Arrivato oggi dopo tanto tempo; ovviamente non aggiunge nulla di nuovo a quanto la maggior parte di noi già conosce, ma è un interessante documento storico. Verrà pubblicato presto per intero così tutti ne possano prendere visione.
Dal 2011 camminiamo in Russia e ci regaliamo emozioni
Trekking ed escursioni in Russia sui campi di battaglia della Seconda Guerra Mondiale
Danilo Dolcini - Phone 349.6472823 - Email danilo.dolcini@gmail.com - FB Un italiano in Russia
lunedì 8 febbraio 2021
martedì 2 febbraio 2021
I cappellani militari
Sperando di fare cosa gradita e soprattutto di rendere omaggio a questi uomini di pace andati in guerra, pubblico l'elenco dei cappellani militari caduti, deceduti in prigionia e dispersi, tratto dal libro "7 rubli per il cappellano" di Guido Maurilio Turla, cappellano della Divisione Alpina Cuneense, prigioniero dei russi e rientrato in Italia nel luglio del 1946. L'immagine invece è relativa a Don Carlo Gnocchi, un'istituzione per noi milanesi.
ALBO D'ONORE DEI CAPPELLANI MILITARI IN RUSSIA CADUTI IN COMBATTIMENTO.
Tenente cappellano padre Benedetto Pinca dei frati Minori, appartenente alla alla XV Legione CC.NN. d'Assalto. Croce di Guerra al Valor Militare.
Tenente cappellano don Francesco Manocchi della diocesi di Piacenza, appartenente al I Battaglione Chimico, morto il 26 agosto 1942 per ferite riportate in combattimento sul Donets.
Tenente cappellano padre Giovanni Ruzzon dei frati Cappuccini, appartenente al II Battaglione Anticarro, caduto in combattimento il 17 gennaio 1943 a Cerkovo. Medaglia d'Argento al Valor Militare.
Tenente cappellano don Giuseppe Locatelli della diocesi di Milano, appartenente all'82° Reggimento Fanteria, Divisione Torino, caduto in combattimento l'1 settembre 1942. Croce di Guerra al Valor Militare.
Tenente cappellano don Silvio Marchetti della diocesi di Chioggia, appartenente all'ospedale da campo 578, Divisione Torino, fucilalo dai partigiani russi il 20 dicembre 1942 a Kantemirowka. Croce di Guerra al Valor Militare.
Cappellano capo don Giovanni Mazzoni della diocesi di Arezzo, appartenente al 3° Reggimento Bersaglieri, Divisione Celere, caduto in combattimento il 25 dicembre 1941. Medaglia d'Oro al Valor Militare.
Tenente cappellano don Felice Stroppiana della diocesi di Venezia, appartenente all'81° Reggimento Fanteria, Divisione Torino, caduto in combattimento il 16 dicembre 1942 a Monastirkina. Medaglia d'Oro al Valor Militare e Croce di Guerra al Valor Militare.
Tenente cappellano don Giacomo Davoli della diocesi di Guastalla, appartenente al 3° Reggimento Bersaglieri, Divisione Celere, caduto in combattimento il 5 gennaio 1942 a Vorosilov. Medaglia di Bronzo al Valor Militare e Croce di Guerra al Valor Militare.
Tenente cappellano padre Nicola Lanese dei preti della Missione, appartenente alla 73a Sezione Sanità, Divisione Celere, ucciso da un soldato russo il 19 dicembre 1942 sulla strada che conduce da Vernakoskija a Millerovo.
Tenente cappellano don Palmiro Ferrucci Morandi della diocesi di Modena, appartenente al 47° Battaglione Bersaglieri Motociclisti, Divisione Celere, caduto per ferite riportate in combattimento sul Don il 26 agosto 1942.
Tenente cappellano don Giuseppe Maria Cante della diocesi di Aversa, appartenente al Raggruppamento 3 Gennaio, morto a Leopoli il 31 gennaio 1943. Medaglia d'Argento al Valor Militare, Medaglia di Bronzo al Valor Militare e Croce di Guerra al Valor Militare.
Tenente cappellano padre Giovanni Battista Cadario dei frati Minori, appartenente alla 307a Sezione Sanità, caduto in combattimento il 19 gennaio 1943 a Seljakino.
Tenente cappellano padre Amauri Bianchi dei frati Predicatori, appartenente alla 2a Sezione Sanità, 2° Reggimento Alpino, Divisione Cuneense, caduto in combattimento la notte del 18 gennaio 1943 presso Annovka.
Tenente cappellano padre Giuseppe Re dei frati Minori, appartenente al 1° Reggimento alpino, Battaglione Ceva, Divisione Cuneense, fucilato dai partigiani russi il 22 gennaio 1943 presso Novaja Harkovka.
Tenente cappellano don Antonio Segalla della diocesi di Padova, appartenente al 5° Reggimento Alpino, Battaglione Morbegno, Divisione Tridentina, caduto in combattimento il 23 gennaio 1943 nei pressi di Opyt.
Tenente cappellano padre Lino Pedrini dei frati Cappuccini, appartenente al 6° Reggimento Alpino, Battaglione Vestone, Divisione Tridentina, caduto in combattimento il 26 gennaio 1943 a Nikolaevka.
ALBO D'ONORE DEI CAPPELLANI MILITARI IN RUSSIA DECEDUTI IN PRIGIONIA.
Tenente cappellano don Giacomo Volante della diocesi di Alessandria, appartenente 278° Reggimento Fanteria, Divisione Vicenza, fucilato da una partigiana (testimonio il sottoscritto) il 13 febbraio 1943 sulla strada per Krinovaja.
Tenente cappellano padre Luigi Faralli dei padri Maristi, appartenente al 3° Reggimento Artiglieria Alpina, Divisione Julia. Visto moribondo lungo la strada, oltre il Don, verso la metà del febbraio del 1943. Croce di Guerra al Valor Militare.
Tenente padre Antonio Battello dei padri missionari della Consolata, appartenente all'ospedale da campo 617, divisione Cuneense, morto per infezione il 13 febbraio 1943.
Tenente cappellano padre Carlo Cavalleris degli Agostiniani, appartenente alla 1a Sezione Sanità, Divisione Cuneense, morto nel mese di marzo del 1943.
Tenente Cappellano don Vincenzo Moro della diocesi di Cremona, appartenente all'8° Reggimento Alpino, Battaglione Cividale, Divisione Julia, deceduto per nefrite e congelamento agli arti inferiori il 4 marzo 1943.
Tenente cappellano padre Joffrè Coassin missionario della Consolata, appartenente al 4° Reggimento Alpino, Divisione Cuneense, deceduto il 10 marzo 1943 per tifo petecchiale in treno da Krinovaja a Oranki.
Tenente cappellano padre Giuseppe Vallarino dei frati Minori, appartenente al 1° Reggimento Alpino, Battaglione Pieve di Teco, Divisione Cuneense, morto a seguito di cancrena dei piedi causata da congelamento. Medaglia d'Argento al Valor Militare.
Tenente cappellano don Aldo Bara della diocesi di Novara, appartenente all'ospedale da campo 615, Divisione Cuneense, deceduto per tifo petecchiale nel mese di marzo del 1943.
