giovedì 10 agosto 2023

Gli ungheresi in Russia

Un mio piccolo contributo a questo articolo apparso su una rivista ungherese in merito alla Campagna di Russia con qualche fotografia e qualche notizia sui miei viaggi.



























lunedì 7 agosto 2023

Italiani brava gente, parte 5

PREMESSA.

Questo nuovo studio che ho voluto intraprendere e successivamente pubblicare, non vuole gettare discredito sui nostri soldati (e 7 anni di pubblicazioni a ricordo e in loro onore ne sono la prova), ma esclusivamente raccontare una pagina di storia che li riguarda e che, penso volutamente, è stata in parte accantonata. Se questa è la verità, qualsiasi essa sia deve essere raccontata. Erano uomini e come tali soggetti anche ad azioni che oggi riteniamo riprovevoli, ma che vissute direttamente e sulla propria pelle, hanno un senso diverso e come tali vanno prese e non giudicate senza minimamente avere vissuto analoghe e così drammatiche esperienze. Anche tutto questo è raccontare la loro storia e le sofferenze provate.

Estratti dal libro "Invasori, non vittime - La campagna italiana di Russia 1941-1943" di Thomas Schlemmer; libro che invito a leggere per intero per inquadrare al meglio il tema affrontato, anche considerando l'ampia referenza di archivi consultati e citati per intero nella trattazione.

Nell'estate del 1942 la situazione non era cambiata sostanzialmente e continuava a regnare una forte diffidenza. Cosi scriveva il generale Zanghieri in una circolare del 13 luglio 1942 alle unità del suo II Corpo d'Armata: "Continuo a notare che molte donne, ragazze e ragazzi ucraini circolano nelle adiacenze degli accantonamenti ed accampamenti; alcuni si introducono perfino tra i reparti e familiarizzano con i militari. Ciò che apparentemente sembra innocuo ai nostri militari invece molto pericoloso, in quanto i borghesi hanno costituito e costituiscono tuttora una fonte attiva di informazioni per le spie russe di cui le retrovie del fronte pullulano. Pertanto ordino che abbia cessare tale stato di cose; nessun borghese, uomo o donna, adulto o minorenne che sia, deve avvicinarsi agli accampamenti" (fonte AUSSME, DS II 785, DS II Corpo d'Armata, luglio-agosto 1942, Comando II Corpo d'Armata, Ufficio I (n° 512/04 di prot. - f.to Giovanni Zanghieri), ai reparti sottoposti del 13/7/1942).

Il generale Barbò ordinò ai Reggimenti del suo Raggruppamento a cavallo di non essere troppo indulgenti con il nemico durante i rastrellamenti nella zona di Orlovo Ivanovka: "Il raggruppamento ha il compito di liberare la zona dai partigiani e da soldati sbandati nemici. E' indispensabile quindi agire con la maggiore energia e senza false pietà" (fonte AUSSME, DS II 882, DS Raggruppamento artiglieria a cavallo, luglio-agosto 1942, allegato: Comando Raggruppamento truppe a cavallo (n° 405/Op. di prot. - f.to Guglielmo Barbò) ai Reggimenti "Savoia Cavalleria" e "Lancieri di Novara" nonché al II gruppo del Reggimento d'artiglieria a cavallo del 15/7/1942".

Il generale Malaguti, capo di stato maggiore dell'ARMIR, comunicò al gruppo di Armate B che tra il 1° agosto e il 7 settembre era stato ucciso in uno scontro un partigiano ed erano stati arrestati 27 tra partigiani e spie, di cui 14 erano già stati fucilati o attendevano l'esecuzione. Il 18 settembre il Comando d'Armata informò il gruppo di Armate di aver catturato 30 "banditi", 4 spie e una paracadutista, 13 dei quali erano già stati giustiziati. Dieci giorni più tardi arrivò la comunicazione che tra il 16 e il 25 settembre erano stati uccisi 27 "banditi" e catturati altri 114; inoltre durante i rastrellamenti le truppe italiane avevano arrestato e trasferito nei campi di concentramento 200 persone sospette (fonte I documenti qui citati sono pubblicati in Gentile, Alle spalle, pp. 170 sgg.). In linea di massima possiamo affermare che le azioni dei tedeschi e degli italiani contro i partigiani "erano potenzialmente dirette contro l'intera popolazione civile (fonte Klinkhammer, Partisanenkrieg, p.818) e più gli occupanti si sentivano minacciati, più questo aspetto diventava evidente.

