venerdì 21 maggio 2021

Commissione speciale dell'ONU, parte 10

Pubblico la decima e ultima parte di un documento storico di alto interesse, recuperato qualche mese fa dopo svariate ricerche. "Note e documenti riguardanti i militari italiani prigionieri e dispersi i Russia" realizzato dell'Ufficio del delegato italiano presso la Commissione speciale dell'O.N.U. per i prigionieri di guerra, edito nel 1958.

CAPITOLO IV.

A questa complessa attività degli organi nazionali ed internazionali nella trattazione del problema dei prigionieri e dispersi italiani hanno partecipato direttamente alla ricerca degli elementi necessari a sostenere e a dimostrare i termini della questione, vari uffici governativi. Progressivamente nella successione dei tempi i principali sono stati: Croce Rossa Italiana - Alto Commissariato per i prigionieri di guerra - Ufficio Prigionieri di guerra del Ministero Assistenza Post Bellica - Ufficio Autonomo Prigionieri e Reduci del Ministero della Difesa - Ufficio Prigionieri del Ministero Difesa Esercito - Ufficio Ricerche Dispersi e Stato Civile del Ministero Difesa Esercito, che nel 1948 raccolse tutta la documentazione dei precedenti uffici disciolti ed iniziò l'imponente lavoro, con circa 300 impiegati, di selezione del materiale, abbinamento dei fascicoli individuali, impianto dello schedario generale, sistemazione degli archivi, classificazione e un primo rilevamento statistico dei morti, feriti, dispersi e prigionieri. Detto Ufficio forni quindi la prima documentazione sui prigionieri e dispersi alla Commissione Speciale dell'ONU per i prigionieri di guerra.

Nel 1955 fu istituito l'Ufficio della Delegazione Italiana presso la predetta Commissione che senza soluzione di continuità nell'opera del predetto ufficio, si dedicò esclusivamente alla ricerca di notizie sui prigionieri e dispersi italiani, ad ampliare ed arricchire la documentazione per la Commissione dell'ONU e per le autorità sovietiche e a promuovere iniziative per la ricerca di ogni mezzo di collaborazione con gli enti nazionali ed internazionali, per reperire sempre più fonti di informazioni sul conto degli italiani in URSS. A dirigere detto ufficio fu chiamato lo stesso funzionario che aveva diretto l'Ufficio del M.D.E. In sintesi si accenna all'attività svolta e che svolge detto Ufficio della Delegazione Italiana presso la Commissione Speciale dell'ONU per i prigionieri di guerra, distaccato presso il Ministero Difesa Esercito, che ha messo a disposizione, per il suo funzionamento, locali e personale, e che è alle dirette dipendenze del Ministero degli Affari Esteri.

Il suo primo compito è quello di conoscere una e senza dubbio la più interessante delle incognite del problema; stabilire cioè attraverso un lungo e paziente lavoro, silenzioso e sconosciuto - di ricerche e di indagini - i nomi dei militari italiani catturati prigionieri dalle truppe russe e che vissero per qualche tempo nei campi di concentramento. Non sempre l'impresa è facile, perché spesse volte ha origine da vaghe informazioni raccolte da congiunti di dispersi, da reduci italiani e stranieri, da fonti informative nazionali ed estere, e solo dopo uno scrupoloso e minuzioso lavoro di successive e lunghe indagini, si giunge, quando l'informazione non è frutto di fantasia, a raccogliere la prova inconfutabile dell'esistenza, ad una determinata epoca, di alcuni militari italiani che hanno vissuto in campi di prigionia dell'URSS o Stati satelliti che di essi, non più tornati in patria, non si conosce la sorte. Per questi militari sicuramente caduti prigionieri per prova testimoniale resa in forma di legge da chi li ha visti e conosciuti, quando non esista addirittura lo scritto del prigioniero ai famigliari, vengono allestiti dei volumi e per ogni pagina riprodotti: l'immagine del prigioniero, i dati anagrafici e militari dello stesso, e una breve cronistoria sulla sua cattura e vita in prigionia, oppure la fotocopia della cartolina per prigionieri di guerra della Croce Rossa Sovietica e Mezza Luna Rossa dell'URSS che ebbe ad inviare dai campi di concentramento alla propria famiglia.

