giovedì 19 novembre 2020

Ricordi , parte 2

Solo una bandiera... non è volontà di ostentazione e chi mi conosce sa quanto siano vere queste parole; non è neanche una provocazione verso le persone che all'epoca furono comunque vittime della nostra aggressione. E' solo un segno di rispetto per quei ragazzi che per questa bandiera, volenti o nolenti, sono morti in Russia. Loro in ben altri frangenti le avevano, le hanno protette, le hanno nascoste sotto un pastrano, le hanno bruciate per non farle cadere in mano al nemico. E' solo rispetto... lo stesso rispetto che abbiamo sempre avuto anche per i caduti russi ai quali abbiamo dedicato anche e solo un minuto del nostro silenzio. Durante ogni viaggio lungo la ritirata ne ho portata con me sempre una diversa; forse è anche un modo per passare vicino a loro, "raccoglierli" attorno ad una semplice bandiera e portarne a casa una piccola parte.

domenica 15 novembre 2020

Relazione del Generale Lerici, parte 3

Relazione del Generale Roberto Lerici Comandante della Divisione Torino sul ciclo operativo della divisione dal 19 Dicembre 1942 al 17 Gennaio 1943 - terza parte.

Il bombardamento di mortai, katiusce e artiglierie si fa sempre più intenso. La piccola conca è sconvolta dai tiri. I morti ed i feriti aumentano sensibilmente. I medici si prodigano nell'assistenza, ma mancano assolutamente i materiali di medicazione. Giunge un aereo-rifornimento per i tedeschi: carburante e munizioni. A due sacchi carichi di munizioni non si apre il paracadute sicché scoppiano in mezzo alle truppe causando nuove vittime. Il comando tedesco, senza interpellarmi, con la forza procede allo svuotamento dei serbatoi delle poche macchine italiane ancora al seguito. Il carburante deve servire per i carri armati. Protesto per il sistema e solo dopo molte insistenze il carburante viene lasciato alle macchine del comandante della divisione e della fanteria divisionale. A sera le linee raggiunte nella giornata con il nostro contrattacco, per ordine del comando tedesco vengono abbandonate e si ripiega sulle posizioni di partenza.

Per informazioni captate attraverso conversazioni con il comando tedesco si viene a conoscenza che le forze che ci fronteggiano sono sensibili. Tra di esse si distingue per combattività un reggimento del genio. Si inoltra al Comando Armata, tramite radio della 298a divisione, una nuova richiesta di viveri, munizioni e medicinali.

Il 23 dicembre la situazione si fa sempre più critica. Do ordine di bruciare le gloriose bandiere dei miei reggimenti. Le forze assedianti aumentano e si ha la sensazione per mezzo dei bombardamenti che sono più nutriti e con calibri non usati nei giorni precedenti (vengono impiegati dai russi anche i cannoni da 152). Si può dire che non vi è un'area della conca non segnata da uno o più colpi. Questi bombardamenti oltrepassano la violenza di quelli che si ebbero sul Carso nell'anno 1915 e anche di quelli che i tedeschi ebbero a Verdun (questo a loro dire). E se ne subiscono gli effetti senza possibilità di ricovero o di riparo essendo la conca tutta scoperta, tutta vista e controllata dal nemico. Verso le ore 8 si riuniscono nella balca Mansinchina tutti i militari per procedere allo smistamento dei reparti e divisioni onde avere uomini comandabili e comandati da propri ufficiali. La balca consente di compiere le operazioni su questa massa in quanto è alquanto defilata alla vista.

Mentre il lavoro di riordinamento procede, e con buoni risultati, giungono in posto ufficiali del comando tedesco richiedendo di urgenza centurie di soldati armati da mandare subito ai vari settori difensivi di Arbusow. Si cerca di far comprendere che tra due-tre ore potremmo mettere a loro disposizione compagnie organiche, ma ogni tentativo fallisce in quanto che vogliono subito almeno 14 centurie. Cosi anche questo tentativo di ridonare ai reparti una fisionomia organica viene frustrato. Si costituiscono subito le 14 centurie richieste con militari frammisti di tutte le unità sotto un violento bombardamento di katiusce, mortai e artiglieria.

Alle ore 10 le 14 centurie sono state tutte consegnate ai tedeschi. Di queste, 7 sono destinate al settore Est sotto il comando del generale Capizzi, 7 al settore Ovest agli ordini del Generale Rossi. Durante un bombardamento una granata colpisce in pieno il Capo Ufficio Sanità - Tenente Colonnello Paraninfo - mentre accudiva alla medicazione di alcuni feriti. Viene ucciso sul colpo. Gli ufficiali superiori ed inferiori del mio comando si uniscono agli ufficiali superstiti dei reparti per condurre al contrassalto gli italiani che ancora una volta si fanno molto onore. Il mio ufficiale - Sottotenente Martini - del Reggimento Cavalleria Vittorio Emanuele II - non ritorna da uno di questi contrassalti. Tutti si prodigano per tenere e far tenere duro dai nostri soldati. Soltanto del mio comando in tale giorno mancano all'appello: il Maggiore Zigiotti - (rientrato, dopo parecchi anni, con l'ultimo drappello di prigionieri) - capo nucleo assistenza, il Maggiore Ferrari, addetto ai servizi, il Capitano Calzolari, segretario dell'ufficio sanità, il Capitano Casagrande, capo ufficio commissariato, il Capitano Tedeschi, capo ufficio amministrazione, il Capitano Viola, comandante il Quartier Generale. Con ogni probabilità sono caduti in combattimento. Il maggiore Pinto, capo della Ia sezione, viene gravemente colpito da una pallottola di fucile mitragliatore.

