Le mappe delle operazioni del CSIR e dell'ARMIR dal giugno 1941 all'ottobre 1942 - Le operazioni per la conquista del bacino minerario di Krasnu Lutsch (11-14 luglio 1942).
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Trekking ed escursioni in Russia sui campi di battaglia della Seconda Guerra Mondiale
Danilo Dolcini - Phone 349.6472823 - Email danilo.dolcini@gmail.com - FB Un italiano in Russia
martedì 20 giugno 2023
lunedì 12 giugno 2023
Italiani brava gente, parte 3
PREMESSA.
Questo nuovo studio che ho voluto intraprendere e successivamente pubblicare, non vuole gettare discredito sui nostri soldati (e 7 anni di pubblicazioni a ricordo e in loro onore ne sono la prova), ma esclusivamente raccontare una pagina di storia che li riguarda e che, penso volutamente, è stata in parte accantonata. Se questa è la verità, qualsiasi essa sia deve essere raccontata. Erano uomini e come tali soggetti anche ad azioni che oggi riteniamo riprovevoli, ma che vissute direttamente e sulla propria pelle, hanno un senso diverso e come tali vanno prese e non giudicate senza minimamente avere vissuto analoghe e così drammatiche esperienze. Anche tutto questo è raccontare la loro storia e le sofferenze provate.
Estratti dal libro "Criminali di guerra italiani - Accuse, processi e impunità nel secondo dopoguerra" di Davide Conti; libro che invito a leggere per intero per inquadrare al meglio il tema affrontato, anche considerando l'ampia trattazione dell'autore, relativamente agli altri fronti di guerra in cui si trovarono ad operare le nostre truppe.
Diverso fu il caso del generale Paolo Tarnassi contro il quale l'imputazione era quella di aver ordinato fucilazioni di civili russi nella regione di Kantemirovca tra l'agosto ed il settembre 1942: "L'accusa, come si rileva dalla sintesi dell'atto della commissione della regione di Kantemirovca, consiste nell'aver dato ordine perché fossero fucilati in Kantemirovca nei mesi di agosto e settembre 1942, in più riprese, un certo numero di cittadini sovietici [...] sulla base dei diari storici delle unità che in tale periodo viene ebbero stanza e delle testimonianze di alcuni ufficiali sembra che si debba desumere che non si possa escludere che il generale Tarnassi [...] abbia ordinato [...] che civili russi, sorpresi nell'atto di portare le armi contro le truppe italiane d'occupazione, venissero fucilati [...]".
Le misure di repressione dei civili venivano inquadrate all'interno dei cicli militari di contro-guerriglia chi avevano coinvolto in tutta Europa le popolazioni occupate dalle truppe dell'Asse: "[...] Nel periodo che interessa, e cioè dal 20 agosto al 17 ottobre, venne svolta una sola azione di rastrellamento di nuclei partigiani. Questa azione venne svolta da elementi di camicie nere [...] ma non diede luogo a nessuno scontro con i partigiani. Non è da escludere però che non lo stesso periodo di tempo, da parte della polizia militare, venissero eseguiti arresti di persone sospette di essere partigiani o di svolgere attività informativa a favore dei russi e che nei riguardi di costoro [...] siano stati presi, d'ordine dal generale Tarnassi, i draconiani provvedimenti cui accenna alla nota sovietica [...]". (fonte ICSR Fondo Mario Palermo, b.54, fasc.256, "Promemoria sulle accuse mosse da parte russa ai militari italiani secondo quanto risulta dalla nota presentata dal rappresentante sovietico Kostylev al conte Sforza", pp.15).
Le accuse formulate dalle commissioni regionali russe riguardavano arresti, torture, incendi di case e abitati civili, deportazioni e fucilazioni. Anche in questo caso l'intero impianto accusatorio venne rigettato completamente dalle autorità di Roma, come pure la relazione della commissione d'inchiesta della regione di Rossosh che chiamava in causa il tenente colonnello Raffaele Marconi e il capitano dei carabinieri Dante Iovino. (fonte ICSR Fondo Mario Palermo, b.54, fasc.256, "Promemoria sulle accuse mosse da parte russa ai militari italiani secondo quanto risulta dalla nota presentata dal rappresentante sovietico Kostylev al conte Sforza", pp.16).
In verità, nonostante le smentite ufficiali fornite alle autorità russe, il governo di Roma, il Ministero di Guerra ed i vertici militari del regio esercito erano consapevoli delle condotte criminali di soldati italiani tanto che loro stessi si erano attivati, durante il periodo di occupazione, per punire atti e reati commessi dai soldati contro i civili russi.
A fare testo in questo senso erano le numerose sentenze di condanna emesse dal Tribunale Militare di Guerra del Corpo di Spedizione Italiano in Russia (C.S.I.R.) in relazione a rapine, furti, stupri, fucilazioni ed uccisioni sommari di civili russi. Le sentenze riguardavano sul dati semplici e il più delle volte i reati commessi non rientravano in un quadro generale di politica del terrore o di "guerra ai civili" associabili ad una strategia militare preordinata. Tuttavia le vessazioni ed i soprusi subiti dalle popolazioni rendevano l'idea della forma della presenza militare italiana sul territorio, evidenziando come l'occupazione avesse assunto anche nei gradi più bassi dell'esercito quel carattere di aggressione ben lontano dalla autoassolutoria immagine del "bravo italiano": "soldato di cavalleria MIGALE ROSARIO [...] effettivo della 1a cp. del 6° btg. M.S. del CSIR, condannato con sentenza 9 novembre 1941 ad anni 8 e mesi 2 di reclusione [...] perché il 22 ottobre 1941 in Palwograd (Ucraina) si introdusse nella casa di Stachowskaja col pretesto di eseguire una perquisizione e si impossessò della somma di rubli 1614 alla Stachowskaja. Soldato TRUDUGGIU COSTANTINO [...] effettivo all'82à reggimento fanteria condannato alla pena di morte mediante fucilazione nella schiena [...] per avere il 27 ottobre 1941 a Diplowuca (Ucraina) per avere rubata la somma di 650 alla suddita ucraina Sparasca Dugua [...] e per aver ucciso con un colpo di fucile il cognato di costei Stefan Stim [...]. Soldato SARNA BARTOLO [...] effettivo della 105a compagnia mista del genio divisione celere CSIR condannato [...] a 6 anni di reclusione [...] per il reato di violenza carnale e atti osceni perché il 19 settembre 1941 in Mogila Ostraja (Ucraina) con minaccia a mano armata costrinse Ksienie Mickailovna a congiunzione carnale in aperta campagna. [...] soldato GREA TEODORO [...] effettivo del 2° battaglione anticarro del CSIR [...] condannato ad anni 3 di reclusione per il reato di violazione di abitazione della suddita Sotokolit Tatiana Sinelnikovo (Ucraina) con la stessa sentenza è stato assolto con formula dubitativa del reato di violenza carnale [...]". (fonte ICSR Fondo Mario Palermo, b.54, fasc.257, "Sentenze emesse dal Tribunale Militare di Guerra del Corpo Spedizione Italiano in Russia").