Ad esempio nel novembre del 1941 vennero lanciate alcune molotov contro gli alloggiamenti delle truppe della "Pasubio" e il comandante della Divisione, il generale Vittorio Giovanelli, ordinò di catturare e fucilare i responsabili (fonte AUSSME DS II 628, DS Divisione "Pasubio", novembre-dicembre 1941, allegato 108: Comando Divisione "Pasubio" (n° 7082 di prot. op. - f.to Vittorio Giovannelli) ai reparti sottoposti del 22/11/1941) per evitare che simili attentati si ripetessero in futuro.

[...] come mostra una relazione sull'attività svolta dai Carabinieri della 3a Divisione celere per l'anno 1941-42. Stando a questo questo documento, furono arrestati e trasferiti nei campi di concentrarnento 874 civili sospetti; 74 persone vennero consegnate alla GFP, 180 alle SS. Nel corso di tre operazioni contro i partigiani, i Carabinieri avevano arrestato 29 persone di cui due furono fucilate immediatamente, 6 trasferite in campi di lavoro e 13 consegnate alla GFP; quattro "propagandisti comunisti" consegnati alla GFP furono fucilati immediatamente. (fonte AUSSME, DS II 877, 3a Divisione celere - Comando dei Carabinieri (n° 5/3 di prot. R.P.) del 20/9/1942: Relazione sull'attività svolta per il periodo da luglio 1941 a luglio 1942).

Secondo una relazione del Comando dei Carabinieri Reali dell'8a Armata, dei più di 5.300 civili arrestati tra luglio e settembre del 1942 solo nel settore della 3a Divisione celere, otto furono subito fucilati come partigiani o spie e cinque vennero consegnati al proprio servizio di controspionaggio; 1.576 furono trasferiti nei campi di concentramento e 254 consegnati ai colleghi tedeschi della GFP. (fonte AUSSME, L 14/85-5, Comando dei Carabinieri Reali dell'8a Armata: Relazione sull'attività svolta per il periodo 10/5-30/9/1942).

Oltre ai pattugliamenti e ai rastrellamenti per individuare partigiani, spie e sabotatori, i Comandi italiani davano grande importanza all'attività di spionaggio e controspionaggio svolta soprattutto dagli Uffici Informazioni negli stati maggiori delle grandi unità e dai reparti controspionaggio. Come mostra la relazione del sottotenente Leonardo d'Aloia, comandante del 6° reparto controspionaggio impiegato nel settore del II Corpo d'Armata, questa attività si rivelò molto efficace e diede non pochi problemi ai russi. Tra agosto e settembre del 1942 vennero scoperti e fucilati 21 informatori dei servizi segreti sovietici, grazie anche alla collaborazione degli uffici controspionaggio tedeschi; inoltre furono individuati, dispersi o scacciati gruppi di partigiani nelle zone di Kantemirovka, Mitrofanovka e Bogucar. Il reparto controspionaggio arrestò in totale 73 persone, 58 delle quali vennero fucilate. Inoltre, stando al apporto, nella zona di Mitrofanovka furono "arrestate molte note personalità russe che erano sfuggite all'arresto e numerosi propagandisti comunisti" che avevano cercato "di incitare alla rivolta i prigionieri di guerra russi che si trovavano" nei kolchozy. Tutti furono consegnati all'SD tedesco a Millerovo. (fonte BA-MA, RH 31 IX/35, ff. 138-146, traduzione di una relazione sull'attività di controspionaggio presso i Comandi italiani tra agosto e dicembre 1942).