Alle ore 18 il comandante della Divisione Torino, il generale Rossi, il capo di S.M. vengono invitati, al comando della 298a divisione germanica. Viene spiegato che è necessaria questa vicinanza per le comunicazioni operative che possono essere date da un momento all'altro. Verso le ore 19 i russi attaccano da nord anche con carri armati. Vengono respinti dai tedeschi e dalle centurie italiane di rincalzo. Alle ore 20,30 nuovo attacco russo. Mentre si sta sviluppando questa azione, una comunicazione telefonica ricevuta dal comando della 298a divisione dal comando del settore dà notizia che "gl'italiani si ritirano". Il Generale Rossi si reca in posto e constata che questa affermazione non è esatta. Qualche elemento che stava in linea era venuto indietro per accompagnare alcuni feriti. Subito dopo questa comunicazione telefonica il comando tedesco dà gli ordini per il ripiegamento che, per quanto riguarda le unità tedesche, doveva essere già predisposto data la immediatezza con la quale si costituirono le loro colonne. Quest'ordine viene comunicato al comando della Divisione Torino alle ore 21,30. In sintesi sotto la protezione e con l'ausilio del gruppo corazzato Hoffmann la 298a divisione germanica e le truppe italiane devono rompere l'accerchiamento e sfuggire alla pressione dei russi per l'itinerario: quota 230 Ssidorowski-Jwanovka. Di qui dirigersi su Tscherkowo, dove, si sa, esiste un caposaldo alleato. Le truppe italiane, come al solito, costituiscono retroguardia. Incolonnamento per gli italiani alle ore 23,30. Il comandante della divisione, il comandante della fanteria divisionale ed il Capo di S.M. si recano subito alla balca Mansinchina per impartire gli ordini conseguenti. Le truppe concentrate nella zona della balca raggiungeranno la quota 230 transitando per la balca stessa; le altre si accoderanno alla colonna germanica in Arbusow. Le due autovetture superstiti non possono seguire perché il percorso è da compiere fuori pista con neve alta più di mezzo metro.

I feriti, quelli che possono essere caricati sulle slitte, seguono la colonna; gli altri, purtroppo, debbono essere lasciati in posto. E sono molti. Dura e tragica decisione uguale per italiani e tedeschi, ma la scarsità di slitte non consente il carico di tutti. Si riesce a racimolare un po' di benzina per un autocarro con il quale si tenta di trasportare al seguito il Colonnello Rosati che, come precedentemente è stato detto, è gravemente ferito. Sull'autocarro vengono caricati altri feriti. (L'autocarro, poco dopo iniziato il movimento, venne colpito in pieno e il Colonnello Rosati rimase ucciso). I tedeschi mettono a disposizione del comandante della divisione un trattore su cui oltre il comandante ed il Capo dello S.M. prendono posto vari feriti. Alle ore 23,30 ha inizio il movimento verso Ovest. I russi, avutone sentore, attaccano da Sud ed impegnano le truppe italiane costituenti, come già detto, la retroguardia.

Sotto la protezione di questa lo sfilamento del grosso prosegue. Il combattimento si protrae fino all'alba ed un'aliquota dei reparti impegnati non riesce a raggiungere la colonna. Tra questi reparti ve n'è uno di formazione costituito da elementi del 52° artiglieria agli ordini del Tenente Colonnello Sacco. La marcia si svolge verso Ovest con una temperatura oscillante tra i 30 ed i 40 gradi sotto zero. Anche in questa giornata i soldati italiani si sono nutriti di sola neve. Non si è potuto avere alcun aereo-rifornimento di viveri né si è potuto ottenere dagli alleati germanici alcun genere di vettovagliamento. E' penoso il confronto che fanno i nostri militari Con i militari tedeschi i quali hanno mangiato regolarmente ed abbondantemente i loro soliti cibi caldi. Durante la notte del 24 dicembre, sotto l'abile guida del Colonnello Michaelis, comandante interinale della 298a divisione germanica (mancante del titolare), si sfugge all'assedio di Arbusow. Si incontrano elementi dei servizi di rifornimento russi che vengono catturati. L'itinerario si svolge attraverso l'aperta campagna. Non si seguono le piste che sono controllate, il che impone di compiere lunghi giri.

Al mattino, verso le ore 8, dopo aver eliminato durante il percorso elementi partigiani russi, si giunge a Ssidorowski. Qui sosta di un'ora per vincere la resistenza di elementi russi regolari ed irregolari. Alle ore 11 si transita per Gussew e si prosegue su Mankowo. A 4-5 km da tale località la testa della colonna incontra forti resistenze che non riesce a superare. Perdura il freddo intenso. Nebbia, quindi visibilità scarsissima. Si inverte la marcia e si prosegue verso Sud transitando per Poltawa alle ore 14. Breve sosta e proseguimento per Iwanowka. Attraverso l'aperta campagna, sfuggendo le piste che sono controllate dai russi; ci si dirige su Chodokow. Marcia faticosissima, la neve è alta, circa 50 cm; la temperatura è estremamente rigida. La colonna subisce forte allungamento. Molti sono i congelati, molti i militari italiani e tedeschi che sostando per riposare non si rialzano più perché assiderati. La marcia è spesso disturbata da partigiani provvisti di armi automatiche e pezzi a tiro rapido.

Alle ore 7 del 25 la colonna per Chodokow raggiunge la ferrovia a Scheptkowka. Quivi sosta di qualche ora. Aerei russi lanciano qualche bomba che causa alcune vittime. Alle ore 13 la colonna si rimette in marcia con direzione Nord seguendo la pista parallela alla ferrovia. Le truppe sono in marcia ininterrotta dalle ore 23,30 del 23 e sono tuttora senza mangiare. La marcia si fa sempre più faticosa e penosa. Molti militari rimangono indietro. In alcuni si verificano casi di alienazione mentale. Il continuo marciare nel bianco della neve, la fatica, la diminuzione di forze causata dalla mancanza di vitto producono in molti visioni fantastiche. La speranza di arrivare in buon porto alimenta la volontà. Vengono chiamati a raccolta le superstiti energie in uno Sforzo supremo. Molti, però, non reggono. Assistendo allo sfilamento della colonna si ha la netta sensazione della tragica odissea.

