giovedì 2 settembre 2021

Il processo D'Onofrio, parte 16

Il processo D'Onofrio, sedicesima parte. Premetto un aspetto molto importante che ha sempre contraddistinto questa pagina: a volte si toccano argomenti scottanti ed ancora oggi delicati; quello che qui tratterò è forse uno dei più significativi da questo punto di vista. Ma detto questo sottolineo che quanto andrò a riportare NON ha alcun fine politico o di parte, ma esclusivamente storico. Sono fatti relativi alla Campagna di Russia ed alle sue conseguenze e come tali vengono riportati. Qualsiasi commento inopportuno da una parte e dall'altra verrà immediatamente cancellato. Chiedo a chi segue la pagina di esporre la propria idea con educazione e rispetto verso chi magari espone pensieri opposti: la storia e non solo la storia ha già condannato chi mandò quei sfortunati ragazzi in Russia e chi contribuì a tenerli più del dovuto.

LA VENTOTTESIMA UDIENZA.

18 luglio 1949. - In una elegante rilegatura è apparsa sul tavolo dell’avv. Sotgiu, per la prima volta, una collezione completa del settimanale 'L’Alba' e il patrono di Parte Civile se ne è abbondantemente servito per dimostrare false le asserzioni del Pubblico Ministero, secondo il quale su quel foglio non trovavano ospitalità che espressioni del pensiero marxista e comunista.

Avv. Sotgiu: 'È vero che il settimanale era compilato da comunisti, ma ciò non toglie che esso fosse lo stesso 'una tribuna aperta a tutte le idee'. Che il giornale non fosse un organo della propaganda comunista sta poi a dimostrarlo il fatto che nella parte politica di esso voi non troverete mai un attacco al fascismo (perché i redattori sapevano bene che la maggior parte di quanti avevano la tessera non erano fascisti nell'animo) ma molti contro il nazismo. In compenso a quel settimanale collaboravano scrittori di tutte le tendenze politiche, vi si scrivevano articoli in cui si discutevano programmi e direttive di tutti i partiti democratici malgrado l'Italia non fosse stata ancora liberata. Al partito comunista veniva riservato lo stesso spazio eguale a quello riservato agli altri partiti.

Quindi non visioni particolaristiche in senso classista o marxista, ma unico scopo quello di preparare, attraverso la riconciliazione degli animi, quella unità morale degli italiani, indispensabile per affrontare la ricostruzione del Paese alla fine della guerra'.

Ricostruzione, si intende, a base di scioperi, agitazioni, prelevamenti e colpi alla nuca.

Avv. Sotgiu: 'Si è parlato di vita orribile nei campi di concentramento, ma basta sfogliare la collezione de 'L'Alba', per accorgersi della falsità di queste asserzioni. Infatti vi si trovano articoli e fotografie da cui è possibile avere conferma di cerimonie e di feste avvenute nei campi di prigionia. Appare per lo meno strano, dunque, quello che in udienza è stato raccontato dagli imputati e dai loro testi. E voi (puntando un dito accusatore verso il banco degli imputati) avete osato paragonare i campi di Tamboff, Krinovaia ed altri a quelli tedeschi di Mathausen e di Buchenwald? Vergognatevene. E ricordatevi che qualunque potrà essere la sentenza voi dovrete sempre rendere conto delle vostre false accuse alla civiltà di tutto il mondo'.

Avv. Sotgiu: 'Legga, il Tribunale, in Camera di Consiglio la rubrica 'La vita dei campi' alla quale collaboravano gli stessi prigionieri. In questa rubrica, il Tribunale troverà descritti gli svaghi, le provvidenze spirituali e morali che nei campi furono attuate in favore dei nostri prigionieri. Tra l'altro, il Tribunale apprenderà da questa interessante lettura, come cinque ufficiali italiani ebbero addirittura una licenza premio che trascorsero a Mosca. Nella rubrica che indico, questi ufficiali hanno lasciato scritto una descrizione delle meraviglie che videro in quella metropoli'.