Libri: "AVANTI VERONA!"

Avanti Verona!: Con il Battaglione Alpini "Verona" sul fronte russo 1942-1943.

Senza alcun dubbio la notevole capacità narrativa degli Alpini ha permesso loro di tramandare efficacemente e massivamente le proprie imprese, forse meglio di qualsiasi altra specialità militare d'Italia. Tanti sono gli scritti che trattano la loro storiografia, in special modo quelli riguardanti le due guerre mondiali.

Relativamente al Battaglione alpini "Verona", per agli anni che vanno dal 1939 al 1943, è doveroso citare l'imprescindibile libro di Vittorio Cristofoletti, aiutante maggiore in seconda del battaglione, intitolato Battaglione Verona - "Cimì", opera che raccoglie le sue memorie e quelle di altri reduci. Ferma restando l'insostituibilità di tale scritto, che costituisce preziosissima raccolta testimoniale, nelle pagine che vi apprestate a leggere si vuole più semplicemente tracciare una cronistoria del battaglione stesso nell'arco di tempo che va dal suo addestramento preparatorio in Piemonte fino al ciclo operativo all’interno della campagna italiana di Russia.

Da alcuni definita la guerra del sangue contro l'oro, la Seconda Guerra Mondiale fu essenzialmente uno scontro di ideologie che vide fronteggiarsi due opposte visioni della società incentrate una sull'uomo, l'altra sul mercato. Come è noto, si è trattato del conflitto più sanguinoso mai conosciuto dal genere umano e, all'interno di esso, si trovarono schierati loro malgrado anche gli alpini del Verona.

Quegli alpini erano contadini, operai, meccanici, sarti, medici, insegnanti, parroci, studenti universitari ed artigiani, per la maggior parte veronesi del Garda, del Baldo e della Lessinia, di ogni estrazione sociale, alcuni militari di carriera, altri sotto il servizio di leva obbligatorio, altri ancora volontari. Avevano vent'anni o poco più e, coinvolti in eventi enormemente più grandi di loro, si dimostrarono nonostante tutto e tutti sempre all'altezza della situazione, scrivendo gloriose pagine di puro eroismo.

Erano i figli di chi aveva combattuto sul Piave, sull'Ortigara e sull'Isonzo e, quando le lancette della storia segnarono nuovamente l'ora fatidica, combatterono a loro volta rispettando quell'idem sentire proprio di una comunità alla quale sentivano fortissimamente di appartenere.

Ecco, questo libro vuole essere semplicemente un omaggio alla memoria di quei ragazzi che sacrificarono la loro giovinezza e la loro vita per la Patria, combattendo nel battaglione alpini della loro città: Verona.

Il libro dell'amico Ermanno Brussani è acquistabile direttamente al link https://www.amazon.it/dp/B0CDNM8NGP?ref_=cm_sw_r_apan_dp_D875JPSGS17PHA2Z4NTX&fbclid=IwAR01AQoILcSI80JBGrQwS5xlFxkwaUyWSgyvmqliL_8OaCx4kDCaKzV8QTY.

martedì 20 giugno 2023

Italiani sul fronte russo, quarta parte

Cinegiornali dell'epoca, i nostri soldati sul fronte russo.

Italiani brava gente, parte 4

PREMESSA.

Questo nuovo studio che ho voluto intraprendere e successivamente pubblicare, non vuole gettare discredito sui nostri soldati (e 7 anni di pubblicazioni a ricordo e in loro onore ne sono la prova), ma esclusivamente raccontare una pagina di storia che li riguarda e che, penso volutamente, è stata in parte accantonata. Se questa è la verità, qualsiasi essa sia deve essere raccontata. Erano uomini e come tali soggetti anche ad azioni che oggi riteniamo riprovevoli, ma che vissute direttamente e sulla propria pelle, hanno un senso diverso e come tali vanno prese e non giudicate senza minimamente avere vissuto analoghe e così drammatiche esperienze. Anche tutto questo è raccontare la loro storia e le sofferenze provate.

