domenica 29 gennaio 2023

Nikolajewka... Raoul Achilli...

Anche oggi che non sono a Nikolajewka come avrei dovuto essere, sono andato a trovare uno di loro qui a Legnano... Raoul Achilli, amico fraterno di Mario Rigoni Stern che così ne scrive ne "Il sergente nella neve": "[...] Anche Raoul mi ha lasciato quel giorno. Raoul, il primo amico della vita militare. Era su un carro armato e nel saltar giù per andare ancora avanti, verso baita ancora un poco, prese una raffica e morì sulla neve. Raoul che alla sera prima di dormire cantava sempre "Buona notte amore mio". E che una volta, al corso sciatori, mi fece quasi piangere leggendomi "Il lamento della Madonna" di Jacopone da Todi [...]".



mercoledì 25 gennaio 2023

Cronaca di una sconfitta annunciata, 26.01.43

Cronaca di una sconfitta annunciata; dall'11 dicembre 1942 al 31 gennaio 1943, giorno per giorno, la cronistoria dell'ARMIR durante l'offensiva sovietica "Piccolo Saturno". Tratto da "Le operazioni delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943), edito dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

26 GENNAIO.

RIPIEGAMENTO DEL CORPO D'ARMATA ALPINO (17-31 GENNAIO).

La giornata del 26 gennaio appare decisiva per il ripiegamento delle Grandi Unità alpine, che dovettero non soltanto infrangere lo sbarramento predisposto dal nemico, ma anche rintuzzarne l'aggressività, manifestata fino dalle ore della notte, in anticipo alla presa di contatto con le posizioni difensive. L'avanguardia della Divisione Tridentina, attestata allo sbocco ovest di Nikitovka, alle ore 2 era attaccata da forze regolari e partigiane russe. Dopo alcune ore di combattimento, il nemico era respinto. Nei pressi di Arnautovo consistenti unità sovietiche attaccavano la colonna appena postasi in movimento, manifestando l'intenzione di isolarne l'avanguardia (battaglione Tirano e gruppo Val Camonica). Mentre la lotta si sviluppava con alterne vicende, per conseguire il proprio intento, il nemico faceva intervenire forze fresche (che avanzavano cantando). La pronta reazione del 5° alpini travolgeva gli attaccanti e riapriva il varco alla colonna e alla massa raccogliticcia, ormai priva di volontà combattiva, che la seguiva passivamente. La consistenza del nemico in questa azione era valutata a tre battaglioni.

Il 6° alpini, giunto nei pressi di Nicholajevka, iniziava l'attacco dell'abitato presidiato dal nemico. Sebbene l'efficienza dei reparti fosse diminuita a causa dei combattimenti fino allora sostenuti, delle durissime condizioni climatiche, delle privazioni alimentari e della scarsezza delle munizioni, vincendo la violenta reazione di fuoco dell'avversario, i reparti superavano il terrapieno ferroviario situato al margine orientale di Nicholajevka, riuscendo a penetrare nel paese alle ore 11. Ma le forti perdite subite non permettevano di mantenervisi ed i reparti, per quanto rinforzati da altri elementi volenterosi, dovevano retrocedere oltre la ferrovia, conservando su di essa il contatto con il nemico.

Verso il mezzogiorno, giungeva il grosso della colonna che consentiva l'intervento del 5° alpini con l'appoggio di tutta l'artiglieria disponibile per la ripresa dell'attacco. Partecipavano ad esso anche reparti di formazione. Il nemico, la cui forza era valutata ad una Divisione, reagiva con il fuoco di tutte le sue unità e con l'intervento di numerosi aerei. L'azione avversaria otteneva effetti gravissimi sulla massa della coIonna, formata da slitte, quadrupedi, automezzi condotti da militari di varia nazionalità e di vario linguaggio, e, per ciò stesso, difficili da coordinare. L'attacco sferrato con estrema decisione, trascinato nella scia del pochi carri armati tedeschi sui quali aveva preso posto il Comandante della Divisione, portava i reparti nuovamente oltre la ferrovia e alla seconda occupazione nell'abitato.

