mercoledì 17 febbraio 2021

Bruno e Mario Carloni, parte 1

Legate alle vicende belliche ci sono e ci saranno sempre "belle" storie da raccontare; storie di uomini e di eroismi, di paure e di coraggio. Ve n'è una che ho scoperto per intero da poche settimane, ed è quella di un figlio ed un padre, entrambi combattenti in Russia, entrambi combattenti nel 6° Reggimento Bersaglieri della Divisione Celere. Il primo di cui parlerò è il figlio, Bruno Carloni, Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria.

Bruno è "figlio d'arte" se così si può dire; il padre Mario partì come soldato volontario nel 5° Reggimento Bersaglieri, scalando la gerarchia militare fino a diventare ufficiale di complemento, con il grado di Sottotenente, nel 7° Bersaglieri. Partecipò al primo conflitto mondiale, distinguendosi per valore e per capacità di comando, venendo decorato al Valor Militare e passando al servizio effettivo, terminando il conflitto con il grado di Capitano: è seguendo il suo esempio di soldato che il giovane Bruno, nato nel 1920 a Isola del Liri, in provincia di Frosinone, decise di indossare il piumetto dei Bersaglieri. Arruolatosi volontario come ufficiale entrando all’Accademia di Modena nel 1940, lo stesso anno della dichiarazione di guerra alla Francia e alla Gran Bretagna, due anni più tardi uscì dall’istituto militare con il grado di Sottotenente, venendo assegnato al 6° Reggimento Bersaglieri. Raggiunto il reparto in Russia, dove era stato già precedentemente dislocato, la durezza del conflitto in corso catapultò fin da subito il giovane ufficiale nella dura realtà della guerra, fatta di assalti, agguati e imboscate, fino ad allora studiate e apprese sui libri dell’Accademia.

Assegnato alla 2a Compagnia del VI Battaglione, il 13 luglio 1942, a Wladimorowka, durante un assalto condotto alla testa dei suoi uomini, primo ad uscire allo scoperto, si guadagnò sul campo la Medaglia d’Argento al Valor Militare con la seguente motivazione: "Comandante di un plotone d’una compagnia bersaglieri distaccata presso altra unità, si lanciava per primo all’assalto d’una munitissima trincea protetta da profondo reticolato, che superava strisciando per giungere più presto sul nemico che assaliva a bombe a mano, nonostante il vivace fuoco delle mitragliatrici avversarie. Visto cadere gravemente ferito il proprio capitano, assumeva il comando della Compagnia e, dopo aspra, accanita, lotta, conquistava la posizione, catturando armi e prigionieri. Wladimorowka, 12 luglio 1942". Il giovane Bersagliere, seguendo le orme del padre nella Prima Guerra Mondiale, dimostrò tutto il suo valore nella nuova guerra che l’Italia fu chiamata a combattere. Pochi giorni dopo la battaglia di Wladimorowka, il 6° Reggimento Bersaglieri venne dislocato in un altro settore del Don, lungo la testa di ponte che da Satonskij giungeva fino a Bobrowskij, fino ad allora tenuto da un piccolo reparto tedesco.

Inevitabile lo scontro. In pieno giorno, infatti, mentre il 3° Bersaglieri muoveva verso le sue posizioni lungo l’ansa del Don, i soldati dell’Armata Rossa scatenarono una prima, violenta offensiva, appoggiata anche da una quarantina di carri armati: l’attacco investì in pieno sia i tedeschi che i bersaglieri del Sottotenente Bruno Carloni. Un primo assalto venne bloccato e i russi non riuscirono a oltrepassare il fiume: restava a questo punto soltanto una cosa da fare, ovvero prendere l’iniziativa e pensare subito ad un contrattacco. Il 2 agosto 1942 iniziò l’attacco verso i villaggi di Baskovskij e di Bobrowskij, raggiunti entrambi e superati a costo di perdite che andavano aumentando sempre di più. Dopo i villaggi rimaneva il bosco vicino, che si apriva e degradava verso il fiume: il nuovo obiettivo divenne la quota 210, affidata agli uomini di due compagnie, tra cui quella di Bruno. Gli scontri furono duri con pesanti perdite: ferito ad un braccio, il giovane bersagliere restò in mezzo alla battaglia, là dove maggiore era il fuoco sovietico. Non smetteva di incitare i suoi uomini a proseguire nell’azione fino a quando una raffica di mitragliatrice, colpendolo in pieno petto, non lo faceva cadere a terra, esanime. L’offensiva, che non fruttò alcun risultato alle forze italo-tedesche, venne interrotta il giorno 8 agosto, dopo che entrambi le parti avevano subito pesanti perdite.

Inutili furono i tentativi dei medici di salvarlo: si spense tra le braccia dei suoi uomini, riservando le ultime parole per suo padre e per i Bersaglieri, che tanto fedelmente aveva giurato di servire. Alla sua memoria verrà concessa la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria con la seguente motivazione: "Giovanissimo Ufficiale entusiasta e valoroso, già decorato di Medaglia d’Argento al Valor Militare sul campo. Durante l’accanito e sanguinoso combattimento, quando il nemico era riuscito a penetrare nelle linee, minacciando il fianco di un nostro battaglione, alla testa dei suoi si lanciava al contrassalto. Ferito ad un braccio, rifiutava ogni soccorso e fasciatosi sommariamente, continuava con immutato slancio, ricacciando l’avversario all’arma bianca. Mentre, ritto innanzi a tutti, difendeva a bombe a mano la posizione da rinnovati più furiosi assalti, una raffica di mitragliatrice lo abbatteva. Ai Bersaglieri accorsi in suo aiuto rispondeva in un supremo sforzo sollevando in alto il piumetto: me l’ha donato mio padre, ditegli che l’ho portato con onore! Magnifica figura di soldato, che nella luce del sacrificio consacra ed esalta il fascino della più pura passione bersaglieresca. Fronte russo, Bobrowskij, 3 agosto 1942".

Bruno fu sepolto al cimitero militare campale di Fomichinskij, un piccolo paese della regione di Serafimovic; la salma fu riesumata nel 1991 e riportata in Italia con solenne cerimonia al Sacrario Militare di Redipuglia.

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