Tenente cappellano don Francesco Fanti della diocesi di Orte, facente funzione di cappellano capo al comando della Divisione Cuneense, deceduto il 19 marzo 1943.
Tenente cappellano don Giuseppe Muratori della diocesi di Modena, appartenente all'ospedale da campo 633, Divisione Julia, deceduto a seguito di tifo petecchiale nel marzo del 1943.
Tenente cappellano don Stefano Oberto, salesiano, appartenente al 2° Reggimento Alpino, Battaglione Dronero, Divisione Cuneense, morto nel mese di marzo del 1943. Medaglia d'Oro al Valor Militare.
Tenente cappellano padre Amedeo Frascati missionario della Consolata, appartenente al 1° Reggimento Alpino, Battaglione Mondovì, Divisione Cuneense, deceduto il 10 aprile 1943, per tifo petecchiale.
Tenente cappellano don Amelio Loy della diocesi di Fermo, appartenente all'LXXX Battaglione Complementi Pieve di Teco, 1° Reggimento Alpino, Divisione Cuneense. Morto per malattia il 10 settembre 1943 all'ospedale russo 1851, zona degli Urali. Medaglia di Bronzo al Valor Militare e Croce di Guerra al Valor Militare.
Tenente cappellano padre Attilio Casagrande dei frati Cappuccini, appartenente al Battaglione Alpino Sciatori Monte Cervino, morto per inanizione e congelamento il 15 marzo 1943. Medaglia di Bronzo al Valor Militare.
Tenente cappellano don Pietro Codero della diocesi di Padova, appartenente all'ospedale da campo 163, deceduto nell'aprile del 1943.
Tenente cappellano don Pasquale De Barbieri della diocesi di Genova, appartenente al 52° Reggimento Artiglieria, Divisione Torino. Morto il 7 maggio 1943. Medaglia d'Oro al Valor Militare.
Tenente cappellano padre Carlo Pomponesi dei frati Cappuccini, appartenente all'11° Reggimento Artiglieria. Morto per inanizione alla fine del mese di febbraio del 1943.
Tenente cappellano don Vannino Vanno della diocesi di Chiusi, appartenente al 2° Reggimento Artiglieria del II Corpo d'Armata. Deceduto per inanizione il 25 aprile 1943.
Tenente cappellano don Francesco Caserini della diocesi di Cremona, appartenente al 53° Reggimento Fanteria, Divisione Sforzesca. Morto all'ospedale russo il 3 gennaio 1943.
Tenente cappellano don Silvio Garzitto della diocesi di Udine, appartenente all'ospedale da campo 825, Divisione Pasubio. Deceduto nel campo di prigionia n.58-C il 27 aprile 1943.
Tenente cappellano don Rocco Lanza dei frati Cappuccini, appartenente all'ospedale da campo 612, Divisione Cuneense, deceduto in ospedale russo.
Tenente cappellano don Pietro Soffientini della diocesi di Alessandria, appartenente all'ospedale da campo 203, Divisione Ravenna. Deceduto per malattia il 31 maggio 1943.
Tenente cappellano padre Dino Bondi appartenente all'ospedale di riserva 4; morto di tifo petecchiale in treno il 25 marzo 1943, diretto verso il campo di prigionia.
Tenente cappellano padre Pietro Capra, benedettino, appartenente all'8a Sezione Sanità, fucilato dai russi a Kolmenkov il 21 dicembre 1942, in cammino verso i campi di prigionia.
ALBO D'ONORE DEI CAPPELLANI MILITARI IN RUSSIA UFFICIALMENTE DISPERSI DA RITENERSI CADUTI.
Tenente cappellano don Antonio Favoccia della diocesi di Pontecorvo, appartenente all'ospedale da campo 249, Divisione Sforzesca, disperso in combattimento nel dicembre del 1942.
Tenente cappellano padre Pio Chiesa dei padri Gesuiti, appartenente all'ospedale da campo 118, Divisione Cosseria, disperso in combattimento sul Don il 17 dicembre 1942. Medaglia d'Argento al Valor Militare.
Tenente cappellano don Gorizio Arcangeli della diocesi di Troia, appartenente all'ospedale da campo 235, disperso il 18 dicembre 1942 durante il ripiegamento del suo reparto a Radtskensko.
Tenente cappellano don Corrado Prono della diocesi di Ivrea, appartenente al 52° Reggimento Fanteria, Sezione Sanità, Divisione Torino, disperso il 17 gennaio 1943, durante il ripiegamento.
Tenente cappellano don Giobatta Fiorucci della diocesi di Gubbio, appartenente all'ospedale da campo 48, Divisione Celere, disperso in combattimento il 20 dicembre 1942.
Tenente cappellano don Ascenso De Rosa della diocesi di Sora, appartenente alla 5a Sezione Sanità, Divisione Pasubio, disperso nel gennaio del 1943. Croce di Guerra al Valor Militare.
Tenente cappellano don Emilio Berto della diocesi di Susa, appartenente al 6° Battaglione Complementi, Divisione Tridentina, disperso nel fatto d'armi di Belgorod il 25 marzo 1943.
Tenente cappellano don Michele Mangani della diocesi di Urbania, appartenente all'ospedale da campo 616, Divisione Cuneense, disperso nel gennaio del 1943.
Tenente cappellano padre Giovanni Battista Martinelli dei frati Minori, appartenente alla 156a Sezione Sanità, Divisione Vicenza, disperso nel gennaio del 1943.
Tenente cappellano don Attilio Palandri della diocesi di Brescia, appartenente al 277° Reggimento Fanteria, Divisione Vicenza, disperso nel gennaio del 1943.
Tenente cappellano don Ugo Bonazzoni della diocesi di Urbino, appartenente all'ospedale da campo 159, Divisione Celere, disperso il 17 gennaio 1943. Medaglia d'Oro al Valor Militare.
ALBO D'ONORE DEI CAPPELLANI MILITARI IN RUSSIA CADUTI IN COMBATTIMENTO.
Tenente cappellano padre Benedetto Pinca dei frati Minori, appartenente alla alla XV Legione CC.NN. d'Assalto. Croce di Guerra al Valor Militare.
Tenente cappellano don Francesco Manocchi della diocesi di Piacenza, appartenente al I Battaglione Chimico, morto il 26 agosto 1942 per ferite riportate in combattimento sul Donets.
Tenente cappellano padre Giovanni Ruzzon dei frati Cappuccini, appartenente al II Battaglione Anticarro, caduto in combattimento il 17 gennaio 1943 a Cerkovo. Medaglia d'Argento al Valor Militare.
Tenente cappellano don Giuseppe Locatelli della diocesi di Milano, appartenente all'82° Reggimento Fanteria, Divisione Torino, caduto in combattimento l'1 settembre 1942. Croce di Guerra al Valor Militare.
Tenente cappellano don Silvio Marchetti della diocesi di Chioggia, appartenente all'ospedale da campo 578, Divisione Torino, fucilalo dai partigiani russi il 20 dicembre 1942 a Kantemirowka. Croce di Guerra al Valor Militare.
