venerdì 16 ottobre 2020

Un mito da sfatare il T34/76

All'inizio del conflitto, il ben corazzato T-34, pur con la sua imperfetta trasmissione, incapace di sostenere lunghe marce, si dimostrò tuttavia un buon carro armato di supporto alla fanteria. Ma progressivamente perse il suo vantaggio in corazzatura che aveva avuto all'inizio del conflitto.

Alla fine del 1943 o all'inizio del 1944, il T-34 era diventato un obiettivo relativamente facile per i carri tedeschi con i cannoni da 75 mm e per le armi anti-carro, mentre i colpi del cannone da 88 millimetri del Tiger, le batterie anti-aeree e le armi anti-carro PAK-43 risultavano invariabilmente letali.

La torretta era perforata in maniera relativamente facile dalle armi tedesche. La situazione era aggravata dal fatto che spesso le torrette del T-34 erano colpite da pezzi di artiglieria pesante come l'88 mm antiaereo e dai carri tedeschi equipaggiati con cannoni a canna lunga come il 75 mm e il 50 mm.

A ciò si univa una gravissima mancanza di vie di fuga adeguate per l'equipaggio, dal momento che il portellone monoblocco sulla torretta rappresentava l'unica uscita facilmente agibile per i membri dell'equipaggio (il portello davanti alla postazione del pilota, infatti, era fin troppo piccolo e macchinoso da aprire).

Bisogna poi ricordare che la produzione dei carri sovietici divenne numericamente consistente grazie alle macchine utensili (44.600), ai forni elettrici ed alle lastre di acciaio (6.000.000 di tonnellate la maggior parte in lastre pronte per essere tagliate e saldate) inviate dagli USA. Vennero prodotti 35,467 T34/76.

Altro grave difetto era la torretta biposto dove il capocarro era anche servente al pezzo, la visibilità esterna era troppo scarsa ed in più non c'era una radio. Anche i cingoli erano un punto debole. Nel 1941, per il carro russo compiere viaggi di centinaia di chilometri sarebbe risultato letale.

Quando nel giugno del 1941 l'8º Corpo Meccanizzato di D.I. Ryabyshev avanzò verso Dubno, perse metà dei suoi veicoli. A.V. Bodnar, che si trovò in combattimento nel 1941-42 ricordava: "Dal punto di vista dell'operatività, le macchine corazzate tedesche erano più perfette, si rompevano meno spesso. Per i tedeschi, coprire 200 chilometri era nulla, ma con i T-34 qualcosa si sarebbe rotto, qualcosa si sarebbe perso. L'equipaggiamento tecnico delle loro macchine era migliore, l'armamento peggiore".

I cingoli erano un serio punto debole. Erano la parte riparata più di frequente. Gli equipaggi si portavano addirittura le parti di ricambio in combattimento. A.V. Maryevski ricordava: "I cingoli si potevano spezzare anche senza essere colpiti. Quando la terra si incollava tra le ruote dentate, il cingolo, soprattutto durante una curva, si tendeva tanto che i perni e gli stessi cingoli non potevano resistere".

Inoltre la trasmissione dei primi modelli di T-34 era la più primitiva dei suoi tempi. Cambiare marcia nei T-34 dei primi anni del conflitto, con cambio a quattro marce, era molto complicato e richiedeva una grande forza fisica. I veterani carristi russi ricordavano quanto fosse difficile cambiare marcia e di come dovessero aiutarsi con le ginocchia. Inoltre, risultava quasi impossibile, pena la rottura degli ingranaggi, utilizzare III e IV marcia in fuoristrada (la velocità massima effettiva si riduceva così a soli 15-20 km/h).

La frizione, poi, estremamente arcaica (era composta da semplici dischi di ferro), non poteva essere fatta slittare senza incorrere nel rischio di una sua rottura. Era assolutamente necessario che gli equipaggi dei T-34 fossero molto ben addestrati. "Se un guidatore non lo era - ricordava il comandante di plotone A.V.Bodnar - avrebbe potuto ingranare la quarta invece della prima e la terza invece della seconda, la qual cosa avrebbe portato alla inevitabile rottura del cambio".

Per un certo periodo i russi scartarono ogni progetto di miglioria o di modifica del T-34, per mantenere la produzione la più alta possibile, almeno fino all'arrivo del Panzer V Panther e del Panzer VI Tiger. I lunghi cannoni di questi nuovi carri permettevano ai carristi tedeschi di combattere senza preoccuparsi di nascondersi.

Il comandante di plotone Nikolai Yakovlevich Zheleznov ricordava: "Dato che i nostri cannoni da 76 millimetri potevano perforare le loro corazze da non più di 500 metri, essi restavano all'aperto. Perfino i proiettili da 76 millimetri rinforzati al tungsteno non davano alcun vantaggio, dato che potevano perforare corazze di 90 millimetri da una distanza di 100 metri, quando la blindatura frontale del Tiger era spessa 102 millimetri".

Per loro fortuna i Sovietici potevano disporre di aerei anticarro tra i quali gli Hawker Hurricane con 4 cannoni da 20 mm e razzi da 127 mm ed i Bell P39 con cannone da 37 mm.