Questi casi documentati di prigionieri danno la possibilità di chiedere conto del loro mancato ritorno alle autorità sovietiche, alle quali vengono rimessi detti volumi, tramite l'Ambasciata dell'URSS in Italia. Sempre per raccogliere un maggior numero, che purtroppo è molto lontano dal totale dei dispersi, di nominativi di militari italiani prigionieri non rimpatriati, si è proceduto in questi ultimi tempi alla selezione di alcune decine di migliaia di messaggi di Radio Mosca captati dalla Radio Vaticana dal 1943 alla fine del 1945 e con senso di nobile solidarietà passati dalla S. Sede al nostro Delegato. Cosi come si è provveduto a selezionare alcune migliaia di nominativi di nostri prigionieri riportati sul giornaletto "Alba" distribuito nei campi di concentramento dell'URSS dal 1943 ai primi mesi dell'anno 1946. L'uno e l'altro lavoro hanno dato risultati positivi, ma non nella quantità che si sperava; anche per questi casi verranno avanzate richieste di notizie alle competenti autorità sovietiche.

Ai margini di questo ponderoso lavoro si provvede a rispondere alle decine di migliaia di lettere dei familiari di dispersi, a mantenere continuo contatto epistolare con gli uffici nazionali ed internazionali che collaborano alle ricerche, particolarmente col Servizio Italiano del Comitato Internazionale della Croce Rossa di Ginevra e con l'Ufficio Ricerche della Croce Rossa germanica di Monaco di Baviera. Ancora nel decorso anno si è provveduto ad un nuovo censimento di dispersi attraverso elenchi inviati all'Ufficio del Delegato Italiano da tutti i Comuni d'Italia, tramite le Prefetture. Si è trattato di un lavoro imponente attraverso il quale si sono potute chiarire incertezze e correggere errori. Per quanto gli elementi preposti a tale compito siano ritenuti degli esperti, per aver trattato già in precedenza la materia, non si può disconoscere la mole del lavoro che è stato necessario compiere e che continua ad essere svolta, perché nulla venga trascurato al fine di reperire il maggior numero possibile di nomi di nostri prigionieri nell'URSS che nessuno ha saputo o voluto mai dirci.

Naturalmente non si riuscirà mai ad elencarli tutti o in gran parte, possibilità questa che può avere solo l'autorità sovietica. Di essi si è giunti finora a reperirne oltre un migliaio e mezzo, dei quali per un terzo si è avuta dolorosamente notizia del decesso in prigionia per malattia e per i rimanenti riserva di informazioni appena ultimate le indagini da parte delle autorità sovietiche. Collateralmente all'azione della Commissione dell'O.N.U che peraltro non riusciva a far luce sull'oscura questione, si decise di attuare una propria diretta, nell'intento di pervenire in parte alla conoscenza dei dati e della situazione dei prigionieri e dispersi. Si presero diretti contatti con l'Ufficio Ricerche della Croce Rossa Germanica e si addivenne ad un reciproco accordo di collaborazione per lo scambio di notizie raccolte dai reduci italiani e tedeschi rimpatriati dall'URSS.

Lo stesso accordo fu in seguito convenuto con la Croce Rosse Austriaca, mentre per gli altri paesi, aventi pure prigionieri in Russia, fu dato incarico alle nostre autorità consolari di raccogliere le notizie relative a nostri connazionali visti nell'URSS o nei paesi oltre cortina. Verso la fine del 1955, in occasione del rimpatrio dall'URSS di circa diecimila prigionieri germanici, su proposta del Delegato Italiano fu inviata in Germania una Commissione, alla quale presero parte due genitori di dispersi ed esponenti delle Associazioni delle famiglie dei dispersi, per l'interrogatorio dei reduci. La commissione si trattenne per circa due mesi nel campo di raccolta di Friedland, ove affluivano i reduci e ne avvicinò migliaia chiedendo ansiosamente notizie degli italiani. Nello stesso periodo un'altra commissione si recava in Austria per ricercare notizie dai reduci austriaci. L'una e l'altra missione, se pure non hanno dato specifici e tangibili risultati hanno fornito elementi positivi sulla presenza in URSS di prigionieri italiani dei quali purtroppo i reduci non ricordavano che qualche nominativo di militare e civile, dei quali chiese e ottenne poi la restituzione.