Cappellano capo don Giovanni Mazzoni della diocesi di Arezzo, appartenente al 3° Reggimento Bersaglieri, Divisione Celere, caduto in combattimento il 25 dicembre 1941. Medaglia d'Oro al Valor Militare.
Tenente cappellano don Felice Stroppiana della diocesi di Venezia, appartenente all'81° Reggimento Fanteria, Divisione Torino, caduto in combattimento il 16 dicembre 1942 a Monastirkina. Medaglia d'Oro al Valor Militare e Croce di Guerra al Valor Militare.
Tenente cappellano don Giacomo Davoli della diocesi di Guastalla, appartenente al 3° Reggimento Bersaglieri, Divisione Celere, caduto in combattimento il 5 gennaio 1942 a Vorosilov. Medaglia di Bronzo al Valor Militare e Croce di Guerra al Valor Militare.
Tenente cappellano padre Nicola Lanese dei preti della Missione, appartenente alla 73a Sezione Sanità, Divisione Celere, ucciso da un soldato russo il 19 dicembre 1942 sulla strada che conduce da Vernakoskija a Millerovo.
Tenente cappellano don Palmiro Ferrucci Morandi della diocesi di Modena, appartenente al 47° Battaglione Bersaglieri Motociclisti, Divisione Celere, caduto per ferite riportate in combattimento sul Don il 26 agosto 1942.
Tenente cappellano don Giuseppe Maria Cante della diocesi di Aversa, appartenente al Raggruppamento 3 Gennaio, morto a Leopoli il 31 gennaio 1943. Medaglia d'Argento al Valor Militare, Medaglia di Bronzo al Valor Militare e Croce di Guerra al Valor Militare.
Tenente cappellano padre Giovanni Battista Cadario dei frati Minori, appartenente alla 307a Sezione Sanità, caduto in combattimento il 19 gennaio 1943 a Seljakino.
Tenente cappellano padre Amauri Bianchi dei frati Predicatori, appartenente alla 2a Sezione Sanità, 2° Reggimento Alpino, Divisione Cuneense, caduto in combattimento la notte del 18 gennaio 1943 presso Annovka.
Tenente cappellano padre Giuseppe Re dei frati Minori, appartenente al 1° Reggimento alpino, Battaglione Ceva, Divisione Cuneense, fucilato dai partigiani russi il 22 gennaio 1943 presso Novaja Harkovka.
Tenente cappellano don Antonio Segalla della diocesi di Padova, appartenente al 5° Reggimento Alpino, Battaglione Morbegno, Divisione Tridentina, caduto in combattimento il 23 gennaio 1943 nei pressi di Opyt.
Tenente cappellano padre Lino Pedrini dei frati Cappuccini, appartenente al 6° Reggimento Alpino, Battaglione Vestone, Divisione Tridentina, caduto in combattimento il 26 gennaio 1943 a Nikolaevka.
ALBO D'ONORE DEI CAPPELLANI MILITARI IN RUSSIA DECEDUTI IN PRIGIONIA.
Tenente cappellano don Giacomo Volante della diocesi di Alessandria, appartenente 278° Reggimento Fanteria, Divisione Vicenza, fucilato da una partigiana (testimonio il sottoscritto) il 13 febbraio 1943 sulla strada per Krinovaja.
Tenente cappellano padre Luigi Faralli dei padri Maristi, appartenente al 3° Reggimento Artiglieria Alpina, Divisione Julia. Visto moribondo lungo la strada, oltre il Don, verso la metà del febbraio del 1943. Croce di Guerra al Valor Militare.
Tenente padre Antonio Battello dei padri missionari della Consolata, appartenente all'ospedale da campo 617, divisione Cuneense, morto per infezione il 13 febbraio 1943.
Tenente cappellano padre Carlo Cavalleris degli Agostiniani, appartenente alla 1a Sezione Sanità, Divisione Cuneense, morto nel mese di marzo del 1943.
Tenente Cappellano don Vincenzo Moro della diocesi di Cremona, appartenente all'8° Reggimento Alpino, Battaglione Cividale, Divisione Julia, deceduto per nefrite e congelamento agli arti inferiori il 4 marzo 1943.
Tenente cappellano padre Joffrè Coassin missionario della Consolata, appartenente al 4° Reggimento Alpino, Divisione Cuneense, deceduto il 10 marzo 1943 per tifo petecchiale in treno da Krinovaja a Oranki.
Tenente cappellano padre Giuseppe Vallarino dei frati Minori, appartenente al 1° Reggimento Alpino, Battaglione Pieve di Teco, Divisione Cuneense, morto a seguito di cancrena dei piedi causata da congelamento. Medaglia d'Argento al Valor Militare.
Tenente cappellano don Aldo Bara della diocesi di Novara, appartenente all'ospedale da campo 615, Divisione Cuneense, deceduto per tifo petecchiale nel mese di marzo del 1943.
Tenente cappellano don Francesco Fanti della diocesi di Orte, facente funzione di cappellano capo al comando della Divisione Cuneense, deceduto il 19 marzo 1943.
Tenente cappellano don Giuseppe Muratori della diocesi di Modena, appartenente all'ospedale da campo 633, Divisione Julia, deceduto a seguito di tifo petecchiale nel marzo del 1943.
Tenente cappellano don Stefano Oberto, salesiano, appartenente al 2° Reggimento Alpino, Battaglione Dronero, Divisione Cuneense, morto nel mese di marzo del 1943. Medaglia d'Oro al Valor Militare.
Tenente cappellano padre Amedeo Frascati missionario della Consolata, appartenente al 1° Reggimento Alpino, Battaglione Mondovì, Divisione Cuneense, deceduto il 10 aprile 1943, per tifo petecchiale.
Tenente cappellano don Amelio Loy della diocesi di Fermo, appartenente all'LXXX Battaglione Complementi Pieve di Teco, 1° Reggimento Alpino, Divisione Cuneense. Morto per malattia il 10 settembre 1943 all'ospedale russo 1851, zona degli Urali. Medaglia di Bronzo al Valor Militare e Croce di Guerra al Valor Militare.
Tenente cappellano padre Attilio Casagrande dei frati Cappuccini, appartenente al Battaglione Alpino Sciatori Monte Cervino, morto per inanizione e congelamento il 15 marzo 1943. Medaglia di Bronzo al Valor Militare.
Tenente cappellano don Pietro Codero della diocesi di Padova, appartenente all'ospedale da campo 163, deceduto nell'aprile del 1943.
Tenente cappellano don Pasquale De Barbieri della diocesi di Genova, appartenente al 52° Reggimento Artiglieria, Divisione Torino. Morto il 7 maggio 1943. Medaglia d'Oro al Valor Militare.
Tenente cappellano padre Carlo Pomponesi dei frati Cappuccini, appartenente all'11° Reggimento Artiglieria. Morto per inanizione alla fine del mese di febbraio del 1943.
Tenente cappellano don Vannino Vanno della diocesi di Chiusi, appartenente al 2° Reggimento Artiglieria del II Corpo d'Armata. Deceduto per inanizione il 25 aprile 1943.