Estratti dal libro "Invasori, non vittime - La campagna italiana di Russia 1941-1943" di Thomas Schlemmer; libro che invito a leggere per intero per inquadrare al meglio il tema affrontato, anche considerando l'ampia referenza di archivi consultati e citati per intero nella trattazione.

Con la sua concentrazione sulle pene del soldato semplice e sul suo ruolo come vittima, la memoria collettiva della società italiana sulla distruzione dell'Armata italiana in Russia (d'ora in poi siglata corne ARMIR) mostra notevoli somiglianze con gli schemi predominanti della memoria sulla fine della 6a Armata tedesca a Stalingrado, a lungo prevalenti nella Repubblica Federale (fonte Cfr. Wegner, Stalingrad, qui pp. 191 sg.; la citazione susseguente si trova a pag.192). In entrambi i casi fu taciuto il fatto che i propri soldati combattevano una guerra offensiva e non difensiva, non furono prese in considerazione le condizioni politiche generali e la storia della catastrofe venne separata dalla storia della campagna militare che l'aveva preceduta. In questo modo si poterono evitare elegantemente temi spiacevoli come le colpe della guerra e le responsabilità di una politica d'occupazione criminale. In Italia, inoltre, si era sempre pronti a ribattere alle eventuali domande scomode scaricando tutta la responsabilità sulle spalle dei tedeschi. Questo approccio ebbe però due ulteriori conseguenze: da una parte portò a un "ampliamento e destoricizzazione del concetto di vittima" e favorì una visione semplificata degli eventi che non conosceva più né vincitori né vinti ("Stella rossa e penne nere: stessi dolori, stessi eroi", come ha scritto un giornalista italiano nell'aprile 2003 (fonte Paolo Di Stefano, "Corriere della Sera" del 26 aprile 2003, p.27); dall'altra, questa interpretazione non ha contribuito a una rielaborazione critica e scientifica del passato, cosicché si potrebbe fare il seguente bilancio: sulla campagna di Russia si è scritto molto ma, sorprendentemente, si è fatta poca ricerca.

E nel compendio delle direttive del Comando della "Ravenna", che regolavano il trattamento dei prigionieri di guerra e dei civili, si legge: "I comandanti di presidio faranno effettuare saltuarie perquisizioni nelle abitazioni private e adiacenze, nonché accurati rastrellamenti nei boschi vicini per ricuperare armi, munizioni e materiali militari. I civili trovati in possesso di armi siano senz'altro fucilati ed impiccati". (fonte AUSSME, DS II 787, DS Divisione "Ravenna", luglio-agosto 1942, allegato: Comando Divisione "Ravenna" (f.to Edoardo Nebbia) "Popolazione civile - Prigionieri di guerra" del 24/8/42).

Alla fine di dicembre del 1942, quando la catastrofe si era ormai abbattuta sull'8a Armata, il generale Nasci aveva trasmesso alla Divisione "Cosseria" un ordine riguardante la sicurezza delle truppe nel territorio a sud di Rossos. Questo documento ricalcava più il linguaggio tipico di tante direttive tedesche, con minacce di impiccagione e fucilazione, che lo spirito umanitario della grande civiltà romana: "1) Sicurezza sempre in atto sia nei movimenti di trasferimento sia nelle soste, sia nell'azione di pattugliamento e di difesa. 2) Massima diffidenza verso l'elemento civile sia pure trattandolo umanamente. In caso di atti ostili agire con la massima energia dando severi esempi di repressione. 3) Prendere immediati contatti con gli starosta per impegnarli, pena la vita, a cooperare alla sicurezza e tranquillità della zona. Se ritenuto opportuno e su indicazione dello starosta stesso, prendere ostaggi da fucilare qualora si provocassero casi gravi di ostilità a sfondo di tradimento o di mancata parola". (fonte AUSSME, DS II 1094, DS Divisione "Cosseria", novembre-dicembre 1942, allegato 510: Comando Corpo d'Armata Alpino (n° 6830 di prot.op. - f.to Gabriele Nasci) al Comandante della Divisione "Cosseria", Enrico Gazzale, del 28/12/42).

