giovedì 15 aprile 2021

Commissione speciale dell'ONU, parte 4

Pubblico la quarta parte di un documento storico di alto interesse, recuperato qualche mese fa dopo svariate ricerche. "Note e documenti riguardanti i militari italiani prigionieri e dispersi i Russia" realizzato dell'Ufficio del delegato italiano presso la Commissione speciale dell'O.N.U. per i prigionieri di guerra, edito nel 1958.

Al quesito posto dalle donne italiane sull'andamento del rimpatrio dei cittadini italiani dall'URSS, il generale Golubev dette le seguenti precisazioni: "Il rimpatrio degli italiani è stato iniziato nell'agosto 1945 per iniziativa del governo sovietico... sono stati liberati ed inviati in Italia 21.097 prigionieri italiani di guerra presi con armi in mano sui campi di battaglia dalle truppe dell'esercito sovietico. Tutte queste persone sono state consegnate in diverse epoche ai rappresentanti del governo americano oppure inglese, oppure a rappresentanti italiani, per l'ulteriore avviamento in Italia. Questo rimpatrio veniva effettuato, come a voi deve essere noto molto rapidamente. In appena tre mesi la massa principale degli italiani è stata rimpatriata. La consegna di tutti i cittadini italiani veniva fatta con liste speciali dove erano indicati i loro nomi e contro verbali che venivano firmati da ambedue le parti. Per tutti i prigionieri di guerra italiani consegnati in diversi tempi dagli organi di rimpatrio noi abbiamo i rispettivi verbali e gli elenchi nominativi. Nel giugno 1947 gli organi di rimpatrio hanno consegnato 10 prigionieri di guerra al rappresentante politico del governo italiano a Vienna ed in questi giorni nel territorio dell'URSS trovassi sei persone le quali vengono avviale in Italia. In tal modo tutti i cittadini italiani e gli ex prigionieri di guerra sono stati rimpatriati, tranne alcune persone, nei riguardi delle quali viene condotta una inchiesta giudiziaria per accusa di atrocità da loro commesse contro la popolazione civile nel territorio dell'URSS, durante la guerra. Gli organi sovietici, eseguendo la decisione del proprio governo circa il rimpatrio di tutti gli italiani, compresi anche i prigionieri di guerra, hanno preso tutte le misure affinché il rimpatrio venga ultimato nel più breve tempo possibile ". (dalla «Pravda» del 10 Agosto 1947, pagina 4).

Il nostro ambasciatore a Mosca prendendo lo spunto dall'intervista tra il generale Golubev e le donne italiane, chiese al vice ministro Malik di poter parlare col generale qualora il governo lo ritenesse utile. Con la richiesta, il nostro Ambasciatore assicurò che non intendeva affrontare tutta la questione ma semplicemente, partendo dalla dichiarazione del Generale Golubev, di venire in possesso delle liste nominative complete dei prigionieri restituiti per un controllo con quelle compilate dal Governo italiano al rimpatrio dei prigionieri stessi. Il colloquio purtroppo non ebbe mai luogo. I comitati dei congiunti dei dispersi di più regioni d'Italia fecero intanto pervenire al Governo l'eco della voce angosciata di migliaia di familiari che chiedevano insistentemente di conoscere la sorte toccata ai loro cari, non ancora tornati dalla Russia e domandavano di conoscere dal Governo i nomi dei prigionieri catturati, quelli di essi rinchiusi in campi di concentramento, l'elenco dei morti, quello dei rimpatriati e quello dei trattenuti per crimini di guerra od altre cause.

A queste sollecitazioni non si poté purtroppo che dare assicurazione dell'effettivo e costante lavoro diplomatico già in atto, il quale incontrava però sempre maggiore intransigenza da parte russa che riteneva inutile l'inoltro di nuove richieste su presunti prigionieri di guerra in Russia, la cui restituzione era stata completata da un anno. Tale affermazione non tardava però ad essere smentita nella maniera più categorica, col rimpatrio, verificatosi poco dopo, di un gruppetto di italiani, 4 ufficiali e 1 sottufficiale. Rimpatri che, anche dopo altre affermazioni del genere si verificarono per prigionieri che nulla avevano a che vedere col gruppo dei presunti criminali di guerra che le autorità sovietiche avevano segnalato trattenuto.

