martedì 6 luglio 2021

Racconti di Russia, la mitragliatrice

Un'altra testimonianza tratta dal libro "Nikolajewka: c'ero anche io" a cura di Giulio Bedeschi. Questa volta per ricordare gli atti di coraggio di cui furono capaci i soldati italiani, che nonostante la tragicità di quegli avvenimenti, furono disposti a sacrificarsi pur di salvare i compagni feriti e in ritirata.

Alpino Albino Porro, 114a Compagnia, Battaglione Tolmezzo, 8° Reggimento Alpini.

La sera del 21 gennaio 1943 la colonna di cui anch'io facevo parte sostava nel paese di Novo Georgiewka, io e altri pochi alpini occupammo un'isba all'imbocco del paese lato nord; verso le prime ore del mattino il paese venne attaccato da reparti russi, di soprassalto ci portammo fuori per accertarci di quanto succedeva; infatti a circa duecento metri notammo alcuni camion con soldati russi in parte a bordo degli automezzi, in parte a terra che avanzando lentamente e con prudenza alternavano raffiche su di noi; un alpino (conosciuto in quel episodio e non più rivisto, ma che spero fortemente si trovi anche lui vivente) ancora in possesso di un fucile mitragliatore mi grida "Le munizioni! prendi le munizioni!"; saltai nell'isba e mi impossessai di una cassa fortunatamente piena di caricatori, ma poiché si doveva sparare su un costone sopraelevato che circondava il paese, e cioè verso l'alto il bipede non serviva pur abbassandosi verso terra; a questo punto lo gridai al mio compagno "Appoggia l'arma su una mia spalla e spara!".

Infatti fu così, avvolsi la canna con una coperta per poterla tenere ferma e abbassai la testa verso terra... Resistemmo in quella condizione credo una mezz'ora circa, nel frattempo un'altra mitragliatrice cantava all'interno di un'isba; erano anche loro alpini che sparavano nella nostra direzione.

La colonna si era messa in marcia, finite le munizioni ci guardammo in faccia e con un veloce sguardo attorno alle isbe, si capì che eravamo rimasti soli, non potrò mai dimenticare la corsa tra un'isba e l'altra per raggiungere la colonna ormai lontana. Cammin facendo in coda alla colonna sfinito dalla fatica, ma con grande contentezza in cuore pensavo, che col nostro sacrificio anche a rischio della propria vita, avevamo dato la possibilità a tanti nostri compagni feriti e congelati di sopravvivere per quella giornata.

RICCARDO

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