L’avv. Sotgiu non spiega perché in Russia si danno licenze per ammirare le meraviglie di Mosca e non quelle d'Italia.

P.M.: 'Perché non ci dice pure che quei cinque ufficiali erano cinque attivisti?'.

L'interruzione, passata forse inosservata all’avv. Sotgiu nella foga oratoria, è stata raccolta a volo dall'avv. Paone il quale è scattato per protestare vivacemente e per rispondere al P. M. Al tentativo fatto dal Presidente di riportare la calma, l'avv. Paone ha replicato che ha creduto necessario intervenire perché il suo collega era stato interrotto.

P.M.: 'Egregio avvocato, io in quest’aula sono sempre presente, mentre lei, avendo già parlato, è scomparso'.

Ma non si è ancora spenta la eco di questo primo battibecco che subito ne sorge un secondo. Infatti l'avv. Sotgiu, proseguendo nell’esposizione della propria tesi, stava consigliando al Tribunale la lettura di una lettera del gen. Pasqualino, pubblicata da 'L'Alba', nella quale si elogia il servizio di assistenza sanitaria praticato nell’ospedale, assistenza di cui egli stesso ebbe occasione di fare esperienza, quando l'avv. Mastino Del Rio è intervenuto'.

Avv. Mastino del Rio: 'Perché non dite pure che il generale Pasqualino è tra i ventisette ufficiali che sono stati trattenuti in Russia?'.

Avv. Sotgiu: 'Vuol dire che il gen. Pasqualino non è stato trattenuto per ragioni politiche...'.

Avv. Mastino Del Rio: 'Diteci allora: perché la Russia non ce lo restituisce?'.

Ma quest’ultima domanda è rimasta senza risposta e l'avv. Sotgiu ha continuato illustrando l'attività degli emigrati politici nei campi di concentramento, e in particolare l'opera svolta dal D'Onofrio. Gli emigrati arrivarono nei campi dopo il periodo delle epidemie e loro prima cura fu quella di portare una parola di conforto a quei disgraziati fratelli. Gli imputati parlano di 'interrogatori', di 'vessazioni', di 'violazioni di coscienza'. Ma D'Onofrio come avrebbe potuto parlare ai prigionieri, dopo dieci anni di esilio, se non avesse prima guardato gli uomini in faccia? Se non avesse esaminato le loro idee?

Ecco, secondo la P. C. in che cosa consistevano gli 'interrogatori' e le 'vessazioni'. Ed una prova la troviamo ancora ne 'L’Alba' dove in uno dei primi numeri si legge un articolo di D'Onofrio dal titolo 'Chiacchierando con i prigionieri'. E quali le precise ragioni di queste conversazioni fra l'emigrato D'Onofrio e i prigionieri? Nient’altro che il desiderio di saggiare la loro coscienza, conoscere in qual guisa le vicissitudini avessero agito su di loro, riportarli alla piena realtà del momento. E del resto le conversazioni furono improntate alla più schietta italianità e patriottismo, alla più pura obiettività.

Avv. Sotgiu: 'Gli imputati e i loro testi hanno riferito che grande differenza c'era fra le conversazioni che il D'Onofrio teneva in pubbliche adunanze e quelle che aveva in privato con i singoli prigionieri. Ma se questo fosse vero noi ci troveremmo di fronte ad una tale illogicità, ad una tale incoscienza che davvero ne dovremmo rimanere sorpresi. C'è piuttosto da chiedersi: che bisogno aveva D'Onofrio di coartare le coscienze dei prigionieri? Tutti nei campi potevano liberamente esprimere le loro idee e il giornale murale era una palestra su cui ognuno poteva liberamente esercitare la propria critica. Del resto non è stato affatto dimostrato che coloro i quali volevano persistere nelle proprie convinzioni politiche subissero coercizioni morali o materiali'.

E qui l'avv. Sotgiu ha cominciato a parlare del caso del cap. Magnani e del ten. Ioli per dire che non è vero che essi si limitassero a fare dell’opposizione, ma continuarono tranquillamente a fare propaganda fascista senza che nessuno li disturbasse.

