lunedì 12 giugno 2023

Italiani brava gente, parte 3

PREMESSA.

Questo nuovo studio che ho voluto intraprendere e successivamente pubblicare, non vuole gettare discredito sui nostri soldati (e 7 anni di pubblicazioni a ricordo e in loro onore ne sono la prova), ma esclusivamente raccontare una pagina di storia che li riguarda e che, penso volutamente, è stata in parte accantonata. Se questa è la verità, qualsiasi essa sia deve essere raccontata. Erano uomini e come tali soggetti anche ad azioni che oggi riteniamo riprovevoli, ma che vissute direttamente e sulla propria pelle, hanno un senso diverso e come tali vanno prese e non giudicate senza minimamente avere vissuto analoghe e così drammatiche esperienze. Anche tutto questo è raccontare la loro storia e le sofferenze provate.

Estratti dal libro "Criminali di guerra italiani - Accuse, processi e impunità nel secondo dopoguerra" di Davide Conti; libro che invito a leggere per intero per inquadrare al meglio il tema affrontato, anche considerando l'ampia trattazione dell'autore, relativamente agli altri fronti di guerra in cui si trovarono ad operare le nostre truppe.

Diverso fu il caso del generale Paolo Tarnassi contro il quale l'imputazione era quella di aver ordinato fucilazioni di civili russi nella regione di Kantemirovca tra l'agosto ed il settembre 1942: "L'accusa, come si rileva dalla sintesi dell'atto della commissione della regione di Kantemirovca, consiste nell'aver dato ordine perché fossero fucilati in Kantemirovca nei mesi di agosto e settembre 1942, in più riprese, un certo numero di cittadini sovietici [...] sulla base dei diari storici delle unità che in tale periodo viene ebbero stanza e delle testimonianze di alcuni ufficiali sembra che si debba desumere che non si possa escludere che il generale Tarnassi [...] abbia ordinato [...] che civili russi, sorpresi nell'atto di portare le armi contro le truppe italiane d'occupazione, venissero fucilati [...]".

Le misure di repressione dei civili venivano inquadrate all'interno dei cicli militari di contro-guerriglia chi avevano coinvolto in tutta Europa le popolazioni occupate dalle truppe dell'Asse: "[...] Nel periodo che interessa, e cioè dal 20 agosto al 17 ottobre, venne svolta una sola azione di rastrellamento di nuclei partigiani. Questa azione venne svolta da elementi di camicie nere [...] ma non diede luogo a nessuno scontro con i partigiani. Non è da escludere però che non lo stesso periodo di tempo, da parte della polizia militare, venissero eseguiti arresti di persone sospette di essere partigiani o di svolgere attività informativa a favore dei russi e che nei riguardi di costoro [...] siano stati presi, d'ordine dal generale Tarnassi, i draconiani provvedimenti cui accenna alla nota sovietica [...]". (fonte ICSR Fondo Mario Palermo, b.54, fasc.256, "Promemoria sulle accuse mosse da parte russa ai militari italiani secondo quanto risulta dalla nota presentata dal rappresentante sovietico Kostylev al conte Sforza", pp.15).

Le accuse formulate dalle commissioni regionali russe riguardavano arresti, torture, incendi di case e abitati civili, deportazioni e fucilazioni. Anche in questo caso l'intero impianto accusatorio venne rigettato completamente dalle autorità di Roma, come pure la relazione della commissione d'inchiesta della regione di Rossosh che chiamava in causa il tenente colonnello Raffaele Marconi e il capitano dei carabinieri Dante Iovino. (fonte ICSR Fondo Mario Palermo, b.54, fasc.256, "Promemoria sulle accuse mosse da parte russa ai militari italiani secondo quanto risulta dalla nota presentata dal rappresentante sovietico Kostylev al conte Sforza", pp.16).

In verità, nonostante le smentite ufficiali fornite alle autorità russe, il governo di Roma, il Ministero di Guerra ed i vertici militari del regio esercito erano consapevoli delle condotte criminali di soldati italiani tanto che loro stessi si erano attivati, durante il periodo di occupazione, per punire atti e reati commessi dai soldati contro i civili russi.