La Direzione del Settimanale "Settimo Giorno", sempre su richiesta del Delegato Italiano offri una squisita, ammirevole e disinteressata collaborazione nella ricerca di notizie. Settimanalmente una pagina del suo giornale riportava fotografie di nostri militari dispersi e per ognuno un appello bilingue ai reduci italiani e tedeschi esortandoli a fornire eventuali notizie conosciute o apprese da altri sul conto di essi. Un certo numero di copie di detto giornale, per accordi intercorsi fra l'Ufficio del Delegato Italiano e gli Uffici Ricerche della Croce Rossa Germanica e Austriaca, vennero date in visione ai reduci dei due paesi. Anche questo tentativo dette qualche risultato, ma limitatamente a casi sporadici. Si dette inoltre incarico al Servizio Italiano della Croce Rossa Internazionale, al quale furono forniti gli elenchi nominativi dei militari italiani prigionieri e dispersi, di fare per proprio conto delle indagini attraverso i Comitati della Croce Rossa dell'URSS e d'oltre Cortina al fine di concorrere nell'azione di ricerche.

Ed infine, come si è detto in altra parte, il Delegato Italiano nel febbraio 1956, prese diretti contatti con l'Ambasciatore della URSS a Roma nel tentativo di avere il massimo contributo nella chiarificazione del problema. Nei vari incontri fra i rappresentanti dei due paesi, la questione dei prigionieri italiani fu ampiamente trattata, illustrata e documentata e non si può non riconoscere che essa sia stata presa in buona considerazione dal diplomatico sovietico il quale, pur facendo note le difficoltà che si sarebbero presentate alle competenti autorità sovietiche nel reperire gli elementi necessari a chiarirla, dava ampia assicurazione del suo interessamento e della sua collaborazione che avrebbero, nel quadro più ampio delle altre relazioni, anche in questo delicato problema, dimostrato l'intenzione di ristabilire sempre migliori rapporti fra i due popoli.

I primi risultati sono stati ottenuti, anche se per la maggior parte dolorosi. Si è verificato poi un rallentamento delle notizie che nei futuri prossimi incontri non si mancherà di sollecitare. Uguali contatti e allo stesso scopo, in scala più ridotta, il Delegato Italiano ha stabilito con l'Ambasciatore di Polonia in Italia. Anche da questo paese si è ottenuta la restituzione di qualche nostro prigioniero e l'assicurazione di indagare sull'effettiva esistenza di altri. L'azione sarà continuata ed estesa anche con i rappresentanti diplomatici di altri paesi nei quali si ha notizia di presenza di italiani ex prigionieri, trattenuti o rimasti volontariamente e tuttora considerati dispersi. L'Ufficio continua il suo lavoro confortato dall'appoggio morale e materiale che, Governo, Parlamento e Paese, Associazioni ed Enti, famiglie di dispersi e reduci, gli accordano per una causa cosi altamente sociale ed umana.

CONCLUSIONE.

Dalla breve sintesi dei fatti fin qui esposti si debbono necessariamente trarre delle considerazioni che non possono e non debbono essere ignorate, allo scopo di chiarire all'opinione pubblica l'angoscioso problema dei prigionieri e dispersi italiani, le insormontabili incontrate nel trattarlo e risolverlo nel modo più soddisfacente, nonostante continuo ed appassionato interessamento degli organi competenti del Governo, delle maggiori personalità politiche e diplomatiche italiane, e dagli sforzi compiuti dalla massima Organizzazione Internazionale, che, sua nobile, umanitaria e sociale azione non ha potuto dissipare in tutte le famiglie dei prigionieri e dispersi l'atroce dubbio sulla sorte dei loro cari.