Tenente cappellano don Francesco Caserini della diocesi di Cremona, appartenente al 53° Reggimento Fanteria, Divisione Sforzesca. Morto all'ospedale russo il 3 gennaio 1943.
Tenente cappellano don Silvio Garzitto della diocesi di Udine, appartenente all'ospedale da campo 825, Divisione Pasubio. Deceduto nel campo di prigionia n.58-C il 27 aprile 1943.
Tenente cappellano don Rocco Lanza dei frati Cappuccini, appartenente all'ospedale da campo 612, Divisione Cuneense, deceduto in ospedale russo.
Tenente cappellano don Pietro Soffientini della diocesi di Alessandria, appartenente all'ospedale da campo 203, Divisione Ravenna. Deceduto per malattia il 31 maggio 1943.
Tenente cappellano padre Dino Bondi appartenente all'ospedale di riserva 4; morto di tifo petecchiale in treno il 25 marzo 1943, diretto verso il campo di prigionia.
Tenente cappellano padre Pietro Capra, benedettino, appartenente all'8a Sezione Sanità, fucilato dai russi a Kolmenkov il 21 dicembre 1942, in cammino verso i campi di prigionia.
ALBO D'ONORE DEI CAPPELLANI MILITARI IN RUSSIA UFFICIALMENTE DISPERSI DA RITENERSI CADUTI.
Tenente cappellano don Antonio Favoccia della diocesi di Pontecorvo, appartenente all'ospedale da campo 249, Divisione Sforzesca, disperso in combattimento nel dicembre del 1942.
Tenente cappellano padre Pio Chiesa dei padri Gesuiti, appartenente all'ospedale da campo 118, Divisione Cosseria, disperso in combattimento sul Don il 17 dicembre 1942. Medaglia d'Argento al Valor Militare.
Tenente cappellano don Gorizio Arcangeli della diocesi di Troia, appartenente all'ospedale da campo 235, disperso il 18 dicembre 1942 durante il ripiegamento del suo reparto a Radtskensko.
Tenente cappellano don Corrado Prono della diocesi di Ivrea, appartenente al 52° Reggimento Fanteria, Sezione Sanità, Divisione Torino, disperso il 17 gennaio 1943, durante il ripiegamento.
Tenente cappellano don Giobatta Fiorucci della diocesi di Gubbio, appartenente all'ospedale da campo 48, Divisione Celere, disperso in combattimento il 20 dicembre 1942.
Tenente cappellano don Ascenso De Rosa della diocesi di Sora, appartenente alla 5a Sezione Sanità, Divisione Pasubio, disperso nel gennaio del 1943. Croce di Guerra al Valor Militare.
Tenente cappellano don Emilio Berto della diocesi di Susa, appartenente al 6° Battaglione Complementi, Divisione Tridentina, disperso nel fatto d'armi di Belgorod il 25 marzo 1943.
Tenente cappellano don Michele Mangani della diocesi di Urbania, appartenente all'ospedale da campo 616, Divisione Cuneense, disperso nel gennaio del 1943.
Tenente cappellano padre Giovanni Battista Martinelli dei frati Minori, appartenente alla 156a Sezione Sanità, Divisione Vicenza, disperso nel gennaio del 1943.
Tenente cappellano don Attilio Palandri della diocesi di Brescia, appartenente al 277° Reggimento Fanteria, Divisione Vicenza, disperso nel gennaio del 1943.
Tenente cappellano don Ugo Bonazzoni della diocesi di Urbino, appartenente all'ospedale da campo 159, Divisione Celere, disperso il 17 gennaio 1943. Medaglia d'Oro al Valor Militare.
sabato 30 gennaio 2021
Il sottopassaggio di Nikolajewka
Tutti conoscono il sottopassaggio indicato nella cartina dal segnaposto giallo e fotografato nella seconda immagine. Ma fu davvero quello dove passarono i nostri soldati nel lontano 1943?
Nel 2011 durante il mio primo viaggio in Russia il professor Morozov ce ne fece veder un altro molto più piccolo e spostato più a sud, posizionato all'incirca all'altezza della freccia rossa. Il sottopassaggio indicatoci era senza dubbio moderno e probabilmente risistemato rispetto all'originale; e sempre il professore ci disse che abitualmente tutti andavano a vedere l'altro perché più caratteristico e più datato.
Se qualcuno ha qualche informazione maggiore a riguardo ben venga.
Nel 2011 durante il mio primo viaggio in Russia il professor Morozov ce ne fece veder un altro molto più piccolo e spostato più a sud, posizionato all'incirca all'altezza della freccia rossa. Il sottopassaggio indicatoci era senza dubbio moderno e probabilmente risistemato rispetto all'originale; e sempre il professore ci disse che abitualmente tutti andavano a vedere l'altro perché più caratteristico e più datato.
Se qualcuno ha qualche informazione maggiore a riguardo ben venga.
L'ARMIR nella II battaglia del Don, parte 9
L'8 Armata italiana nella seconda battaglia difensiva del Don (11 dicembre 1942 - 31 gennaio 1943), nona parte.
BLOCCO NORD (ALIQUOTE D. «RAVENNA»; 298a D. GERM.; ALIQUOTE D. «PASUBIO » E D. «TORINO).
La notte sul 20, il XXXV C.A. (298a D. germ. e D. «Pasubio» e la D. «Torino» iniziano il movimento di ripiegamento. La 298a D. con aliquote della D. «Ravenna» muove dalla zona di Radtschenskoje-Tereschkowo a quella di Popowka-Makaroff; la D. «Pasubio» si dirige verso sud: dapprima per assumere un nuovo schieramento sul Tichaja, successivamente per adunarsi nel triangolo Arbusowka - Awakusch II - Alexscjewo Losowskaja e organizzarsi a caposaldo a protezione del fianco sinistro delle unità che, nel frattempo, dovevano dislocarsi sul Tichaja. Nel movimento l'unità viene spezzata in due dall'azione nemica: la maggior parte si congiunge a Popowka con la 298a D. germ. e la D. «Torino»; l'altra parte con il comando divisione ed il comando XXXV C.A. prosegue su Schapiloff - Tichomirowskij - Werch Makejewka ove si unirà alla D. «Sforzesca».
La D. «Torino», muovendo in seguito a ordine del comando XXIX C.A. dalla linea del Don, sino allora tenuta, raggiunge compatta, nella giornata del 20, Popowka dove avviene la riunione con le unità suddette. Si costituisce cosi il complesso del blocco nord che prosegue il ripiegamento in direzione sud-ovest. Il giorno 21, la colonna raggiunge Arbusowka dopo estenuanti marce ed aspri combattimenti sostenuti da una parte della colonna (Gruppo cr. Hoffman - 298a D. germ. ed aliquote della D. «Ravenna») per aprirsi il varco e dalla D. «Torino» ed aliquote della «Pasubio» per contenere e respingere l'azione nemica tendente da tergo all'agganciamento. Un duro combattimento di retroguardia fu sostenuto da reparti della «Torino» sulle alture di riva sinistra del Tichaja (21 mattina). Le perdite furono gravi, ma l'azione consentì a gran parte della pesante colonna di sfilare protetta.