Parallelamente all'assunzione della linea prudente ed attendista suggerita da Quaroni, che sarebbe stata accolta pienamente in seno al governo (fonte Cfr. le note scambiate da Pietro Quaroni e Vittorio Zoppi del 7 e del 25 gennaio 1947 citate in F. Focardi - L. Klinkhammer, "La questione dei criminali di guerra italiani e una Commissione d'Inchiesta dimenticata", in "Contemporanea", anno IV, numero 3, luglio 2001.; CPI sulle cause dell'occultamento di fascicoli relativi ai crimini nazifascisti, cit. p.104. Per la versione integrale dei due testi cfr. anche www.criminidiguerra.it - sezione documenti), e nel pieno di quel processo di elaborazione difensiva che sarebbe culminato, il 6 maggio 1946, dell'istituzione della "Commissione d'Inchiesta per i Criminali di Guerra Italiani secondo alcuni stati esteri" le autorità italiane proseguirono nella raccolta di materiale di controdocumentazione mirante a dimostrare i crimine dell'Armata Rossa contro i militari del regio esercito.
Il materiale constatava di oltre 630 testimonianze, alcune foto ed alcuni rapporti militari delle truppe di occupazione del regio esercito italiano. Tutto cronologicamente compreso nell'arco di tempo estate 1942-settembre 1943. Tra gli episodi più gravi ai quali la documentazione si riferiva veniva menzionata, con supporto fotografico, l'esecuzione avvenuta nel dicembre 1941 presso la località di Orlowo Iwanowka, di venti soldati italiani che, catturati feriti, erano stati uccisi con un colpo alla nuca. Diversi erano poi i casi di soldati morti durante le marce, i trasporti forzati o direttamente fucilati all'atto della cattura come nel caso del 26 gennaio 1943 nella cittadina di Nicolaiev (fonte Cfr. Asmae, Affari Politici 1931-1945, Urss, b.49, "sintesi dei crimini commessi da autorità e truppe russe ai danni dei militari italiani compilata sulla base di oltre 630 testimonianze di reduci dalla Russai").
L'Unione Sovietica, da parte sua, aveva richiesto, fin dal 1944, la punizione di dodici presunti criminali di guerra italiani - senza mai esercitare delle forti pressioni per la loro consegna. Alcuni di essi risultarono in seguito deceduti. L'Unione sovietica processò e condannò per crimini di guerra un piccolo numero di prigionieri italiani (sette persone) che si trovavano sotto la sua custodia. L'ultimo di questi fu liberato e fece ritorno in Italia nel 1954. Fu probabilmente l'accesa polemica antisovietica sorta in Italia dal 1945 sulle sorte dei prigionieri di guerra italiani in Russia ad indurre Mosca ad astenersi da un'energica azione rivendicativa sui criminali di guerra Italiani. (fonte CPI sulle cause dell'occultamento di fascicoli relativi ai crimini nazifascisti, cit, p.97).
Questo nuovo studio che ho voluto intraprendere e successivamente pubblicare, non vuole gettare discredito sui nostri soldati (e 7 anni di pubblicazioni a ricordo e in loro onore ne sono la prova), ma esclusivamente raccontare una pagina di storia che li riguarda e che, penso volutamente, è stata in parte accantonata. Se questa è la verità, qualsiasi essa sia deve essere raccontata. Erano uomini e come tali soggetti anche ad azioni che oggi riteniamo riprovevoli, ma che vissute direttamente e sulla propria pelle, hanno un senso diverso e come tali vanno prese e non giudicate senza minimamente avere vissuto analoghe e così drammatiche esperienze. Anche tutto questo è raccontare la loro storia e le sofferenze provate.
Estratti dal libro "Criminali di guerra italiani - Accuse, processi e impunità nel secondo dopoguerra" di Davide Conti; libro che invito a leggere per intero per inquadrare al meglio il tema affrontato, anche considerando l'ampia trattazione dell'autore, relativamente agli altri fronti di guerra in cui si trovarono ad operare le nostre truppe.
Diverso fu il caso del generale Paolo Tarnassi contro il quale l'imputazione era quella di aver ordinato fucilazioni di civili russi nella regione di Kantemirovca tra l'agosto ed il settembre 1942: "L'accusa, come si rileva dalla sintesi dell'atto della commissione della regione di Kantemirovca, consiste nell'aver dato ordine perché fossero fucilati in Kantemirovca nei mesi di agosto e settembre 1942, in più riprese, un certo numero di cittadini sovietici [...] sulla base dei diari storici delle unità che in tale periodo viene ebbero stanza e delle testimonianze di alcuni ufficiali sembra che si debba desumere che non si possa escludere che il generale Tarnassi [...] abbia ordinato [...] che civili russi, sorpresi nell'atto di portare le armi contro le truppe italiane d'occupazione, venissero fucilati [...]".
Le misure di repressione dei civili venivano inquadrate all'interno dei cicli militari di contro-guerriglia chi avevano coinvolto in tutta Europa le popolazioni occupate dalle truppe dell'Asse: "[...] Nel periodo che interessa, e cioè dal 20 agosto al 17 ottobre, venne svolta una sola azione di rastrellamento di nuclei partigiani. Questa azione venne svolta da elementi di camicie nere [...] ma non diede luogo a nessuno scontro con i partigiani. Non è da escludere però che non lo stesso periodo di tempo, da parte della polizia militare, venissero eseguiti arresti di persone sospette di essere partigiani o di svolgere attività informativa a favore dei russi e che nei riguardi di costoro [...] siano stati presi, d'ordine dal generale Tarnassi, i draconiani provvedimenti cui accenna alla nota sovietica [...]". (fonte ICSR Fondo Mario Palermo, b.54, fasc.256, "Promemoria sulle accuse mosse da parte russa ai militari italiani secondo quanto risulta dalla nota presentata dal rappresentante sovietico Kostylev al conte Sforza", pp.15).
