venerdì 30 dicembre 2022

Ricordi, parte 18

La Russia quella della neve, quella del freddo, quella del passo dopo passo senza mai arrivare, quella dove entri un villaggio e le persone ti aprono la porta di casa per farti scaldare e darti da bere, quella della gente che ti riconosce per strada e seppur all'epoca eravamo invasori ti saluta e ti sorride, quella che mi manca ogni volta che arriva l'inverno.

Cronaca di una sconfitta annunciata, 30.12.42

Cronaca di una sconfitta annunciata; dall'11 dicembre 1942 al 31 gennaio 1943, giorno per giorno, la cronistoria dell'ARMIR durante l'offensiva sovietica "Piccolo Saturno". Tratto da "Le operazioni delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943), edito dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

30 DICEMBRE.

BLOCCO SUD.

Al mattino del 30 dicembre il movimento sembrava svolgersi regolarmente, quando una puntata di carri armati sovietici si abbatteva su unità romene unitesi alla colonna italiana. Le unità italiane non ancora incolonnate dovevano adottare misure di emergenza per arrestare il disordinato flusso del numeroso carreggio romeno e riuscivano anche a distruggere tre carri armati del nemico. Il movimento veniva ripreso all'imbrunire; verso le ore 22 la colonna, ormai composta di soli italiani, raggiungeva Gorodjanka e Tessa Ulof. In quest'ultima località il Comando della Sforzesca riconsegnava ai reggimenti le rispettive bandiere, precedentemente ritirate per meglio assicurarne la conservazione. Inoltre il Comandante del XXIX Corpo d'Armata, Generale von Obstfelder, si recava a salutare i reparti italiani che lasciavano la Grande Unità tedesca ed emanava un Ordine del Giorno di commiato e di ringraziamento.

BLOCCO NORD.

II 30 dicembre le forze nemiche assedianti ricevevano rinforzi e rifornimenti.

FRONTE DEL CORPO D'ARMATA ALPINO.

All'alba del 30 dicembre, dopo lunga preparazione d'artiglieria e con l'appoggio di 25 carri armati, il nemico attaccava nuovamente il fronte del battaglione Tolmezzo (6a compagnia), puntando sulla rotabile Novo Kalitva-Komarof. Contenuto in primo tempo dal preciso fuoco delle armi automatiche e dell'artiglieria, l'attacco veniva ripreso verso le 6,30 con largo appoggio d'artiglieria e a ondate successive sempre respinte. Alle ore 8 i russi erano costretti a ripiegare in disordine. Frattanto l'operazione avversaria si estendeva verso sud contro le posizioni tenute dalla 385a Divisione (quota Cividale). Ancora il battaglione Tolmezzo e le artiglierie italiane concorrevano all'azione difensiva dei tedeschi, ma il nemico riusciva a conquistare la posizione. Interveniva allora un contrattacco del battaglione Gemona che ristabiliva la situazione. La lotta durava per l'intera giornata su posizioni conquistate e perdute più volte.

Anche le posizioni del 9° alpini (battaglione Vicenza), a cavallo della strada Deresovatka-Selenj Jar, erano violentemente attaccate fino dalle prime ore del mattino, da circa due battaglioni sovietici. Alle 7,30 comparivano sul campo della lotta, in appoggio alla fanteria sovietica, anche carri armati, dei quali alcuni pesanti. Nella lotta ravvicinata quattro di essi erano posti fuori combattimento. Verso le ore 10, poiché la situazione si era fatta critica anche sul fronte della 385a Divisione, veniva richiesto l'intervento aereo tedesco, effettuato alle 11,45 ad ondate successive di tre apparecchi, che spezzonavano e mitragliavano le forze avversarie. Un contrattacco svolto dalla 59a compagnia del battaglione Vicenza a sud del quadrivio di Selenj Jar, appoggiato da 4 semoventi e 6 carri armati tedeschi, riusciva a respingere il nemico dopo lunga lotta; alle ore 18 la situazione era ristabilita.