Ad esempio il 3 novembre 1941 il 3° Reggimento Bersaglieri comunicava l'esecuzione di undici spie (fonte AUSSME, DS II 578, DS 3a Divisione celere, ottobre-novembre 1941, allegato 406; Messaggio radio 3° Reggimento Bersaglieri, f.to Aminto Caretto, del 3/11/1941), mentre tre giorni più tardi il cappellano militare Lionello Del Fabbro annotava nel proprio diario che gli italiani avevano fucilato due prigionieri sospettati di appartenere alla polizia segreta sovietica (fonte Cfr. Del Fabbro, Odissea nella steppa russa, p.66).

Una sorte simile toccò nel dicembre del 1941 a due uomini catturati da un Bersagliere e in seguito fucilati come spie (fonte Cfr. Onorino Mascheroni, Un lungo anno, in Fronte russo, vol.I, pp.170-174, qui p.172). Anche se alcuni soldati italiani si rifiutavano di eseguire ordini di questo genere, si trovavano sempre dei commilitoni disposti a fare il lavoro sporco. Un caporale di una compagnia cannoni controcarro, appartenente alla 3a Celere, racconta nelle sue memorie: "In una casa, vicino alle scuole, trovano un borghese che comunica via radio con le truppe russe. Bisogna fucilarlo. Subito. È anche un esempio, si dice. Mi rifiuto, mi ripugna, mi allontano. I soliti volontari con una scarica breve, vicino alla porta della scuola, sopra dei gradini già uguagliati dalla neve praticano la giustizia" (fonte Hermes Stringo, Dopo Gorlowka, novembre 1941, ivi, pp.255 sgg., qui p.256).

Agli inizi di settembre del 1941 Giovanni Messe ordinava infatti senza mezza termini: "Le autorità tedesche segnalano la presenza di nuclei di franchi tiratori sui rovesci delle posizioni presidiate dalle Divisioni. Disporre per il loro rastrellamento ed eliminazione" (fonte AUSSME, DS II 575, DS CSIR, settembre-ottobre 1941, allegato 63: Comando CSIR (n° 5121/op. di prot. - F.to Giovanni Messe) ai reparti sottoposti del 8/9/1941). Dodici giorni dopo il generale comandante del CSIR diede alcune direttive sul trattamento della popolazione civile nella propria zona di competenza. Da una parte sottolineava che i rapporti tra gli abitanti dei territori occupati e i soldati italiani erano complessivamente buoni e vietava rappresaglie contro interi villaggi, dall'altra pero riteneva gli ebrei e i comunisti responsabili delle azioni di sabotaggio e delle imboscate, allineandosi così ai tedeschi: "Nei casi di sabotaggio, abbastanza rari e che sono dovuti a elementi comunisti singoli, soprattutto ebrei, non debbono essere fatte rappresaglie contro tutta la popolazione. Anche nei luoghi ove si sono presentate franchi tiratori si è potuto stabilire che si trattava di elementi comunisti o soldati in abito civile. Quindi in tali eventualità occorre che si indaghi con molto rigore per identificare i colpevoli che, se scoperti, debbono essere raggiunti da un adeguato, inflessibile e tempestivo castigo" (fonte AUSSME, DS II 628, DS Divisione "Pasubio", settembre-ottobre 1941, allegato 224: Comando CSIR (n° 3377 di prot. ris. - f.to Giovanni Messe) del 18/8/1941 a tutti i reparti).