Avv. Sotgiu: 'E poi quale pericolo poteva mai rappresentare per la Russia o per il comunismo l'attività del cap. Magnani?'.

Assurda più che temeraria, è dunque da considerarsi l’accusa mossa contro D'Onofrio di aver costretto ufficiali prigionieri a rinnegare il loro credo politico anche con minacce. Ma di ciò si parlerà ancora perché all'avv. Sotgiu non sono state sufficienti neppure tre udienze per esaurire la sua arringa.

LA VENTINOVESIMA UDIENZA.

19 luglio 1949 - L'avv. Sotgiu non è tornato sul tema del cap. Magnani. Ha parlato invece ancora per tutta l'udienza per analizzare scrupolosamente il testimoniale della difesa e la circolare inviata dall’Unione Nazionale Reduci dalla Russia. Diciotto ore di una oratoria impetuosa - che ha reso quasi completamente afono il patrono di parte civile - per concludere che gli imputati non sono riusciti a provare le accuse mosse contro D'Onofrio.

Avv. Sotgiu: 'Pur non facendoci illusioni, attendiamo con tranquilla coscienza la vostra sentenza, signori del Tribunale, non per D'Onofrio, non per noi comunisti, ma per la vostra dignità stessa di cittadini e di magistrati. Io mi auguro, non per noi, ma per l'Italia, per la libertà e per la vostra grande funzione, che la vostra sentenza non sia di quelle che il domani cancella, ma la storia ricorda. La condanna dei diffamatori sarà 'l’orgoglio della magistratura italiana'.

L'avv. Sotgiu ha ripreso la sua arringa affermando che appare evidente dalla dimostrazione fatta, come la prova addotta dagli imputati è miseramente fallita nonostante tutto il testimoniale a discarico fosse stato in precedenza 'organizzato'.

Avv. Sotgiu: 'La posta di questo processo è ben altra che non una semplice campagna diffamatoria. Si tratta di un gioco molto più vasto. Non una delle accuse è stata provata.

Si è parlato di propaganda disfattista di D'Onofrio ed è risultato il contrario; si è parlato di persecuzioni contro coloro che manifestavano idee anticomuniste ed invece è stato dimostrato che nei campi di concentramento si poteva liberamente manifestare il proprio pensiero, si poteva ostentare la divisa fascista e salutare romanamente; non si sono raggiunte prove della verbalizzazione delle risposte date dai prigionieri in sede di conversazioni o di interrogatori come li hanno chiamati gli imputati; si è detto di un proclama invitante il popolo italiano alla ribellione, che è poi risultato essere un ordine del giorno di plauso al Re e a Badoglio; i vostri stessi testimoni che erano delle parti in causa, non hanno potuto confermare le accuse, quando non le hanno smentite, come hanno fatto quei dieci testi, i quali, chiamati a deporre sul fatto che il serg. Montalbano fu condannato a morte per colpa di D'Onofrio, non si sono presentati.

Il col. Longo ha mentito, sotto il vincolo del giuramento, quando è venuto a dire che non faceva parte del gruppo 'Amici dell'Alba'; la prova è nel numero 34 del settimanale e se non ci penserà il pubblico ministero mi assumerò egli stesso il compito di denunciarlo per falsa testimonianza. Il col. Zingales non si è presentato a deporre e ha dichiarato il falso per lettera'.

P.M.: 'Ma il col. Zingales lo avete chiamato voi a deporre!...'.

Avv. Sotgiu: 'Avrei voluto vedere se l’atteggiamento di questi testi sarebbe stato lo stesso e se essi non avrebbero invece rivendicato quanto è scritto, anche da loro, su 'Alba' se l'esito elezioni del 18 aprile fosse stato diverso da quello che è stato'.

Ma forse, in caso di vittoria del Fronte Popolare, sarebbero stati rispediti in Siberia.

Avv. Sotgiu: 'Tutto prova che tutto il processo, come ce lo ha presentato il Pubblico Ministero, viene a crollare e della sua requisitoria non resta neppure la parte relativa alla circolare di Kalinin sui commissari politici'.