Le accuse formulate dalle commissioni regionali russe riguardavano arresti, torture, incendi di case e abitati civili, deportazioni e fucilazioni. Anche in questo caso l'intero impianto accusatorio venne rigettato completamente dalle autorità di Roma, come pure la relazione della commissione d'inchiesta della regione di Rossosh che chiamava in causa il tenente colonnello Raffaele Marconi e il capitano dei carabinieri Dante Iovino. (fonte ICSR Fondo Mario Palermo, b.54, fasc.256, "Promemoria sulle accuse mosse da parte russa ai militari italiani secondo quanto risulta dalla nota presentata dal rappresentante sovietico Kostylev al conte Sforza", pp.16).
In verità, nonostante le smentite ufficiali fornite alle autorità russe, il governo di Roma, il Ministero di Guerra ed i vertici militari del regio esercito erano consapevoli delle condotte criminali di soldati italiani tanto che loro stessi si erano attivati, durante il periodo di occupazione, per punire atti e reati commessi dai soldati contro i civili russi.
A fare testo in questo senso erano le numerose sentenze di condanna emesse dal Tribunale Militare di Guerra del Corpo di Spedizione Italiano in Russia (C.S.I.R.) in relazione a rapine, furti, stupri, fucilazioni ed uccisioni sommari di civili russi. Le sentenze riguardavano sul dati semplici e il più delle volte i reati commessi non rientravano in un quadro generale di politica del terrore o di "guerra ai civili" associabili ad una strategia militare preordinata. Tuttavia le vessazioni ed i soprusi subiti dalle popolazioni rendevano l'idea della forma della presenza militare italiana sul territorio, evidenziando come l'occupazione avesse assunto anche nei gradi più bassi dell'esercito quel carattere di aggressione ben lontano dalla autoassolutoria immagine del "bravo italiano": "soldato di cavalleria MIGALE ROSARIO [...] effettivo della 1a cp. del 6° btg. M.S. del CSIR, condannato con sentenza 9 novembre 1941 ad anni 8 e mesi 2 di reclusione [...] perché il 22 ottobre 1941 in Palwograd (Ucraina) si introdusse nella casa di Stachowskaja col pretesto di eseguire una perquisizione e si impossessò della somma di rubli 1614 alla Stachowskaja. Soldato TRUDUGGIU COSTANTINO [...] effettivo all'82à reggimento fanteria condannato alla pena di morte mediante fucilazione nella schiena [...] per avere il 27 ottobre 1941 a Diplowuca (Ucraina) per avere rubata la somma di 650 alla suddita ucraina Sparasca Dugua [...] e per aver ucciso con un colpo di fucile il cognato di costei Stefan Stim [...]. Soldato SARNA BARTOLO [...] effettivo della 105a compagnia mista del genio divisione celere CSIR condannato [...] a 6 anni di reclusione [...] per il reato di violenza carnale e atti osceni perché il 19 settembre 1941 in Mogila Ostraja (Ucraina) con minaccia a mano armata costrinse Ksienie Mickailovna a congiunzione carnale in aperta campagna. [...] soldato GREA TEODORO [...] effettivo del 2° battaglione anticarro del CSIR [...] condannato ad anni 3 di reclusione per il reato di violazione di abitazione della suddita Sotokolit Tatiana Sinelnikovo (Ucraina) con la stessa sentenza è stato assolto con formula dubitativa del reato di violenza carnale [...]". (fonte ICSR Fondo Mario Palermo, b.54, fasc.257, "Sentenze emesse dal Tribunale Militare di Guerra del Corpo Spedizione Italiano in Russia").
Parallelamente all'assunzione della linea prudente ed attendista suggerita da Quaroni, che sarebbe stata accolta pienamente in seno al governo (fonte Cfr. le note scambiate da Pietro Quaroni e Vittorio Zoppi del 7 e del 25 gennaio 1947 citate in F. Focardi - L. Klinkhammer, "La questione dei criminali di guerra italiani e una Commissione d'Inchiesta dimenticata", in "Contemporanea", anno IV, numero 3, luglio 2001.; CPI sulle cause dell'occultamento di fascicoli relativi ai crimini nazifascisti, cit. p.104. Per la versione integrale dei due testi cfr. anche www.criminidiguerra.it - sezione documenti), e nel pieno di quel processo di elaborazione difensiva che sarebbe culminato, il 6 maggio 1946, dell'istituzione della "Commissione d'Inchiesta per i Criminali di Guerra Italiani secondo alcuni stati esteri" le autorità italiane proseguirono nella raccolta di materiale di controdocumentazione mirante a dimostrare i crimine dell'Armata Rossa contro i militari del regio esercito.
Il materiale constatava di oltre 630 testimonianze, alcune foto ed alcuni rapporti militari delle truppe di occupazione del regio esercito italiano. Tutto cronologicamente compreso nell'arco di tempo estate 1942-settembre 1943. Tra gli episodi più gravi ai quali la documentazione si riferiva veniva menzionata, con supporto fotografico, l'esecuzione avvenuta nel dicembre 1941 presso la località di Orlowo Iwanowka, di venti soldati italiani che, catturati feriti, erano stati uccisi con un colpo alla nuca. Diversi erano poi i casi di soldati morti durante le marce, i trasporti forzati o direttamente fucilati all'atto della cattura come nel caso del 26 gennaio 1943 nella cittadina di Nicolaiev (fonte Cfr. Asmae, Affari Politici 1931-1945, Urss, b.49, "sintesi dei crimini commessi da autorità e truppe russe ai danni dei militari italiani compilata sulla base di oltre 630 testimonianze di reduci dalla Russai").
L'Unione Sovietica, da parte sua, aveva richiesto, fin dal 1944, la punizione di dodici presunti criminali di guerra italiani - senza mai esercitare delle forti pressioni per la loro consegna. Alcuni di essi risultarono in seguito deceduti. L'Unione sovietica processò e condannò per crimini di guerra un piccolo numero di prigionieri italiani (sette persone) che si trovavano sotto la sua custodia. L'ultimo di questi fu liberato e fece ritorno in Italia nel 1954. Fu probabilmente l'accesa polemica antisovietica sorta in Italia dal 1945 sulle sorte dei prigionieri di guerra italiani in Russia ad indurre Mosca ad astenersi da un'energica azione rivendicativa sui criminali di guerra Italiani. (fonte CPI sulle cause dell'occultamento di fascicoli relativi ai crimini nazifascisti, cit, p.97).