Il viaggio del 2013, da Postojalyi a N.Karcowka

Immagini del mio primo trekking effettuato nel 2013... Domenica 20 gennaio - 2a tappa Km.17: da Postojalyi a Nova Karcowka. Da qualche parte nella steppa, ma per qualche minuto al caldo dell'unico "negozio" del villaggio con la nostra guida Sasha; abituati ai nostri negozi e market, quando si entra in queste "botteghe di una volta" è come fare un tuffo nel passato: dal pesce essiccato agli attrezzi per il giardino, tutto in pochi metri quadri di spazio.

Le mappe dello CSIR e dell'ARMIR 22

Le mappe delle operazioni del CSIR e dell'ARMIR dal giugno 1941 all'ottobre 1942 - Le operazioni per la conquista del bacino minerario di Krasnu Lutsch (11-14 luglio 1942).

lunedì 12 giugno 2023

Italiani brava gente, parte 3

PREMESSA.

Questo nuovo studio che ho voluto intraprendere e successivamente pubblicare, non vuole gettare discredito sui nostri soldati (e 7 anni di pubblicazioni a ricordo e in loro onore ne sono la prova), ma esclusivamente raccontare una pagina di storia che li riguarda e che, penso volutamente, è stata in parte accantonata. Se questa è la verità, qualsiasi essa sia deve essere raccontata. Erano uomini e come tali soggetti anche ad azioni che oggi riteniamo riprovevoli, ma che vissute direttamente e sulla propria pelle, hanno un senso diverso e come tali vanno prese e non giudicate senza minimamente avere vissuto analoghe e così drammatiche esperienze. Anche tutto questo è raccontare la loro storia e le sofferenze provate.

Estratti dal libro "Criminali di guerra italiani - Accuse, processi e impunità nel secondo dopoguerra" di Davide Conti; libro che invito a leggere per intero per inquadrare al meglio il tema affrontato, anche considerando l'ampia trattazione dell'autore, relativamente agli altri fronti di guerra in cui si trovarono ad operare le nostre truppe.

Diverso fu il caso del generale Paolo Tarnassi contro il quale l'imputazione era quella di aver ordinato fucilazioni di civili russi nella regione di Kantemirovca tra l'agosto ed il settembre 1942: "L'accusa, come si rileva dalla sintesi dell'atto della commissione della regione di Kantemirovca, consiste nell'aver dato ordine perché fossero fucilati in Kantemirovca nei mesi di agosto e settembre 1942, in più riprese, un certo numero di cittadini sovietici [...] sulla base dei diari storici delle unità che in tale periodo viene ebbero stanza e delle testimonianze di alcuni ufficiali sembra che si debba desumere che non si possa escludere che il generale Tarnassi [...] abbia ordinato [...] che civili russi, sorpresi nell'atto di portare le armi contro le truppe italiane d'occupazione, venissero fucilati [...]".

Le misure di repressione dei civili venivano inquadrate all'interno dei cicli militari di contro-guerriglia chi avevano coinvolto in tutta Europa le popolazioni occupate dalle truppe dell'Asse: "[...] Nel periodo che interessa, e cioè dal 20 agosto al 17 ottobre, venne svolta una sola azione di rastrellamento di nuclei partigiani. Questa azione venne svolta da elementi di camicie nere [...] ma non diede luogo a nessuno scontro con i partigiani. Non è da escludere però che non lo stesso periodo di tempo, da parte della polizia militare, venissero eseguiti arresti di persone sospette di essere partigiani o di svolgere attività informativa a favore dei russi e che nei riguardi di costoro [...] siano stati presi, d'ordine dal generale Tarnassi, i draconiani provvedimenti cui accenna alla nota sovietica [...]". (fonte ICSR Fondo Mario Palermo, b.54, fasc.256, "Promemoria sulle accuse mosse da parte russa ai militari italiani secondo quanto risulta dalla nota presentata dal rappresentante sovietico Kostylev al conte Sforza", pp.15).