Alle ore 22 la testa della colonna comincia, ad affluire a Tscherkowo. I militari a mano a mano che giungono ricevono le premurose cure del Comandante della difesa italiana, Tenente Colonnello Manari, che fa distribuire vettovaglie e provvede all'alloggiamento. Per tutto il 26 continua l'affluenza delle truppe italo-tedesche. Molti non hanno più l'armamento. Alle ore 9 il Comandante della divisione con il Capo di S.M. conferiscono con il comandante della difesa di Tscherkowo, Colonnello Gôller. Scambio di comunicazioni circa la situazione. La via verso Ovest (Belowodsk) risulterebbe non libera perciò il movimento non può essere proseguito.

Del mio comando, oltre le perdite già innanzi citate, si hanno altri ufficiali congelati. Tra di essi il Maggiore Balboni, il Capitano F. Punzo, il Tenente Dufour, il Tenente Ponzetti. Altri ancora risultano dispersi. I superstiti, chi più chi meno, risentono della estenuante fatica e della mancanza di cibo. Molti i casi di choc nervoso. Tramite la radio della 298a Divisione germanica si dirige un marconigramma al Comando 8a Armata chiedendo lo sgombero urgente via aerea di alcuni ufficiali (tra cui il Generale Rossi, congelato) e lo sgombero con automezzi (non appena aperta la via) di circa 2.000 militari congelati e feriti. Si richiede inoltre l'urgente invio per aereo di medicinali. Di questi si sente la grande necessità, mancandone nel modo più assoluto.

sabato 14 novembre 2020

Le mappe dello CSIR e dell'ARMIR 4

Le mappe delle operazioni del CSIR e dell'ARMIR dal giugno 1941 all'ottobre 1942 - Il Corpo di Spedizione Italiano dall'Italia alla zona di radunata (10 Luglio-5 Agosto 1941).

Ricordi, parte 1

A volte in Russia cammini per chilometri e il paesaggio è sempre tutto uguale, anche lungo una strada. Perdi il senso del tempo, perdi la cognizione della realtà. Sai che in Italia a casa tua tutto scorre come sempre, ma sei qui, lontano centinaia di chilometri ed è come se stessi vivendo in una realtà parallela, nella quale il tempo si è fermato, ghiacciato in un istante. Cammini... e poi solo dopo ore una macchina in lontananza ti riporta alla realtà.

giovedì 12 novembre 2020

Relazione del Generale Lerici, parte 2

Relazione del Generale Roberto Lerici Comandante della Divisione Torino sul ciclo operativo della divisione dal 19 Dicembre 1942 al 17 Gennaio 1943 - seconda parte.

Viene esaminata la situazione: - manca ogni collegamento con il comando superiore che ci possa indicare quale è la situazione contingente; - le artiglierie e gli autocarri hanno ancora una autonomia di non oltre trenta km; - le colonne sono state attardate nel movimento da reparti arbitrariamente immessisi nei suoi itinerari (anche l'itinerario Karasciew, Popowka è stato sommerso dalle truppe del XXXV e Il C.A.); - sono affluiti a Popowka: un gruppo corazzato e un'aliquota della 298a divisione germanica.

Decido di sentire le intenzioni del gruppo corazzato, che deve proteggere il ripiegamento della 298a divisione, per esaminare la possibilità di appoggio anche alla mia divisione e di collegamento radio con le autorità superiori. Verso le ore 11 il Maggiore Turrini, Capo di S.M. della Divisione Torino, prende contatto con il Maggiore Hoffmann (Com.te del gruppo panzer). Viene stabilito che la Torino seguirà il gruppo corazzato per passare nella breccia che verrà fatta in corrispondenza delle difese avversarie sul Tihai. Il gruppo corazzato chiede però un concorso di carburante nella misura di 1.000 litri. Per le considerazioni di cui sopra si aderisce a tale richiesta riducendo il numero dei nostri automezzi.

La divisione si assume il gravoso compito di retroguardia a tutta la colonna. Viene subito presa la decisione di diminuire il numero di automezzi da portare al seguito in modo da dare una maggiore autonomia a quelli che proseguivano. Lo stesso criterio viene adottato per le artiglierie. Ordino perciò che per ogni batteria due pezzi seguano e due pezzi vengano resi inefficienti. Sull'itinerario Makarow-Mihajlow-Popowka sfilano intanto i reparti della 298a divisione germanica. A Popowka vanno raccogliendosi reparti delle divisioni Pasubio, Ravenna, truppe e servizi dei C.A. XXXV e II. Numerosi gli sbandati. File interminabili di auto-carreggio e carreggio.

A Popowka, nella mattinata, giunge ordinatamente la colonna di destra agli ordini del Colonnello Santini. Verso le ore 11 improvvisamente Popowka viene attaccata da carri armati russi. L'attacco viene respinto con il concorso del gruppo corazzato. La colonna di sinistra, con la quale marcia il comando della divisione, sosta temporaneamente a Mihajlow in attesa dell'attacco che il tappo corazzato sferrerà in serata su Posnjakow. Verso le ore 15 anche la colonna di sinistra si trasferisce in zona di Popowka. La Divisione Torino per quanto abbia subito perdite nei duri combattimenti dei giorni precedenti (1/81° e III/82° molto decimati) è, cosi, riunita e costituisce un blocco di forze e di volontà; pronta a superare le resistenze che si opporranno al suo movimento verso sud-ovest ed a proteggere - come retroguardia - il movimento generale della pesante colonna. L'aver dovuto lasciare indietro una parte delle artiglierie è stata una dura ed inderogabile necessità.

