martedì 4 maggio 2021

Commissione speciale dell'ONU, parte 6

Pubblico la sesta parte di un documento storico di alto interesse, recuperato qualche mese fa dopo svariate ricerche. "Note e documenti riguardanti i militari italiani prigionieri e dispersi i Russia" realizzato dell'Ufficio del delegato italiano presso la Commissione speciale dell'O.N.U. per i prigionieri di guerra, edito nel 1958.

In apertura dei lavori della Commissione il Delegato Italiano On. Meda fece la seguente dichiarazione: "Signor presidente, il Governo italiano ha accolto con la più profonda gratitudine l'invito che la Commissione speciale delle Nazioni Unite gli ha rivolto di prendere parte a questa riunione. Invito che il Governo ha accolto in uno spirito di fraterna solidarietà verso tutti coloro che ancor oggi, a tanta distanza dalla fine del secondo conflitto mondiale, hanno nel cuore un'angoscia, quella di non poter conoscere il destino dei loro congiunti, che i tragici eventi della guerra hanno strappato ai loro familiari. L'iniziativa che si realizza in seno alla commissione speciale, ha senza dubbio rafforzato nei cuori, provati da tanto dolore, la speranza, che è l'espressione dei più nobili e profondi sentimenti umani. A nome di questo spirito umanitario, di questo spirito che non conosce ne frontiere, né interessi ideologici, noi siamo pronti a dare il nostro modesto ma appassionato contributo, nella certezza di trovarci vicini a tutti i popoli sul fronte della umana solidarietà.

Noi non abbiamo altro desiderio che di far si che tutti gli italiani che si trovano ancora forzatamente lontani dalla loro patria a causa o a seguito della guerra possano ritornare alle loro case. Il nostro voto si formula anche per tutti i cittadini, e noi sappiamo che sono numerosissimi, che sono lontani dai loro Paesi in condizioni simili ai nostri connazionali. Noi sappiamo che in questo momento centinaia e migliaia di cuori seguono e vivono la nostra speranza, la speranza di far si che il nostro lavoro arrivi a dare risultati concreti, e noi crediamo che questo lavoro non potrà trovare ostacoli, perché il suo scopo è soltanto e sinceramente umanitario. Noi siamo d'avviso, ripeto, che quando si tratta di proteggere i diritti, i più sacrosanti diritti degli uomini e soprattutto degli uomini poveri, la coscienza ci invita ad unirci al di sopra di tutti i possibili contrasti. Davanti al dolore non possono sorgere che l'amore e la solidarietà. Noi abbiamo dunque speranza che, in rapporto ai fini cosi elevati perseguiti dalla Commissione speciale, tutti i Paesi invitati vorranno dare la loro collaborazione al suo lavoro. Possa questa collaborazione realizzarsi. Essa permetterà cosi che si verifichi anche la realtà di ritornare a ciascuna famiglia, che ancora piange nel dolore dell'incertezza, la certezza di una vita".

Nel corso delle sedute i Delegati delle Nazioni interessate svolsero le loro dichiarazioni sul problema in discussione mantenendosi puramente nel piano umanitario. Durante le sedute private la Commissione ascoltò le comunicazioni e le informazioni supplementari, dei Delegati che dettero chiarimenti alle domande loro poste dai membri della commissione. Il Delegato Italiano On. Meda fece a nome del suo Governo la seguente dichiarazione ufficiale nella seduta pubblica del 9 febbr. 1952: "Il sentimento di stima e di gratitudine che ho espresso a nome del mio Governo al principio della presente sessione della Commissione Speciale per i prigionieri di guerra trova la sua piena conferma in questo momento in cui stiamo per separarci dopo aver preparato insieme un lavoro destinato ad avere, senza alcun dubbio, in un prossimo avvenire uno sviluppo tale che ci permetterà di raggiungere lo scopo che ci siamo prefissi. Noi abbiamo detto che sul fronte russo circa 73.000 soldati italiani erano stati dati dispersi e che di questo totale circa 10.000 sono stati poi rimpatriati. Restano dunque 63.000 militari di cui non si conosce la sorte.

