giovedì 5 gennaio 2023

Ritorno sul Don, parte 9

Tutto il materiale proposto fa riferimento all'articolo 70 comma 1 della legge numero 633 del 22 Aprile 1941 che cita "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali".

Mia moglie forse capisce qualcosa perché mi stringe il braccio. - Ho freddo, - dice poi. Ma se dovessi dire a Boris di chiudere il finestrino certo si addormenterebbe perché sono undici ore che guida, e così copro Anna con la mia cacciatora di velluto e lana. Il paese che si dovrebbe raggiungere è Alessjevka (anche allora, in un primo tempo, fu una meta: dicevano che c'era un caposaldo tedesco, invece era già stato occupato); da Alessjevka prenderemo la strada asfaltata per Bielgorod e Charkov. Ma questo paese sembra irraggiungibile, e quando Boris si accorge di aver perso la pista buona, chissà dove diavolo siamo.

[...] e mi viene davanti un'altra immagine, quando la mia compagnia una notte era in colonna accerchiata: c'era tormenta e sbucarono dal buio due autoblinde che nel turbinio della neve ci spararono sopra la testa raffiche di traccianti. Poi sparirono nuovamente nel buio; come questi puledri, dopo che Boris ha spento i fari. Non c'è nessuno qui, a custodire i cavalli, nessuno risponde al nostro richiamo. Risaliamo in macchina e ci inoltriamo cautamente verso il fondo di una balca; incontriamo delle isbe, Boris suona il clacson e scende. [...]

Chiediamo la strada per Alessjevka e rispondono tutte insieme, dicendo cose differenti. Dal gran ciacolare che fanno riesco a capire che grosso modo siamo in quella zona poco abitata che è tra Varvarocka e Ostrogorsk. Anche degli uomini sono usciti dal loro sonno, fanno stare zitte le donne e poi parlano con calma. Ci offrono anche ospitalità e dico a Larissa e Boris di fermarci: potremo riprendere domattina. Noi è possibile, dicono: dobbiamo ritornare nel nostro albergo anche a costo di viaggiare sino a giorno. A questo riguardo, forse, avranno ricevuto una consegna. [...]

La macchina corre nel buio, il vento gelido della steppa entra dal finestrino tutto aperto, nessuno dice parole. Boris ogni tanto rallenta la corsa e china la testa sul volante; anche se andiamo fuori strada, penso, non succederà niente: è tutto piano! Prima un tasso, poi una volpe, un'altra volpe ancora e delle lepri attraversano nella luce dei fari dove sempre le foglie dell'autunno sembrano farfalle rosse. In queste distese infinte dormono i miei compagni, e questa la Russia che sono venuto a cercare.

Se ci fossero le stelle, la troverei la strada per Charkov. Ma quanti nostri compagni allora, in quella bufera di fuoco e di neve come in un inferno, non hanno trovato la strada di casa? Camminavano, giravano in tondo, si trascinavano sulle ginocchia e si perdevano. Quando ritornavano le stelle o il sole, un piccolo rialzo sulla neve indicava che li sotto c'era un uomo. [...]

Per due giorni mia moglie stette quasi sempre a letto con la febbre e io verso sera uscivo un paio d'ore a passeggiare per la città. Mi piaceva andare lungo una vecchia strada, forse la più vecchia e intatta e paesana via di questa Charkov rifatta nuova dopo tante battaglie. [...] Queste botteghe sotto il livello della strada piena del traffico serale mi ricordano la vecchia Russia di Gogol e Chagall; solo che una volta entrato non trovo vecchi mercanti, ma studenti. Ragazzi e ragazze che sfogliano libri, bevono il tè, discutono, si scambiano francobolli e distintivi, si fanno i fatti loro, insomma; e io vecchio sergente maggiore degli alpini che ho combattuto contro i loro padri prima di essere stato a questi fratello, mi sembra d'essere dell'era neolitica. O forse no, perché in una bottega color cannella dove mi sono fermato a bere tè e mangiare frittelle, quando stavo per uscire un paio del gruppo mi hanno detto «ciao». Proprio ciao! [...]