Con le truppe italiane, causa la mancanza di carburante, sono rimasti solo tre pezzi da 75/27, quattro autocarri, tre vetture; mancano i viveri. La 298a D. germ., con servizi a traino animale, ha tutti i rifornimenti e rancio caldo che tiene per sé (ad Arbusowka il comando tedesco procede, di forza, allo svuotamento dei serbatoi delle poche macchine italiane ancora al seguito). La colonna rimane assediata nella conca di Arbusowka il 22 ed il 23 sempre soggetta all'azione di forti unità nemiche che tentano di annientarla. Il mattino del 22, d'intesa col comando tedesco, viene deciso di allargare il cerchio per dare un po' di respiro alla difesa. E' un contrattacco generale delle truppe italo-germaniche che, partendo dal centro della conca, diverge nelle varie direzioni contro la sistemazione russa. Dal centro le armi pesanti ed i pezzi di artiglieria accompagnano l'azione.
Le truppe senza più rispettare vincoli organici e prudenziali di combattimento si lanciano di corsa su per l'erta. Si vede un militare montare su un cavallo e con una grande bandiera tricolore spiegata galoppare verso il nemico trascinandosi dietro tutti i suoi compagni. L'avversario è respinto e il raggio dell'assedio è così allargato di un paio di chilometri. Il 23 la situazione si aggrava però di nuovo e viene richiesto alla «Torino» il rinforzo immediato di centurie di formazione. Alle 19 i russi attaccano da nord appoggiati da carri armati. I carri tedeschi e le formazioni italiane e tedesche respingono i reparti russi giunti a breve distanza dal comando della 298a D. germanica. Più tardi un nuovo attacco fa ancora vacillare il fronte.
Nella notte sul 24, la colonna riesce a rompere l'accerchiamento ed a proseguire il movimento verso ovest. Esso ha inizio alle ore 23,30. I russi attaccano da sud e impegnano le truppe italiane costituenti la retroguardia. Sotto la protezione di questa lo sfilamento del grosso prosegue. Il combattimento si protrae fino all'alba, ed un'aliquota dei reparti impiegati non riuscirà più a sganciarsi. Il 26, dopo altra estenuante marcia e continui combattimenti (anche questa volta, mentre il gruppo semoventi tedeschi apre la strada le unità italiane costituiscono la retroguardia) la colonna raggiunge Tscherkowo dove si congiunge a quel presidio per continuare la resistenza.
BLOCCO NORD (ALIQUOTE D. «RAVENNA»; 298a D. GERM.; ALIQUOTE D. «PASUBIO » E D. «TORINO).
La notte sul 20, il XXXV C.A. (298a D. germ. e D. «Pasubio» e la D. «Torino» iniziano il movimento di ripiegamento. La 298a D. con aliquote della D. «Ravenna» muove dalla zona di Radtschenskoje-Tereschkowo a quella di Popowka-Makaroff; la D. «Pasubio» si dirige verso sud: dapprima per assumere un nuovo schieramento sul Tichaja, successivamente per adunarsi nel triangolo Arbusowka - Awakusch II - Alexscjewo Losowskaja e organizzarsi a caposaldo a protezione del fianco sinistro delle unità che, nel frattempo, dovevano dislocarsi sul Tichaja. Nel movimento l'unità viene spezzata in due dall'azione nemica: la maggior parte si congiunge a Popowka con la 298a D. germ. e la D. «Torino»; l'altra parte con il comando divisione ed il comando XXXV C.A. prosegue su Schapiloff - Tichomirowskij - Werch Makejewka ove si unirà alla D. «Sforzesca».
La D. «Torino», muovendo in seguito a ordine del comando XXIX C.A. dalla linea del Don, sino allora tenuta, raggiunge compatta, nella giornata del 20, Popowka dove avviene la riunione con le unità suddette. Si costituisce cosi il complesso del blocco nord che prosegue il ripiegamento in direzione sud-ovest. Il giorno 21, la colonna raggiunge Arbusowka dopo estenuanti marce ed aspri combattimenti sostenuti da una parte della colonna (Gruppo cr. Hoffman - 298a D. germ. ed aliquote della D. «Ravenna») per aprirsi il varco e dalla D. «Torino» ed aliquote della «Pasubio» per contenere e respingere l'azione nemica tendente da tergo all'agganciamento. Un duro combattimento di retroguardia fu sostenuto da reparti della «Torino» sulle alture di riva sinistra del Tichaja (21 mattina). Le perdite furono gravi, ma l'azione consentì a gran parte della pesante colonna di sfilare protetta.
Con le truppe italiane, causa la mancanza di carburante, sono rimasti solo tre pezzi da 75/27, quattro autocarri, tre vetture; mancano i viveri. La 298a D. germ., con servizi a traino animale, ha tutti i rifornimenti e rancio caldo che tiene per sé (ad Arbusowka il comando tedesco procede, di forza, allo svuotamento dei serbatoi delle poche macchine italiane ancora al seguito). La colonna rimane assediata nella conca di Arbusowka il 22 ed il 23 sempre soggetta all'azione di forti unità nemiche che tentano di annientarla. Il mattino del 22, d'intesa col comando tedesco, viene deciso di allargare il cerchio per dare un po' di respiro alla difesa. E' un contrattacco generale delle truppe italo-germaniche che, partendo dal centro della conca, diverge nelle varie direzioni contro la sistemazione russa. Dal centro le armi pesanti ed i pezzi di artiglieria accompagnano l'azione.
Le truppe senza più rispettare vincoli organici e prudenziali di combattimento si lanciano di corsa su per l'erta. Si vede un militare montare su un cavallo e con una grande bandiera tricolore spiegata galoppare verso il nemico trascinandosi dietro tutti i suoi compagni. L'avversario è respinto e il raggio dell'assedio è così allargato di un paio di chilometri. Il 23 la situazione si aggrava però di nuovo e viene richiesto alla «Torino» il rinforzo immediato di centurie di formazione. Alle 19 i russi attaccano da nord appoggiati da carri armati. I carri tedeschi e le formazioni italiane e tedesche respingono i reparti russi giunti a breve distanza dal comando della 298a D. germanica. Più tardi un nuovo attacco fa ancora vacillare il fronte.
Nella notte sul 24, la colonna riesce a rompere l'accerchiamento ed a proseguire il movimento verso ovest. Esso ha inizio alle ore 23,30. I russi attaccano da sud e impegnano le truppe italiane costituenti la retroguardia. Sotto la protezione di questa lo sfilamento del grosso prosegue. Il combattimento si protrae fino all'alba, ed un'aliquota dei reparti impiegati non riuscirà più a sganciarsi. Il 26, dopo altra estenuante marcia e continui combattimenti (anche questa volta, mentre il gruppo semoventi tedeschi apre la strada le unità italiane costituiscono la retroguardia) la colonna raggiunge Tscherkowo dove si congiunge a quel presidio per continuare la resistenza.
venerdì 29 gennaio 2021
Campi di prigionia e fosse comuni, parte 10
Grazie al permesso ottenuto dai vertici di U.N.I.R.R. Unione Nazionale Italiana Reduci di Russia, di cui faccio orgogliosamente parte, pubblico la decima parte di questo interessantissimo documento relativo ai "campi di prigionia e fosse comuni dello CSIR e dell'ARMIR": la scheda dei campi di Pacta Aral, Piniug, Rudnicnij, Sciucinsk e Spask Zavodsk.