Inoltre, sul fronte dei Balcani vi furono 21.000 militari dispersi, un certo numero di civili. Ma noi abbiamo dichiarato che al di sopra di ogni ragione e passione di carattere politico avremmo agito solamente in uno spirito di umanità e di solidarietà. Non ci siamo scostati e non dobbiamo scostarci da questa linea di condotta, nella speranza che tutti possano collaborare con voi alla realizzazione di questo principio di carità umana e di giustizia. I lavori della Commissione sono stati seguiti da vicino dalle famiglie dei dispersi e dei prigionieri che, rendendosi conto delle difficoltà che sbarrano la strada, si sono più affettuosamente e più fraternamente affiancati a noi in questo sforzo. Questi lavori sono stati seguiti, siatene sicuri, da tutti quelli che hanno la speranza di rientrare alle loro case, e per i quali l'attività della Commissione rappresenta un viatico e un conforto che darà loro la forza di resistere a tutte le difficoltà e a conservare la loro fiducia nell'avvenire. E' nostro dovere indirizzare una parola di speranza e di formulare una promessa precisa a tutti coloro che attendono: la Commissione continuerà il suo lavoro fino a quando, nei limiti del possibile, la sorte dei dispersi sarà conosciuta. Noi abbiamo piena fiducia nell'avvenire, nella generosità degli uomini, e crediamo fermamente nella Divina provvidenza. E' per questo che ora, prendendo congedo cordialmente da voi, noi indirizziamo un arrivederci pieno di speranza e formuliamo un voto: l'augurio che la prossima sessione possa vedere realizzata la collaborazione di tutti gli Stati, e che nessuna poltrona resti vuota attorno a questo tavolo. Il nostro augurio, la nostra speranza, la speranza di tutti gli uomini di buona volontà, di tutti gli uomini onesti".

A chiusura dei lavori la Commissione decise di: - indirizzare a tutti i Governi che detenevano alcune persone, sia sotto l'accusa di crimini di guerra, sia dopo il giudizio che li aveva dichiarati colpevoli di tali crimini, una lettera chiedendo di inviare informazioni dettagliate; - inoltrare al Governo dell'Unione Sovietica una lettera con la quale si sarebbe chiesto di conoscere i nomi dei prigionieri di guerra che erano morti durante la prigionia in mano russa; - chiedere al Governo dell'Albania, su raccomandazioni, della Delegazione Italiana, le informazioni su un certo numero di italiani internati e trattenuti in Albania; - trasmettere al Governo dell'U.R.S.S. la domanda del Governo Italiano per il rimpatrio di quattro connazionali trattenuti in Russia, sotto l'accusa di crimini di guerra e che si sapevano gravemente ammalati.

Nel mese di agosto dello stesso anno 1952 venne convocata la IIIa Sessione della Commissione Sociale dell'O.N.U.; intervennero le delegazioni di 10 Paesi: Australia - Belgio - Danimarca - Francia - Germania - Giappone - Gran Bretagna - Italia - Lussemburgo e Stati Uniti. In linea di massima le dichiarazioni - con le quali si fece il punto della situazione dei prigionieri di guerra e dei dispersi dei singoli stati interessati - risultarono concordi nel chiedere la prosecuzione dei lavori per pervenire ad una soluzione del problema. Senza alcuna riserva si espressero favorevolmente le delegazioni del Giappone e della Germania, specie quest'ultima che attribuì all'azione della Commissione il rimpatrio di circa 600 prigionieri tedeschi, avvenuto nel corso dell'anno 1952. La delegazione italiana, pure solidale alla richiesta, formulò la proposta di informare con un rapporto l'Assemblea Generale dell'O.N.U. sui lavori e sui risultati conseguiti dalla Commissione nelle tre sessioni.