Tuttavia, le gravissime perdite subite dagli attaccanti, soprattutto tra gli ufficiali, provocavano l'arresto temporaneo dell'operazione. La massa che seguiva avvertiva il pericolo e iniziava un movimento retrogrado. Il sopraggiungere del 5° alpini determinava la ripresa dell'avanzata e tutti gli uomini dell'eterogenea colonna, armati e disarmati, si precipitavano in avanti a valanga, travolgendo tumultuosamente ogni resistenza dell'avversario che subiva forti perdite in uomini, armi leggere e 24 pezzi d'artiglieria. Il Comandante del Corpo d'Armata, in considerazione delle precarie condizioni dei reparti, del loro ridotto armamento e munizionamento ed in previsione di un probabile ritorno offensivo dei russi, ordinava di proseguire il movimento dopo brevissima sosta sull'obiettivo conquistato, così da superare al più presto il solco di Uspenskaia, favorevole al movimento di mezzi motorizzati.

Un altro sbarramento veniva eliminato dal battaglione Edolo. La colonna della Divisione Vicenza riprendeva il movimento all'alba, nell'intento di raggiungere Valujki, ma trovava i numerosi abitati della zona presidiati da elementi avversari. Questi si ritiravano ai primi colpi di mortaio, ma i ripetuti spiegamenti dei reparti cagionavano ritardi nella marcia. La colonna era sovente sottoposta anche ad azioni di mitragliamento da parte di aerei nemici. Verso mezzogiorno la colonna veniva presa sotto il tiro di lanciarazzi, che non potevano essere controbattuti. Le azioni dei partigiani erano sempre più frequenti; le munizioni si stavano esaurendo.

Alle ore 15, la colonna stessa, ridotta a circa 3.000 uomini, era arrestata frontalmente dal fuoco di mitragliatrici, mentre reparti di cavalleria, sbucati da un vicino bosco, apparivano sul fianco sinistro. II battaglione Pieve di Teco prendeva posizione, ma la scarsità di munizioni gli consentiva solamente un'azione di temporaneo contenimento. Cavalleria cosacca, rinforzata da artiglieria e carri armati, si presentava anche sul tergo, completando così l'accerchiamento. Quando un parlamentare avversario intimava la resa entro trenta minuti, minacciando di non dare quartiere ai prigionieri, le possibilità non soltanto di proseguire la marcia, ma quelle stesse di resistere più a lungo, erano oramai praticamente annullate.

Il Comandante della Vicenza recandosi a parlamentare aveva modo di valutare la grande consistenza delle forze avversarie. Accettate le condizioni di resa, il Generale Pascolini rimaneva prigioniero, mentre gli ufficiali che lo avevano accompagnato rientravano presso i reparti italiani per comunicare che era stata accettata la resa. Essi dovevano constatare che i sovietici avevano già catturato l'intera colonna. I due scaglioni della Divisione Cuneense, appena postisi in marcia, erano sottoposti a mitragliamento aereo; si congiungevano quindi formando una sola colonna. Un attacco di reparti di cavalleria era respinto dal battaglione Dronero. Durante la marcia notturna, il 1° alpini perdeva il collegamento con il Comando della Divisione.

Nikolajewka, ieri e oggi

Tutto finisce qui... quella in fondo è Nikolajewka, questa è la strada che porta al paese; qualche centinaio di metri sulla sinistra si arriva al famoso costone dal quale scesero migliaia di uomini stremati per cercare di tornare a casa. Ogni volta che ci sono arrivato ho cercato di immaginare quei momenti.

Tutto appunto finisce qui... i nostri viaggi invernali finiscono qui di solito; si, poi c'è il rientro a Rossosch, il treno per Mosca, l'aereo per tornare in Italia. Ma ogni volta a Nikolajewka ci lascio un pezzo. Torno a casa alla mia vita di tutti i giorni, ma la testa rimane lì e lo è anche ora. Questa notte sarei dovuto essere ad Nikitowka per poi domani affrontare l'ultima tappa.