Il viaggio del 2011, il Don a Belogorje
Immagini del mio primo viaggio "esplorativo" effettuato nel 2011... il Don completamente ghiacciato nei pressi di Belogorje, punto estremo a nord tenuto dalla Divisione Alpina Tridentina.
martedì 26 gennaio 2021
Nikolajewka...
Esattamente un anno fa oggi terminava il mio ennesimo in Russia... a volte fatico a definirlo in modo corretto; trekking come mi hanno fatto giustamente notare è riduttivo; forse pellegrinaggio è più corretto. Per me rimane senza definizione, per me è un viaggio del corpo e dello spirito per cercare qualche cosa che trovo, ma mai pienamente come vorrei. Un anno fa a quest'ora eravamo in treno destinazione Mosca e poi il giorno dopo l'Italia. Anche noi siamo passati da Nikolajewka e siamo andati oltre. Anche 78 anni fa altri uomini passarono di lì e andarono oltre. Ma ora il mio pensiero si ferma a chi lì è rimasto.
Quella che vedete in foto è la lapide che ricorda i nostri caduti nella battaglia di Nikolajewka; è posta qualche chilometro fuori dall'abitato, ma non in un posto casuale. Io vi riporto ciò che le persone che sono state prima di me in Russia mi hanno sempre raccontato. Finita la battaglia il terreno era disseminato di corpi, italiani e russi. I nostri soldati sono stati nel tempo raccolti e portati fuori dall'abitato, esattamente dove oggi c'è la lapide e qui lasciati. Io non so se al tempo e in primavera fosse poi stata scavata un'enorme fossa per gettare tutti i corpi o meno. So però che attorno alla lapide anche oggi c'è una sorta di fosso quasi circolare, esattamente dove crescono le piante che si vedono in foto e i corpi o quello che ne resta è ancora lì.
Ora io non so se sia vero o meno, ma mi è sempre stato detto che sono i russi a non volere che si scavi per recuperare nulla. Non so quale sia la verità. So però che loro sono ancora tutti lì e mi chiedo se qualche istituzione italiana ha mai provato a verificare, se qualcuno ci ha mai provato a riportarli a casa. Quando si cammina nella steppa russa si sa che ad ogni metro si può passare sopra i resti un nostro caduto, ma qui sappiamo che ci sono e ce ne sono tanti. E' forse giusto lasciarli lì? Io sinceramente non lo so. So però che se fosse per me li riporterei a casa tutti quanti.
Quella che vedete in foto è la lapide che ricorda i nostri caduti nella battaglia di Nikolajewka; è posta qualche chilometro fuori dall'abitato, ma non in un posto casuale. Io vi riporto ciò che le persone che sono state prima di me in Russia mi hanno sempre raccontato. Finita la battaglia il terreno era disseminato di corpi, italiani e russi. I nostri soldati sono stati nel tempo raccolti e portati fuori dall'abitato, esattamente dove oggi c'è la lapide e qui lasciati. Io non so se al tempo e in primavera fosse poi stata scavata un'enorme fossa per gettare tutti i corpi o meno. So però che attorno alla lapide anche oggi c'è una sorta di fosso quasi circolare, esattamente dove crescono le piante che si vedono in foto e i corpi o quello che ne resta è ancora lì.
Ora io non so se sia vero o meno, ma mi è sempre stato detto che sono i russi a non volere che si scavi per recuperare nulla. Non so quale sia la verità. So però che loro sono ancora tutti lì e mi chiedo se qualche istituzione italiana ha mai provato a verificare, se qualcuno ci ha mai provato a riportarli a casa. Quando si cammina nella steppa russa si sa che ad ogni metro si può passare sopra i resti un nostro caduto, ma qui sappiamo che ci sono e ce ne sono tanti. E' forse giusto lasciarli lì? Io sinceramente non lo so. So però che se fosse per me li riporterei a casa tutti quanti.
lunedì 25 gennaio 2021
Il viaggio del 2011, Morozov e Vittorio
Immagini del mio primo viaggio "esplorativo" effettuato nel 2011... la fotografia ritrae a destra il famoso Professor Alim Morozov di Rossosch, nostro accompagnatore durante il viaggio; a sinistra Vittorio. Vittorio aveva all'epoca oltre 70 anni, ma volle unirsi al nostro viaggio invernale per cercare notizie di quel fratello mai tornato ed inquadrato nel I o nel IV Battaglione Chimico. Ricordo ancora quando al nostro rientro a Mosca da Rossoch con il treno notturno raccontò con le lacrime agli occhi la storia sua e della sua famiglia, così colpita dalla scomparsa di un figlio, di un fratello... disperso in Russia. Riuscì a farci commuovere tutti quanti...
Onori a Raoul Achilli
Domani è il 26 gennaio e per chi ha nel cuore le vicende della Campagna di Russia il pensiero non può che correre alla battaglia di Nikolajewka. Ci sarebbero tanti episodi da narrare e tante storie da menzionare, ma quest'anno che a differenza degli anni scorsi non sarò fisicamente in Russia, vorrei ricordare un ragazzo di 21 anni, pesarese di nascita ma legnanese di adozione. Il suo nome è Raoul Achilli, giovanissimo sergente del battaglione alpini "Edolo", 5º Reggimento alpini, 2ª Divisione alpina "Tridentina".
Raoul Achilli era un grandissimo amico di Mario Rigoni Stern (il primo a sinistra nella fotografia, il secondo a destra) che lo ricorda così nel suo libro "Il sergente nella neve": "[...] Anche Raoul mi ha lasciato quel giorno. Raoul, il primo amico della vita militare. Era su un carro armato e nel saltar giù per andare ancora avanti, verso baita ancora un poco, prese una raffica e morì sulla neve. Raoul che alla sera prima di dormire cantava sempre "Buona notte amore mio". E che una volta, al corso sciatori, mi fece quasi piangere leggendomi "Il lamento della Madonna" di Jacopone da Todi [...]".
Raoul morì come tanti altri ragazzi su quella discesa che porta dalla sommità delle colline che sovrastano Nikolajewka alla ferrovia e al famoso sottopassaggio. Vidi nel 2011 per la prima volta la discesa e ho sempre provato ad immaginarmi quei momenti. Dopo aver conosciuto la storia di Raoul Achilli, ogni volta che sono a Nikolajewka, non posso che associare i miei pensieri a questo povero ragazzo di 21 anni. Quanti altri Raoul erano distesi su quella lunga discesa?