Verso le ore 22,30 la Torino inizia il movimento da Popowka seguendo l'itinerario Popowka-Posnjakow già seguito dal gruppo corazzato e dai reparti della 298a divisione germanica i quali hanno già impegnato combattimento con i russi sulle alture a cavallo del Tihai. La Torino concorre facendo schierare un proprio gruppo (il III da 105/28) comandato dal maggiore Bombelli. Il movimento si effettua con le misure di sicurezza (avanguardia-fiancheggiatori-retroguardia). Ma l'incolonnamento della divisione è fortemente ostacolato dalla marea di uomini, di automezzi e di carreggi di altre divisioni che, trascurando la pista, si affiancano, superano, s'immettono nei reparti della Torino.

Tutti gli ufficiali del comando, con il Capo di S.M. in testa, si adoperano attivamente per frenare, con la pistola in pugno, la confusione che si sta creando; ma i risultati sono assai scarsi non essendovi punti di obbligato passaggio nei quali disporre posti di blocco per convogliare il traffico. Nella notte sul le 21 si prosegue, con lungo giro, la marcia per Posnjakow. Nonostante gli sforzi degli ufficiali del comando e dei comandanti di reparto, in mezzo ai reparti ed ai mezzi della Torino si sono inseriti gli sbandati di reparti di altre divisioni e delle truppe e servizi di C.A.

Durante la notte, per risalire la balca a NE di Posnjakow seguendo il percorso della 298a divisione, viene abbandonata la pista. Automezzi e trattori a causa dell'asperità del percorso rimangono in gran parte impantanati. Si cerca con ogni mezzo di sbloccare e si riesce a farlo soltanto per qualche batteria e qualche automezzo. All'alba sosta, sulla quota del costone a nord di Posnjakow, perché la 298a divisione trova resistenza sull'altura di destra di Tihai. Si riordinano i reparti della Torino col favore della nebbia.

Verso le ore 7 forze russe, valutate a circa 2 battaglioni provenienti da NO e da SE si affacciano alla quota contrattaccando con appoggio di carri armati. Le batterie prendono posizione sui rovesci NE della quota e sparano a zero mentre reparti dell'81° e dell'82° partono al contrattacco respingendo l'avversario. Il combattimento procede per oltre due ore. Molti i morti ed i feriti da ambo le parti. Un comandante di batteria (Capitano Bacchelli, fratello del noto scrittore) cade sul pezzo mentre, morto il puntatore, lo sostituiva. Il Colonnello Santini, Com.te dell'81° fanteria, per galvanizzare i suoi soldati spiega al vento la bandiera del reggimento e attorno al sacro vessillo e al loro colonnello ufficiali e fanti si impongono al nemico. Verso le ore 9, eliminata la minaccia, si prosegue su Posnjakow. I reparti della Torino sono nelle mani dei propri comandanti, ma la turba degli sbandati nuovamente irrompe nelle file ordinate della divisione e torna a mettere confusione. Molti sbandati sono già senza armi.

Alle ore 9,30 si transita per Posnjakow e si risale il fianco destro della vallata del Tihai, sotto un violento fuoco di artiglieria e mortai avversari che causa nuove, forti perdite. Carri armati russi fanno il carosello intorno alla colonna, ma vengono tenuti a debita distanza dal gruppo corazzato germanico e dai pezzi anticarro della divisione che infliggono all'avversario sensibili perdite. Verso le ore 10,30 si transita per Tiho Ssurawskaja e si prosegue in direzione Sud per la pista che risale il costone. Al passaggio della balca ad Ovest di Ssmirnowsky si incontrano nuovamente l'avversario che presidia saldamente l'altura a Nord di quota 207,0 e gli speroni che da questa degradano verso Ovest e Nord Ovest e verso Est e Nord Est. E' un cerchio difensivo che il gruppo corazzato e la 298a divisione germanica con il concorso di qualche reparto della Torino sfondano dopo violento combattimento durato oltre un'ora e mezza.

Mentre si combatte alla testa della colonna, la coda è nuovamente assalita da fanteria e carri russi che vengono respinti dalla retroguardia. La via per Arbusow, aperta con il combattimento sostenuto alla testa della colonna, rimane libera per qualche tempo durante il quale sfila tutto il gruppo corazzato, la 298a divisione germanica ed una parte della colonna italiana. Successivamente viene di nuovo sbarrata da forze russe che reparti della Torino e di altre unità frammiste sbaragliano dopo aspra lotta corpo a corpo. Si giunge ad Arbusow verso le ore 20 e si trova sbarrata la strada verso Sud e verso Ovest. Sosta.

Ad Arbusow si fa il censimento delle artiglierie e degli automezzi che han potuto seguire. Sono tre pezzi da 75/7 che vengono messi in posizione, quattro autocarri e due o tre vetture. Tutto il resto è rimasto per la strada per mancanza di carburante o perché impantanato. Le artiglierie sono state inutilizzate. Non essendovi più viveri al seguito, se ne inoltra urgente richiesta - tramite radio 298a divisione germanica - al Comando Armata. Si chiedono inoltre munizioni e medicinali. Il tutto da spedire per aereo.

Si risente moltissimo la mancanza di un collegamento diretto con l'autorità superiore. Siamo all'oscuro della situazione che il comando alleato sembra non sia troppo propenso a fornirci. I rapporti tra comando italiano e comando tedesco non sono quali la situazione consiglierebbe per combattere fianco a fianco con proficui risultati. In questa vicenda bellica si risente molto la mancanza del titolare del nucleo tedesco di collegamento, che, per il periodo della sua licenza, era stato sostituito dal Tenente Bomm, ufficiale non capace di reggere un incarico cosi delicato in tali circostanze. Il 22 dicembre si è assediati in Arbusow, località situata in una piccola conca, dominata da vicine alture in mano dei russi. Giustamente denominata dal fante "l'Alcazar degli italiani" per gli atti di eroismo che qui vi furono compiuti e per le ingenti perdite che falciarono le nostre file.