Sospesa per alcune ore notturne, la lotta si riaccendeva il 31 dicembre prima dell'alba, nella stessa direzione del giorno precedente, e il nemico attaccava su due colonne (ciascuna circa di un battaglione) appoggiate da 18 carri armati. La difesa, nella quale erano stati inseriti anche gli artieri del III battaglione misto genio divisionale, dopo un primo successo nemico, conteneva l'attacco e, con un pronto contrattacco, alle 8,40 ristabiliva la situazione, infliggendo al nemico gravi perdite in uomini e carri armati. Un ritorno offensivo sovietico alle 12,45 era nuovamente respinto.

DIFESA Dl VOROSCILOVGRAD E Dl UN ALTRO SETTORE SUL DONEZ.

Alla sera del 30 dicembre la Ravenna e le altre forze italiane ad essa unite venivano sostituite dal gruppo tedesco Schramm. La Divisione passava alle dipendenze operative della Sezione di Armata Fretter Pico, per assumere la difesa di un altro settore.

Ritorno sul Don, parte 5

Tutto il materiale proposto fa riferimento all'articolo 70 comma 1 della legge numero 633 del 22 Aprile 1941 che cita "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali".

Finalmente, dopo le mie risposte, l'ambiente si rasserena e, sempre lui, ci racconta che «allora» era qui e aveva quattordici anni. Mi sembra di rivederlo in uno di quei ragazzi che con un parabellum di traverso il petto o un fucile più alto di loro operavano con i partigiani. Ricorda gli italiani e il loro ultimo combattimento quando furono circondati dalla cavalleria cosacca; i prigionieri. Ricorda che cantavano, anche. [...]

- Le so, queste cose, - dico. Di sua iniziativa mi dice che i nostri morti sono stati sepolti in una fossa fuori dal paese, verso la steppa. Forse questo sarà anche vero, ma so per certo che a Nikolajevka tutti i nostri morti li hanno raccolti davanti alla chiesa, cosparsi di benzina e inceneriti: non era possibile scavare una fossa perché il terreno era gelato in profondità, duro come la pietra. [...]

Mi chiede del mio paese, dell'Italia, di come si vive. Rimane molto stupito quando gli spiego che da noi, sulle montagne, viene tanta neve e qualche inverno arriviamo ai trenta gradi sotto zero. Mi nomina qualche città: Torino, Milano, Napoli, Roma, e mi chiede quale di queste è più vicina al mio paese. [...]

Fa portare al tavolo una carta geografica della zona, la confronta con la nostra carta stradale della Russia, con le mie italiane e gli dico dove intendo andare. Ma in nessuna carta russa è segnato il nome che cerco: Nikolajevka. C'è solo sulle carte italiane. - Ma non esiste questo paese? - dico. - Ma qui c'è pure Nikitòvka e Arnautòvo -. Noi abbiamo sempre pronunciato in maniera sbagliata: c'è, mi dicono, Nikitòva e Arnàutovo. Le due carte russe non corrispondono, le tre italiane nemmeno. [...]

Due membri del Soviet di Valuichi si offrono di accompagnarci verso la pista che porta a Nikitovka e Arnautovo: - Andiamo, - dico, - si fa tardi -. Poi penso tra me: «Da li la strada per Nikolajevka la troverò io. Diavolo se la troverò!». [...] Finalmente incontriamo delle isbe e Larissa chiede la strada per Nikolajevka: - Non so, - ci rispondono. Oppure: - Mai sentito nominare questo paese. Mi viene il dubbio che il nome sia quello del tempo degli zar, Nicola, appunto, e prego Larissa di chiedere ai più vecchi. Non lo sanno nemmeno loro. Non c'è.

