martedì 16 febbraio 2021

Una tragedia annunciata, parte 2

Riporto la seconda parte di un interessantissimo articolo, tutto da leggere, di Nicola Pignato apparso su "Storia Militare" numero 117 del giugno 2003; è un articolo dall'altissima valenza storica che ci permette di conoscere alcuni aspetti della Campagna di Russia, evidentemente fino ad oggi poco evidenziati.

UNA SITUAZIONE SENZA RIMEDIO.

Esaminiamo l'Appunto, interessante, come si è detto, non tanto per la sommaria ricostruzione degli avvenimenti, che di certo non ci svela nulla di nuovo, ma per le circostanze e per i puntuali rilievi che la caratterizzano. L'estensore dichiara di essere "[...] partito dal fronte orientale il 23 dicembre 1942, in pieno svolgimento, cioè, delle operazioni offensive da parte russa oggi in corso. Non posso quindi se non riferire quanto è di mia conoscenza fino al giorno 22, peraltro conoscenza frammentaria derivante in parte da osservazioni personali e in parte da quanto ho potuto apprendere da fonti dirette. Lo sfondamento nelle nostre linee sarebbe avvenuto esattamente nella zona di Bogushar (sic. Bagutschar) tenuta da una nostra divisione (Ravenna) ed in parte dal 309° Reggimento di fanteria germanica (sic. 318° r.f.). Già dai giorni precedenti la pressione russa su tale settore si era venuta intensificando; dopo avvenuta la rottura sul fronte rumeno (situato più a destra del fronte dell'ARM.I.R.) essa aveva assunto carattere di estrema violenza in gran parte del nostro settore.

Dopo un rapido ma efficace bombardamento aereo i russi iniziarono la loro manovra di rottura nel tratto di fronte tenuto dal 309° e su buona parte del nostro fronte, manovra che fu nel punto principale effettuata relativamente con pochi - circa una trentina - appoggiati da altri mezzi di offesa psicologicamente formidabili (verosimilmente lanciarazzi multipli. Come riporta B.H. Liddel Hart, nel suo "Storia militare della seconda guerra mondiale" - Milano, Mondadori, 1970, rist. 2003 Vol. II, p.682 - le carenze in fatto di artiglieria manifestatesi nel 1942 avevano portato alla produzione su vasta scala di razzi e lanciarazzi, di più agevole fabbricazione rispetto ai tradizionali pezzi di artiglieria e di grande efficienza). Il 309° Reggimento Germanico fu prestissimo preda al panico; si sbandò completamente ripiegando in disordine, riversandosi sulle retrovie e seminando il panico non già ai reparti - nostri - che erano in linea, bensì alle retrovie. I carri armati russi, approfittando della breccia lasciata dai tedeschi in fuga, si erano intanto infiltrati nelle retrovie con manovra di insaccamento.

Le loro puntate rapide e numerose non fecero che aumentare la confusione sul terreno che già avevano perso i tedeschi in fuga. Successe cosi, a differenza di quanto si potrebbe supporre; per i nostri reparti il panico si propagò non dalla prima linea alle retrovie (ove poi l'elemento uomo, non combattente aveva minore stamina morale), ma dalle retrovie alla prima linea, tanto è vero che vari reparti isolati più solidi che non caddero preda del panico resistettero valorosamente senza abbandonare le loro posizioni ed in molti casi dovettero essere riforniti per aereo. Fu cosi una fuga quasi generale: la Ravenna che col reggimento germanico aveva subito la prima impressione dell'urto russo, si disfece del tutto; quasi identica sorte avvenne per la Cosseria; successivamente, in misura maggiore o minore, tutte le altre nostre unità furono travolte: nell'ordine la Celere, la Sforzesca, la Torino e la Pasubio. Uniche truppe a resistere con i limitati mezzi di cui disponevano sulle linee furono le alpine e le CC.NN. dell'Armata.

Vi furono anzi, e non pochi, episodi di autentico valore da parte di reparti isolati, ma, in linea generale, lo sfaldamento fu completo. Posso riferire che, fino alla sera del 22 dicembre u.s., al Comando di tappa di Voroscilovgrad erano stati recuperati o si tentava di recuperare 18.000 sbandati, prevalentemente della Ravenna, Cosseria e Celere. I fuggiaschi provocavano una penosa impressione. Molti degli ufficiali soprattutto inferiori si erano strappati i distintivi di grado ed i fregi dei reparti per rendersi indistinguibili: tutti portavano tracce, più che di sofferenza, di terrore. Pare che scene selvagge si siano verificate nell'abbordaggio dei mezzi di trasporto (autocarri) da parte dei fuggiaschi per sottrarsi a quella che essi ritenevano fosse la completa rottura dell'intero fronte: parecchie persone perirono, schiacciate dagli automezzi, in tale "si salvi chi può". Non immuni da tale ondata di panico andarono, come ho detto, i reparti germanici, non solo di prima linea, ma anche delle retrovie. Chi scrive, ricorda la piazza Lenin di Voroscilovgrad (in quella località si trovava il comando dell'8a Armata) letteralmente gremita di automezzi tedeschi di ogni specie, tutti ripiegati più o meno in disordine dalla zona in cui era avvenuta la rottura; in parte anche una certa aliquota di truppe rumene di retrovia subì lo stesso contagio.

In questa fase andarono perduti oltre che moltissimo materiale - specialmente d'artiglieria (qualche reparto rimase assolutamente serva cannoni) - la quasi totalità dei magazzini avanzati dell'Intendenza dell'8a Armata, magazzini che erano inspiegabilmente stati portati a troppa diretta vicinanza della prima linea. Molti furono incendiati dai nostri, molti caddero in mano nemica. Debbo a questo proposito notare come la grandissima maggioranza dei fuggiaschi giunti a Voroscilovgrad non portavano più le armi. Le avevano abbandonate per via. In più di un caso esse furono adoperate i nostri stessi soldati in fuga da elementi civili russi. Chi scrive ebbe un solo colloquio con il comandante dell'8a Armata e pertanto non può esprimere su di lui un preciso giudizio personale. II comandante l'8a Armata comunque, anziché intrattenerlo di quegli argomenti che avrebbero potuto fornire una base della sua missione in Russia, non gli parlò che di un'organizzazione, da lui iniziata, di reparti cosacchi composti di prigionieri e disertori da impiegarsi nella lotta contro i partigiani e in genere come elemento di propaganda in senso zarista. A parte ogni considerazione di opportunità, il sottoscritto non intende neppure discutere l'iniziativa, che nelle attuali condizioni, più facilmente potrebbe rivolgersi [sic] in un'arma di propaganda in favore degli stessi sovietici che non nel senso voluto.

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