Ad un ennesimo appunto mosso dall’avv. Sotgiu al Pubblico Ministero, di non avere cioè approfondito l'indagine dei documenti inerenti al processo e di aver soprattutto accusato D'Onofrio di appartenere alla polizia di Stato sovietica, il dottor Manca è scattato protestando.

Avv. Sotgiu: 'Il Pubblico Ministero, ha parlato di una legge italiana secondo la quale il D'Onofrio avrebbe perduto la cittadinanza, ma ha dimenticato di aggiungere che la stessa legge prevede una intimazione da parte del governo italiano con cui si avverte il cittadino di desistere dalla sua attività all’estero. Del resto sarebbe stato più corretto se il P. M. avesse contestato al querelante l'U.K.S. di Kalinin prima e non proprio all’ultimo momento'.

P.M.: 'Il suo rilievo è ridicolo. Lei sa perfettamente che il numero della 'Pravda' recante quel documento io l'ho avuto dopo'.

Avv. Sotgiu: 'Lei doveva ugualmente contestarlo al D'Onofrio. Non solo non lo ha fatto, ma ha tirato fuori la legge sulla cittadinanza che non riguarda il D'Onofrio, non ricorrendo in ogni caso gli estremi. Per affermare cose tanto gravi occorrono delle prove granitiche e voi non avete portato che falsità'.

C'è stato un vivace scambio di parole fra i due avvocati, è intervenuto anche l'avv. Paone in difesa di Sotgiu, il tutto inframezzato dalle squillanti scampanellate del Presidente che a stento è riuscito a sedare l'incidente, non prima però che Sotgiu avesse tacciato il P. M. di 'antigiuridico'.

L'avv. Sotgiu, ripreso l'argomento, ha poi affermato che la legge italiana sulla cittadinanza non poteva riguardare il D'Onofrio anche per il fatto che essa è applicabile quando l'esule abbia in terra straniera una occupazione retribuita. Il che non riguarda D'Onofrio. Il quale evidentemente in Russia campava d’aria. Ma se anche oggi i gerarchi comunisti sono pagati con rubli sovietici!?! Avv. Sotgiu: 'A nessuno è lecito oltraggiare l'esule che ha voluto mantenere fede alle proprie idee; ciò facendo si offendono tutti gli italiani i quali subirono infami sentenze dei Tribunali Speciali del fascismo'.

E siamo finalmente alla conclusione dell’arringa, con un altro accenno di passaggio al caso del cap. Magnani il quale non sarebbe rimasto in terra di Russia per ragioni politiche e tanto meno per colpa di D'Onofrio.

Avv. Sotgiu: 'Nessuno ha portato prove a questa accusa e del resto come si potrebbe provare che il Magnani, lo Ioli e gli altri furono trattenuti perché accusati di fascismo quando generali dichiaratamente fascisti sono stati rimpatriati? Il contrario è confermato dalle dichiarazioni rese dal sottosegretario agli esteri on. Brusasca e dal ministro Gasparotto in base alle quali ventisette italiani sono ancora trattenuti in Russia perché sospetti di crimini di guerra. C'è solo da augurarsi che l'inchiesta cui sono sottoposti abbia un esito negativo.

Signori, la vostra coscienza non può aderire ad una tesi che, colpendo Edoardo D'Onofrio, colpisce l'Italia. Assolvere costoro significa condannare quanti oggi siedono ai banchi del governo'. Forse l'espressione 'banchi del governo' è frutto di un lapsus linguae, volendo l'avv. Sotgiu alludere al settore di estrema sinistra dei banchi del Parlamento e non ai banchi del governo italiano che è... 'nero e reazionario' per definizione, perché non partecipa al blocco filosovietico dei paesi satelliti. Di 'crimini di guerra' delle truppe rosse in Grecia e in Cina agli ordini del Cominform, nessuno parla: forse quei delitti sono... strumenti progressivi di pace e sono discriminati innanzi alla giustizia bolscevica.

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