Le accuse formulate dalle commissioni regionali russe riguardavano arresti, torture, incendi di case e abitati civili, deportazioni e fucilazioni. Anche in questo caso l'intero impianto accusatorio venne rigettato completamente dalle autorità di Roma, come pure la relazione della commissione d'inchiesta della regione di Rossosh che chiamava in causa il tenente colonnello Raffaele Marconi e il capitano dei carabinieri Dante Iovino. (fonte ICSR Fondo Mario Palermo, b.54, fasc.256, "Promemoria sulle accuse mosse da parte russa ai militari italiani secondo quanto risulta dalla nota presentata dal rappresentante sovietico Kostylev al conte Sforza", pp.16).

In verità, nonostante le smentite ufficiali fornite alle autorità russe, il governo di Roma, il Ministero di Guerra ed i vertici militari del regio esercito erano consapevoli delle condotte criminali di soldati italiani tanto che loro stessi si erano attivati, durante il periodo di occupazione, per punire atti e reati commessi dai soldati contro i civili russi.

A fare testo in questo senso erano le numerose sentenze di condanna emesse dal Tribunale Militare di Guerra del Corpo di Spedizione Italiano in Russia (C.S.I.R.) in relazione a rapine, furti, stupri, fucilazioni ed uccisioni sommari di civili russi. Le sentenze riguardavano sul dati semplici e il più delle volte i reati commessi non rientravano in un quadro generale di politica del terrore o di "guerra ai civili" associabili ad una strategia militare preordinata. Tuttavia le vessazioni ed i soprusi subiti dalle popolazioni rendevano l'idea della forma della presenza militare italiana sul territorio, evidenziando come l'occupazione avesse assunto anche nei gradi più bassi dell'esercito quel carattere di aggressione ben lontano dalla autoassolutoria immagine del "bravo italiano": "soldato di cavalleria MIGALE ROSARIO [...] effettivo della 1a cp. del 6° btg. M.S. del CSIR, condannato con sentenza 9 novembre 1941 ad anni 8 e mesi 2 di reclusione [...] perché il 22 ottobre 1941 in Palwograd (Ucraina) si introdusse nella casa di Stachowskaja col pretesto di eseguire una perquisizione e si impossessò della somma di rubli 1614 alla Stachowskaja. Soldato TRUDUGGIU COSTANTINO [...] effettivo all'82à reggimento fanteria condannato alla pena di morte mediante fucilazione nella schiena [...] per avere il 27 ottobre 1941 a Diplowuca (Ucraina) per avere rubata la somma di 650 alla suddita ucraina Sparasca Dugua [...] e per aver ucciso con un colpo di fucile il cognato di costei Stefan Stim [...]. Soldato SARNA BARTOLO [...] effettivo della 105a compagnia mista del genio divisione celere CSIR condannato [...] a 6 anni di reclusione [...] per il reato di violenza carnale e atti osceni perché il 19 settembre 1941 in Mogila Ostraja (Ucraina) con minaccia a mano armata costrinse Ksienie Mickailovna a congiunzione carnale in aperta campagna. [...] soldato GREA TEODORO [...] effettivo del 2° battaglione anticarro del CSIR [...] condannato ad anni 3 di reclusione per il reato di violazione di abitazione della suddita Sotokolit Tatiana Sinelnikovo (Ucraina) con la stessa sentenza è stato assolto con formula dubitativa del reato di violenza carnale [...]". (fonte ICSR Fondo Mario Palermo, b.54, fasc.257, "Sentenze emesse dal Tribunale Militare di Guerra del Corpo Spedizione Italiano in Russia").

Parallelamente all'assunzione della linea prudente ed attendista suggerita da Quaroni, che sarebbe stata accolta pienamente in seno al governo (fonte Cfr. le note scambiate da Pietro Quaroni e Vittorio Zoppi del 7 e del 25 gennaio 1947 citate in F. Focardi - L. Klinkhammer, "La questione dei criminali di guerra italiani e una Commissione d'Inchiesta dimenticata", in "Contemporanea", anno IV, numero 3, luglio 2001.; CPI sulle cause dell'occultamento di fascicoli relativi ai crimini nazifascisti, cit. p.104. Per la versione integrale dei due testi cfr. anche www.criminidiguerra.it - sezione documenti), e nel pieno di quel processo di elaborazione difensiva che sarebbe culminato, il 6 maggio 1946, dell'istituzione della "Commissione d'Inchiesta per i Criminali di Guerra Italiani secondo alcuni stati esteri" le autorità italiane proseguirono nella raccolta di materiale di controdocumentazione mirante a dimostrare i crimine dell'Armata Rossa contro i militari del regio esercito.