E ogni volta ci si chiede come hanno potuto farcela, come hanno potuto affrontare tutto quello e riuscire a tornare a casa, anche se tanti, tantissimi sono rimasti lungo le piste, in mezzo alla steppa. E ogni volta che sei in Russia temi di camminare sopra uno di loro.

Cronaca di una sconfitta annunciata, 25.01.43

Cronaca di una sconfitta annunciata; dall'11 dicembre 1942 al 31 gennaio 1943, giorno per giorno, la cronistoria dell'ARMIR durante l'offensiva sovietica "Piccolo Saturno". Tratto da "Le operazioni delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943), edito dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

25 GENNAIO.

ROTTURA DEL SETTORE TENUTO DAL XXIV CORPO D'ARMATA CORAZZATO TEDESCO ED ISOLAMENTO DEL CORPO D'ARMATA ALPINO.

Il 25 gennaio il Comando del Gruppo di Armate precisava le proprie precedenti direttive di: - ritardare al massimo l'avanzata del nemico sulle direttrici Valujki - Kupjansk e Starobelsk - Kupjansk, in contatto con il Gruppo di Armate Don; - sistemare Kupjansk a caposaldo da difendere ad oltranza; - svolgere azioni di ricognizione nella zona di Valujki, dove il nemico era poco attivo. Per eseguire questi compiti erano in affluenza nel settore di Valujki la Divisione Gross Deutschland e nella zona di Karkov un Corpo d'Armata SS (Divisioni Adolf Hitler e Reich).

RIPIEGAMENTO DEL CORPO D'ARMATA ALPINO (17-31 GENNAIO).

Il 25 gennaio il Comando d'Armata, per mezzo di un aereo atterrato nei pressi della colonna, comunicava al Generale Nasci che il punto di sbocco era stabilito al bivio posto 16 chilometri a sud - est di Novi Oskol e che Nicholajevka, fortemente presidiata dal nemico, avrebbe dovuto essere attaccata per poter proseguire. La Divisione Tridentina riprendeva all'alba la marcia su Nikitovka, tolta a deboli resistenze di regolari e partigiani. Erano attraversati numerosi paesi, i cui abitanti rifornivano di viveri gli alpini affamati. I battaglioni Verona e Vestone, la 255a compagnia del Val Chiese, una batteria del gruppo Bergamo, con i carri armati tedeschi, che costituivano avanguardia, si spingevano in avanti per un paio d'ore di marcia, raggiungendo Arnautovo.

Il Comando della Divisione ordinava per il giorno seguente: - la partenza contemporanea dell'avanguardia e della colonna, già distanziate nella presa degli alloggiamenti; - l'attacco di Nicholajevka da parte dell'avanguardia, sostenuta poi dalla restante parte della colonna. La Divisione Vicenza riprendeva la marcia su Bolsce Lipjagi, che raggiungeva nella notte, sostandovi. Il battaglione Pieve di Teco, in avanguardia, colpito dal fuoco di mortai, attaccava i reparti nemici, riuscendo a liberare 100 militari italiani tenuti prigionieri.

Le unità della Divisione Cuneense si dirigevano su Malakijeva. Il battaglione Dronero, in avanguardia, per aprire il passo alla colonna, doveva iniziare un combattimento sostenuto dal Mondovì e da un gruppo di artiglieri. Il nemico ritirandosi rilasciava 200 prigionieri italiani. La colonna si frazionava: il Comando della Divisione ed il 2° alpini raggiungevano Malakijeva alle ore 24; il 1° alpini sostava nel villaggio di Solonzy.

Il Colonnello

A poche ore dall'80° anniversario della battaglia di Nikolajewka il mio pensiero più profondo va al Colonnello Antonio Andrioli, all'epoca dei fatti Tenente del III Btg. misto genio della Divisione Julia. Lui non era a Nikolajewka, ma con la colonna della divisione Julia a Valujki, dove verrà catturato, costretto alle marce del davaj, poi prigioniero per anni dei peggiori campi sovietici e finalmente rientrato in patria dopo aver perso centinaia di amici e soldati.

