noi pensiamo che l'Italia dovrà ben essere considerata presente alla prossima Assemblea per le sue ragioni e i suoi diritti consacrati nella documentazione che dovrà essere ascoltata dall'Assemblea come una eco delle voci di centinaia di migliaia di italiani, che direttamente o indirettamente sono colpiti dal dramma dei dispersi in guerra.

Signor Presidente - il metodo democratico che ispira e dirige l'azione del mio Governo trova il suo principio fondamentale nell'uguaglianza di tutti i cittadini nei loro diritti e nei loro doveri. Ebbene i nostri cittadini esigono, nella pienezza dei loro diritti, che lo Stato non si stanchi nella sua azione avente il fine di conoscere la sorte dei nostri soldati dispersi sui diversi fronti di guerra e del rimpatrio immediato di questi italiani che noi sappiamo viventi e detenuti contro la loro volontà. Quasi una decina d'anni è già trascorsa dalla fine della guerra. E il nostro popolo non può comprendere perché non si sia ancora potuto trovare per risolvere questo problema una collaborazione generale che avrebbe potuto già portare un sentimento di sicurezza e di pace nelle famiglie, particolarmente se si considera che la maggior parte della gente che soffre di questa situazione è composta di contadini; di operai, d'impiegati: sono dei proletari che domandano con insistenza comprensione, assistenza e una dimostrazione di solidarietà e di amore. Perché negare questa consolazione, perché non rispondere a questa invocazione?

Signor Presidente noi siamo convinti - lo ripeto - che un giorno non lontano voi avrete la profonda soddisfazione di vedere la vostra opera coronata da un successo rilucente. Questa certezza che è nello stesso tempo la nostra speranza ci consiglia la pazienza e ci aiuta a perseverare. Quando l'Assemblea delle Nazioni Unite decideva nel dicembre 1950 la costituzione della Commissione Speciale dimostrava di rendersi conto che una questione di tale importanza non poteva essere lasciata in sospeso. Nel momento in cui, in seguito, il Segretario Generale dell'O.N.U. vi conferiva, la presidenza della Commissione Voi, Sig. Presidente diveniste anche l'insegna di una delle più sante e nobili missioni. Una missione di cui il compito allevierà le lacrime di un dolore vivo e profondo, Voi e i Vostri collaboratori avete tenuto ben alta la bandiera della Commissione Speciale e voi la terrete ancora ben atta fino a che le lacrime siano sostituite dal sorriso e dalla serenità. Se, prima di tale giorno, questa bandiera dovesse essere abbassata, si deve credere che è la stessa bandiera dell'O.N.U. che è caduta mortificata e avvilita".

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