Fonte: articolo di Sergio Mazzella sul gruppo Le Grandi Battaglie della Storia.

domenica 20 settembre 2020

Tornano le piastrine dei dispersi

Altro articolo de Il Giornale nel quale viene giustamente anche citata la posizione di U.N.I.R.R. sul tema dei piastrini e sul relativo commercio... oltre ad un accenno a Un italiano in Russia che fa sempre piacere...

Fonte: articolo di Fausto Biloslavo su Il Giornale,

Preghiera del caduto in Russia

Oggi... per tutti i caduti e dispersi della Campagna di Russia, ma anche per tutti quelli che a casa li hanno aspettati invano per anni!

sabato 19 settembre 2020

lunedì 14 settembre 2020

Le piastrine dei morti in Russia

Le piastrine dei nostri caduti in Russia fra macabro mercato e consegna gratuita ai parenti. Il toccante ricordo dei dispersi dopo 77 anni dalla ritirata del Don. Le ultime piastrine purtroppo in vendita e le foto degli alpini...

Fonte: articolo di Fausto Biloslavo su Il Giornale,

lunedì 7 settembre 2020

I piastrini dei nostri caduti

Questo un post su uno dei diversi gruppi che tengono vivo il ricordo dei nostri caduti in Russia...

Chiariamo un aspetto che forse ai più sfugge: vado in Russia da quasi 10 anni in quei luoghi per vedere e ricordare; i russi giustamente hanno a cuore i loro caduti e forse meno, molto meno, i nostri... ma mi viene da dire che è quasi comprensibile e sinceramente non gliene faccio una colpa. Questo commercio esiste solo perchè ci sono persone che qui in Italia COMPRANO i piastrini dei vostri cari e alimentano così questo squallido commercio; altri ne traggono anche prestigio personale e non dico altro. Poi aggiungo un altro aspetto molto meno conosciuto qui in Italia: i tedeschi ben più odiati dei nostri, ancora oggi, vanno continuamente a recuperare i corpi o i resti dei loro caduti. Quanto detto è verificabile cercando su Internet alcuni siti che ne parlano costantemente. In uno dei miei precedenti viaggi e in uno dei paesi attraversati dalle nostre colonne in ritirata, le persone del luogo ci hanno indicato il punto esatto dove erano ancor oggi sepolti dei nostri soldati; a poca distanza ci hanno indicato un piccolo bosco nel quale erano stati sepolti o gettati i corpi di alcuni caduti tedeschi... hanno poi aggiunto "Ora non ci sono più... i tedeschi sono venuti a riprenderli". Prima di dare la colpa ad altri, guardiamo in casa nostra. Ora U.N.I.R.R. si sta muovendo proprio per colmare certe lacune ed impedire anche questo squallido commercio.

lunedì 25 maggio 2020

L'Alpino

Anche su L'Alpino parlano del nostro ultimo trekking... un abbraccio a tutti i miei compagni di viaggio!


sabato 16 maggio 2020

Trekking 2021

Voglio essere ottimista e quindi sono nel pieno della programmazione del nuovo trekking che si terrà nel gennaio 2021.

Forte delle esperienze precedenti e di quanto ho scoperto ed imparato in questi anni, la proposta del 2021 contiene qualche elemento di novità e di sicuro interesse.

Partenza domenica 17 gennaio alla volta di Mosca in aereo con giornata dedicata alla visita del centro della città; pernottamento nella capitale.

Lunedì 18 gennaio e per la prima volta, andremo a visitare il bellissimo museo di Kubinka (link http://tankmuseum.ru/kubinka/), dove sono esposti centinaia di mezzi corazzati anche della Seconda guerra mondiale; rientro a Mosca e partenza con il treno notturno per Rossosch.

Martedì 19 gennaio arrivo a Rossosch, sistemazione in hotel e nel pomeriggio visita alla zona delle postazioni tenute dalla Tridentina sul Don nei pressi di Belogorye; rientro in hotel.

Mercoledì 20 gennaio partenza per la visita della zona di Selenyj Jar, al quadrivio, alla quota 204,6 dove morì l'eroico Tenente Rebeggiani del Battaglione L'Aquila della Julia e se possibile ricerca delle quote 153,3 e 205,6 che insieme alla 204,6 costituivano il fronte principale tenuto dal Battaglione L'Aquila; rientro in hotel.

Da Giovedì 21 gennaio a Martedì 26 gennaio si terrà il vero e proprio trekking che da Podgornoje ci porterà fino a Nikolajewka, passando per tutte le più note località della ritirata del Corpo d'Armata Alpino; 6 giorni di trekking a contatto con la popolazione con pernottamento nelle strutture individuate dall'organizzazione.

Martedì 26 gennaio arrivo a Nikolajewka; rientro in hotel per sistemazione e cena; partenza con il treno notturno per Mosca.

Mercoledì 27 gennaio arrivo a Mosca e partenza per l'Italia; termine di questa esperienza che tutti si portano nel cuore per la quantità di emozioni che vi riserverà.