Il viaggio del 2013, da Postojalyi a N.Karcowka
Immagini del mio primo trekking effettuato nel 2013... Domenica 20 gennaio - 2a tappa Km.17: da Postojalyi a Nova Karcowka. Nella steppa...
giovedì 8 giugno 2023
Invisibili
INVISIBILI - Le storie mai raccontate di chi ha aspettato per anni i dispersi della Campagna di Russia.
Un nuovo progetto prende forma a seguito del Cortometraggio dedicato ai caduti e ai dispersi della Campagna di Russia nell'80° anniversario delle ritirate verificatesi da dicembre 1942 a gennaio 1943.
Vogliamo raccontare una storia parallela a quella dei nostri soldati impegnati sul fronte orientale, una storia che forse in maniera così organica non è mai stata trattata: quella di chi aspettava a casa quei nostri ragazzi, quella di chi non li ha più visti tornare, quella di chi li ha aspettati per anni.
Una serie di interviste, raccolte in un unico progetto, ai parenti dei caduti e dispersi della Campagna di Russia in cui loro stessi raccontano la storia della loro famiglia, portano la loro testimonianza attraverso racconti, fotografie e documenti, la sofferenza di quei genitori, fratelli o figli che non hanno più visto ritornare a casa il loro figlio, il loro fratello o il loro padre.
Se hai una testimonianza viva ed autentica da raccontare e vuoi contribuire al progetto, scrivimi a questo indirizzo email 𝒅𝒂𝒏𝒊𝒍𝒐.𝒅𝒐𝒍𝒄𝒊𝒏𝒊@𝒈𝒎𝒂𝒊𝒍.𝒄𝒐𝒎
Un nuovo progetto prende forma a seguito del Cortometraggio dedicato ai caduti e ai dispersi della Campagna di Russia nell'80° anniversario delle ritirate verificatesi da dicembre 1942 a gennaio 1943.
Vogliamo raccontare una storia parallela a quella dei nostri soldati impegnati sul fronte orientale, una storia che forse in maniera così organica non è mai stata trattata: quella di chi aspettava a casa quei nostri ragazzi, quella di chi non li ha più visti tornare, quella di chi li ha aspettati per anni.
Una serie di interviste, raccolte in un unico progetto, ai parenti dei caduti e dispersi della Campagna di Russia in cui loro stessi raccontano la storia della loro famiglia, portano la loro testimonianza attraverso racconti, fotografie e documenti, la sofferenza di quei genitori, fratelli o figli che non hanno più visto ritornare a casa il loro figlio, il loro fratello o il loro padre.
Se hai una testimonianza viva ed autentica da raccontare e vuoi contribuire al progetto, scrivimi a questo indirizzo email 𝒅𝒂𝒏𝒊𝒍𝒐.𝒅𝒐𝒍𝒄𝒊𝒏𝒊@𝒈𝒎𝒂𝒊𝒍.𝒄𝒐𝒎
martedì 6 giugno 2023
Le fotografie di Mario Bagnasco, 36
Le fotografie di Mario Bagnasco, Primo Capo Squadra o Capo Squadra della Legione CC.NN. "Valle Scrivia".
"Krasno Orekhovo 11-12-42".
Questa fotografia è davvero un pezzo di storia... è stata scattata solo 5 giorni prima dell'inizio dell'operazione Piccolo Saturno contro le linee italiane.
"Krasno Orekhovo 11-12-42".
Questa fotografia è davvero un pezzo di storia... è stata scattata solo 5 giorni prima dell'inizio dell'operazione Piccolo Saturno contro le linee italiane.
Ricompense - 2° Corpo d'A. - 32° Btg. cc G. di S.
Ricompense al Valor Militare attribuite per le operazioni sul Fronte Russo, a cura di Carlo Vicentini, fonte UNIRR.
MOVM - Medaglia d'Oro al Valor Militare, MAVM - Medaglia d'Argento al Valor Militare, MBVM - Medaglia di Bronzo al Valor Militare, MOVM - Medaglia d'Oro al Valor Militare, CGVM - Croce di Guerra al Valor Militare.
2° CORPO D'ARMATA - 32° BATTAGLIONE CONTROCARRO GRANATIERI DI SARDEGNA.
MAVM Tenente CARELLA Antonino, alla memoria
MAVM Tenente ROSSI Marsilio, alla memoria
MAVM sergente RUBIMARCA Fernando, alla memoria
MAVM caporal maggiore ROGNONI Alessandro, alla memoria
MAVM caporale VESCO Benvenuto
MBVM Sottotenente CASCINO Vincenzo
MBVM Sottotenente CHITI Gianfranco
MBVM Sottotenente LEONETTI Lorenzo, alla memoria
MBVM sergente BLE' Jago, alla memoria
MBVM sergente COLETTI Marcello
MBVM sergente SIMONCELLI Luigi
MBVM caporale BARNI Walter
MBVM soldato CASALBONI Bruno
MBVM soldato CUCCAROLLO Antonio
MBVM soldato TESTI Catullo
MBVM soldato VALENTI Paolo
CGVM Capitano BALANI Libero
CGVM Tenente CALATI Italo
CGVM sergente CHIOSTRI Umberto
CGVM sergente SIMONCELLI Luigi
CGVM caporal maggiore PASSADESCO Antonio
CGVM caporale ESPOSITO Arturo
CGVM soldato BEDOTTI Enrico
CGVM soldato CERVINI Emilio
CGVM soldato COLECCHIA Aldo
CGVM soldato IMPERIOSI Tersilio
CGVM soldato NARDECCHIA Ferdinando
CGVM soldato PELLETTI Pietro
CGVM soldato RUBECCA Davide
CGVM soldato TONONI Osvaldo
MOVM - Medaglia d'Oro al Valor Militare, MAVM - Medaglia d'Argento al Valor Militare, MBVM - Medaglia di Bronzo al Valor Militare, MOVM - Medaglia d'Oro al Valor Militare, CGVM - Croce di Guerra al Valor Militare.
2° CORPO D'ARMATA - 32° BATTAGLIONE CONTROCARRO GRANATIERI DI SARDEGNA.
