sabato 20 febbraio 2021

Una tragedia annunciata, parte 3

Riporto la terza parte di un interessantissimo articolo, tutto da leggere, di Nicola Pignato apparso su "Storia Militare" numero 117 del giugno 2003; è un articolo dall'altissima valenza storica che ci permette di conoscere alcuni aspetti della Campagna di Russia, evidentemente fino ad oggi poco evidenziati.

L'impressione che il sottoscritto ha riportato dell'ambiente attuale dell'8a Armata può riassumersi nei seguenti termini: pletorica negli elementi di retrovia, e con andamento in tono minore in tutti i comandi, andamento non perfettamente consono allo spirito di un ordigno di guerra che dovrebbe rappresentare l'Italia migliore in terra straniera. La nota predominante apparente è stata quella della paura da parte di tutti i comandi - maggiori o minori - di provocare incidenti con la Wehrmacht: quindi acquiescenza e, questa, piena e completa con forse appena deboli, formali e per questo sterili, reazioni. Cosi, sarebbe stato l'Alto Comando tedesco ad ordinare uno schieramento in linea di tutte le Unità della nostra ARM.I.R., come delle altre armate, senza preoccuparsi di lasciare almeno qualche aliquota di esse a protezione delle truppe avanzate. Con la sembra indiscussa accettazione da parte nostra di tale ordine è avvenuto quindi che quello che, altrimenti, avrebbe potuto essere solo un episodio della guerra probabilmente superabile, sia finito in un rovescio di proporzioni ancora non calcolabili, ma certo serio, più che tutto per la perdita di materiali preziosissimi ed insostituibili.

Il soldato di prima linea ha, come meglio ha potuto, assolto in genere il suo dovere: si può dire che si è generosamente battuto fin oltre ai limiti del sacrificio. L'attuale equipaggiamento invernale è più che buono (un documento del Comando Supremo in data 13 ottobre 1941 segnalava l'avvenuta distribuzione a ciascun militare del Corpo di Spedizione "di un berrettone di pelliccia, un paraorecchi di tipo romeno, un paio di guanti foderati di pelliccia, un cappotto foderato di pelliccia. Alle truppe in servizio di guardia o addette a servizi speciali - continuava il promemoria - saranno dati anche il sacco a pelo, un giubbotto di pelliccia di tipo transilvano ed un paio di calzari con suola in legno") e, tenuto conto delle circostanze, anche il vitto è soddisfacente. Ma le nostre truppe in un settore della guerra dove la meccanizzazione raggiunge altissimo grado sono in quanto ad armamento in condizioni assolutamente inadeguate al loro compito; ai carri armati pesanti e pesantissimi di cui i russi sono e continuano ad essere abbondantemente provvisti, sia per propria produzione, sia per rifornimento dall'estero (enorme fu il contributo dell'industria statunitense e britannica allo sforzo bellico sovietico, specialmente per quanto concerneva la fornitura di mezzi moto-meccanizzati: 9.214 carri armati fra leggeri M3 e medi M3 ed M4 (americani) e Churchill, Matilda II, Valentine Mk 3 e 4, Tetrarch Mk VII forniti dal Commonwealth britannico, oltre a ben 520.000 altri veicoli militari, alcuni dei quali blindati) esse non possono opporre che poche anche se e qualitativamente non disprezzabili artiglierie, già d'altra parte anche usate e logorate da un servizio prestato su altri fronti, un discreto numero di mitragliatrici nelle stesse condizioni, il fucile 1891 (cioè di un modello datato di oltre cinquant'anni...) e la volontà di combattere (mentre anche i sovietici erano dotati di un fucile M1891 cal. 7,62 - il nostro era di calibro inferiore, 6,5 mm; in più i sovietici disponevano, su scala ridotta, anche id un modello di fucile semiautomatico, il Tokarev. Come arma automatica individuale, i loro reparti scelti erano armati col moschetto automatico PPSh41 cal. 7,62, mentre ai nostri si stava gradualmente distribuendo, proprio dall'estate 1942 e con precedenza ai reparti speciali, il moschetto mitra Beretta 38-A con caricatore da 40 colpi, calibro 9 parabellum).

Ma esiste veramente nel soldato tale volontà? In quanto ho potuto osservare, sarei portato a rispondere negativamente. La guerra sul fronte russo non è sentita sia dal soldato, sia disgraziatamente dall'elemento ufficiali, segnatamente da quelli inferiori. Ma a tale proposito mi corre l'obbligo di constatare la mancanza di idealità e comprensione da parte della grande maggioranza dei giovani ufficiali addetti alle truppe e che di queste dovrebbero essere i diretti educatori ed ammaestratori: unica preoccupazione di costoro pare essere quella dei godimenti materiali od altrimenti dei vantaggi che dalla campagna di Russia possono loro derivare. La mensa, i conforti annessi alla mensa, i piccoli affari che possono combinare sul posto, la loro sola preoccupazione. L'esempio degli ufficiali non può quindi che esercitare in molteplici casi la sua non sana influenza sullo spirito della truppa. Né gli Alti Comandi e i troppi Uffici e Servizi di cui le retrovie pullulano sono esenti da questa tara: in molti casi la sola e costante attività è rivolta a speculare sui campi e a procacciarsi con qualsiasi mezzo generi alimentari, materiali di recupero, rottami e suppellettili da mandare comunque a casa, molto verosimilmente per farne oggetto di commercio più che per necessità diretta.

Chi scrive potrebbe citare il caso di ufficiali anche superiori i quali, giornalmente, inviano in Italia vari pacchi di generi vari che, prelevati per uso locale, non vengono usati dagli aventi diritto ma sottratti al loro legittimo consumo per essere [destinati] ad altri meno chiari scopi. Sono esempi isolati, ma indici di una situazione anche troppo generalizzata. Esiste poi disgraziatamente, soprattutto fra i più giovani ufficiali alle truppe la persuasione che in caso di cattura da parte dei russi, essi vengano seviziati o trucidati. Non so sino a che punto ciò essere esatto, ma debbo notare come tale persuasione profondamente radicata non costituisca certo un coefficiente atto ad aumentare la combattività di coloro che sono destinati a condurre reparti al fuoco e incidere profondamente sul loro morale. A qualunque costo bisognerebbe evitare che tali idee persistessero, ma d'altra parte come raggiungere tale scopo con - oltre tutto - degli armamenti tanto impari alla lotta?".

L'estensore accenna poi alla stanchezza ed al logorio delle truppe germaniche ed all'evidente indebolimento delle loro armate corazzate dopo Stalingrado, ricordando di aver osservato, nel viaggio di ritorno attraverso la ferrovia sud, solo "un movimento normale di uomini - non inquadrati - come non ho potuto vedere se non qualche treno di materiali: in tutto non più di 150 carri armati diretti verso le prime linee". E conclude riferendo che al fronte è diffusa la convinzione che l'Armata Rossa sia ben lontana dal crollo, specie grazie ai consistenti aiuti dei suoi "alleati" ed allo spirito di adattamento del suo popolo, evidente anche da quanto si ha modo di constatare nei territori occupati dalle truppe dell'Asse.

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