Larissa e Jurij sono preoccupati. Ma dove ci vuole portare questo pazzo di italiano? Alla ricerca di un paese che non esiste? Allora prendo io l'iniziativa: controllo i chilometri fatti da Valuichi, guardo le carte, il sole: - Vai per di qua, - dico a Jurij. E dopo: - Prendi per quella traccia. [...] Ma laggiù, tra pochi alberi coi colori dell'autunno, in un grande silenzio, due villaggi sembrano confondersi e impastarsi con l'aria e la terra: Nikitova e Arnautovo. Non mi posso sbagliare. No, non mi sono sbagliato. Cammino fuori dalla pista. Capitano Grandi del Tirano, dormi in questa pace. Ti porto i saluti dei superstiti del tuo battaglione, di Nuto Revelli e di tutti gli alpini della Tridentina. Dormite in pace amici valtellinesi, in questo silenzio, in questa terra nera, in questo autunno dolcissimo. [...]

Da sopra il dosso mi appare come allora. Non riesco a dire di fermare la macchina ma Jurij ha capito. Le mie mani a stento aprono la porta, a stento i piedi si posano sul terreno. Cammino? Cammino verso Nikolajevka. Il dosso. Questo dosso dove siamo scesi la mattina del 26 gennaio. I resti dei battaglioni, delle compagnie, delle squadre del 6° alpini. Il Vestone, la 55: la valletta ricolma di neve, il terrapieno della ferrovia, il sottopassaggio, il casello. Giuanin, Minelli, il capitano, il tenente Pendoli, i russi vestiti di bianco con le due mitragliatrici, i cannoni anticarro che i paesani del genio alpino hanno assaltato a bombe a mano. Tutto. Tutto come allora. [...]

Quanti siamo rimasti? Forse in due, forse in quattro con loro. Guardo e non sono capace di dire una parola, di fare un gesto. Rino, Raoul, Giuanin. il generale Martinat, il colonnello Calbo, Moreschi, Tourn, il tenente Danda, il maggiore Bracchi, Monchieri, Cenci, Baroni, Moscioni, Novello, don Carlo Gnocchi. Tutti qui eravamo.

Ricordi, parte 17

Gennaio 2023... avrei dovuto ripartire, la settima volta, per la Russia, avrei dovuto essere là proprio negli stessi giorni in cui 80 anni fa Mario Rigoni Stern, Raoul Achilli e tutti gli altri scrivevano le pagine di storia di cui parlo in questa pagina.

E invece non accadrà neanche quest'anno e per chissà quanti anni a venire. Mi manca la Russia, mi manca tutto di quei giorni in cui si cammina nel nulla per ore, come se fossimo in un altro mondo e in un'altra epoca. Mi manca tutto quello che c'è lì... il niente della Russia.

Il rumore degli scarponi nella neve che tanto mal tolleravano i reduci nei loro racconti, a me manca. Quel freddo mi manca. Certo, non penserei le stesse cose se avessi vissuto quello che hanno passato loro; ho la fortuna di non averlo provato sulla mia pelle...

Come ho scritto anche in passato è più un viaggio dello spirito che del corpo. La sofferenza interiore è sempre maggiore alla stanchezza fisica. Ma è quello che in ogni viaggio cerco, quasi in modo masochistico. Sentire, capire, ricordare...

Durante il viaggio in treno verso Rossoch il primo anno che sono stato in Russia, ricordo come cercavo di non addormentarmi per non perdermi neanche un istante di quei paesaggi sempre uguali, sempre bianchi, che scorgevo dal finestrino... volevo trovare qualche dettaglio di quei tanti racconti letti nei libri dei reduci.

E poi la neve e il freddo, e i chilometri in un paesaggio sempre uguale, monotono, bianco, dove terra e cielo quasi non si distinguono, dove non si capisce quando termina l'una ed inizia l'altro. Con quel senso di solitudine che l'immensità della Russia riesce a trasmetterti ad ogni passo.

Una settimana prima nella mia vita normale, monotona rispetto alle emozioni della Russia; poi, una settimana dopo lì a chilometri di distanza, in mezzo a quel mare di neve, la stessa neve di cui avevo tanto letto nei libri di Rigoni Stern e di Bedeschi.

Cammini, ti fermi, ti stacchi dalle altre persone quasi per ritagliarti un momento solo tuo; per scattare mentalmente quelle "fotografie" che poi ti porti sempre dietro anche a distanza di mesi o anni; dettagli che ricordi quando torni alla tua vita normale, di tutti i giorni.

