giovedì 9 gennaio 2020

La lunga strada del davai

Ogni volta cerco di immaginare cosa significò fare questa ritirata di Russia, senza mai dimenticare quelle che avvennero un mese prima per le fanterie: quali sofferenze, quanta strada, quanti morti... tutto così raccontato e documentato nei libri che tanto conosciamo. 160 e passa km nel freddo e nella fame... per poi magari arrivare a Valujki ed essere catturato dai russi!

E allora dovere rifare la strada a ritroso, una strada a volte anche lunga il doppio di quella già fatta per cercare di tornare a casa, con la costante presenza di un uomo pronto a spararti in testa se non reggevi il ritmo o ti accasciavi anche un solo attimo per terra.

Io ogni volta mi chiedo come hanno fatto a fare tutto ciò, quali forze un uomo per trovare dentro di sé per voler vivere a tutti i costi.

Il sacrificio degli animali

In memoria del sacrificio di tantissimi animali innocenti trascinati in guerra... "Durante il ripiegamento, avevamo centinaia di slitte trainate da muli che soffrivano con noi e che non avevano da mangiare se non qualche sterpaglia che spuntava dalla neve. Le povere bestie erano coperte di ghiaccio. Rammento la presenza di quegli animali; erano qualcosa di rassicurante per tutti. Infatti mentre camminavamo giorno e notte cercavamo sempre di stare vicino a un mulo e così ognuno di questi animali aveva sempre attorno un gruppo di dieci o quindici soldati. Una volta un conducente rimase ferito da una scheggia che gli fratturò una gamba ed io che ero ufficiale medico tentai di prestargli qualche cura. A un serto punto il suo mulo gli si avvicinò e infilò il suo muso in modo da sostenerlo, riscaldarlo, confortarlo. Una scena che non dimenticherò mai".

mercoledì 8 gennaio 2020

Le mappe dello CSIR e dell'ARMIR 3

Le mappe delle operazioni del CSIR e dell'ARMIR dal giugno 1941 all'ottobre 1942 - L'offensiva germanica dell'estate-autunno 1941.

Sopravvissuto alla guerra?

Estate 1942, retrovie del fronte tenuto dagli Alpini... chissà se è sopravvissuto alla guerra?

giovedì 2 gennaio 2020

Trekking 2020

Mancano pochi giorni alla partenza per la Russia... e ripercorrerò insieme a nuovi e vecchi amici il tragitto della ritirata di una parte del Corpo d'Armata Alpino (e non solo) durante il terribile inverno del gennaio 1943.

Il 20.01.2020 visiteremo "Quota Pisello" e Nova Kalitwa; successivamente faremo una puntata esplorativa al Quadrivio di Selenyj Jar per individuare le quote più volte citate nei libri dai reduci.

Il 21.01.2020 inizierà il trekking vero e proprio con trasferimento a Podgornoje per poi procedere fino a Opit e Postojalyi; totale circa 30 km.

Il giorno 22.01.2020 da Postojalyi a Novo Postoyalowka e Novo Karcowka; totale circa 28 km.

Il giorno 23.01.2020 da Novo Karcowka a Novo Georgewskji e Scheljiakino; totale circa 26 km.

Il giorno 24.01.2020 da Scheljiakino a Warwarowka e Garbusowo; totale circa 20 km.

Il giorno 25.01.2020 da Garbusowo a Rybalkin, Zhukovo, Romakhovo e Nikitovka; totale circa 30 km.

Infine il giorno 26.01.2020 da Nikitovka ad Arnautovo e Nikolajewka; circa 18 km. E non sarà un caso che proprio il 26 gennaio arriveremo in questa località.

Perché farlo e perché farlo ancora una terza volta? Perché torni a casa con delle emozioni uniche che ti rimangono addosso tutta una vita... e allora senti il bisogno di riprovarle.