Ecco, sono ritornato a casa ancora una volta; ma ora so che laggiù, quello tra il Donetz e il Don, è diventato il posto più tranquillo del mondo. C'è una grande pace, un grande silenzio, un'infinita dolcezza. La finestra della mia stanza inquadra boschi e montagne, ma lontano, oltre le Alpi, le pianure, i grandi fiumi, vedo sempre quei villaggi e quelle pianure dove dormono nella loro pace i nostri compagni che non sono tornati a baita.

Cronaca di una sconfitta annunciata, 05.01.43

Cronaca di una sconfitta annunciata; dall'11 dicembre 1942 al 31 gennaio 1943, giorno per giorno, la cronistoria dell'ARMIR durante l'offensiva sovietica "Piccolo Saturno". Tratto da "Le operazioni delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943), edito dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

5 GENNAIO.

BLOCCO NORD.

Dopo un intenso bombardamento notturno, al mattino del 5 gennaio un attacco del nemico, diretto parzialmente contro il settore italiano, era respinto con forti perdite degli attaccanti. Proietti incendiari provocavano la distruzione di buona parte del magazzino di vestiario ed equipaggiamento. Un aviorifornimento a favore degli italiani andava perduto, perché sospinto dal vento entro le linee nemiche.

mercoledì 4 gennaio 2023

Cronaca di una sconfitta annunciata, 04.01.43

Cronaca di una sconfitta annunciata; dall'11 dicembre 1942 al 31 gennaio 1943, giorno per giorno, la cronistoria dell'ARMIR durante l'offensiva sovietica "Piccolo Saturno". Tratto da "Le operazioni delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943), edito dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

4 GENNAIO.

BLOCCO NORD.

Il 4 gennaio la 298a Divisione svolgeva un'azione per congiungersi alla 19a corazzata, giungeva fino in prossimità di essa, ma era respinta da un contrattacco dei russi, mentre le forze italiane, attaccate nelle loro posizioni, reagivano energicamente.

FRONTE DEL CORPO D'ARMATA ALPINO.

Nei giorni 4, 5 e 6 gennaio il combattimento era condotto essenzialmente per il possesso della «quota Cividale», situata nel settore tedesco. Partecipavano alla lotta, nella giornata del 4, prima la 20a compagnia del battaglione Cividale, che muoveva al contrassalto di propria iniziativa; poi la 16a, che suscitava l'ammirato plauso dei tedeschi per lo sprezzo del pericolo dimostrato. Alle azioni intervenivano anche le artiglierie della Cuneense. Il 5, ore 8,30, infiltrazioni nemiche a tergo della quota costringevano ad un temporaneo abbandono di essa, ma la situazione era ristabilita in tre ore. Nuovo attacco nemico respinto alle 14. Alle 17, dopo un nuovo attacco, la quota tornava in possesso del nemico.

martedì 3 gennaio 2023

Libri: "AMINTO CARETTO"

"Aminto Caretto - Una vita al fronte: dalle trincee della Grande Guerra alla campagna di Russia".

Poche figure hanno attraversato la storia italiana del novecento lasciando un ricordo così indelebile come quella di Aminto Caretto. In un secolo caratterizzato da due devastanti guerre mondiali incarnò al meglio la figura di soldato valoroso trascorrendo quasi tutta la sua vita al fronte. Il giovane Capitano Caretto guidò con coraggio il Reparto d’Assalto della IV Brigata Bersaglieri da Carzano a Cima Valbella, fino al Piave e alla vittoriosa controffensiva finale.

Nel 1922 inoltrò domanda per essere dislocato presso le Truppe Coloniali d’Eritrea impegnate in Cirenaica. Caretto rientrato in Italia nel 1926 venne inviato all’ 11° Reggimento Bersaglieri a Gradisca d’Isonzo. Assunse il comando del Terzo Reggimento Bersaglieri nel 1940 dopo un breve periodo operativo nei Balcani, per poi essere inviato sul fronte russo. I documenti dell’epoca e i diari reggimentali ricostruiscono i nove cicli operativi che il Terzo effettuò tra l’estate 1941 e l’autunno 1942; culminando con la Battaglia di Natale. Il libro, attraverso la figura di Aminto Caretto, ricostruisce anche le operazioni di altri reparti che affiancarono le truppe alpine. Tra questi il Sesto, l’Artiglieria a Cavallo, i Cavalleggeri del Savoia Cavalleria e i Lancieri di Novara.