Nel 1948 si intensificò e si ampliò il complesso lavoro già in atto per la ricerca di quelle notizie che costantemente ci furono negate dalle autorità sovietiche. Si porto a termine l'esame degli interrogativi dei nostri reduci dalla Russia, traendo tutti gli elementi con i quali smentire l'affermazione dell'inesistenza di altri prigionieri nell'URSS. Si intensificò il servizio delle ricerche da parte del servizio italiano della Croce Rossa Internazionale attraverso la Croce Rossa e Mezzaluna Rossa sovietiche. Si ricercò la collaborazione del servizio informazioni, dei reduci, con le Croci Rosse germaniche, svedese, olandese, belga e del Comitato dei vecchi combattenti francesi. Si chiese il contributo di tutti i cittadini italiani interessati o non al problema, degli enti militari e civili, delle associazioni varie, senza distinzione di idee o colore politico.

A tal proposito non mancarono gli appelli di desolati genitori a uomini politici, che per la loro ideologia, meglio avrebbero potuto ottenere di conoscere sulla sorte dei loro figli. Le risposte non furono delle più incoraggianti e meno ancora si dette speranza comunque di un interessamento. Nel 1949, ripetuti altri tentativi per ottenere dalle autorità sovietiche notizie di chiarificazione del problema, non ebbero esito. Intanto in Germania avveniva il rimpatrio di circa 250.000 prigionieri tedeschi dai campi di prigionia dell'URSS. Da parte italiana non si mancò l'occasione di poter ottenere da questi reduci, informazioni sul conto degli italiani incontrati in prigionia. L'esortazione fu accolta con molta solidarietà e la radio della Germania Occidentale diffuse in diversi servizi e per più giorni un appello ai reduci tedeschi invitandoli a far pervenire all'ufficio ricerche della Croce Rossa di Monaco di Baviera tutte le notizie sull'esistenza di prigionieri italiani lasciati nei campi di concentramento dell'URSS.

Il servizio, pur avendo incontrato sensibili difficoltà per il fatto che i reduci tedeschi difficilmente potevano ricordare con esattezza nomi di italiani e meno ancora avrebbero potuto annotarli su carta o qualsiasi altro oggetto, pena, se scoperti, il sequestro e la ritorsione con il rinvio del rimpatrio, dette qualche risultato. Infatti si poté stabilire che pur non essendovi indizi della presenza in Russia di un gran numero di prigionieri italiani, quelli per lo meno incontrati potevano calcolarsi ad un centinaio, sparsi nei campi, occupati in lavori, impieghi ed ammaestramenti che li tenevano isolati dal mondo intero.

La lamentata intransigenza dell'Unione sovietica nel negare ogni collaborazione al problema dei prigionieri dispersi, il persistente ed ostinato rifiuto di chiarire con dati ufficiali la sorte di questi militari e la perentoria affermazione che la questione doveva considerarsi chiusa, erano dall'URSS tenuti anche nei confronti della Germania e del Giappone, che annoveravano masse imponenti di dispersi e prigionieri e, in minore misura da altri Stati ex belligeranti nemici ed alleati dell'URSS; come la Francia, il Belgio, l'Austria, il Lussemburgo, l'Olanda, la Polonia, la Romania, l'Ungheria, la Bulgaria, ecc. Ovunque sorsero Associazioni alle quali giunsero domande angosciose di milioni di famiglie che chiedevano notizie dei loro congiunti non ancora tornati in Patria e le associazioni invocavano un maggior interessamento dai rispettivi governi, che prospettarono il problema alla massima organizzazione internazionale - l'O.N.U. - perché avocasse a sé l'intera questione e ricercasse i mezzi per pervenire ad una soddisfacente soluzione.



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