Questa volta, a differenza delle precedenti, vorrei condividere in tempo reale scorci di una Russia non molto diversa da quella che videro quei sfortunati ragazzi, ed emozioni, tante emozioni... pertanto tante dirette e tanti video di quanto si parerà di fronte ai nostri occhi, dedicati in particolar modo agli amici che non verranno e a tutte quelle persone che vorrebbero esserci ma non potranno.







sabato 21 dicembre 2019

Nowo Postojalowka

Il campo di battaglia di Nowo Postojalowka... nel gennaio 2011 durante il mio primo viaggio in Russia, ci recammo in questa località ed un abitante del villaggio ci portò ai limiti del piccolo paese, proprio dove si trovava un grosso e vecchio granaio in cemento. Ci mostrò questo campo... era il campo di battaglia di Nowo Postojalowka fronte ad est; noi eravamo nel punto in cui erano schierate le forze russe e proprio dagli alberi che si vedono in fondo uscirono i reparti alpini della Cuneense. Al termine della battaglia il campo era pieno di corpi dei nostri soldati. I civili russi non poterono fare altro che caricare tutte le salme su dei carri e delle slitte per abbandonarli lontano dal paese e solo con il disgelo seppellirli in grosse fosse comuni.

La battaglia iniziò verso mezzogiorno del 19 gennaio, quando la colonna dell'8º Reggimento alpini della Divisione Julia si trovò la marcia sbarrata da ingenti truppe russe, asserragliate a Nowo Postojalowka, località formata da un piccolo gruppo di isbe situato sulla pista che le divisioni alpine in ritirata dovevano percorrere, su una dorsale che separa la valle del fiume Rossosch da quella dell'Oljkowatka, entrambi affluenti del Kalitwa prima della confluenza nel Don.

Partirono all'attacco prima il Battaglione Gemona, appoggiato dall'artiglieria del Gruppo Conegliano, poi i Battaglioni Tolmezzo e Cividale, ma gli attacchi degli alpini della Julia furono sempre respinti dalle truppe russe, che poi contrattaccarono con i carri armati.

Nella notte i battaglioni della Julia furono raggiunti dalla colonna del 1º Reggimento alpini della Divisione Cuneense e i comandanti concordarono di procedere prima dell'alba ad un nuovo attacco, che fu guidato dagli alpini del Battaglione Ceva, che furono respinti dalle artiglierie e dal contrattacco di alcuni carri armati russi.

Più tardi arrivarono gli altri battaglioni della Cuneense e i comandanti delle due divisioni, Emilio Battisti per la Cuneense e Umberto Ricagno della Julia, concordarono di procedere all'attacco della postazione russa con tutti reparti disponibili. Gli attacchi delle truppe alpine continuarono per tutta la giornata, ma furono sempre respinti dai cannoni e dalle mitragliatrici russe posizionate fra le case di Nowo Postojalowka e dalle incursioni dei carri armati sovietici T-34. Durante i combattimenti caddero eroicamente il comandante del Battaglione Mondovì, maggiore Mario Trovato, e quello del Ceva, tenente colonnello Giuseppe Avenanti, oltre a decine di ufficiali e migliaia di alpini.

Il generale Emilio Battisti, nella relazione "La Divisione Alpina Cuneense al fronte russo", scrisse: "Il giorno 20 gennaio, per rompere lo sbarramento nemico ... furono impiegati ... quattro battaglioni alpini che andarono quasi completamente distrutti."

Il generale Emilio Faldella, nella sua "Storia delle truppe alpine", così definisce la battaglia di Nowo Postojalowka: " ... quella sanguinosa, disperata battaglia che durò, pressoché ininterrotta, per più di trenta ore ed in cui rifulse il sovrumano e sfortunato valore dei battaglioni e dei gruppi della Julia e della Cunennse, che ne uscirono poco meno che distrutti". ... la più dura, lunga e cruenta fra le molte sostenute dagli alpini, sia in linea sia nel corso del ripiegamento."



Legione Leonessa

Nella prima fotografia la quota 195 tenuta dal 90° Reggimento di Fanteria della Divisione Cosseria; nella seconda la quota 192 tenuta dalla Legione Leonessa delle CC.NN.

L'11 dicembre 1942, nel settore tenuto dalla "Ravenna" iniziarono una serie di attacchi sovietici che posero in seria difficoltà il dispositivo italiano. I sovietici attraversarono in Don in diversi punti e il "Leonessa II" fu subito impiegato per tamponare il fronte presso Svinjuka nel settore della "Ravenna".

Il 12 dicembre furono in fretta richiamati i gruppi tattici delle CC.NN. "Valle Scrivia I", "Valle Scrivia II" e "Leonessa II" per aiutare a ristabilire la situazione nel settore della "Cosseria". Il mattino del 13 dicembre fu attaccata quota 192 provocando l'intervento dei reparti dislocati a Orobinski. Nel frattempo a Orobinski fu fatto affluire il "Leonessa I" come riserva della "Cosseria" mentre il "Leonessa II", che si era già dissanguato a Svinjuka a causa di un nuovo attacco dovette rinunciare ad essere avvicendato.

