martedì 7 giugno 2022

Racconti di Russia, la Divisione Vicenza

Un'altra testimonianza tratta dal libro "Nikolajewka: c'ero anche io" a cura di Giulio Bedeschi. Colonello Giulio Cesare Salvi, Comandante 277° Reggimento Fanteria, Divisione di Fanteria Vicenza.

Una mia piccola premessa, anzi due... 1) la povera Divisione di Fanteria Vicenza ha seguito tutto l'itinerario delle divisioni alpine ma è pressoché dimenticata; personalmente la voglio ricordare con questa bella testimonianza; 2) queste le parole del Comandante che troverete di seguito nella testimonianza e che devono fare riflettere su quanto avvenne in terra di Russia... "Penso ancora con sdegno all'incendio di un magazzino di passamontagna. I miei soldati sono stati un mese in linea sul Don senza di essi, perché mi era stato detto che non c'erano disponibilità".

Dopo il 15 dicembre la Vicenza è destinata a sostituire in parte la Julia sul Don, mentre il I/277° rinforzato dalla compagnia cannoni reggimentale, deve sostituire il Battaglione sciatori Monte Cervino nella difesa sud-est di Rossoch. Si hanno i primi morti a Semejki, Husinki, sulla penisola “Beltrame” e sugli altri caposaldi.

La situazione peggiora. Il 15 gennaio ‘43 il I/277° dislocato alla difesa di Rossoch, viene travolto dei carri armati russi e pochissimi ufficiali e soldati riescono a sfuggire. Lo stesso giorno i carri armati entrano in Rossoch e il comando del C.A.A. ripiega verso nord a Podgornoje. In linea non si ha ancora la sensazione precisa della gravità della situazione. Il giorno 17 il C.A.A. ha ricevuto ordine di ripiegare verso ovest; avverte le divisioni che devono considerarsi come operanti in alta montagna, distruggendo e abbandonando tutti gli automezzi.

La Vicenza che aveva i suoi battaglioni dispersi lungo tutto il fronte del C.A.A., i quadrupedi in nuclei sparsi nell'ampio settore, quindi praticamente priva di mezzi, deve raccogliersi in valle Rossoch e costituire fiancheggiamento prima, retroguardia poi, alla divisione Tridentina che, fuori dalle piste, muove verso Podgornoje.

Nella notte sul 18 i reparti della Vicenza largamente intervallati, spezzettati da mille contrarietà, iniziano il loro movimento verso ovest. La tragedia ha inizio. Marcia lenta, penosa, col fardello minimo indispensabile di qualche galletta e scatoletta. L'ordine parla di viveri per quattro giorni, ma non è possibile eseguirlo. Penso ancora con sdegno all'incendio di un magazzino di passamontagna. I miei soldati sono stati un mese in linea sul Don senza di essi, perché mi era stato detto che non c'erano disponibilità.

Postojalyi presenta un tremendo spettacolo di morte e devastazione. Ovunque cadaveri russi, qualche alpino, qualche fante, carogne di muli uccisi dal ferro e dal gelo. Superato Postojalyi e dopo breve sosta a Nowo Karkowka la Vicenza raggiunge nella notte sul 22 Limarew, mentre la Tridentina sta per lasciare il paese. Incendi, devastazione, morte ovunque e sempre. Nello stesso pomeriggio, il 277° Reggimento riceve ordine di portarsi in testa alla colonna Vicenza che, sempre come retroguardia della Tridentina, deve puntare su Scheljakino e proseguire oltre.

A Warwarowka, per testimonianza di diversi scampati, rientrati successivamente nella colonna rimasta ai miei ordini, si sono svolti nei giorni 23 e 24 gennaio, combattimenti sanguinosissimi. Il 1° Gruppo dell'artiglieria a cavallo, dopo aver sparato sino all'ultimo colpo contro i carri armati russi, inchioda i pezzi. Fanti del II/277° alzando le torrette di due carri armati, immobilizzano gli equipaggi a colpi di bombe a mano.

Gli alpini del Morbegno confermano la loro eroica tradizione. Non c'è dubbio che lo scopo assegnato durante il ripiegamento del Corpo d'Armata Alpino alla Divisione Vicenza sia stato, a costo di perdite gravissime, pienamente raggiunto. Le forze nemiche trattenute, impegnate, logorate per oltre sette giorni consecutivi, non hanno potuto gettarsi nella scia della Tridentina che procedeva in testa lottando eroicamente contro le forze nemiche che aveva di fronte. Ma il sacrificio quasi totale della Divisone Vicenza a favore del Corpo d'Armata Alpino nei primi sette giorni della durissima vicenda, non è stato né valutato né ricordato da nessuno.

Occorre pensare che i reparti della Vicenza, a differenza di quegli alpini, non disponevano di quadrupedi né di slitte. Che costituendo retroguardia la Vicenza lungo l'itinerario della Tridentina, non riusciva a trovare quasi nulla di che vettovagliarsi.

Voglio ricordare gli eroici fatti d’arme di Nikitowka e Nikolajewka che per essere avvenuti al termine della residua capacità combattiva dei reparti, meritano un particolare rilievo. Nel primo e nel secondo episodio i fanti superstiti della Vicenza che avevano serrato sotto ai compagni della Tridentina non furono solamente spettatori. Infatti, virgola verso le 15 circa del 26 gennaio, attraverso il maggiore Di Leo, sottocapo di stato maggiore della Tridentina, ricevetti richiesta dal generale Reverberi di inviare uomini per l'estremo attacco a Nikolajewka. Riunii così circa cento fanti, che vennero impiegati con gli alpini…

P.S. l'immagine è relativa al monumento dedicato proprio alla Divisione Vicenza presente a Milano, fatto erigere a proprie spese da Letterio "Lillo" Mangano, soldato della Divisione, scampato alla morte, e memore delle migliaia di commilitoni caduti sul campo di battaglia e durante la tragica ritirata del Don.

RICCARDO

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