Durante la notte i russi premono da tutte le parti e sparano con fuoco concentrato di armi automatiche, mortai, katiusce e cannoni sul facile bersaglio costituito dalla massa dei nostri uomini costretti a stare all'aperto perché tutte le case erano state occupate dai reparti tedeschi ivi giunti per primi. Anche il Comandante della Divisione Torino con i resti del suo comando è costretto a sostare all'addiaccio. Nevica e la temperatura si abbassa notevolmente. Durante la notte si riuniscono in reparti di formazione tutti gli uomini validi ed armati e si mettono a disposizione della difesa tedesca quale massa di manovra. Un'aliquota di tali reparti, sotto il comando del Maggiore Bombelli, viene destinata alla difesa della linea verso Sud ed Ovest. Difettano, però, armi, viveri e munizioni; mancano medicinali per i numerosi feriti che affluiscono ai posti di medicazione.

Durante l'oscurità in aspri contrassalti, cui attivamente partecipano i reparti italiani, si stronca ogni velleità dell'avversario. Verso le ore sette il comando tedesco decide di allargare il cerchio e le truppe della divisione sopravanzate successivamente dalla massa dei reparti italiani irrompono nelle linee avversarie e con slancio respingono per un buon raggio il nemico dando respiro alla difesa. Si verificano episodi di valore bellissimi, leggendari, per la spontaneità con cui sono stati compiuti. Purtroppo, molti non potranno essere riconosciuti perché compiuti da ignoti eroi dei reparti di formazione. Cito per tutti l'atto (visto dal mio posto di comando) compiuto da un militare che per trascinare i propri camerati all'assalto monta su un cavallo e con una grande bandiera tricolore spiegata galoppa verso il nemico, portandosi dietro tutti i suoi compagni. (Avuta Medaglia d'Oro al V.M.). I nostri soldati vanno all'assalto al grido di "Savoia" e molti hanno per arma la sola baionetta. Da un giorno non mangiano.

I russi vengono volti in fuga. Molti prigionieri vengono catturati con numeroso bottino di armi e materiali. Molti, moltissimi, da parte nostra i morti ed i feriti che, per mancanza di locali chiusi vengono depositati all'aperto vicino al posto di medicazione. Nevica e la neve li ricopre. Il comando tedesco cui per mezzo dell'interprete Dottor Hamman ci si era rivolti per avere qualche ambiente da adibire a ricovero di feriti, non aderisce alla richiesta, giustificando tale rifiuto con l'asserzione che tutte le case sono occupate da comandi tedeschi. È solo dopo la viva insistenza che si riesce ad avere una piccola isba, assai piccola e naturalmente insufficiente per le necessità delle centinaia e centinaia di feriti che di ora in ora vanno accumulandosi. Verso le ore 12, mentre si procede al riordinamento di qualche reparto, una granata ferisce i Colonnelli Santini, Di Gennaro e Rosati (deceduto in seguito perché nuovamente colpito) comandanti dei tre reggimenti della divisione. Il Colonnello Di Gennaro muore dopo qualche minuto, il Colonnello Rosati ha le gambe spezzate (superbo contegno del Colonnello Rosati: "...Signor generale non ho bisogno di coraggio! Mio premio è la sua presenza, perché vede ciò che i miei artiglieri hanno fatto. W il Re!"). Il colonnello Santini riporta una ferita grave alla testa.

mercoledì 11 novembre 2020

Relazione del Generale Lerici, parte 1

Relazione del Generale Roberto Lerici Comandante della Divisione Torino sul ciclo operativo della divisione dal 19 Dicembre 1942 al 17 Gennaio 1943 - prima parte.

Situazione alle ore zero del 19 dicembre: la Divisione Torino compatta tiene la linea del Don; settore di destra: 82° reggimento fanteria (meno il III battaglione); settore di sinistra: 81° reggimento fanteria (più il III 82°).

I due reggimenti di fanteria sono rinforzati da reparti mortai (III battaglione), controcarro (52a e 171a compagnia), mitraglieri (la compagnia del 109° battaglione mitraglieri). Nessun reparto in II scaglione, essendo tutti i battaglioni proiettati in linea.

Le artiglierie schierate sono: 52° reggimento artiglieria con i suoi tre gruppi (uno da 100/17 e due da 75/27); II gruppo da 105/28; XXXII gruppo da 149/40. L'attacco russo sferrato il 18 dicembre nel tratto di fronte viciniore a Ssroff era stato contenuto, quindi arrestato, quindi respinto con contrattacco. La situazione, perciò, nel settore di destra è completamente normale. Nel settore di sinistra, invece, permane il pericolo di aggiramento dello schieramento divisionale in quanto che, pur resistendo il caposaldo di Monastirchine della divisione Pasubio, non vi è il collegamento materiale tra questo e la quota 80, estrema destra del nuovo schieramento della suddetta divisione. I russi, infatti, scesi dalle alture di Abrosinova erano riusciti ad occupare, il 18 gennaio, la quota 162.9, a tergo delle nostre posizioni di Paseka.

Evidente, perciò, la necessità: a) di trovare il collegamento tra le due divisioni contermini sulla posizione arretrata; b) di rioccupare la quota 162,9 per togliere questa spina nel fianco sinistro. Per questo ultimo scopo il 18 dicembre era stata organizzata un'azione di contrattacco, ma senza conseguire risultati tangibili, data la robustezza della sistemazione avversaria. Il III battaglione dell'82°, incaricato dell'azione, ridotto molto di forze causa le perdite in morti, feriti e congelati, rinforzato da una compagnia del CIX battaglione mitraglieri, alle 3,45 del 19 torna a contrattaccare il nemico sulla quota 162,9 che viene raggiunta verso le ore 6,00 dopo aspro combattimento e lotta a corpo a corpo.

