martedì 6 giugno 2023

Italiani brava gente, parte 2

PREMESSA.

Questo nuovo studio che ho voluto intraprendere e successivamente pubblicare, non vuole gettare discredito sui nostri soldati (e 7 anni di pubblicazioni a ricordo e in loro onore ne sono la prova), ma esclusivamente raccontare una pagina di storia che li riguarda e che, penso volutamente, è stata in parte accantonata. Se questa è la verità, qualsiasi essa sia deve essere raccontata. Erano uomini e come tali soggetti anche ad azioni che oggi riteniamo riprovevoli, ma che vissute direttamente e sulla propria pelle, hanno un senso diverso e come tali vanno prese e non giudicate senza minimamente avere vissuto analoghe e così drammatiche esperienze. Anche tutto questo è raccontare la loro storia e le sofferenze provate.

Estratti dal libro "Criminali di guerra italiani - Accuse, processi e impunità nel secondo dopoguerra" di Davide Conti; libro che invito a leggere per intero per inquadrare al meglio il tema affrontato, anche considerando l'ampia trattazione dell'autore, relativamente agli altri fronti di guerra in cui si trovarono ad operare le nostre truppe.

La documentazione in possesso delle autorità italiane, ed in particolare quella dello stato Maggiore dell'Esercito relativa alle direttive ed ai rapporti sulle operazioni realizzate sul territorio, confermava come "non si potessero escludere" crimini del regio esercito in Urss in ordine a rappresaglie, rastrellamenti, operazioni di controguerriglia: "Viene segnalata la presenza di un gruppo di partigiani poco numeroso nella zona boscosa viciniore di Gorodischtsche. Occorre che detti partigiani siano catturati e distrutti. Pertanto codesto Comando disponga, che una compagnia di fucilieri rinforzata dal 1° plotone mitraglieri e dai 2 mortai da 81, domani mattina 3 agosto, partendo alle ore 3, dalla chiesa di Gorodischtsche si rechi sul posto per eseguire l'operazione [...] l'operazione di rastrellamento sarà diretta da un ufficiale superiore di codesto reggimento che avrà a sua disposizione [...] il capitano CC.RR. Piazza e due CC.RR. Il Generale Comandante Enrico Gazzale". (fonte ICSR Fondo Mario Palermo, b.54, fasc.259, circolare del Comando Divisione Fanteria Cosseria, 2 agosto 1942).

Le direttive complessive e le disposizioni indirizzate al "contegno" ed ai "provvedimenti di sicurezza" da parte dei Comandi dei Corpi d'Armata assumevano poi il significato dell'imposizione di un nuovo ordine militare coinvolgendo direttamente gli starosta, cioè i capivillaggio, all'interno della meccanica della repressione antipartigiana e della rappresaglia contro i civili: "L'ambiente nel quale è dislocato il Ca [Corpo d'Armata ndr] (paese di occupazione nemico) [...] è da ritenersi infido. Infatti frequenti sono i casi di aggressione e di atti di sabotaggio perpetrati dai partigiani e della popolazione civile [...] necessita perciò osservare scrupolosamente le norme regolamentari appositamente prescritte [...] Repressione. In caso di aggressione da parte dei partigiani immediata azione di repressione e rastrellamento diretta dal comando dell'unità viciniore nella cui zona o nel cui settore è avvenuto il fatto: - diffida agli starosta di segnalare, sotto pena di gravi rappresaglie e sanzioni, la presenza di partigiani nella zona; - nei paesi nei quali attualmente non vi sono starosta, i comandi di Gu interessati procedano alla nomina di nuovi starosta opportunamente scelti, facendoli responsabili delle mancate segnalazioni e delle aggressioni subite dalle nostre truppe [...] prenderò severissimi provvedimenti. Il generale di corpo d'Armata comandante G.Nasci. (fonte Circolare del Comando del Corpo d'Armata Alpino - Ufficio Operazioni - 2 agosto 1942 in L. Porcari "La Cuneense sulle fronti di guerra" in Istituto Storico della Resistenza di Cuneo e Provincia, "Gli italiani sul fronte russo", Bari, De Donato, 1982, pag.286).