Se siete interessati contattatemi direttamente; al momento e per ordine di prenotazione, prederò nota dell'interesse verso la proposta, senza alcun vincolo, vista la situazione internazionale. Se poi tutto dovesse risolversi o migliorare sensibilmente e con tutte le sicurezze del caso, vi ricontatterò per definire la vera e propria prenotazione.

Al momento il costo non è stato ancora determinato in quanto dipendente da molti fattori, non ultimo la quantità di persone che parteciperanno.

venerdì 8 maggio 2020

I tedeschi a Meskoff

Storia di una fotografia, ovvero quello che nessun libro di storia in Italia vi racconterà mai. Siamo a Meskoff, Russia, settembre 2019. Meskoff fu la tomba del 3° Reggimento Bersaglieri della 3a Divisione Celere; il Reggimento è famoso per essere stato comandato dall'altrettanto famoso Colonnello Aminto Caretto. Ma questa volta non vi voglio raccontare di soldati italiani.

La signora nella fotografia era bambina all'epoca dei fatti, ma ricordava molto bene alcuni episodi avvenuti nel dicembre 1942. Meskoff era occupata dai tedeschi e durante le concitate fasi dell'offensiva sovietica che stava travolgendo l'intero fronte tenuto dai reparti della nostra 8a armata, dovette essere abbandonata dal grosso dei reparti germanici.

Ma non da tutti... alcuni soldati tedeschi dovevano rimanere sul posto, probabilmente per trattenere o rallentare le forze sovietiche.

Ecco cosa ci raccontò la signora presente ai fatti. "Alcuni soldati tedeschi dovettero rimanere nell'abitato, mentre i loro compagni iniziarono la ritirata... piangevano tutti, sapevano a cosa andavano incontro... piangevano tutti e ci mostravano a noi russi le fotografie dei loro bambini che tenevano nei portafogli...".

venerdì 1 maggio 2020

Il sergente nella neve 12

Da "Il sergente nella neve"... Di Rino, rimasto ferito durante il primo attacco, non sono riuscito a sapere più nulla di preciso. Sua madre è viva solo per aspettarlo. La vedo tutti i giorni quando passo davanti alla sua porta. I suoi occhi si sono consumati. Ogni volta che mi vede, quasi piange per salutarmi e io quasi non ho il coraggio di parlarle. Anche Raul mi ha lasciato quel giorno. Raul, il primo amico della vita militare. Era su un carro armato e nel saltar giù per andare ancora avanti, verso baita ancora un poco, prese una raffica e morì sulla neve. Raul, che alla sera prima di dormire cantava sempre: "Buona notte mio amore". E che una volta, al corso sciatori, mi fece quasi piangere leggendomi "Il lamento della Madonna" di Jacopone da Todi. E anche Giuanin è morto portandomi le munizioni per la pesante quando ero giù al paese e sparavo. E' morto sulla neve anche lui che nel ricovero stava sempre nella nicchia vicino alla stufa e aveva sempre freddo. Anche il cappellano del battaglione è morto: "Buon Natale, ragazzi, e pace". E' morto per andar a prendere un ferito mentre sparavano. "State sereni e scrivete a casa". "Buon Natale, cappellano". E anche il capitano è morto. Il contrabbandiere di Valstagna. Aveva il petto passato da parte a parte. I conducenti, quella sera, lo misero su una slitta e lo portarono fuori dalla sacca. Morì all'ospedale di Carkof. Sono andato a casa sua, quando ritornai in primavera. Ho camminato attraverso i boschi e le valli: "Pronto? Qui Valstagna, parla Beppo. Come va paese?". E la sua casa era vecchia e rustica e pulita come la tana del tenente Cenci. E i soldati del mio plotone e del mio caposaldo, quanti ne sono morti quel giorno? Dobbiamo restare sempre uniti, ragazzi, anche ora. Il tenente Moscioni si ebbe bucata una spalla e poi in Italia la ferita non poteva chiudersi. Ora è guarito della ferita ma non delle altre cose. Oh no, non si può guarire. E anche il generale Martinat è morto quel giorno. Lo ricordo quando in Albania lo accompagnavo per le nostre linee. Io camminavo in fretta davanti a lui perchè conoscevo la strada e mi guardavo indietro per vedere se mi seguiva. "Cammina, cammina pure in fretta caporale, ho le gambe buone io". E anche il colonnello Calbo che era così bravo con i suoi artiglieri della diciannove e della venti. E anche il sergente Minelli era ferito lì nella neve: "El me s'cec" - diceva e piangeva - "el me s'cec", Giuanin, troppi pochi siamo arrivati a baita, dopo tutto. Nemmeno Moreschi è ritornato. "Possibile una capra di sette quintali? Porca la mula sempre Macedonia". E neanche Pintossi, il vecchio cacciatore, è arrivato a baita a cacciare i cotorni. E sarà morto pure il suo vecchio cane, ora. E tanti e tanti altri dormono nei campi di grano e di papaveri tra le erbe fiorite della steppa assieme ai vecchi delle leggende di Gogol e di Gorky. E quei pochi che siamo rimasti dove siamo ora?