Della situazione sulla fronte delle altre G.U. si hanno notizie imprecise e non ufficiali. Alle ore 2,43 1'Ufficio Sanità divisionale comunica, per notizia avuta dall'Ospedale di Krinitza, che in questa località si sentono tiri di mitragliatrici. Alle ore 5,30 giunge notizia che a Karascew stanno affluendo reparti italiani e tedeschi di altre divisioni. Vengono chieste notizie più precise che però non giungono. Alle ore 6,45 viene interessato il Comando del XXXV C.A. (Maggiore Caruso) perché venga evitata l'affluenza in Karascew di altri reparti e di sbandati che creano notevoli difficoltà per l'ordine e la difesa del paese. Considerata la situazione e considerato il compito non mutato della Divisione Torino (stare sul Don) vengono richieste direttamente a mezzo fono al comando artiglieria d'armata due unfoc da 75, una da 100 e 100 colpi da 75/97/38. Pervengono richieste di munizioni alla Divisione Torino da parte del com.te art. del XXXV C.A. Si cedono 600 colpi da 75.

Giungono, intanto, anche a Makarow - sede del Comando della divisione - numerosi sbandati di altre unità. Vengono creati dei posti di blocco per raccoglierli e, secondo ordini ricevuti dal XXIX C.A. tedesco, avviarli verso SO. Alle ore 9,20 si espone la situazione al comando XXIX C.A., situazione che per quanto riguardava la fronte della divisione è ritornata normale. Il comando suddetto, a tale ora, precisa: "E' chiaro che bisogna tenere la fronte del Don e prendere contatto con la divisione Pasubio". Per quanto riguarda il primo punto, nessun militare - gregario o capo - aveva pensato di lasciare la suddetta fronte; per quanto concerne il secondo punto, si riferisce che questo contatto era già stato preso nella notte per mezzo di una nostra pattuglia spintasi a quota 80,0.

Alle ore 9,50 un ufficiale del 79° reggimento fanteria spintosi con un autocarro verso Kalmikow viene al comando della divisione a riferire che prima di arrivare in quella località è stato fatto segno da colpi di cannone e di mitragliatrice da parte dei russi. Si mettono immediatamente i presidi in allarme e si dà ordine di resistere ad oltranza in posto. Si invia nel contempo un ufficiale del comando a Kalmikow per vedere ciò che sta succedendo. Alle ore 10,30 giunge notizia che la "strada dell'avvicendamento" (pista Karascew-Kranzow-Mankowo) è stata tagliata da forze corazzate russe di entità imprecisata.

Alle ore 11 il Comando divisione Pasubio comunica che i russi sparano su Getreide e si trovano nella zona di Nowi Byt Nord. Alle ore 11,10 torna dalla ricognizione l'ufficiale del comando inviato a riconoscere la situazione a Kalmikow e riferisce che vi sono infiltrazioni russe tra Meskoff e Kalmikow. La situazione va aggravandosi. La Divisione Torino sta per essere accerchiata.

Mentre tutti i presidi arretrati sono già pronti a difendersi in posto, ordino al colonnello Santini, comandante dell'81° fanteria, di spingere elementi sulla sinistra verso Nowi Byt per osservare le mosse dell'avversario. Il colonnello Santini riferisce che si stanno svolgendo duri combattimenti a Paseka ed a Ssuchej Donez. I resti del III/82°, affermatosi nella mattinata su quota 162,9 vengono contrattaccati da forze di fanteria e di cavalleria e costretti a ripiegare su Paseka dove si Sono asserragliati fronte a nord-ovest.

Alle ore 11, si riferisce al Comando XXIX C.A tedesco la situazione e si chiede se, stante la situazione alle ali e sul tergo della divisione, vi sono nuove disposizioni circa il da farsi. Il 1° aiutante del Comando XXIX C.A., telefonando al Maggiore Turrini, Capo di Stato Maggiore della divisione, comunica che tra breve saranno emanati ordini della massima importanza. Infatti alle ore 12 dal predetto Comando viene ordinato: - una compagnia fucilieri ed una batteria, rispettivamente, per ogni battaglione e gruppo, ripieghi sulla seconda posizione; - schierare sulla seconda posizione il maggior quantitativo possibile di armi controcarro.

Alle ore 12,10 vengono diramati, telefonicamente, i conseguenti ordini al reggimento di fanteria e di artiglieria. Alle 13,30 il Comando del XXIX C.A. tedesco dirama telefonicamente l'ordine di ripiegamento generale della Divisione Torino e Celere dietro il fiume Tihai. Si chiedono notizie sulla situazione generale e viene comunicato che il nemico si è infiltrato nella valle del Tihai trovandosi, alle ore 13,30, a circa 6 km ad est di Meskoff, località tenuta da reparti S.S. A nord di Meskoff i russi si sono infiltrati con deboli forze su Kalmikow.

In dipendenza dell'ordine di ripiegamento vengono chiesti i carburanti necessari. Vana richiesta perché carburante non c'è. Si avvertono subito i settori ed il reggimento artiglieria dell'ordine di ripiegamento generale che viene poi confermato con ordine telefonico.

Alle 15,45 il Comando XXIX C.A. germanico, cui si dà notizia degli itinerari di movimento, incarica la Divisione Torino di impartire ordini al 3° bersaglieri per il ripiegamento sulla nota posizione. Si entra immediatamente in contatto telefonico con il Com.te del reggimento e si impartiscono i conseguenti ordini: Linea di ripiegamento: Kalmikow-Meskoff.

Alle ore 16 il Comando del XXIX C.A. ordina che le truppe lasciate a difesa della 2a posizione ripieghino alle ore 6 del 20 gennaio. Dopo lo spostamento indietro, il collegamento con il XXIX C.A. deve essere tenuto a mezzo radio con appuntamenti orari. Verso le ore 16 giunse a Makarow il Comando del XXXV C.A. che prende sede presso il Comando Divisione Torino. Viene discussa la utilizzazione degli itinerari di defluenza e si insiste perché i reparti del XXXV C.A. ripieghino per itinerari differenti da quelli che utilizza la divisione nel settore di ripiegamento assegnatole dal XXIX C.A. Ciò per evitare intasamenti, ingombri e confusioni.