Nelle zone dove i reparti italiani trovavano formazioni partigiane i militari del regio esercito procedevano, secondo le direttive diramate degli alti comandi, all'eliminazione fisica di quelli che venivano considerati banditi: "Dalle 14 di oggi è in corso un'operazione di rastrellamento di banditi segnalati nella zona bassa boscosa di Wissokyi: l'operazione è diretta dal capitano Casini del CC.RR. ed è condotta con le seguenti forze: 1° G.Fucilieri (11) dell'89° ftr. (quella dislocata a Iwanonka); 1 plt. Lanciafiamme, 1a Sez. CC.RR. Il Colonnello Capo di S.M. Giuseppe Stefanelli". (fonte ICSR Fondo Mario Palermo, b.54, fasc.259, stralcio del Diario Storico della Divisione Cosseria, 2 e 3 ottobre 1942).

Il governo italiano impostò la sua difesa negando, nella sostanza, l'intero complesso delle accuse formulate dalle commissioni regionali sovietiche, raccogliendo contemporaneamente una controdocumentazione che fosse in grado di indicare le truppe russe come responsabili di crimini contro i soldati Italiani.

Rispetto alle denunce di crimini nella città di Enakievo (Rikowo) che vedevano coinvolti il comandante della divisione "Torino" Roberto Lerici, il comandante della città di Enakievo Luigi Grappelli e Bernardo Giannetti la documentazione italiana affermava: "[...] gli accusati in effetti sono gen. Lerici Roberto, comandante della div. "Torino" dal 13 febbraio 1942; capo genio Grappelli Luigi, capitano addetto genio della div. "Torino" fino ai primi di dicembre del '41 e da quest'epoca incaricato di reggere l'ufficio Affari Civili dello stesso comando; ten.co. medico Giannetti Bernardo, capo ufficio Sanità del comando della div. "Torino". L'accusa, come si rileva dalla sintesi dell'atto della commissione della città di Enakievo (Rikowo) [...] consiste nell'aver promosso la distruzione di un molto ingente numero di stabilimenti sanitari esistenti nella città di Enakievo. (fonte ICSR Fondo Mario Palermo, b.54, fasc.256, "Promemoria sulle accuse mosse da parte russa ai militari italiani secondo quanto risulta dalla nota presentata dal rappresentante sovietico Kostylev al conte Sforza").

Da punto di vista dei danni arrecati alla città occupata e contestati dalla commissione sovietica, in particolare a strutture ospedaliere e di ricovero, le autorità italiane respinsero ogni accusa, collegando alcuni danni nell'ambito della battaglia, durata quindici giorni, per la conquista di Enakievo. La relazione Italiana sostenne inoltre che le locali strutture sanitarie, industriali e agricole fossero state danneggiate o distrutte dagli stessi russi nell'ambito di un'azione di difesa anti-italiana mirante a rendere inutilizzabili le infrastrutture della città una volta che essa fosse stata posta da sotto il controllo del regio esercito: "[...] la zona fu occupata inizialmente da reparti delle divisioni 3° Cedere e Pasubio e non dalla div. Torino. Nella zona, e specie in quella di Gorlowka, si combatté accanitamente per quindici giorni. [...] risulta che in questa zona, come del resto in tutte le altre dove i russi sono stati costretti a sgomberare, fabbriche, officine, ferrovie, impianti di qualsiasi genere e specie che potessero servire all'occupante, sono stati rinvenuti distrutti con scientifica meticolosità così come avevano prescritto le supreme autorità sovietiche". (fonte ICSR Fondo Mario Palermo, b.54, fasc.256, "Promemoria sulle accuse mosse da parte russa ai militari italiani secondo quanto risulta dalla nota presentata dal rappresentante sovietico Kostylev al conte Sforza", pp.4).

Nessun commento:

Posta un commento