Ho passato con lui alcune domeniche pomeriggio a Torino insieme a Silvia, anche lei protagonista dei viaggi in Russia. Ci raccontava e noi volevamo sempre sapere tutto; volevamo "vedere" attraverso i suoi racconti, ma non si può "vedere" quello che non si è potuto provare.

Tirava fuori una sua cartina tedesca della zona di Rossosch e non solo, ci indicava le posizioni, ci raccontava i fatti di cui era stato protagonista; spesso parlavamo del tristemente famoso "quadrivio di Selenyj Jar" e qui, si, il suo racconto continuava, ma non ci guardava più. Andava oltre, tornava a quei giorni e si vedeva dai suoi occhi, tornava ai suoi ragazzi che aveva lasciato nella steppa; a volte lo faceva intendere, a volte no, ma si capiva che soffriva, forse per essere tornato a casa, mentre loro erano rimasti là.

E ogni volta che sono tornato nella zona di Selenyj Jar cercavo di immaginarmi le scene che il colonnello ci raccontava; m'immaginavo lui lì da qualche parte. Poi un giorno anche lui ha raggiunto tutti i suoi soldati.

martedì 24 gennaio 2023

Cronaca di una sconfitta annunciata, 24.01.43

Cronaca di una sconfitta annunciata; dall'11 dicembre 1942 al 31 gennaio 1943, giorno per giorno, la cronistoria dell'ARMIR durante l'offensiva sovietica "Piccolo Saturno". Tratto da "Le operazioni delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943), edito dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

24 GENNAIO.

DIFESA DI VOROSCILOVGRAD E DI UN ALTRO SETTORE SUL DONEZ.

Il 24 gennaio le unità superstiti della Grande Unità si raccoglievano nella zona di Samsonof - Krasnodonskij, per spostarsi a scaglioni nella zona di Rovenki, raggiunta tra il 27 ed il 29 gennaio.

RIPIEGAMENTO DEL CORPO D'ARMATA ALPINO (17-31 GENNAIO).

Nella giornata del 24 gennaio il Comando del Corpo d'Armata non aveva più notizie delle vicende delle Grandi Unità dipendenti, tranne che della Tridentina, della quale divideva la sorte. L'incertezza su tutta la situazione era resa più grave anche dalla mancanza di carte topografiche della zona attraversata. I congelamenti e gli assideramenti continuavano a provocare ingenti perdite. Il Comandante del Corpo d'Armata informava il Comando dell'8a Armata che, a causa delle gravissime perdite in uomini e materiali, la Grande Unità alpina non era più impiegabile. Le richieste di aviorifornimenti di viveri e di medicinali non potevano essere soddisfatte. Dopo una marcia notturna, alle ore 10 la Divisione Tridentina raggiungeva Malakijeva con l'avanguardia, sotto il fuoco di artiglieria nemica. La rigidissima temperatura esigeva che l'azione per la conquista dell'abitato avesse rapido corso, per evitare agli uomini non impiegati in combattimento lunghe attese allo scoperto nella bufera di neve alla temperatura di - 40°.

L'artiglieria prendeva subito posizione, i carri armati tedeschi entravano in azione spalleggiati dai battaglioni Vestone e Val Chiese ed alle ore 12 il paese era conquistato. I russi perdevano 600 uomini contati sul terreno, copioso armamento di fanteria, leggero e pesante, e 12 pezzi di medio calibro. La marcia proseguiva su Romankovo; per ingannare lo stimolo della fame, uomini e quadrupedi potevano solamente ingerire neve gelata. La località di tappa era raggiunta alle ore 16. Il battaglione Verona rientrava al suo 6° reggimento.

La Divisione Vicenza proseguiva fino alle ore 4 la marcia notturna, ripresa dopo una sola ora di sosta. Nelle ore meridiane raggiungeva un villaggio dal nome sconosciuto e vi si fermava per la notte. La Divisione Cuneense (Comando e 2° alpini), superato Garbusovo, raggiungeva Rybalzin alle ore 8 e vi sostava. Il I° alpini, giunto all'alba a Garbusovo, attaccato da carri armati, subiva nuove forti perdite e, giunto a Rybalzin verso mezzogiorno, veniva colto da una bufera di neve che costringeva i reparti a sostare per l'intera notte.

