venerdì 1 maggio 2020

Il sergente nella neve 12

Da "Il sergente nella neve"... Di Rino, rimasto ferito durante il primo attacco, non sono riuscito a sapere più nulla di preciso. Sua madre è viva solo per aspettarlo. La vedo tutti i giorni quando passo davanti alla sua porta. I suoi occhi si sono consumati. Ogni volta che mi vede, quasi piange per salutarmi e io quasi non ho il coraggio di parlarle. Anche Raul mi ha lasciato quel giorno. Raul, il primo amico della vita militare. Era su un carro armato e nel saltar giù per andare ancora avanti, verso baita ancora un poco, prese una raffica e morì sulla neve. Raul, che alla sera prima di dormire cantava sempre: "Buona notte mio amore". E che una volta, al corso sciatori, mi fece quasi piangere leggendomi "Il lamento della Madonna" di Jacopone da Todi. E anche Giuanin è morto portandomi le munizioni per la pesante quando ero giù al paese e sparavo. E' morto sulla neve anche lui che nel ricovero stava sempre nella nicchia vicino alla stufa e aveva sempre freddo. Anche il cappellano del battaglione è morto: "Buon Natale, ragazzi, e pace". E' morto per andar a prendere un ferito mentre sparavano. "State sereni e scrivete a casa". "Buon Natale, cappellano". E anche il capitano è morto. Il contrabbandiere di Valstagna. Aveva il petto passato da parte a parte. I conducenti, quella sera, lo misero su una slitta e lo portarono fuori dalla sacca. Morì all'ospedale di Carkof. Sono andato a casa sua, quando ritornai in primavera. Ho camminato attraverso i boschi e le valli: "Pronto? Qui Valstagna, parla Beppo. Come va paese?". E la sua casa era vecchia e rustica e pulita come la tana del tenente Cenci. E i soldati del mio plotone e del mio caposaldo, quanti ne sono morti quel giorno? Dobbiamo restare sempre uniti, ragazzi, anche ora. Il tenente Moscioni si ebbe bucata una spalla e poi in Italia la ferita non poteva chiudersi. Ora è guarito della ferita ma non delle altre cose. Oh no, non si può guarire. E anche il generale Martinat è morto quel giorno. Lo ricordo quando in Albania lo accompagnavo per le nostre linee. Io camminavo in fretta davanti a lui perchè conoscevo la strada e mi guardavo indietro per vedere se mi seguiva. "Cammina, cammina pure in fretta caporale, ho le gambe buone io". E anche il colonnello Calbo che era così bravo con i suoi artiglieri della diciannove e della venti. E anche il sergente Minelli era ferito lì nella neve: "El me s'cec" - diceva e piangeva - "el me s'cec", Giuanin, troppi pochi siamo arrivati a baita, dopo tutto. Nemmeno Moreschi è ritornato. "Possibile una capra di sette quintali? Porca la mula sempre Macedonia". E neanche Pintossi, il vecchio cacciatore, è arrivato a baita a cacciare i cotorni. E sarà morto pure il suo vecchio cane, ora. E tanti e tanti altri dormono nei campi di grano e di papaveri tra le erbe fiorite della steppa assieme ai vecchi delle leggende di Gogol e di Gorky. E quei pochi che siamo rimasti dove siamo ora?

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