La proposta della delegazione italiana venne accolta ed alla chiusura della IIIa Sessione, la Commissione Speciale dell'O.N.U. determinò la stesura di un particolareggiato rapporto da presentare all'Assemblea dell'O.N.U. in una delle sue riunioni. Questa la dichiarazione ufficiale del delegato On. Meda: "Signor Presidente, Io sono incaricato dal mio Governo di ringraziare vivamente Voi e gli altri membri della Commissione Speciale per il lavoro già compiuto. La Delegazione Italiana ancora qui per sottoporVi di nuovo il problema dei soldati italiani dispersi in territorio sovietico con lo stesso spirito e con gli stessi termini espressi nelle sedute pubbliche e private della sessione precedente. Noi ci riferiamo ugualmente alla documentazione già in Vs. possesso, ma noi abbiamo qualche elemento che rinforza le prove dell'esistenza di un certo numero di Italiani trattenuti nell'Unione Sovietica. Ci dispiace che l'Unione Sovietica non abbia sentito il dovere di inviare un delegato ai lavori di questa terza Sessione, noi, sempre attaccati a quello spirito di obiettività che abbiamo adottato come linea di condotta nel passato, ci permettiamo di attirare ancora una volta l'attenzione della Commissione e dell'opinione pubblica sui seguenti fatti: l'Armata italiana che ha operato sul fronte russo durante la guerra si elevava a 230.000 uomini: 11.000 sono deceduti in combattimento e circa 73.000 sono risultati dispersi.

Noi non abbiamo potuto conoscere esattamente il numero dei soldati italiani caduti in prigionia e diretti verso i campi sovietici. Le sole indicazioni che abbiamo sono le liste dei nomi che la radio sovietica ha diffuso immediatamente dopo le operazioni militari del 1942-1943 e i nomi di un certo numero di prigionieri trattenuti dal Governo sovietico sotto il pretesto che essi erano dei criminali di guerra; inoltre qualche testimonianza e più recentemente delle lettere - in verità poco numerose - che qualche prigioniero ha potuto far pervenire in Italia. A tutto questo bisogna aggiungere gli atti di decesso - di un centinaio - che sono pervenuti alle autorità italiane per le cure di un servizio diplomatico sovietico. Tenendo conto che circa 10.000 prigionieri catturati sul fronte russo sono stati rimpatriati nel corso degli anni 1945-46, resta ancora da chiarire la sorte di circa 63 mila Italiani che facevano parte dell'ARMIR.

Che cosa abbiamo domandato e che cosa domandiamo ancora oggi al Governo sovietico? Semplicemente questo: 1. Che ci faccia sapere il numero dei prigionieri italiani che sono arrivati nei campi sovietici; 2. Che ci faccia pervenire una lista di questi campi; 3. Che ci dia un esemplare dei registri di questi campi con i nomi dei prigionieri e l'indicazione della loro sorte; vale a dire se essi sono morti o rimpatriati; 4. Che ci informi della eventuale perdita della nazionalità italiana, per legge o per loro volontà, dei prigionieri. In questo caso che ci dia la lista di queste persone d'origine italiana; 5. Che ci dia una lista dei cimiteri dove sono sepolti i soldati deceduti in prigionia indicandoci eventualmente, per ciascun cimitero, il numero e la lista dei nomi dei soldati che vi sono seppelliti; 6. Che permetta il rimpatrio degli italiani ancora trattenuti nell'URSS sia come pretesi criminali di guerra sia sotto altro titolo. Attendendo che ci comunichi il nome di tutti questi, e, per i pretesi criminali, le colpe delle quali essi sono accusati e la durata dell'eventuale pena, si incarichi di rimpatriare i soldati di cui l'esistenza in territorio sovietico è stata provata da lettere di data recente inviate ai loro famigliari in Italia; 7. Che studi la possibilità di permettere l'accesso in territorio sovietico di una commissione italiana sotto gli auspici della Commissione Speciale o del Comitato Internazionale della Croce Rossa, al fine di fare delle ricerche dei nostri concittadini viventi in territorio sovietico.



Nessun commento:

Posta un commento