A fare testo in questo senso erano le numerose sentenze di condanna emesse dal Tribunale Militare di Guerra del Corpo di Spedizione Italiano in Russia (C.S.I.R.) in relazione a rapine, furti, stupri, fucilazioni ed uccisioni sommari di civili russi. Le sentenze riguardavano sul dati semplici e il più delle volte i reati commessi non rientravano in un quadro generale di politica del terrore o di "guerra ai civili" associabili ad una strategia militare preordinata. Tuttavia le vessazioni ed i soprusi subiti dalle popolazioni rendevano l'idea della forma della presenza militare italiana sul territorio, evidenziando come l'occupazione avesse assunto anche nei gradi più bassi dell'esercito quel carattere di aggressione ben lontano dalla autoassolutoria immagine del "bravo italiano": "soldato di cavalleria MIGALE ROSARIO [...] effettivo della 1a cp. del 6° btg. M.S. del CSIR, condannato con sentenza 9 novembre 1941 ad anni 8 e mesi 2 di reclusione [...] perché il 22 ottobre 1941 in Palwograd (Ucraina) si introdusse nella casa di Stachowskaja col pretesto di eseguire una perquisizione e si impossessò della somma di rubli 1614 alla Stachowskaja. Soldato TRUDUGGIU COSTANTINO [...] effettivo all'82à reggimento fanteria condannato alla pena di morte mediante fucilazione nella schiena [...] per avere il 27 ottobre 1941 a Diplowuca (Ucraina) per avere rubata la somma di 650 alla suddita ucraina Sparasca Dugua [...] e per aver ucciso con un colpo di fucile il cognato di costei Stefan Stim [...]. Soldato SARNA BARTOLO [...] effettivo della 105a compagnia mista del genio divisione celere CSIR condannato [...] a 6 anni di reclusione [...] per il reato di violenza carnale e atti osceni perché il 19 settembre 1941 in Mogila Ostraja (Ucraina) con minaccia a mano armata costrinse Ksienie Mickailovna a congiunzione carnale in aperta campagna. [...] soldato GREA TEODORO [...] effettivo del 2° battaglione anticarro del CSIR [...] condannato ad anni 3 di reclusione per il reato di violazione di abitazione della suddita Sotokolit Tatiana Sinelnikovo (Ucraina) con la stessa sentenza è stato assolto con formula dubitativa del reato di violenza carnale [...]". (fonte ICSR Fondo Mario Palermo, b.54, fasc.257, "Sentenze emesse dal Tribunale Militare di Guerra del Corpo Spedizione Italiano in Russia").

Parallelamente all'assunzione della linea prudente ed attendista suggerita da Quaroni, che sarebbe stata accolta pienamente in seno al governo (fonte Cfr. le note scambiate da Pietro Quaroni e Vittorio Zoppi del 7 e del 25 gennaio 1947 citate in F. Focardi - L. Klinkhammer, "La questione dei criminali di guerra italiani e una Commissione d'Inchiesta dimenticata", in "Contemporanea", anno IV, numero 3, luglio 2001.; CPI sulle cause dell'occultamento di fascicoli relativi ai crimini nazifascisti, cit. p.104. Per la versione integrale dei due testi cfr. anche www.criminidiguerra.it - sezione documenti), e nel pieno di quel processo di elaborazione difensiva che sarebbe culminato, il 6 maggio 1946, dell'istituzione della "Commissione d'Inchiesta per i Criminali di Guerra Italiani secondo alcuni stati esteri" le autorità italiane proseguirono nella raccolta di materiale di controdocumentazione mirante a dimostrare i crimine dell'Armata Rossa contro i militari del regio esercito.

Il materiale constatava di oltre 630 testimonianze, alcune foto ed alcuni rapporti militari delle truppe di occupazione del regio esercito italiano. Tutto cronologicamente compreso nell'arco di tempo estate 1942-settembre 1943. Tra gli episodi più gravi ai quali la documentazione si riferiva veniva menzionata, con supporto fotografico, l'esecuzione avvenuta nel dicembre 1941 presso la località di Orlowo Iwanowka, di venti soldati italiani che, catturati feriti, erano stati uccisi con un colpo alla nuca. Diversi erano poi i casi di soldati morti durante le marce, i trasporti forzati o direttamente fucilati all'atto della cattura come nel caso del 26 gennaio 1943 nella cittadina di Nicolaiev (fonte Cfr. Asmae, Affari Politici 1931-1945, Urss, b.49, "sintesi dei crimini commessi da autorità e truppe russe ai danni dei militari italiani compilata sulla base di oltre 630 testimonianze di reduci dalla Russai").

L'Unione Sovietica, da parte sua, aveva richiesto, fin dal 1944, la punizione di dodici presunti criminali di guerra italiani - senza mai esercitare delle forti pressioni per la loro consegna. Alcuni di essi risultarono in seguito deceduti. L'Unione sovietica processò e condannò per crimini di guerra un piccolo numero di prigionieri italiani (sette persone) che si trovavano sotto la sua custodia. L'ultimo di questi fu liberato e fece ritorno in Italia nel 1954. Fu probabilmente l'accesa polemica antisovietica sorta in Italia dal 1945 sulle sorte dei prigionieri di guerra italiani in Russia ad indurre Mosca ad astenersi da un'energica azione rivendicativa sui criminali di guerra Italiani. (fonte CPI sulle cause dell'occultamento di fascicoli relativi ai crimini nazifascisti, cit, p.97).

Nessun commento:

Posta un commento