Ricordi, parte 22

23 gennaio 2020, arriviamo a Scheljiakino dopo essere partiti da Novo Karcowka... ho in mente le immagini scattate nel 1943 durante gli scontri sostenuti dalla Tridentina per conquistare la località, per passare la notte, per trovare ancora una volta la via verso casa. Ho in mente i racconti di Rigoni Stern e di Bedeschi su quanto qui avvenne per forzare il blocco dei russi. Camminiamo da ore... sono già passato di qui nel 2013 e nel 2018. Lasciamo la steppa, piatta e tutta bianca per entrare in una sorta di valle che ci condurrà fino al paese. E' un paesaggio mozzafiato che si trova solo qui rispetto a tutto il resto del percorso; sembra una valle finta, quasi fatata. Con il buon Roberto che ancora una volta è in Russia con me ci guardiamo in faccia e intorno, l'emozione è fortissima, ce lo leggiamo negli occhi. 77 anni prima qui c'era la morte, la disperazione... oggi è un luogo così pacifico, così bello e vorremmo continuare a camminare per ore senza mai arrivare alla fine della giornata.

lunedì 23 gennaio 2023

Cronaca di una sconfitta annunciata, 23.01.43

Cronaca di una sconfitta annunciata; dall'11 dicembre 1942 al 31 gennaio 1943, giorno per giorno, la cronistoria dell'ARMIR durante l'offensiva sovietica "Piccolo Saturno". Tratto da "Le operazioni delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943), edito dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

23 GENNAIO.

DIFESA DI VOROSCILOVGRAD E DI UN ALTRO SETTORE SUL DONEZ.

Il 23 gennaio proseguiva l'azione dei mezzi corazzati tedeschi su Makarof ed Iljevka, appoggiata da un reparto italiano autocarrato, che, precedendo le unità tedesche, rioccupava Ilievka. Altri reparti italiani rioccupavano anche Makarof. Alla sera il Comandante della V Armata faceva giungere alla Divisione un suo breve telegramma: «Brava Ravenna». Ancora in quella sera il Comando di Sezione d'Armata comunicava che la Divisione Ravenna, rimanendo alle sue dipendenze, sarebbe stata sostituita per riordinarsi.

RIPIEGAMENTO DEL CORPO D'ARMATA ALPINO (17-31 GENNAIO).

Il 23 gennaio il Comando dell'8a Armata, valendosi dell'unica radio tedesca rimasta efficiente dopo l'incursione sovietica, informava il Comando del Corpo d'Armata che Nikitovka era occupata dal nemico. Pertanto la colonna veniva fatta fermare nella località di Romachova, per sostarvi ed effettuare il riordinamento necessario per l'inevitabile combattimento. All'alba la Divisione Tridentina riprendeva il movimento, sforzandosi di imprimere alla marcia un ritmo veloce, per sfruttare il successo conseguito nella giornata precedente. A Nikolaievka (9 chilometri ad ovest di Sciabskoie) una formazione di partigiani, sostenuta da 4 pezzi di medio calibro, veniva eliminata d'assalto dagli alpini e dai carri armati tedeschi. La tappa era conclusa a Kovalev.

La Divisione Vicenza, priva di collegamento con il Comando superiore, all'alba muoveva verso Varvarovka, per effettuarvi una sosta, anche nella speranza di riunirsi con il 278° fanteria. Mentre lo stesso Comandante della Divisione cercava di riordinare gli elementi della colonna frammisti agli sbandati, una violenta azione di mortai e di aerei nemici scompigliava nuovamente i reparti. Superata la crisi, una formazione corazzata avversaria attaccava la colonna in varie ondate, dopo che aveva distrutto il 278° fanteria. I resti della Divisione (Comando, 2 sezioni carabinieri, pochi fanti del 277°, i resti del CLVI battaglione mitraglieri, il Comando del reggimento artiglieria a cavallo, qualche migliaio di uomini riuniti in poco efficienti reparti di formazione) si sistemavano a difesa attorno e dentro una fattoria presso Varvarovka.