Intanto l'itinerario Makarow-Mihajlow viene interamente intasato dal gruppo corazzato tedesco del Maggiore Hoffmann che non consente ad alcuno il transito, neanche dietro mio interessamento personale. Verso le ore 19,30 giunge a Makarow anche il comando della divisione Pasubio. Viene insistentemente rinnovata la richiesta che i reparti di questa divisione non interferiscano sui nostri itinerari e se ne riceve assicurazione.

Alle ore 21 il Comando XXXV C.A. ed il Comando Divisione Pasubio lasciano Makarow. Alle ore 21,30 il Comando XXIX C.A. tedesco telefona che la sosta al fiume Tihai, per il sopraggiungere di nuovi avvenimenti non è più possibile. Direzione di marcia: sud-ovest. Alle ore 24 il centralino telefonico di Meskoff, che consentiva la comunicazione col Comando XXIX C.A. tedesco, cessa di funzionare. Da questo momento la Divisione Torino perde il collegamento con il Comando del Corpo d'Armata da cui dipende, perché l'unica radio che poteva mantenere tale legame, in possesso del nucleo tedesco di collegamento, era stata distrutta il mattino del 19 per ordine del Tenente Bomm, capo nucleo (in sostituzione del Capitano Schlubeck in licenza), allorché questi venne a conoscenza che i russi erano giunti a Kalmikow. Tale decisione, del tutto arbitraria e presa senza prima sentire il parere del Comando della divisione, doveva successivamente avere gravi ripercussioni sullo svolgimento delle ulteriori operazioni.

Alle prime luci dell'alba del 20 dicembre giunge a Makarow l'82° reggimento fanteria ed i gruppi di artiglieria già schierati sul settore di destra. La strada è intasata in modo impressionante. Una lunga fila di autocarri e trattori di artiglieria è ferma perché il gruppo panzer non vuole dare strada. È soltanto nella mattinata che il gruppo corazzato si sposta prima a Mihajlow, successivamente a Popowka. Giungono intanto notizie che notevoli forze corazzate russe occupano la valle del Tihai sbarrando le piste che sboccano a Posnjakow, Pawlow, Werchnjakowskj, Nazarow e Meskoff.

domenica 8 novembre 2020

L'unico Presidente

Io mi chiedo come prima di lui e dopo di lui nessun Presidente della Repubblica abbia mai sentito il dovere di recarsi a rendere omaggio ai nostri soldati in terra di Russia.

Nel 2000 Carlo Azeglio Ciampi terminò la sua visita in Russia recandosi a Tambov, nella provincia russa a 500 km sud est di Mosca, per deporre i fiori sulla tomba degli italiani morti negli anni della Seconda Guerra Mondiale. Allora, e ancora oggi, fu il primo e unico inquilino del Quirinale a compiere questo gesto. Proprio nei pressi di Tambov, dal 1942 al 1946, era attivo il campo di prigionia di Rada, il più grande tra quelli situati sul territorio dell'Unione Sovietica. Oggi al posto del campo sorge un cimitero internazionale con le tombe di 13 mila persone, di 29 nazionalità diverse. Settemila di loro sono italiani, ma ci sono anche tedeschi, ungheresi, giapponesi.

Lo storico russo Evgeniy Pisarev, nel suo libro "Rada, Pot'ma, T'ma, GulaGa" (Rada, Potma, tenebre del Gulag), edito nel 1999, descrive così la realtà del campo di prigionia vicino a Tambov: "In sei mesi, dal dicembre del '42 entrarono a Rada 24 mila prigionieri, di cui 10.118 italiani. Il lager non era attrezzato per accogliere tanti uomini, gli stessi carcerieri dormivano in ricoveri di fortuna. La mortalità era altissima: 1.464 a gennaio, 2.581 a febbraio, 2.770 a marzo. In 10 mesi sono state registrate 14.433 morti. La percentuale dei deceduti fra gli italiani del campo 188 è spaventosa: oltre il 70%. I racconti dei sopravvissuti di quel periodo sono semplicemente agghiaccianti: fame, freddo, malattie. Mancava tutto, fino alle cose più elementari. Le risse per un pezzo di pane erano frequentissime. I morti non venivano nemmeno sepolti, così gli uomini del bunker avevano una porzione in più da mangiare. L'abbrutimento era completo. Il lager diventò presto un letamaio ed un lazzaretto: la dissenteria faceva strage insieme al tifo petecchiale. I pidocchi non davano tregua e non si riusciva in nessun modo a debellarli. Il campo di concentramento di Rada venne creato alla fine del '41: i sovietici avevano bisogno di un luogo per filtrare i propri soldati o partigiani “liberati”, sospettati di collusione col nemico per il solo fatto di essere stati catturati. I prigionieri vivevano in specie di bunker, grandi buche nel terreno (13 metri per sette) e una tettoia appena fuori terra, in grado di ospitare 80 uomini. Col tempo, il campo si allargò e le condizioni di vita decisamente migliorarono. Si riuscirono a celebrare persino le Sante messe a Pasqua e Natale. Nel '47 Rada venne chiusa".

sabato 7 novembre 2020

Dove sei? Tullio D'Orazio...