MAVM Tenente CARELLA Antonino, alla memoria
MAVM Tenente ROSSI Marsilio, alla memoria
MAVM sergente RUBIMARCA Fernando, alla memoria
MAVM caporal maggiore ROGNONI Alessandro, alla memoria
MAVM caporale VESCO Benvenuto
MBVM Sottotenente CASCINO Vincenzo
MBVM Sottotenente CHITI Gianfranco
MBVM Sottotenente LEONETTI Lorenzo, alla memoria
MBVM sergente BLE' Jago, alla memoria
MBVM sergente COLETTI Marcello
MBVM sergente SIMONCELLI Luigi
MBVM caporale BARNI Walter
MBVM soldato CASALBONI Bruno
MBVM soldato CUCCAROLLO Antonio
MBVM soldato TESTI Catullo
MBVM soldato VALENTI Paolo
CGVM Capitano BALANI Libero
CGVM Tenente CALATI Italo
CGVM sergente CHIOSTRI Umberto
CGVM sergente SIMONCELLI Luigi
CGVM caporal maggiore PASSADESCO Antonio
CGVM caporale ESPOSITO Arturo
CGVM soldato BEDOTTI Enrico
CGVM soldato CERVINI Emilio
CGVM soldato COLECCHIA Aldo
CGVM soldato IMPERIOSI Tersilio
CGVM soldato NARDECCHIA Ferdinando
CGVM soldato PELLETTI Pietro
CGVM soldato RUBECCA Davide
CGVM soldato TONONI Osvaldo
Italiani brava gente, parte 2
PREMESSA.
Questo nuovo studio che ho voluto intraprendere e successivamente pubblicare, non vuole gettare discredito sui nostri soldati (e 7 anni di pubblicazioni a ricordo e in loro onore ne sono la prova), ma esclusivamente raccontare una pagina di storia che li riguarda e che, penso volutamente, è stata in parte accantonata. Se questa è la verità, qualsiasi essa sia deve essere raccontata. Erano uomini e come tali soggetti anche ad azioni che oggi riteniamo riprovevoli, ma che vissute direttamente e sulla propria pelle, hanno un senso diverso e come tali vanno prese e non giudicate senza minimamente avere vissuto analoghe e così drammatiche esperienze. Anche tutto questo è raccontare la loro storia e le sofferenze provate.
Estratti dal libro "Criminali di guerra italiani - Accuse, processi e impunità nel secondo dopoguerra" di Davide Conti; libro che invito a leggere per intero per inquadrare al meglio il tema affrontato, anche considerando l'ampia trattazione dell'autore, relativamente agli altri fronti di guerra in cui si trovarono ad operare le nostre truppe.
La documentazione in possesso delle autorità italiane, ed in particolare quella dello stato Maggiore dell'Esercito relativa alle direttive ed ai rapporti sulle operazioni realizzate sul territorio, confermava come "non si potessero escludere" crimini del regio esercito in Urss in ordine a rappresaglie, rastrellamenti, operazioni di controguerriglia: "Viene segnalata la presenza di un gruppo di partigiani poco numeroso nella zona boscosa viciniore di Gorodischtsche. Occorre che detti partigiani siano catturati e distrutti. Pertanto codesto Comando disponga, che una compagnia di fucilieri rinforzata dal 1° plotone mitraglieri e dai 2 mortai da 81, domani mattina 3 agosto, partendo alle ore 3, dalla chiesa di Gorodischtsche si rechi sul posto per eseguire l'operazione [...] l'operazione di rastrellamento sarà diretta da un ufficiale superiore di codesto reggimento che avrà a sua disposizione [...] il capitano CC.RR. Piazza e due CC.RR. Il Generale Comandante Enrico Gazzale". (fonte ICSR Fondo Mario Palermo, b.54, fasc.259, circolare del Comando Divisione Fanteria Cosseria, 2 agosto 1942).
Le direttive complessive e le disposizioni indirizzate al "contegno" ed ai "provvedimenti di sicurezza" da parte dei Comandi dei Corpi d'Armata assumevano poi il significato dell'imposizione di un nuovo ordine militare coinvolgendo direttamente gli starosta, cioè i capivillaggio, all'interno della meccanica della repressione antipartigiana e della rappresaglia contro i civili: "L'ambiente nel quale è dislocato il Ca [Corpo d'Armata ndr] (paese di occupazione nemico) [...] è da ritenersi infido. Infatti frequenti sono i casi di aggressione e di atti di sabotaggio perpetrati dai partigiani e della popolazione civile [...] necessita perciò osservare scrupolosamente le norme regolamentari appositamente prescritte [...] Repressione. In caso di aggressione da parte dei partigiani immediata azione di repressione e rastrellamento diretta dal comando dell'unità viciniore nella cui zona o nel cui settore è avvenuto il fatto: - diffida agli starosta di segnalare, sotto pena di gravi rappresaglie e sanzioni, la presenza di partigiani nella zona; - nei paesi nei quali attualmente non vi sono starosta, i comandi di Gu interessati procedano alla nomina di nuovi starosta opportunamente scelti, facendoli responsabili delle mancate segnalazioni e delle aggressioni subite dalle nostre truppe [...] prenderò severissimi provvedimenti. Il generale di corpo d'Armata comandante G.Nasci. (fonte Circolare del Comando del Corpo d'Armata Alpino - Ufficio Operazioni - 2 agosto 1942 in L. Porcari "La Cuneense sulle fronti di guerra" in Istituto Storico della Resistenza di Cuneo e Provincia, "Gli italiani sul fronte russo", Bari, De Donato, 1982, pag.286).
Nelle zone dove i reparti italiani trovavano formazioni partigiane i militari del regio esercito procedevano, secondo le direttive diramate degli alti comandi, all'eliminazione fisica di quelli che venivano considerati banditi: "Dalle 14 di oggi è in corso un'operazione di rastrellamento di banditi segnalati nella zona bassa boscosa di Wissokyi: l'operazione è diretta dal capitano Casini del CC.RR. ed è condotta con le seguenti forze: 1° G.Fucilieri (11) dell'89° ftr. (quella dislocata a Iwanonka); 1 plt. Lanciafiamme, 1a Sez. CC.RR. Il Colonnello Capo di S.M. Giuseppe Stefanelli". (fonte ICSR Fondo Mario Palermo, b.54, fasc.259, stralcio del Diario Storico della Divisione Cosseria, 2 e 3 ottobre 1942).
Il governo italiano impostò la sua difesa negando, nella sostanza, l'intero complesso delle accuse formulate dalle commissioni regionali sovietiche, raccogliendo contemporaneamente una controdocumentazione che fosse in grado di indicare le truppe russe come responsabili di crimini contro i soldati Italiani.