Alla sera il movimento veniva ripreso per Bolsce Lipyagi. Prima dell'alba la Divisione Cuneense si riuniva a Novo Dmitrovka e proseguiva su due scaglioni, marciando per l'intera giornata, diretta su Garbusovo e Rybalzin. Il 1° alpini superava un attacco di partigiani. Il nucleo della Divisione Julia, che ancora combatteva circondato nella zona di Sceljakino, all'alba veniva sopraffatto. Il Generale Comandante con altri 4 ufficiali e circa 50 alpini riuscivano a sottrarsi alla cattura e si riunivano alla colonna della Cuneense.

L'isba di Zina... con epilogo

Per me questi sono i giorni del ricordo... del ricordo di quei bellissimi momenti che mi porterò per sempre nella vita. Per questo voglio riproporre un episodio che ricordo con molta nostalgia...

L'ISBA DELLA ZINA.

E' la sera del 23 Gennaio 2018, la nostra terza tappa, forse quella più impegnativa, fino ad ora affrontata, per il pesante fuoristrada percorso nella neve alta 30/40 cm; arriviamo nel villaggio di Novo Karcowka... qualche decina di isbe e un piccolo negozio, tipico di questa parte della Russia, che vende di tutto, dai biscotti ai chiodi, passando dal pesce essiccato alle calze da donna.

Siamo sudati e stanchi; la nostra guida ci porta verso un'isba incastrata fra altre; entriamo e ci accoglie una donna di mezza età, a dir poco burbera ed evidentemente poco felice di ricevere ospiti nella sua casa. Le condizioni di estrema povertà ci fanno capire il motivo dell'aver accettato la nostra presenza nella sua casa (in ogni località giustamente paghiamo una piccolissima quota per la cena e il pernotto).

L'isba è qualche cosa di inimmaginabile per noi abituati alle case "occidentali": il pavimento è disconnesso e coperto di tappeti che probabilmente non vedono l'acqua da anni, le pareti scrostate o coperte da una tappezzeria di altri tempi, il bagno inesistente, un lavandino unico per tutto con lo scarico che va direttamente in un secchio da svuotare ogni volta che si riempie. Una stanza funge da cucina e da sala da pranzo, l'altra stanza da salotto e camera da letto. Non esiste il bidet, non esiste la doccia, non esiste la vasca da bagno. Come una volta una grossa stufa a gas attorno alla quale è stata costruita l'isba.

Zina, la proprietaria, parla poco con noi; serve svelta la cena frugale; un gatto nero, il suo gatto nero fa capolino nella stanza arrivando da chissà dove. Anche lui assomiglia alla padrona... ci guarda da lontano, schivo. Iniziamo a smontare gli zaini e a stendere il sacco a pelo per la notte. A guardarci potremmo assomigliare lontanamente ai nostri alpini che 75 anni fa entravano nelle isbe e crollavano dalla stanchezza in ogni angolo.

Lei ci osserva distante e controlla che tutto avvenga senza complicazioni; ad una cert'ora com'è vestita, prende e va a letto; curioso e scatto alcune fotografie dell'isba; sui pochi armadi malandati i ricordi di una vita... alcune fotografie del marito (e così scopro che è vedova come tante donne in Russia, dove l'aspettativa di vita per gli uomini è bassissima rispetto a quella delle donne, almeno in determinate zone). Come sempre mi piace osservare i dettagli che poi sono quelli che fanno la differenza fra le persone, fra le vite delle persone. Penso a che vita difficile debba affrontare qui una donna, dispersa in un villaggio in piena steppa.