Mi manca tutto, mi mancherà ancora di più nei prossimi giorni. E anche quest'anno che verrà non sarò lì con loro...

giovedì 29 dicembre 2022

Cronaca di una sconfitta annunciata, 29.12.42

Cronaca di una sconfitta annunciata; dall'11 dicembre 1942 al 31 gennaio 1943, giorno per giorno, la cronistoria dell'ARMIR durante l'offensiva sovietica "Piccolo Saturno". Tratto da "Le operazioni delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943), edito dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

29 DICEMBRE.

FRONTE DEL CORPO D'ARMATA ALPINO.

Nella notte sul 29 e nella giornata seguente le compagnie in linea venivano sostituite da altre dei battaglioni Vicenza e Val Cismon. Il valoroso comportamento dell'intera Divisione era citato dal bollettino di guerra del Gran Quartier Generale tedesco: «Nei combattimenti della grande ansa del Don si è particolarmente distinta la Divisione alpina Julia».

Ritorno sul Don, parte 4

Tutto il materiale proposto fa riferimento all'articolo 70 comma 1 della legge numero 633 del 22 Aprile 1941 che cita "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali".

Lasciamo Charkov al primo albore perché la strada sarà molto lunga. Dopo circa centocinquanta chilometri di camionabile asfaltata ci inoltreremo per piste di terra battuta sino a raggiungere Valuiki, poi piegheremo a nord-est per Nikitovka e Arnautovo, e da li, per Nikolajevka lungo la strada del nostro ripiegamento, ritorneremo a Charkov per Sebekino e Bielgorod. [...]

Più avanti entriamo in quella parte dell'Ucraina meno abitata, i villaggi sono lontani tra di loro decine di chilometri; a tratti, dopo le distese di terra nera e grassa, affiorano colline biancheggianti solcate dai calanchi; le isbe hanno quasi tutte il tetto di paglia; le strade sono piste di terra battuta, come allora, e, ai lati di queste, ogni tanto compaiono i lunghi pagliai dove avevano trebbiato nell'estate. Era sui pagliai come questi che molte notti si cercava riparo dal freddo e dalla tormenta; [...] Spiego questo sottovoce a mia moglie ma anche Larissa ha capito qualcosa e chiede spiegazioni. In russo-francese tento di farmi capire e l'autista che segue attentamente le mie parole dice dopo: - Anch'io ho combattuto da queste parti; da Voronesc a Valuichi nell'inverno del '43. Davanti a noi avevamo gli ungheresi; ma poi ho visto anche gli italiani. [...]

Finalmente incontriamo una tabella che indica Valuichi a quarantatré chilometri. Ci arriviamo dopo l'una e quando scendo dalla macchina sento che ora, si proprio ora, sono tra loro. Tra gli alpini, dico. E mi allontano dal gruppo per una strada qualsiasi. Quasi mi viene da chiamare nomi. Qui, tra queste case, per queste strade, per questi orti finirono i resti della Julia e della Cuneense tra il 26 e il 28 gennaio del 1943. I paesani e i ragazzi mi guardano curiosi: - Chi sarà questo straniero dal passo incerto?

Mia moglie mi chiama e anche Larissa e Jurij mi fanno cenno di ritornare. Nel ristorante del Soviet locale è pronto da mangiare per noi. Ma io prima mi aggiro ancora, solo, attorno alla chiesa bianca e celeste dove vecchie contadine sono forse venute in pellegrinaggio dalla campagna. [...] Finché mia moglie e Jurij mi vengono a prendere perché la tavola è già imbandita e la solianka va raffreddandosi. La nostra colazione non è ancora terminata che viene da noi un uomo con gli occhiali; ci dice: - Il segretario del Soviet di Valuichi vi aspetta nella sede; vi prego, quindi, appena avete finito, di seguirmi. [...]

