sabato 31 ottobre 2020

L'aurora a occidente

Riporto una parte dell'introduzione scritta da Mario Bellini nel suo "L'aurora a occidente", bellissimo libro che consiglio a tutti; grazie ai suoi racconti dettagliati di vita vissuta, ho potuto comprendere meglio le vicende belliche ed umane che si svolsero sul "cappello frigio" e nella "valle della morte" ad Arbusovka, ma soprattutto recatomi di persona in quei luoghi sia nel 2016 che nel 2019, ho potuto vivere quei momenti per me molto intensi con una "partecipazione" che ricorderò per tutta la vita... ero lì, ero esattamente in quei posti che lui descrisse così tanto bene e appassionatamente nel suo bel libro. Ma riporto in particolare questo brano per rendere giustizia alla verità, verità che io cerco sempre anche se a volte è dolorosa per qualcuno o fastidiosa per qualcun altro.

Nel quadro della gigantesca battaglia si svolsero le vicende personali che mi accingo a raccontare. Fui partecipe dell'accanita resistenza sul Don dall'11 al 19 dicembre e del successivo ripiegamento del cosiddetto "blocco nord", costituito dalle divisioni Pasubio e Torino e da parte della divisione Ravenna.

Mi trovai in due occasioni a operare con reparti germanici. Non intendo dimenticare gli episodi di arroganza e di brutalità dei quali si resero protagonisti i tedeschi a danno degli italiani, alleati che avevano compiuto il loro dovere e meritavano la loro gratitudine e il loro rispetto. In mancanza di una leale autocritica, della quale i tedeschi non sono stati capaci, la condanna per tali episodi non ha attenuanti. Ritengo doveroso, nel contempo, per un'esigenza di verità, rendere omaggio al valore degli ufficiali e dei soldati, alla capacità combattiva, alla genialità tattica dei reparti della 298a divisione di fanteria germanica. Questa divisione, a ranghi incompleti, fu protagonista di una manovra di ripiegamento semplicemente prodigiosa. Nell'arco di un mese portò in salvo la colonna del 'blocco nord", con il contributo di sangue dei combattenti italiani, dalle rive del Don fino a Belovodsk, attraversando un vasto territorio occupato dalle armate russe, superando accerchiamenti, sbarramenti, assedi, attacchi di ogni tipo sferrati da un nemico agguerritissimo; soprattutto impegnando e ritardando l'avanzata di numerose divisioni sovietiche. I soldati italiani del "blocco nord" non possono dimenticare che il merito dell'esito vittorioso del loro terribile ripiegamento è da attribuire, in massima parte, alla 298a divisione di fanteria germanica.

A titolo personale rendo onore agli ufficiali tedeschi che ho incontrato, dai quali ho ricevuto considerazione e rispetto. lntendo ricordare con gratitudine il sergente Cühy, furiere della 1a compagnia del 20 battaglione del 425° reggimento di fanteria, mio paterno amico nel caposaldo dello scalo merci della stazione ferroviaria di Certkovo. Al suo fermo e appassionato consiglio debbo la decisione di uscire dall'assedio, pur in condizioni di salute penosissime, e di gettarmi con una temperatura di oltre 40° sottozero sulla pista verso Belovodsk, in fondo alla quale, dopo aver attraversato quattro linee di sbarramento nemiche, trovai la salvezza.

Consapevole di aver militato in un'armata che ha combattuto fieramente, rendo omaggio al valore, alla capacità di sacrificio e al religioso amore per la patria del nostro implacabile nemico di allora. Nel contempo ricordo con commozione uomini e le donne russe che ho incontrato: la dolce Sonia, maestrina di Verch Grekovo; Nina e Gregorio, che mi ospitarono con geloso affetto nella loro casa; la donna del pozzo a Man'kovo nell'orrenda notte di Natale, che pianse temendo per la mia vita; la babuska di Belovodsk, che mi accolse con sollecitudine materna alla fine del mio calvario; e tanti, tanti altri. Tutti sono nel mio cuore, per l'amore che hanno avuto per me e che io ho ricambiato.

Al vertice dei miei pensieri, nel pubblicare questa mia testimonianza, ci sono coloro che caddero nella steppa gelata, con lo sguardo rivolto verso l'occidente immensamente lontano, senza veder l'aurora della salvezza. Il tempo non ha cancellato niente di quella tragedia.

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