lunedì 8 novembre 2021

Racconti di Russia, Don Rinaldo Trappo

Un'altra testimonianza tratta dal libro "Nikolajewka: c'ero anche io" a cura di Giulio Bedeschi. Tenente Cappellano don Rinaldo Trappo, 1° Battaglione Complementi.

[...] le tre divisioni alpine erano ancora ferme sulla linea del Don. Soltanto alle ore 11 del 17 gennaio giunse a Podgornoje, dove aveva ripiegato il comando del Corpo d'Armata Alpino, l'ordine di ritirarsi. Quell'ordine poteva essere dato 24 o 48 ore prima, salvando così migliaia e migliaia di alpini, ma i tedeschi lo dettero tardi, contando sull'estrema resistenza degli alpini, per mettersi in salvo. L'ordine venne in ritardo e gli alpini restarono coraggiosamente ai loro posti fino all'ultimo, quando alle loro spalle vi era già una marea di sbandati di ogni nazionalità, inseguiti dalle truppe regolari russe. Nessuno si perse d'animo.

E ciò che stava per accadere era fuori di ogni immaginazione. Rimasto del tutto isolato, il Corpo d'Armata Alpino, la sera del 17 gennaio, lasciate le postazioni sul Don, e senza cedere allo scoraggiamento o alla disperazione, anche se "radio naja" aveva percepito la gravità della situazione, iniziò il ripiegamento, camminando e combattendo ogni giorno per aprirsi un varco verso casa. È impossibile descrivere ciò che avvenne in quell'ultima decade di gennaio. Durante tutto il ripiegamento la fame, la sete, il gelo e le continue bufere di neve resero più duri i combattimenti di ogni giorno. La cronistoria di quei combattimenti sarebbe troppo lunga. Dirò soltanto che la Tridentina riuscì a sfondare a Nikolajewka, grazie al quasi totale sacrificio della Julia e della Cuneense. Per ricordare la forza e il coraggio dei nostri alpini, dirò soltanto ciò che avvenne a Waluiki, ai resti della Cuneense.

La marcia verso ovest continuava con un clima insopportabile -40 gradi sotto zero, in una lunga battaglia che durava da 10 giorni contro un nemico poderosamente armato ed equipaggiato. Molti si trascinavano tra gli spasimi del congelamento e delle ferite, tutti senza mangiare, senza riposarsi, e il numero dei morti era già spaventoso, quando si giunse a Malakijewa, dove i resti di tutta la Cuneense si riunirono, respinsero 27 squadroni di cosacchi e puntarono su Waluiki.

Là avrebbero dovuto unirsi alla Tridentina e alla Julia. Così era l'ordine di marcia. Vi fu un contrordine: non si doveva più puntare su Waluiki, ma su Nikitowka-Nikolajewka, lo sapemmo dopo, ma questo contrordine non giunse mai alla Cuneense e alla Julia. All'alba del 28 gennaio i superstiti che si avvicinavano a Waluiki furono di nuovo circondati dai russi. Ancora una volta i nostri alpini non vollero arrendersi. Gli uomini che restavano alla Cuneense spararono quasi in quadrato, intorno al generale Battisti che dirigeva le operazioni, finché non ebbero più proiettili.

Fu a questo punto che si sentì un grido: "Tutti i vivi all'attacco". E fu uno spettacolo spaventoso, come di forsennati; tutti: sani, feriti, congelati, ufficiali e soldati si scatenarono per fare massa contro il nemico, avendo lasciato dietro solo i moribondi ed i morti. Nessuno si arrese, qualcuno riuscì ancora a rompere questo accerchiamento ma i più caddero combattendo.

RICCARDO

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