L'accompagnatore con gli occhiali e dall'aria di seminarista, senza bussare apre una porta e ci fa entrare. Mi accorgo che con noi non c'è Jurij e mi sento come indifeso; sento pure la preoccupazione di mia moglie e la improvvisa remissività di Larissa.

Stava dietro una scrivania e dietro, sopra la parete campeggiavano un ritratto di Lenin e una bandiera rossa ricamata con simboli in oro. Con un gesto ci indica una panca laterale dove sederci; di fronte a noi, sull'altra panca, stanno seduti l'uomo che che è venuto a chiamarci e un altro uomo più anziano dall'aria bonaria di fabbro paesano. Senza farsi vedere dagli altri, mi sorride con gli occhi. [...]

mercoledì 28 dicembre 2022

Il viaggio del 2013, da Podgornoje a Postojalyi

Immagini del mio primo trekking effettuato nel 2013... Sabato 19 gennaio - 1a tappa Km.29: da Podgornoje a Opit, a Postojalyi. Arrivo al villaggio di Opit dove nel gennaio 1943 si verificarono i primi significativi scontri della colonna in ritirata. Vivremo qui, senza ancora saperlo, alcuni dei momenti più intensi e significativi di questa memorabile esperienza.









Cronaca di una sconfitta annunciata, 28.12.42

Cronaca di una sconfitta annunciata; dall'11 dicembre 1942 al 31 gennaio 1943, giorno per giorno, la cronistoria dell'ARMIR durante l'offensiva sovietica "Piccolo Saturno". Tratto da "Le operazioni delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943), edito dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

28 DICEMBRE.

BLOCCO SUD.

Alla mezzanotte del 28 era finalmente raggiunto lo schieramento tedesco. L'affollamento ai varchi per raggiungere più presto la salvezza ed il riposo, faceva sì che alcuni uomini uscissero dai limiti stabiliti e rimanessero vittime dei campi minati predisposti a difesa. I superstiti si raccoglievano nella zona Michajlovskij - Nadeshovka, e vi sostavano per l'intera giornata del 29.

BLOCCO NORD.

Il 28 dicembre un aereo italiano effettuava un lancio di viveri, medicinali e munizioni per armi leggere. Nel pomeriggio del 29 dicembre giungevano in aereo il Comandante dell'aviazione dell'8a Armata, Generale Pezzi, ed il Colonnello medico Bocchetti, ai quali era esposta la situazione in atto. Nel viaggio di ritorno l'aereo andava disperso.

Ritorno sul Don, parte 3

Tutto il materiale proposto fa riferimento all'articolo 70 comma 1 della legge numero 633 del 22 Aprile 1941 che cita "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali".

Ora sono venuto in Russia per la terza volta. Il treno è entrato in Ucraina e corre via liscio e veloce; a Cop, mentre ci controllavano i passaporti, gli operai hanno cambiato i carrelli ai vagoni e ora non si sentono più i sobbalzi e gli scossoni che nell'attraversare l'Ungheria ti mescolavano il cervello e le viscere. Allora i treni non facevano questa strada, passavano più a nord, per la Cecoslovacchia e la Polonia. Da Leopoli si che sarà la stessa. Sarò forse il primo alpino che ritornerà in quei luoghi dopo trent'anni. Come sarà? Il treno corre tra i boschi della Transcarpazia, ricordo i miei due viaggi precedenti, i compagni di allora. In silenzio guardo le cittadine e i villaggi con i camini che fumano, le oche negli stagni, i vagoni che sfilano nelle ampie curve. [...]

È notte, mia moglie prepara i lettini nella cabina e intanto parlo nel corridoio con i compagni di viaggio. Due sono italiani, gli altri russi. Il più giovane degli italiani si è laureato a Mosca e ha sposato una ragazza di qui, ora si interessa di export-import; l'altro italiano è un vecchio fuoruscito della Bassa Padana [...] Mi mostra con orgoglio la lettera che Longo gli ha mandato in occasione del suo cinquantesimo di militante comunista, la medaglia d'oro e la cicatrice sulla mano, quando venne ferito in uno scontro davanti la Casa del Popolo. Gli aveva fatto impressione rivedere il suo paese dopo tanti anni, e commosso la festa dei vecchi compagni; pure sentiva nostalgia della moglie che lo aspettava a Mosca e del pane nero e saporito.