Questa la motivazione della Medaglia d'Oro al Valor Militare: "Saldamente addestrata al cimento la sua squadra esploratori, chiedeva ed otteneva di impegnarla in azioni rischiose che in più riprese affrontava con perizia, audacia, elevato sprezzo del pericolo, riuscendo a conseguire tangibili successi in ardito colpo di mano compiuto oltre le linee nemiche. Durante un aspro combattimento, ferito mentre alla testa della sua valorosa squadra assaltava munite posizioni, manteneva imperterrito il suo posto di dovere e persisteva audacemente nell’impari strenua lotta malgrado tre successive ferite. Indomito, non si abbatteva e trovava ancora la forza per guidare l’ultimo audace assalto. Colpito in pieno da una raffica di mitragliatrice ad obbiettivo raggiunto con tanto nobile sacrificio e singolare valore, cadeva sul campo dell’onore. Luminoso esempio di salde virtù militari. Fronte russo, 15-26 gennaio 1943".
Raoul Achilli era un grandissimo amico di Mario Rigoni Stern (il primo a sinistra nella fotografia, il secondo a destra) che lo ricorda così nel suo libro "Il sergente nella neve": "[...] Anche Raoul mi ha lasciato quel giorno. Raoul, il primo amico della vita militare. Era su un carro armato e nel saltar giù per andare ancora avanti, verso baita ancora un poco, prese una raffica e morì sulla neve. Raoul che alla sera prima di dormire cantava sempre "Buona notte amore mio". E che una volta, al corso sciatori, mi fece quasi piangere leggendomi "Il lamento della Madonna" di Jacopone da Todi [...]".
Raoul morì come tanti altri ragazzi su quella discesa che porta dalla sommità delle colline che sovrastano Nikolajewka alla ferrovia e al famoso sottopassaggio. Vidi nel 2011 per la prima volta la discesa e ho sempre provato ad immaginarmi quei momenti. Dopo aver conosciuto la storia di Raoul Achilli, ogni volta che sono a Nikolajewka, non posso che associare i miei pensieri a questo povero ragazzo di 21 anni. Quanti altri Raoul erano distesi su quella lunga discesa?
Questa la motivazione della Medaglia d'Oro al Valor Militare: "Saldamente addestrata al cimento la sua squadra esploratori, chiedeva ed otteneva di impegnarla in azioni rischiose che in più riprese affrontava con perizia, audacia, elevato sprezzo del pericolo, riuscendo a conseguire tangibili successi in ardito colpo di mano compiuto oltre le linee nemiche. Durante un aspro combattimento, ferito mentre alla testa della sua valorosa squadra assaltava munite posizioni, manteneva imperterrito il suo posto di dovere e persisteva audacemente nell’impari strenua lotta malgrado tre successive ferite. Indomito, non si abbatteva e trovava ancora la forza per guidare l’ultimo audace assalto. Colpito in pieno da una raffica di mitragliatrice ad obbiettivo raggiunto con tanto nobile sacrificio e singolare valore, cadeva sul campo dell’onore. Luminoso esempio di salde virtù militari. Fronte russo, 15-26 gennaio 1943".
sabato 23 gennaio 2021
L'ARMIR nella II battaglia del Don, parte 8
L'8 Armata italiana nella seconda battaglia difensiva del Don (11 dicembre 1942 - 31 gennaio 1943), ottava parte.
IL RIPIEGAMENTO DELL'ALA DESTRA DELL'ARMATA.
Il 17 dicembre - seconda giornata della battaglia di rottura - in relazione allo sfavorevole sviluppo delle operazioni nel settore del II C.A. e tenuto conto che le forze accorrenti da tergo erano ancora lontane, il comando dell'Armata prospettava al comando tedesco la necessità di un ampio arretramento sino alla ferrovia Kantemirovka - Millerowo per ricostituire una difesa continua economizzando forze ai fini della manovra. Ma il comando Gruppo Armate non concordava in tale concetto ed impartiva ordini ispirati al criterio di cedere terreno il meno possibile. L'attuazione di questi ordini risultò però infirmata dall'arretramento in val Levaja effettuato dalla 298a D. germanica, che ampliò in modo irreparabile il vuoto già esistente nella difesa, e dalla mancanza di riserve in posto che potessero ridurre, come disposto, le zone di sfondamento.
Ancora una volta, il 18, il comando Armata prospettò al generale tedesco di collegamento la necessità di immediati provvedimenti per un ampio arretramento delle unità minacciate; ancora una volta il concetto della difesa in posto ritardò e successivamente frazionò quelle misure che la realtà della situazione imponeva: "il Führer vuole che si resista ad oltranza". Soltanto alle ore 10 del 19, in base a disposizioni del comando Gruppo Armate, verbalmente comunicate dal generale tedesco di collegamento, il comando dell'Armata italiana poté finalmente ordinare il primo ripiegamento sul fronte del II e XXXV C.A. mentre, già dal 17, il comando Gruppo Armate aveva predisposto l'arretramento allo Tschir dell'ala destra del XXIX C.A. (D. «Sforzesca»), in relazione a sfavorevoli avvenimenti nel contiguo settore della 3a Armata romena dei quali il comando Armata ebbe soltanto allora prima notizia indiretta (Il comando tedesco non aveva consentito l'invio di ufficiali di collegamento italiani presso le armate vicine affermando che bastavano i propri uffici di collegamento, già collegati fra loro).
Il provvedimento sul fronte delle divisioni che da nove giorni erano duramente impegnate nella battaglia giunse però tardivo e superato dagli avvenimenti così come lo furono le successive disposizioni emanate dal comando Gruppo Armate nel pomeriggio dello stesso giorno intese a costituire una linea più arretrata: Ticho- Shurawskaia - Meschoff - valle Tschir. Ormai il movimento delle unità corazzate russe nel solco del Bogutschar verso sud era in pieno sviluppo. Esse raggiungevano il 20 Djogtewo ove, riunendosi il 21 con unità carri armati provenienti dal settore della 3a Armata romena lungo la linea Astachoff - Kaschari, completavano l'accerchiamento del XXXV e XXIX C.A. I movimenti di ripiegamento delle G.U. dalla linea del Don si effettuano: dapprima, mantenendo una larga fronte e contrastando l'avanzata del nemico; successivamente, in colonne moventi su uno o più itinerari in relazione alle vicende dei combattimenti ed alla presenza di unità corazzate nemiche agenti sul tergo.
Alcune G.U. (298a D. germ., D. «Torino», D. «Sforzesca») riescono ad effettuare tutto il ripiegamento unite; altre si scindono, per effetto del combattimento, in blocchi di varia consistenza. La successiva riunione di questi blocchi, resa ardua in primo tempo dalle forti infiltrazioni nemiche e dalla difficoltà di comunicazioni, è poi facilitata dalla ricerca della via di minor resistenza che li porta a muovere su itinerari convergenti. Si formano due blocchi principali: - un blocco nord costituito dalla 298a D. germ., dalla D. «Torino», da forte aliquota della D. «Pasubio» e da una aliquota della D. «Ravenna»; un blocco sud costituito dalla D. «Sforzesca», da aliquote della D. «Celere» e della D. «Pasubio», dal comando del XXXV C.A. con elementi vari e dal comando del XXIX C.A. con il Gruppo Schuldt. Più tardi si aggregheranno alla colonna anche i resti della 7a D. rumena.