Osservate i dettagli delle fotografie per capire, perché le mie parole non bastano per comprendere le condizioni di vita di questa persona... la mattina dopo partiamo per la prossima tappa e ancora una volta Zina ci saluta con un certo distacco e senza grandi emozioni. L'abbiamo lasciata alla sua vita, nella sua casa vuota e con il suo gatto nero. Spesso ripenso a lei e a cosa stia facendo in quel preciso momento, anche un po' con malinconia perché questo viaggio in Russia serve a capire anche questo e a vivere una realtà spesso lontana anni luce dalle nostre comodità di tutti i giorni.

EPILOGO 2020.

Nell'inverno 2020 riparto per la Russia per quello che al momento rimane il mio ultimo pellegrinaggio insieme al caro Roberto e a nuovi amici che vogliono condividere questa esperienza. Ancora una volta arriviamo a Novo Karcowka... ancora una volta facciamo tappa alla stessa bottega di due anni prima. Ad un certo punto ci stacchiamo dal gruppo e andiamo a cercare l'isba di Zina... la troviamo!! Dopo due anni la ritroviamo, ma... è tutta chiusa; non c'è anima viva intorno. Spieghiamo ad un uomo nel frattempo avvicinatosi, attraverso la nostra guida, che due anni prima abbiamo pernottato in quell'isba, nell'isba di Zina. Chiediamo notizie...

Zina è morta un anno prima... come vorrei ancora una notte dormire con i miei amici per terra su quel pavimento tutto sconnesso...






Cronaca di una sconfitta annunciata, 22.01.43

Cronaca di una sconfitta annunciata; dall'11 dicembre 1942 al 31 gennaio 1943, giorno per giorno, la cronistoria dell'ARMIR durante l'offensiva sovietica "Piccolo Saturno". Tratto da "Le operazioni delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943), edito dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

22 GENNAIO.

DIFESA DI VOROSCILOVGRAD E DI UN ALTRO SETTORE SUL DONEZ.

Alle ore 4 del 22 gennaio il nemico attaccava da est, da nord e da ovest l'abitato di Iljevka, impiegando due battaglioni rinforzati da partigiani. Iljevka veniva circondata e vi si sacrificavano la maggior parte del III/38°, compreso il suo comandante, e quasi tutti gli ufficiali. Alle ore 8 rimanevano disponibili solamente una compagnia, altri elementi superstiti, reparti di artiglieri e del III battaglione mortai divisionale, che stavano tentando d'impedire il dilagamento del nemico in direzione di Novo Svetlova e di Voroscilovgrad. Un battaglione sovietico e centinaia di partigiani attaccavano Ivanovka, arrestati dalle azioni di fuoco della difesa. Al Comando della Sezione d'Armata veniva segnalato l'assottigliamento numerico dei reparti e veniva anche rappresentata la situazione di spossatezza dei combattenti dopo tre giorni continui di lotta allo scoperto con temperature oscillanti intorno ai - 40°.

Il Generale Fretter Pico invitava a fare ancora quanto era umanamente possibile, in attesa di unità corazzate. Queste giungevano alle ore 13,30 del 22 gennaio e da Ivanovka puntavano su Kruscilovka, seguite dai fanti della Ravenna, che rioccupavano quella località nella stessa serata.

RIPIEGAMENTO DEL CORPO D'ARMATA ALPINO (17-31 GENNAIO).

Nella notte sul 22 gennaio il Comando del Gruppo di Armate «B» attraverso la radio del XXIV Corpo, indicava Nikitovka quale punto di sbocco del Corpo d'Armata entro le linee amiche, fatto che richiedeva una parziale modifica dell'itinerario previsto. La via più breve da percorrere per raggiungere la località indicata sarebbe passata per Varvarovka, località che era ritenuta occupata, in quanto situata nella valle della Tciornaja Kalitva. Ma il breve tempo disponibile non consentiva di variare gli ordini precedentemente impartiti ed il Generale Nasci, pertanto, decideva di puntare ugualmente su Sceliakino, aggirando Varvarovka da sud.