Ritorno sul Don, parte 8

Tutto il materiale proposto fa riferimento all'articolo 70 comma 1 della legge numero 633 del 22 Aprile 1941 che cita "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali".

Di notte, stando sulla riva alta di questo fiume, vedevamo lontano delle luci che parevano un altro firmamento; ed è da qui che sono partiti per liberare la loro patria e l'umanità dal nazismo. Si fermarono quando raggiunsero Berlino. Sul ponte di barche, nel mezzo del fiume, un vecchio è assorto a pescare e mi fermo con lui in silenzio. Dopo un poco gli chiedo in russo: - Kak dielà? - Nicevò, - mi risponde girando appena la testa. E sorride con gli occhi, non stupendosi del mio essere straniero. Con tutto il cuore avrei voluto sostare a lungo su quel ponte a pescare con il vecchio, a sentire l'acqua frusciare contro i legni mentre il sole incendiava di colori il bosco autunnale. [...]

Allora, in quella notte del 18 gennaio 1943, questa pista che va a ovest era gremita di muli, di automezzi, di battaglioni di alpini della Tridentina che avevano lasciato il Don con troppo ritardo per obbedire a un ordine dell'OKW di Hitler; era stato lui che aveva ordinato al comando dell'VIII Armata italiana che il Corpo d'Armata Alpino non lasciasse il fiume. Da Rossoch saliva la Julia che per un mese in aperta steppa aveva fermato la fanteria e i carri armati russi che avevano rotto il fronte nell'ansa di Verk Mamon e che avevano tentato di aggirarci. Dalla zona di Karavut veniva il 1° reggimento alpini e da Staraia Kalitva il 2° e i gruppi del 4° artiglieria alpina. Dal Nord, dove la 23a divisione ungherese aveva abbandonato la linea di propria iniziativa, le masse degli sbandati ungheresi e tedeschi intasavano villaggi e piste da Judino a Podgornje.

I soldati russi dei reggimenti della Guardia e i carri armati stavano chiudendoci nella sacca. I villaggi bruciavano, negli ospedali gli ufficiali medici più giovani tiravano a sorte chi doveva restare per assistere i feriti che non potevano andarsene con le proprie gambe. [...]

Noi si restava dentro la bufera; ancora reparto per reparto, squadra per squadra. Fino a quando abbiamo trovato i magazzini abbandonati dove i pochi civili rimasti nei villaggi e i partigiani cercavano di salvare dalle fiamme quanto potevano. Allora incominciarono a staccarsi i primi; e di quelli che trovarono il cognac nelle botti forse non si è salvato nessuno. Le notti e i giorni del 19 e del 20: incursioni di carri armati, mitragliamenti aerei, i primi morti assiderati ai lati delle piste, i primi bruciati dentro le isbe. La prima grande fame di sonno e di baita. [...]

Che notti in quel dicembre del 1942! E don Carlo Gnocchi con gli alpini dell'Edolo preparava il presepio in una tana sopra il fiume gelato. Ricordo le postazioni, le pattuglie di collegamento con il Morbegno, le ore nei ricoveri e l'odore e la macina del grano e la polenta di segale e i semi di girasole; e le armi che non volevano sparare e l'alpino Lombardi che stava sempre silenzioso e staccato, indifferente nel suo grande coraggio perché la morte era già in lui. Giuanin: - Sergentmagiù, ghe rivarem a baita?

Vorrei dire a Boris di fermare la macchina per farmi scendere, a Larissa di accompagnare mia moglie a Charkov e farla ripartire per l'Italia e io restarmene qui solo, per tutto l'inverno in questi villaggi, e camminare dall'uno all'altro. In silenzio, sulla neve. Fino a primavera, fino al disgelo, e dopo riprendere il treno per casa. [...]