Che in Russia non vi siano più prigionieri italiani, considerati tali nel vero termine della parola, può essere esatto, però non si può tassativamente escludere che non vi siano più italiani, già prigionieri di guerra. Sarà bene ricordare a tal proposito come : 1 - Nel 1946 il Governo dell'URSS DICHIARO' che il rimpatrio dei prigionieri di guerra italiani era ultimato. 2 - Successivamente segnalò di trattenere un numero non precisato di italiani detenuti per presunti crimini di guerra. 3 - Dal 1947 al 1951 rimpatriarono 26 prigionieri italiani, per alcuni dei quali non si aveva nessuna notizia di esistenza in vita. 4 - Il Governo sovietico trasmise un elenco di 34 prigionieri italiani trattenuti in attesa del procedimento giudiziario a loro carico per presunte atrocità commesse ai danni della popolazione civile russa durante la guerra. 5 - Nel 1954 il predetto gruppo di presunti criminali di guerra veniva rimpatriato e PER LA SECONDA VOLTA dichiarava di non detenere più alcun prigioniero italiano. 6 - Dal 1954 al 1957 rimpatriarono ancora 4 prigionieri, considerati dispersi e per i quali le famiglie beneficiavano già della pensione di guerra e 4 civili italiani.

Non si può pertanto placare l'ansia e far tacere il dolore di migliaia di famiglie con l'affermazione generica, già dimostrata inesatta, di non detenere più alcun italiano, oppure dire che se si pensa che ancora ne esistono in territorio sovietico le Autorità locali si adopereranno per rintracciarli e rimpatriarli, purché si indichino loro i nomi dei prigionieri e le località ove si trovano. Chi siano, ove si trovino e che fine abbiano fatto i prigionieri non rimpatriati lo possono sapere solo le autorità sovietiche. E' pertanto a loro che si è chiesto e si rinnova continuamente la domanda di una collaborazione fattiva. Il governo italiano ha formulato anche recentemente precise richieste invitando le autorità sovietiche a diffondere nel territorio appelli radiofonici sollecitanti gli eventuali italiani già prigionieri di guerra e ancora residenti in Russia a prendere contatto colle rappresentanze diplomatiche italiane. Ancora è stata chiesta l'autorizzazione all'invio in Russia di una Commissione Italiana composta di competenti alfine di svolgere, di intesa colle autorità sovietiche, ricerche laddove si ritiene possano esservi elementi atti a chiarire la sorte di taluni prigionieri. Tale Commissione dovrebbe anche visitare i cimiteri di guerra dove sono sepolti i caduti italiani cercando, nei limiti del possibile, di fare un censimento delle tombe, disponendo anche per la riesumazione, sempre nei limiti del possibile, dei resti delle salme da collocare in ossari che verrebbero costruiti a spese del Governo italiano.

Come si vede si tratta di realizzare un programma improntato unicamente ad un senso di profonda umanità e di rispetto per l'ancor insanabile dolore dei congiunti dei prigionieri non più ritornati. Definito in tali limiti, dai quali d'altra parte mai si scostato anche nel passato, il problema dei militari italiani dispersi sul fronte di guerra russo assume un carattere tale per cui il non considerarlo e il non cercare di risolverlo non può che essere definito come azione antidemocratica, antiumana e antisociale. Coloro che chiedono senza tregua che si chiarisca questo angoscioso dramma sono nella grande maggioranza cittadini italiani di umili condizioni, operai, contadini che vivono nel culto della memoria del loro congiunto e che non sono disposti a rinunciare alle estreme speranze fintanto che le autorità competenti non abbiano dimostrato di aver esaurito ogni possibilità di indagine assumendosi conseguentemente la responsabilità di dichiarare che il disperso è da considerarsi ormai deceduto. La Delegazione italiano della Commissione speciale per i prigionieri di guerra ha svolto e continuerà a svolgere la sua opera nell'ambito delle sue possibilità, mossa unicamente da tali motivi e considerazione di questa penosa e drammatica realtà.

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