Il 14 dicembre, alle 8 del mattino il seniore Albonetti guidò il "Leonessa I", pur senza l'appoggio dei carri armati attaccò quota 192 tenuta dal 555º battaglione fucilieri sovietico e da una compagnia del 747° che furono costrette a ripiegare. Fu ripreso anche il momentaneo controllo di alcuni capisaldi limitrofi che furono poi abbandonati a causa dell'arrivo di truppe nemiche fresche. A mezzogiorno il 747º battaglione sovietico contrattaccò per tre volte le posizioni italiane sulla quota ingaggiando il "Leonessa" che alle 13.50 rimase padrone del caposaldo. Nel pomeriggio il "Leonessa I" respinse un nuovo assalto russo. Nel frattempo i resti del "Leonessa I", guidati dal seniore Comincioli dopo aver finalmente ricevuto il cambio, furono spostati a Orobinski anch'essi a disposizione della "Cosseria".

Il 15 dicembre, dopo aver fatto affluire forze fresche presso quota 192, i sovietici sferrarono un nuovo rapido attacco che portò alla conquista della posizione. Caddero negli scontri tutte le camicie nere che erano rimaste a difesa tra cui il capomanipolo Santinelli che per primo aveva raggiunto quota 192 il giorno precedente. Immediatamente fu disposto nuovamente l'impiego del "Leonessa I" per riconquistare il caposaldo e ad essi si aggiunsero anche il "Leonessa II" ricostituendo così il "Gruppo CC.NN "Leonessa"" al comando del console Graziano Sardu. I fanti della "Cosseria", insieme ai battaglioni del Gruppo CC.NN "Leonessa" per tutta la giornata portarono attacchi contro quota 192. Negli scontri caddero trenta camicie nere di cui otto ufficiali tra cui il seniore Comincioli.

Il 16 dicembre proseguirono gli attacchi italiani contro quota 192 e seppur contrastati dall'artiglieria e dall'aviazione sovietica a metà mattinata la quota era parzialmente riconquistata. Per tutta la giornata del 17 dicembre proseguirono gli scontri a quota 192 con le camicie nere che con l'appoggio di qualche carro armato della 27. Panzer-Division e dalla fanteria tentarono inutilmente di riprendere alcuni dei capisaldi limitrofi, ma la caduta in serata di Orobinski, occupata dai carri armati sovietici, determinò l'isolamento delle camicie nere che si dovettero rinchiudere a caposaldo. Il comando diramò l'ordine di ripiegare subito dopo la mezzanotte.



martedì 17 dicembre 2019

L'aurora a occidente, parte 1

Sono i giorni dell'Operazione "Piccolo Saturno" e io tutti quei fantastici ragazzi li voglio ricordare con le parole di Mario Bellini in “L’aurora a occidente”: “Anche agli italiani va ricordato che le vicende dell'ARMIR hanno dimostrato l’eccezionale capacità di combattimento e il ferreo carattere del nostro soldato nei confronti di un alleato diffidente ed arrogante e di un nemico duro e spietato, quest’ultimo favorito dalle terrificanti condizioni ambientali e da una maramaldesca superiorità numerica e d’armamento. Il complesso d’inferiorità che si è impadronito degli italiani dopo la guerra perduta, sfociato a volte in vero masochismo, la morbosa auto colpevolizzazione spinta fino a considerare la sconfitta giusta punizione di errori commessi, li hanno portati a rifiutare l’immagine del nostro soldato, obbediente alle regole dell’onore militare e combattente duro e impavido. Gli italiani hanno privilegiato la diversa immagine del combattente tradito, impotente di fronte al nemico più armato, privo di motivazioni ideali; cioè l’immagine del povero cristo, tartassato dalla sventura e degno solo di pietà per le sofferenze subite. In sostanza si è rimossa l’immagine di un soldato della stessa statura dell’alleato e del nemico. Anche gli animi più sereni, infatti, hanno finito per ricordare nei fatti dell’ARMIR più il calvario della ritirata che il valore dimostrato nella resistenza accanita all'offensiva sovietica sulla linea del Don”.