Rispetto alle denunce di crimini nella città di Enakievo (Rikowo) che vedevano coinvolti il comandante della divisione "Torino" Roberto Lerici, il comandante della città di Enakievo Luigi Grappelli e Bernardo Giannetti la documentazione italiana affermava: "[...] gli accusati in effetti sono gen. Lerici Roberto, comandante della div. "Torino" dal 13 febbraio 1942; capo genio Grappelli Luigi, capitano addetto genio della div. "Torino" fino ai primi di dicembre del '41 e da quest'epoca incaricato di reggere l'ufficio Affari Civili dello stesso comando; ten.co. medico Giannetti Bernardo, capo ufficio Sanità del comando della div. "Torino". L'accusa, come si rileva dalla sintesi dell'atto della commissione della città di Enakievo (Rikowo) [...] consiste nell'aver promosso la distruzione di un molto ingente numero di stabilimenti sanitari esistenti nella città di Enakievo. (fonte ICSR Fondo Mario Palermo, b.54, fasc.256, "Promemoria sulle accuse mosse da parte russa ai militari italiani secondo quanto risulta dalla nota presentata dal rappresentante sovietico Kostylev al conte Sforza").
Da punto di vista dei danni arrecati alla città occupata e contestati dalla commissione sovietica, in particolare a strutture ospedaliere e di ricovero, le autorità italiane respinsero ogni accusa, collegando alcuni danni nell'ambito della battaglia, durata quindici giorni, per la conquista di Enakievo. La relazione Italiana sostenne inoltre che le locali strutture sanitarie, industriali e agricole fossero state danneggiate o distrutte dagli stessi russi nell'ambito di un'azione di difesa anti-italiana mirante a rendere inutilizzabili le infrastrutture della città una volta che essa fosse stata posta da sotto il controllo del regio esercito: "[...] la zona fu occupata inizialmente da reparti delle divisioni 3° Cedere e Pasubio e non dalla div. Torino. Nella zona, e specie in quella di Gorlowka, si combatté accanitamente per quindici giorni. [...] risulta che in questa zona, come del resto in tutte le altre dove i russi sono stati costretti a sgomberare, fabbriche, officine, ferrovie, impianti di qualsiasi genere e specie che potessero servire all'occupante, sono stati rinvenuti distrutti con scientifica meticolosità così come avevano prescritto le supreme autorità sovietiche". (fonte ICSR Fondo Mario Palermo, b.54, fasc.256, "Promemoria sulle accuse mosse da parte russa ai militari italiani secondo quanto risulta dalla nota presentata dal rappresentante sovietico Kostylev al conte Sforza", pp.4).
Questo nuovo studio che ho voluto intraprendere e successivamente pubblicare, non vuole gettare discredito sui nostri soldati (e 7 anni di pubblicazioni a ricordo e in loro onore ne sono la prova), ma esclusivamente raccontare una pagina di storia che li riguarda e che, penso volutamente, è stata in parte accantonata. Se questa è la verità, qualsiasi essa sia deve essere raccontata. Erano uomini e come tali soggetti anche ad azioni che oggi riteniamo riprovevoli, ma che vissute direttamente e sulla propria pelle, hanno un senso diverso e come tali vanno prese e non giudicate senza minimamente avere vissuto analoghe e così drammatiche esperienze. Anche tutto questo è raccontare la loro storia e le sofferenze provate.
Estratti dal libro "Criminali di guerra italiani - Accuse, processi e impunità nel secondo dopoguerra" di Davide Conti; libro che invito a leggere per intero per inquadrare al meglio il tema affrontato, anche considerando l'ampia trattazione dell'autore, relativamente agli altri fronti di guerra in cui si trovarono ad operare le nostre truppe.
La documentazione in possesso delle autorità italiane, ed in particolare quella dello stato Maggiore dell'Esercito relativa alle direttive ed ai rapporti sulle operazioni realizzate sul territorio, confermava come "non si potessero escludere" crimini del regio esercito in Urss in ordine a rappresaglie, rastrellamenti, operazioni di controguerriglia: "Viene segnalata la presenza di un gruppo di partigiani poco numeroso nella zona boscosa viciniore di Gorodischtsche. Occorre che detti partigiani siano catturati e distrutti. Pertanto codesto Comando disponga, che una compagnia di fucilieri rinforzata dal 1° plotone mitraglieri e dai 2 mortai da 81, domani mattina 3 agosto, partendo alle ore 3, dalla chiesa di Gorodischtsche si rechi sul posto per eseguire l'operazione [...] l'operazione di rastrellamento sarà diretta da un ufficiale superiore di codesto reggimento che avrà a sua disposizione [...] il capitano CC.RR. Piazza e due CC.RR. Il Generale Comandante Enrico Gazzale". (fonte ICSR Fondo Mario Palermo, b.54, fasc.259, circolare del Comando Divisione Fanteria Cosseria, 2 agosto 1942).
Le direttive complessive e le disposizioni indirizzate al "contegno" ed ai "provvedimenti di sicurezza" da parte dei Comandi dei Corpi d'Armata assumevano poi il significato dell'imposizione di un nuovo ordine militare coinvolgendo direttamente gli starosta, cioè i capivillaggio, all'interno della meccanica della repressione antipartigiana e della rappresaglia contro i civili: "L'ambiente nel quale è dislocato il Ca [Corpo d'Armata ndr] (paese di occupazione nemico) [...] è da ritenersi infido. Infatti frequenti sono i casi di aggressione e di atti di sabotaggio perpetrati dai partigiani e della popolazione civile [...] necessita perciò osservare scrupolosamente le norme regolamentari appositamente prescritte [...] Repressione. In caso di aggressione da parte dei partigiani immediata azione di repressione e rastrellamento diretta dal comando dell'unità viciniore nella cui zona o nel cui settore è avvenuto il fatto: - diffida agli starosta di segnalare, sotto pena di gravi rappresaglie e sanzioni, la presenza di partigiani nella zona; - nei paesi nei quali attualmente non vi sono starosta, i comandi di Gu interessati procedano alla nomina di nuovi starosta opportunamente scelti, facendoli responsabili delle mancate segnalazioni e delle aggressioni subite dalle nostre truppe [...] prenderò severissimi provvedimenti. Il generale di corpo d'Armata comandante G.Nasci. (fonte Circolare del Comando del Corpo d'Armata Alpino - Ufficio Operazioni - 2 agosto 1942 in L. Porcari "La Cuneense sulle fronti di guerra" in Istituto Storico della Resistenza di Cuneo e Provincia, "Gli italiani sul fronte russo", Bari, De Donato, 1982, pag.286).