Per quanto riguarda la D. «Cosseria», come già ricordato essa cedette la responsabilità del proprio settore alla 385a D. germanica il 16 dicembre, ma reparti in linea continuarono a combattere frammisti alle truppe germaniche. L'89° fanteria, passato successivamente alle dipendenze della D. «Cuneense», ritirato dalla linea il 20, ripiegò lungo la valle del Kalitwa per raccogliersi nella zona a sud-ovest di Rossosch (Lisinowka). Ivi si riunirono anche le truppe che, col comandante la D. «Cosseria» erano affluite in primo tempo a Ssofiewka (una aliquota del 90° ftr., il 108° art. ed i rep. del genio). Residui del 90° e di due btg. cc.nn. («Leonessa») invece, forzato, la notte sul 18, unitamente a truppe tedesche, uno sbarramento del nemico a Zapkowo, seguirono gli altri superstiti elementi del reggimento che, sotto la spinta degli eventi, avevano ripiegato su Taly e Kantemirovka e con essi si raccolsero insieme ai resti della D. «Ravenna» nella zona di Woroscilowgrad. Il comando del II C.A. cedette il 18 la responsabilità del proprio settore al comando del XXIV C.A. germanico.
Questo affluire di diverse colonne da vie convergenti su due itinerari comuni conduce, però, a sovrapposizioni, intasamenti e frammischiamenti che ostacolano e ritardano il movimento, accrescendo le difficoltà operative aggravate dalla rottura dei collegamenti e dall'inefficienza delle stazioni radio che rendono impossibile l'azione di coordinamento.
IL RIPIEGAMENTO DELL'ALA DESTRA DELL'ARMATA.
Il 17 dicembre - seconda giornata della battaglia di rottura - in relazione allo sfavorevole sviluppo delle operazioni nel settore del II C.A. e tenuto conto che le forze accorrenti da tergo erano ancora lontane, il comando dell'Armata prospettava al comando tedesco la necessità di un ampio arretramento sino alla ferrovia Kantemirovka - Millerowo per ricostituire una difesa continua economizzando forze ai fini della manovra. Ma il comando Gruppo Armate non concordava in tale concetto ed impartiva ordini ispirati al criterio di cedere terreno il meno possibile. L'attuazione di questi ordini risultò però infirmata dall'arretramento in val Levaja effettuato dalla 298a D. germanica, che ampliò in modo irreparabile il vuoto già esistente nella difesa, e dalla mancanza di riserve in posto che potessero ridurre, come disposto, le zone di sfondamento.
Ancora una volta, il 18, il comando Armata prospettò al generale tedesco di collegamento la necessità di immediati provvedimenti per un ampio arretramento delle unità minacciate; ancora una volta il concetto della difesa in posto ritardò e successivamente frazionò quelle misure che la realtà della situazione imponeva: "il Führer vuole che si resista ad oltranza". Soltanto alle ore 10 del 19, in base a disposizioni del comando Gruppo Armate, verbalmente comunicate dal generale tedesco di collegamento, il comando dell'Armata italiana poté finalmente ordinare il primo ripiegamento sul fronte del II e XXXV C.A. mentre, già dal 17, il comando Gruppo Armate aveva predisposto l'arretramento allo Tschir dell'ala destra del XXIX C.A. (D. «Sforzesca»), in relazione a sfavorevoli avvenimenti nel contiguo settore della 3a Armata romena dei quali il comando Armata ebbe soltanto allora prima notizia indiretta (Il comando tedesco non aveva consentito l'invio di ufficiali di collegamento italiani presso le armate vicine affermando che bastavano i propri uffici di collegamento, già collegati fra loro).
Il provvedimento sul fronte delle divisioni che da nove giorni erano duramente impegnate nella battaglia giunse però tardivo e superato dagli avvenimenti così come lo furono le successive disposizioni emanate dal comando Gruppo Armate nel pomeriggio dello stesso giorno intese a costituire una linea più arretrata: Ticho- Shurawskaia - Meschoff - valle Tschir. Ormai il movimento delle unità corazzate russe nel solco del Bogutschar verso sud era in pieno sviluppo. Esse raggiungevano il 20 Djogtewo ove, riunendosi il 21 con unità carri armati provenienti dal settore della 3a Armata romena lungo la linea Astachoff - Kaschari, completavano l'accerchiamento del XXXV e XXIX C.A. I movimenti di ripiegamento delle G.U. dalla linea del Don si effettuano: dapprima, mantenendo una larga fronte e contrastando l'avanzata del nemico; successivamente, in colonne moventi su uno o più itinerari in relazione alle vicende dei combattimenti ed alla presenza di unità corazzate nemiche agenti sul tergo.
Alcune G.U. (298a D. germ., D. «Torino», D. «Sforzesca») riescono ad effettuare tutto il ripiegamento unite; altre si scindono, per effetto del combattimento, in blocchi di varia consistenza. La successiva riunione di questi blocchi, resa ardua in primo tempo dalle forti infiltrazioni nemiche e dalla difficoltà di comunicazioni, è poi facilitata dalla ricerca della via di minor resistenza che li porta a muovere su itinerari convergenti. Si formano due blocchi principali: - un blocco nord costituito dalla 298a D. germ., dalla D. «Torino», da forte aliquota della D. «Pasubio» e da una aliquota della D. «Ravenna»; un blocco sud costituito dalla D. «Sforzesca», da aliquote della D. «Celere» e della D. «Pasubio», dal comando del XXXV C.A. con elementi vari e dal comando del XXIX C.A. con il Gruppo Schuldt. Più tardi si aggregheranno alla colonna anche i resti della 7a D. rumena.
Per quanto riguarda la D. «Cosseria», come già ricordato essa cedette la responsabilità del proprio settore alla 385a D. germanica il 16 dicembre, ma reparti in linea continuarono a combattere frammisti alle truppe germaniche. L'89° fanteria, passato successivamente alle dipendenze della D. «Cuneense», ritirato dalla linea il 20, ripiegò lungo la valle del Kalitwa per raccogliersi nella zona a sud-ovest di Rossosch (Lisinowka). Ivi si riunirono anche le truppe che, col comandante la D. «Cosseria» erano affluite in primo tempo a Ssofiewka (una aliquota del 90° ftr., il 108° art. ed i rep. del genio). Residui del 90° e di due btg. cc.nn. («Leonessa») invece, forzato, la notte sul 18, unitamente a truppe tedesche, uno sbarramento del nemico a Zapkowo, seguirono gli altri superstiti elementi del reggimento che, sotto la spinta degli eventi, avevano ripiegato su Taly e Kantemirovka e con essi si raccolsero insieme ai resti della D. «Ravenna» nella zona di Woroscilowgrad. Il comando del II C.A. cedette il 18 la responsabilità del proprio settore al comando del XXIV C.A. germanico.
Questo affluire di diverse colonne da vie convergenti su due itinerari comuni conduce, però, a sovrapposizioni, intasamenti e frammischiamenti che ostacolano e ritardano il movimento, accrescendo le difficoltà operative aggravate dalla rottura dei collegamenti e dall'inefficienza delle stazioni radio che rendono impossibile l'azione di coordinamento.
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