Il signor Stefano D'Orazio cerca notizie di suo zio Tullio; nato a Torino il 13/11/1920, deceduto/disperso in Russia in località non nota il 20/12/1942, artigliere del 17° Reggimento Artiglieria della Divisione di Fanteria "Sforzesca". Lo zio era molto amico di un suo commilitone di nome Antonio Cerutti di Cigliano (VC). Antonio Cerutti è riuscito a tornare in Italia sano e salvo ed è morto di morte naturale diversi anni fa a Cigliano, suo paese natale, diversi anni fa. Inoltre cerca informazioni sulla località nella quale il reparto si trovava il 20/12/1942 e informazioni sui movimenti del III Gruppo 105/28 del 17° Reggimento Artiglieria della Divisione di Fanteria "Sforzesca" fra il 15/12/1942 e il 25/12/1942. Ringrazio chiunque fosse in grado di fornire informazioni.

La fame dei vinti

Ho appena terminato di leggere "La fame dei vinti"... ne ho letti tantissimi di libri sulla Russia; alcuni forse anche più belli. Ma "La fame dei vinti", oltre a raccontare una storia personale vera e vissuta, nell'introduzione che qui riporto per intero, spiega cosa furono gli anni dopo il rientro dei reduci superstiti dai campi di prigionia. La rabbia...

Quando la sera del 27 novembre 2000 è apparsa alla televisione la figura del presidente della Repubblica in visita alle fosse comuni di Tambov, ove sono sepolte migliaia di prigionieri di guerra italiani, sono stato travolto da una grande emozione che mi ha trascinato alle lacrime.

Essendo sopravvissuto ai campi di prigionia dell'ex URSS, quella scena ha ridestato in me un turbinio di ricordi, commisti a una rabbia repressa che mi porto dentro da oltre cinquant'anni.

Ci salvammo in pochi da quello sterminio. Tambov, Krinovaia, Tiomnikov, Uciostoje, Miciurinsk, Nekrilovo e altre decine di campi dell'Asia e della Siberia sono i luoghi ove trovarono la morte da vinti decine di migliaia di nostri soldati deposti in centinaia di fosse comuni.

Di noi prigionieri nessuno seppe nulla per tre anni, eravamo considerati tutti "dispersi" in quella terribile guerra. Al rientro in patria incominciammo a raccontare la sorte di quegli assenti, ma le nostre testimonianze parlavano troppo di morti, di fame e di sterminio. Perciò non passò molto che si insinuò nella pubblica opinione una penetrante disinformazione mista a incredulità, tendente a dimostrare che le decine di migliaia di soldati che ancora mancavano dovevano essere morte tutte in ritirata.

Ai pochi sopravvissuti, minati nel fisico e tormentati da terribili ricordi, rimase che il silenzio dei vinti. Il 1946 fu per me ancora un anno difficile perché, nonostante le continue cure, il mio recupero fisico si prospettava lungo e incerto e nel frattempo la mente ritornava sempre là in quell'inferno. Apparivano cosi negli occhi: la fame tremenda, il cannibalismo, i cadaveri in catasta come la legna, i compagni che avevo dovuto deporre ignoti nelle fosse, gli occhi sporgenti pieni di lacrime dei morenti che invocavano aiuto, gli otto amici d'infanzia che non erano tornati. Non potevo raccontare alle loro madri in lacrime l'orrore e la crudezza di Krinovaja e provavo un senso di vergogna per essere riuscito a tornare, unico superstite.

Molte volte mi chiedevo perché il destino fosse stato clemente con me consentendomi di ritornare dopo aver superato quelle terribili prove che avevano sterminato tanti compagni: forse mi voleva testimone di quegli eventi. Così, conscio di rappresentare almeno una decina di coloro che non erano tornati, decisi di fissare i ricordi su questo diario.

Era la primavera del 1946. L'atmosfera politica di quel dopoguerra sconsigliava la pubblicazione di storie che potessero accusare di qualche colpa l'Unione Sovietica. Già le mie testimonianze, per cui io ero forse l'unico superstite, provocarono minacce verso la mia persona l'accusa di coltivare sogni politici raccontando storie inventate. Cosicché, anche per la tranquillità di mia madre, ancora incredula nell'avermi ritrovato, riposi lO scritto in attesa di tempi migliori.

Eppure in quelle pagine era chiara la mia intenzione di ricordare la storia di tanti compagni morti da vinti a causa dell'odio che semina una guerra ove le ideologie ne esasperano la violenza fino a far impazzire gli uomini.

La visita a Tambov e le sollecitazioni di amici e di compagni di prigionia mi hanno convinto a togliere la polvere a questo diario ormai destinato al macero. E' una storia di tre anni di fame che, oltre alla totale mancanza di ogni assistenza sanitaria e di soccorso, testimonia i fatti subiti e osservati nei campi in cui ero stato internato. Chi ha vissuto quelle scene ed è miracolosamente sopravvissuto è stato marchiato per sempre nel profondo dell'anima e, non riuscendo a testimoniare, si è rinchiuso in un tormentoso silenzio che dura tuttora e durerà fino alla fine dei suoi giorni.

In questa mia breve premessa desidero invitare il lettore a considerare che i sopravvissuti e tutti coloro che non sono tornati erano giovani di popolo che avevano indossato la divisa militare senza poter obiettare o disertare, obbligati a rispettare le dure leggi vigenti in tempo di guerra. Per queste loro umili origini non avevano certamente il duro cipiglio guerriero, erano solo dei soldati malvestiti e male armati che combattevano con onore. Essi, pur nelle dure condizioni imposte dalla guerra nel fronte orientale, portarono rispetto alla popolazione nemica meritandosi il riconoscimento con la famosa frase: "Italianski Karasciò" (Italiani brava gente!). Ma ogni ora e ogni giorno di quei primi sei mesi del 1943 passati in quei campi sono stati cosi densi di fatti disumani di dolore e di disperazione da portare quegli uomini a maledire le umane origini invocando la morte liberatrice.

Le sono riconoscente signor Presidente Ciampi, perché con il Suo alto e nobile gesto, assieme a tanti compagni che ho deposto in quelle fosse, finalmente ho ritrovato una Patria anch'io!