Nelle zone dove i reparti italiani trovavano formazioni partigiane i militari del regio esercito procedevano, secondo le direttive diramate degli alti comandi, all'eliminazione fisica di quelli che venivano considerati banditi: "Dalle 14 di oggi è in corso un'operazione di rastrellamento di banditi segnalati nella zona bassa boscosa di Wissokyi: l'operazione è diretta dal capitano Casini del CC.RR. ed è condotta con le seguenti forze: 1° G.Fucilieri (11) dell'89° ftr. (quella dislocata a Iwanonka); 1 plt. Lanciafiamme, 1a Sez. CC.RR. Il Colonnello Capo di S.M. Giuseppe Stefanelli". (fonte ICSR Fondo Mario Palermo, b.54, fasc.259, stralcio del Diario Storico della Divisione Cosseria, 2 e 3 ottobre 1942).
Il governo italiano impostò la sua difesa negando, nella sostanza, l'intero complesso delle accuse formulate dalle commissioni regionali sovietiche, raccogliendo contemporaneamente una controdocumentazione che fosse in grado di indicare le truppe russe come responsabili di crimini contro i soldati Italiani.
Rispetto alle denunce di crimini nella città di Enakievo (Rikowo) che vedevano coinvolti il comandante della divisione "Torino" Roberto Lerici, il comandante della città di Enakievo Luigi Grappelli e Bernardo Giannetti la documentazione italiana affermava: "[...] gli accusati in effetti sono gen. Lerici Roberto, comandante della div. "Torino" dal 13 febbraio 1942; capo genio Grappelli Luigi, capitano addetto genio della div. "Torino" fino ai primi di dicembre del '41 e da quest'epoca incaricato di reggere l'ufficio Affari Civili dello stesso comando; ten.co. medico Giannetti Bernardo, capo ufficio Sanità del comando della div. "Torino". L'accusa, come si rileva dalla sintesi dell'atto della commissione della città di Enakievo (Rikowo) [...] consiste nell'aver promosso la distruzione di un molto ingente numero di stabilimenti sanitari esistenti nella città di Enakievo. (fonte ICSR Fondo Mario Palermo, b.54, fasc.256, "Promemoria sulle accuse mosse da parte russa ai militari italiani secondo quanto risulta dalla nota presentata dal rappresentante sovietico Kostylev al conte Sforza").
Da punto di vista dei danni arrecati alla città occupata e contestati dalla commissione sovietica, in particolare a strutture ospedaliere e di ricovero, le autorità italiane respinsero ogni accusa, collegando alcuni danni nell'ambito della battaglia, durata quindici giorni, per la conquista di Enakievo. La relazione Italiana sostenne inoltre che le locali strutture sanitarie, industriali e agricole fossero state danneggiate o distrutte dagli stessi russi nell'ambito di un'azione di difesa anti-italiana mirante a rendere inutilizzabili le infrastrutture della città una volta che essa fosse stata posta da sotto il controllo del regio esercito: "[...] la zona fu occupata inizialmente da reparti delle divisioni 3° Cedere e Pasubio e non dalla div. Torino. Nella zona, e specie in quella di Gorlowka, si combatté accanitamente per quindici giorni. [...] risulta che in questa zona, come del resto in tutte le altre dove i russi sono stati costretti a sgomberare, fabbriche, officine, ferrovie, impianti di qualsiasi genere e specie che potessero servire all'occupante, sono stati rinvenuti distrutti con scientifica meticolosità così come avevano prescritto le supreme autorità sovietiche". (fonte ICSR Fondo Mario Palermo, b.54, fasc.256, "Promemoria sulle accuse mosse da parte russa ai militari italiani secondo quanto risulta dalla nota presentata dal rappresentante sovietico Kostylev al conte Sforza", pp.4).
martedì 30 maggio 2023
Libri: "DON"
La storia è ispirata all’epopea di Rinaldo Battistutti - nonno dell’autore - prima, durante e dopo la guerra sul fronte orientale, verso il quale partì come Artigliere alpino della Julia. Eroi dimenticati, i reduci di Russia, eroi sottoposti a una damnatio memoriae moderna, vuoi per gli scopi del regime, vuoi per la classica memoria corta degli italiani. Alcuni sono tornati, altri sono rimasti là in fosse comuni. Di molti non si conosce ancora la sorte.
Il progetto nasce da una ricerca iniziata una ventina di anni fa, che aveva il semplice obiettivo di scoprire qualcosa in più sulla sorte di mio nonno - spiega Alberto Battistutti - da sempre considerato disperso dopo gli eventi bellici che hanno visto coinvolti decine di migliaia di italiani sul fronte russo nell’inverno del 1942-43.
Era il 2000, quando il governo russo aprì i suoi archivi segreti, rendendo di fatto pubblico che molti dei nostri connazionali, fino a quel momento considerati dispersi, erano invece periti di fame, freddo e stenti nei campi di prigionia o durante il tragitto verso di essi.
Come molte altre famiglie - aggiunge Alberto -, anche noi ricevemmo la fatidica lettera dal Ministero della Difesa, che dette il via a quella che inizialmente era solo una mera attività di studio. La vicenda mi colpì a tal punto che iniziai a scriverla - aggiunge Alberto.
Come molti sapranno, Don era il fiume difeso dagli italiani in quel periodo, un nome che all’interno del racconto ricopre molteplici significati: per chi venne mandato a combattere era il fronte; per i reduci è stato sinonimo di ritirata; per le famiglie a casa era una sola e semplice parola, che simboleggiava un posto remoto da cui i propri cari non sono più tornati.
La trama vede intrecciarsi tre diversi punti di vista: quello di Rinaldo e dei suoi commilitoni durante il gelido inverno russo, quello della moglie Eleonora che cerca di comunicargli della sua gravidanza e, successivamente, quello del figlio Giovanni e della sua ricerca del padre disperso. Ironia della sorte, Giovanni nacque il 15 gennaio del 1943, lo stesso giorno in cui i russi attaccarono il quartier generale degli Alpini, segnando di fatto l’inizio del periodo più duro per i nostri cari, fatto di marce forzate nella neve, senza cibo né equipaggiamento, che ha portato i più sfortunati a morire di stenti nella ritirata o nei campi di prigionia.