L'avanguardia della Divisione Tridentina (6° alpini) raggiungeva alle ore 10 una sella dominante l'abitato di Sceljakino, accolta da violento fuoco. I battaglioni alpini Vestone e Val Chiese ed i carri armati tedeschi, appoggiati dai gruppi Bergamo e Vicenza, muovevano all'attacco. Il battaglione Edolo (5° alpini) svolgeva un'azione aggirante per la sinistra; ma l'arrivo nel paese dei carri armati del nemico faceva temere un rovesciamento della situazione, che era tuttavia superata dalla tenacia e dalla saldezza d'animo dei reparti.

Immobilizzata una parte dei carri del nemico, ridotta al silenzio la sua artiglieria, snidati i difensori sovietici dalle case, pronunciatasi l'azione aggirante dell'Edolo, il paese veniva sgomberato dall'avversario, che subiva gravi perdite, ed occupato dagli alpini. All'imbrunire la colonna proseguiva su Ladomirovka, raggiunta nella notte. Durante la marcia nuove forze sovietiche, in parte corazzate, sopraggiungevano da sud, investendo la colonna sul fianco. Per non essere travolta, la colonna deviava su Varvarovka, dove il battaglione Morbegno, scontratosi con altri reparti nemici provenienti da nord, si impegnava in una cruenta lotta e si sacrificava per dare modo al resto della colonna di salvarsi deviando verso ovest.

La Divisione Vicenza si rimetteva in marcia nella notte, con tre semoventi tedeschi, quasi privi di munizioni. Giunta a Sceljakino, la trovava fortemente presidiata da unità motocorazzate nemiche, ritornate a schierarsi sul posto dopo essere state allontanate dalla Tridentina. Un primo attacco mosso dai resti del II/277° veniva respinto e doveva essere ripreso dall'intera colonna, con l'appoggio dei semoventi tedeschi. La colonna italiana penetrava nell'abitato, immobilizzava i carri armati sovietici, sconvolgeva gli apprestamenti difensivi, ma nuove forze russe attaccavano la coda della colonna distruggendo il Quartier Generale della Divisione ed una aliquota del CLVI battaglione mitraglieri divisionale.

L'azione della Vicenza era servita a svincolare reparti della Tridentina e tedeschi. Alle prime luci la Divisione Cuneense riprendeva la marcia su Lymarevka, raggiungendola alle ore 12. Il 1° alpini si univa alla colonna, ma veniva attaccato da tre carri armati russi. Superato l'attacco, il reggimento sostava a Lymarevka. II resto della Divisione proseguiva su Novo Dmitrovka, che, occupata dal nemico, veniva conquistata dal battaglione Dronero e dal IV battaglione misto genio. La Divisione subiva la perdita di centinaia di alpini rimasti assiderati lungo l'itinerario. Alla sera il Comandante della Divisione dava facoltà, a chi intendesse valersene, di lasciare la colonna per tentare di salvarsi isolatamente.

Il movimento della Divisione Julia diveniva più faticoso e pesante. Al mattino i resti dell'8° alpini, nella zona di Novo Georgevskij, venivano raggiunti, circondati e catturati dal nemico. Nella giornata il Comando della Divisione raggiungeva la zona di Sceliakino, dove anch'esso veniva circondato ed attaccato da forze nemiche. Alla fine della giornata, quanto rimaneva del Corpo d'Armata Alpino si trovava incolonnato su di un solo itinerario. La situazione si presentava estremamente confusa per l'addensamento di parecchie migliaia di uomini, tra i quali numerosissimi sbandati tedeschi ed ungheresi. Slitte ed impedimenta sostavano nell'abitato, parzialmente in fiamme e battuto dai cannoni dei carri armati nemici.

I sovietici, sempre informati sulle dislocazioni e sulle direzioni di marcia dei vari scaglioni, consapevoli della necessità dei reparti avversari di sostare al coperto per attenuare le difficoltà climatologiche, impiegando reparti motorizzati precedevano le unità in ripiegamento nell'occupazione degli abitati ubicati sugli itinerari. La lotta per impossessarsi degli abitati stessi era necessità vitale per poter sopravvivere al riparo dal gelo. Altri reparti nemici attaccavano le colonne sui fianchi, cercavano di frazionare le code delle colonne, catturavano i ritardatari consegnandoli nelle mani dei partigiani.