Mi dice anche in confidenza che quando al confine sono saliti i funzionari russi, ha sentito che tra loro dicevano di un certo Rigoni, un italiano, scrittore di guerra, che avrebbe dovuto essere sul treno. Mi aspettavano, insomma. [...] I miei compagni di viaggio dormono nelle loro cabine, il treno corre liscio sulle rotaie, la notte è serena e le costellazioni mi indicano l'orientamento: andiamo verso sud-est. Passano foreste, villaggi con piccole luci, città illuminate, distese di terra nera arate di fresco, stoppie, altre distese, ancora villaggi: questa è la Russia. Domattina saremo a Kiev. Per questa strada ferrata passammo anche allora, e da Vinitza era Lisa Mitz che faceva la cuoca al distaccamento di prigionieri lungo la ferrovia del Baltico. Sarà ancora viva?

Il treno corre nella notte e non dormo. Allora eravamo in tanti dentro i vagoni dalle porte spalancate e si stava distesi tra armi e zaini. Ma ha un senso andare alla ricerca di quel tempo? A Kiev, appena siamo giù dal treno si avvicina una ragazza: - Scusi. - dice in perfetto italiano, - è lei il signor Rigoni Stern? Le do il benvenuto. Sono dell'Inturist. [...]

Si sa che Kiev è una città antica [...] L'interprete vorrebbe accompagnarci nei soliti luoghi che i turisti vogliono vedere: il Gum, il metrò, i musei, le cattedrali, i vecchi conventi, e rimane sorpresa quando le dico che preferisco stare tra la gente. I colori e il sole di questo lungo autunno sui giardini di Kiev mi allontanano dallo scopo del mio viaggio fino a quando in un parco sopra la collina vediamo il monumento ai soldati caduti per liberare la città nel dicembre del 1943. Leggo il nome di un generale di quarantadue anni e quello del giovanissimo soldato che per primo vi entrò su un carro armato, e vedo la grande fossa dove sono tutti insieme sepolti e i fiori freschi sulle pietre. [...]

Nella primavera del 1945 a Kiev erano sopravvissuti appena duecentocinquantamila abitanti, ora sono oltre i due milioni. I trucidati, i deportati, i caduti in combattimento in Ucraina furono milioni, e non c'è casa o famiglia che non abbia avuto i suoi morti. [...] O sedermi accanto a quell'ebreo, chissà come sopravvissuto, che sulla panchina si gode il sole guardando i ragazzi che giocano che giocano. No, noi qui non eravamo come i tedeschi; e dopo, quando ognuno poté scegliere, fui con voi. Per questo posso dire tranquillamente: - Ià italianschi, - e voi rispondermi sorridendo: - Italianschi carasciò! [...]

Il giorno dopo sono in viaggio per Charkov: è da questa città che spero di raggiungere il Don. Qui a Charkov vi era un grande ospedali italiano dove molti nostri compagni sono morti. Anche il mio capitano che venne ferito a Nikolajewka il 26 gennaio. E nei pressi di Bielgorod, a una ottantina di chilometri da qui, siamo usciti dalla sacca in quel febbario del 1943. [...] A Charkov scendiamo allo stesso albergo.

Anche qui mi aspettano alla stazione, e dopo, in albergo, il direttore dell'Inturist mi chiede se il mio desiderio è proprio quello di visitare i luoghi dove hanno combattuto gli italiani. Ci tiene a precisare che le distanze sono grandi, le strade non tutte buone e, infine mi chiede se sono disposto a pagare in valuta [...] e lo scopo del mio viaggio è solo per portare un saluto ai miei compagni caduti e rimasti per sempre in quelle steppe, e anche un ringraziamento alla gente dei villaggi e delle isbe. Solamente ora sorride appena: - Allora siamo d'accordo, - dice. [...]

Ricordare, ricordare, ricordare sempre...

Coming soon.