La trama: siamo nel gennaio 1943, Rinaldo e i suoi compagni Alpini cercano riparo in un’isba sperduta sul gelido fronte del Don. Gli uomini sono feriti, malati, semicongelati. Tre anni prima lui e l’amico fraterno Mario, semplici operai friulani delle ferrovie, apprendono dell’imminente ingresso in guerra dell’Italia. La notizia è colta con entusiasmo da Mario, il quale parte fiero per adempiere al suo dovere in Grecia. Rinaldo, riluttante a servire di nuovo dopo la Campagna d’Africa, rimane inizialmente a casa, salvo essere richiamato a causa delle perdite subite dalla divisione Julia. Salutata la moglie Eleonora, sale sulla tradotta per la Russia assieme al giovane Angelo, che prende sotto la sua ala.
Mentre gli Alpini si adattano alla nuova vita, Eleonora scopre di essere incinta e prova a contattare il marito, invano. Nonostante le attività dei partigiani e i movimenti della linea facciano pensare a un imminente sfondamento nemico, Rinaldo rifiuta una licenza e rimane con la sua unità, le salmerie dell’artiglieria, subendo così il devastante attacco che obbliga l’intero Corpo a iniziare le operazioni di ritirata.
In Italia, Eleonora dà alla luce Giovanni; in Russia, il marito e i suoi amici capiscono ben presto di essere intrappolati in una sacca assieme alle altre forze dell’Asse. Senza rifornimenti, né equipaggiamento adeguato, i soldati marciano nella steppa, braccati da un nemico che non lascia scampo. Rinaldo accoglie casualmente Mario nell’isba in cui si rifugiano per la notte ed è quest’ultimo, assieme a pochi altri, che rientra a casa.
Negli anni a seguire, l’angoscia per la sorte del marito disperso consuma Eleonora, che continua a lasciare la porta di casa aperta fino al giorno della sua morte. Giovanni invecchia cercando la verità sul padre fino a quando, nei primi anni 2000, riceve una lettera dal Ministero della Difesa con le risposte ai suoi quesiti.
Il libro è acquistabile a questo link https://www.amazon.it/dp/B0BP9RSGJV?utm_source=Facebook&utm_medium=Post&utm_campaign=Don
Il progetto nasce da una ricerca iniziata una ventina di anni fa, che aveva il semplice obiettivo di scoprire qualcosa in più sulla sorte di mio nonno - spiega Alberto Battistutti - da sempre considerato disperso dopo gli eventi bellici che hanno visto coinvolti decine di migliaia di italiani sul fronte russo nell’inverno del 1942-43.
Era il 2000, quando il governo russo aprì i suoi archivi segreti, rendendo di fatto pubblico che molti dei nostri connazionali, fino a quel momento considerati dispersi, erano invece periti di fame, freddo e stenti nei campi di prigionia o durante il tragitto verso di essi.
Come molte altre famiglie - aggiunge Alberto -, anche noi ricevemmo la fatidica lettera dal Ministero della Difesa, che dette il via a quella che inizialmente era solo una mera attività di studio. La vicenda mi colpì a tal punto che iniziai a scriverla - aggiunge Alberto.
Come molti sapranno, Don era il fiume difeso dagli italiani in quel periodo, un nome che all’interno del racconto ricopre molteplici significati: per chi venne mandato a combattere era il fronte; per i reduci è stato sinonimo di ritirata; per le famiglie a casa era una sola e semplice parola, che simboleggiava un posto remoto da cui i propri cari non sono più tornati.
La trama vede intrecciarsi tre diversi punti di vista: quello di Rinaldo e dei suoi commilitoni durante il gelido inverno russo, quello della moglie Eleonora che cerca di comunicargli della sua gravidanza e, successivamente, quello del figlio Giovanni e della sua ricerca del padre disperso. Ironia della sorte, Giovanni nacque il 15 gennaio del 1943, lo stesso giorno in cui i russi attaccarono il quartier generale degli Alpini, segnando di fatto l’inizio del periodo più duro per i nostri cari, fatto di marce forzate nella neve, senza cibo né equipaggiamento, che ha portato i più sfortunati a morire di stenti nella ritirata o nei campi di prigionia.
La trama: siamo nel gennaio 1943, Rinaldo e i suoi compagni Alpini cercano riparo in un’isba sperduta sul gelido fronte del Don. Gli uomini sono feriti, malati, semicongelati. Tre anni prima lui e l’amico fraterno Mario, semplici operai friulani delle ferrovie, apprendono dell’imminente ingresso in guerra dell’Italia. La notizia è colta con entusiasmo da Mario, il quale parte fiero per adempiere al suo dovere in Grecia. Rinaldo, riluttante a servire di nuovo dopo la Campagna d’Africa, rimane inizialmente a casa, salvo essere richiamato a causa delle perdite subite dalla divisione Julia. Salutata la moglie Eleonora, sale sulla tradotta per la Russia assieme al giovane Angelo, che prende sotto la sua ala.
Mentre gli Alpini si adattano alla nuova vita, Eleonora scopre di essere incinta e prova a contattare il marito, invano. Nonostante le attività dei partigiani e i movimenti della linea facciano pensare a un imminente sfondamento nemico, Rinaldo rifiuta una licenza e rimane con la sua unità, le salmerie dell’artiglieria, subendo così il devastante attacco che obbliga l’intero Corpo a iniziare le operazioni di ritirata.
In Italia, Eleonora dà alla luce Giovanni; in Russia, il marito e i suoi amici capiscono ben presto di essere intrappolati in una sacca assieme alle altre forze dell’Asse. Senza rifornimenti, né equipaggiamento adeguato, i soldati marciano nella steppa, braccati da un nemico che non lascia scampo. Rinaldo accoglie casualmente Mario nell’isba in cui si rifugiano per la notte ed è quest’ultimo, assieme a pochi altri, che rientra a casa.
Negli anni a seguire, l’angoscia per la sorte del marito disperso consuma Eleonora, che continua a lasciare la porta di casa aperta fino al giorno della sua morte. Giovanni invecchia cercando la verità sul padre fino a quando, nei primi anni 2000, riceve una lettera dal Ministero della Difesa con le risposte ai suoi quesiti.
Il libro è acquistabile a questo link https://www.amazon.it/dp/B0BP9RSGJV?utm_source=Facebook&utm_medium=Post&utm_campaign=Don
Le fotografie di Mario Bagnasco, 35
Le fotografie di Mario Bagnasco, Primo Capo Squadra o Capo Squadra della Legione CC.NN. "Valle Scrivia".
"Il viadotto è saltato e la marcia continua agosto 1942".
"Il viadotto è saltato e la marcia continua agosto 1942".
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