Il materiale constatava di oltre 630 testimonianze, alcune foto ed alcuni rapporti militari delle truppe di occupazione del regio esercito italiano. Tutto cronologicamente compreso nell'arco di tempo estate 1942-settembre 1943. Tra gli episodi più gravi ai quali la documentazione si riferiva veniva menzionata, con supporto fotografico, l'esecuzione avvenuta nel dicembre 1941 presso la località di Orlowo Iwanowka, di venti soldati italiani che, catturati feriti, erano stati uccisi con un colpo alla nuca. Diversi erano poi i casi di soldati morti durante le marce, i trasporti forzati o direttamente fucilati all'atto della cattura come nel caso del 26 gennaio 1943 nella cittadina di Nicolaiev (fonte Cfr. Asmae, Affari Politici 1931-1945, Urss, b.49, "sintesi dei crimini commessi da autorità e truppe russe ai danni dei militari italiani compilata sulla base di oltre 630 testimonianze di reduci dalla Russai").

L'Unione Sovietica, da parte sua, aveva richiesto, fin dal 1944, la punizione di dodici presunti criminali di guerra italiani - senza mai esercitare delle forti pressioni per la loro consegna. Alcuni di essi risultarono in seguito deceduti. L'Unione sovietica processò e condannò per crimini di guerra un piccolo numero di prigionieri italiani (sette persone) che si trovavano sotto la sua custodia. L'ultimo di questi fu liberato e fece ritorno in Italia nel 1954. Fu probabilmente l'accesa polemica antisovietica sorta in Italia dal 1945 sulle sorte dei prigionieri di guerra italiani in Russia ad indurre Mosca ad astenersi da un'energica azione rivendicativa sui criminali di guerra Italiani. (fonte CPI sulle cause dell'occultamento di fascicoli relativi ai crimini nazifascisti, cit, p.97).

Il viaggio del 2013, da Postojalyi a N.Karcowka

Immagini del mio primo trekking effettuato nel 2013... Domenica 20 gennaio - 2a tappa Km.17: da Postojalyi a Nova Karcowka. Nella steppa...





giovedì 8 giugno 2023

Invisibili

INVISIBILI - Le storie mai raccontate di chi ha aspettato per anni i dispersi della Campagna di Russia.

Un nuovo progetto prende forma a seguito del Cortometraggio dedicato ai caduti e ai dispersi della Campagna di Russia nell'80° anniversario delle ritirate verificatesi da dicembre 1942 a gennaio 1943.

Vogliamo raccontare una storia parallela a quella dei nostri soldati impegnati sul fronte orientale, una storia che forse in maniera così organica non è mai stata trattata: quella di chi aspettava a casa quei nostri ragazzi, quella di chi non li ha più visti tornare, quella di chi li ha aspettati per anni.

Una serie di interviste, raccolte in un unico progetto, ai parenti dei caduti e dispersi della Campagna di Russia in cui loro stessi raccontano la storia della loro famiglia, portano la loro testimonianza attraverso racconti, fotografie e documenti, la sofferenza di quei genitori, fratelli o figli che non hanno più visto ritornare a casa il loro figlio, il loro fratello o il loro padre.

Se hai una testimonianza viva ed autentica da raccontare e vuoi contribuire al progetto, scrivimi a questo indirizzo email 𝒅𝒂𝒏𝒊𝒍𝒐.𝒅𝒐𝒍𝒄𝒊𝒏𝒊@𝒈𝒎𝒂𝒊𝒍.𝒄𝒐𝒎