E' per questo che prima, guardando in cielo, non vedevo più le stelle. Le foglie di betulla che il vento strappa dai rami vengono ad illuminarsi davanti ai fari della macchina come balenanti farfalle: «Se venisse ora a nevicare, - penso, - forse saremmo costretti a fermarci, a cercare un'isba per chiedere ospitalità e ripartire domani». Ora desidero questa neve che ho tanto maledetto, che mi ha ossessionato per anni; la desidero per passare una notte sopra la stufa di un'isba, perché troverei ad aspettarmi tutti gli amici e i compagni che non sono arrivati a baita.

Cronaca di una sconfitta annunciata, 03.01.43

Cronaca di una sconfitta annunciata; dall'11 dicembre 1942 al 31 gennaio 1943, giorno per giorno, la cronistoria dell'ARMIR durante l'offensiva sovietica "Piccolo Saturno". Tratto da "Le operazioni delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943), edito dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

3 GENNAIO.

Nulla di rilevante viene riportato nel testo dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

lunedì 2 gennaio 2023

Storia Illustrata 1999, parte 9

Speciali di Storia Illustrata, Campagna di Russia - La tragedia dell'ARMIR, Agosto 1999, nona e ultima parte.

































































Cronaca di una sconfitta annunciata, 02.01.43

Cronaca di una sconfitta annunciata; dall'11 dicembre 1942 al 31 gennaio 1943, giorno per giorno, la cronistoria dell'ARMIR durante l'offensiva sovietica "Piccolo Saturno". Tratto da "Le operazioni delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943), edito dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

2 GENNAIO.

Nulla di rilevante viene riportato nel testo dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

Ritorno sul Don, parte 7

Tutto il materiale proposto fa riferimento all'articolo 70 comma 1 della legge numero 633 del 22 Aprile 1941 che cita "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali".

Il luogo mi è noto anche se non c'è la neve. Sono certo di essere tra Postojali e Seljachino. Ma perché queste macchie d'alberi lontani, questa terra, queste lunghe erbe secche e questo cielo si impastano e sfumano in un'unica linea orizzontale? Si sciolgono come se una calda luce liquida li dissolvesse. Da laggiù siamo arrivati dopo aver lasciato il Don e per questo lungo dosso abbiamo camminato tra il 20 e il 22 gennaio. Vorrei camminare come allora lungo una traccia che so, e dormire nelle isbe; e vorrei che fossero qui anche loro: gli amici che sono rimasti vivi e che mai, forse, qui potranno ritornare. Ma gli altri come potranno capire questo? [...]

Cammino un poco da solo, e ai margini di uno stagno inselvatichito osservo i resti di quattro isbe. Vedo tra le erbacce le stufe di mattoni, i camini crollati, qualche trave carbonizzata. Per chi si sarà svolta qui l'ultima parte del dramma? Da quale paese delle nostre montagne sono venuti a morire qui? Tutt'intorno non si vede un essere vivente. [...] Passiamo per Olichovatka; scendiamo lungo il Kalitva e alle due pomeridiane arriviamo a Rossoch. [...] Proprio li, tra la chiesa di San Nicola e la stazione (che ancora porta i segni di allora) è stato visto per l'ultima volta il Mario Pesavento, mio compagno alle elementari. Suo padre lo vedevo tutti i giorni passare davanti a casa mia quando tornava dalla cava; ora ha tanti anni, ma l'ultimo suo lavoro di scalpellino è stato un monumento per i dispersi in Russia.

Anche qui a Rossoch c'è un monumento dentro un giardino di betulle e di aceri; è per i loro caduti e a fatica traduco: «Alla gloria eterna di coloro che sono morti per la liberazione e l'indipendenza del loro paese». Un poco fuori del centro, lungo la strada che scende a Novo Kalitva, hanno trovato un ristorante. Prima di sedermi al tavolo mi avvicino al banco per comperare qualcosa per il viaggio perché prevedo una cena molto lontana: - Sono un italiano, - dico alla donna che mi serve. E vedo il suo viso trasfigurarsi: impallidire, arrossire, gli occhi illuminarsi e inumidirsi; sorridere, infine.

Non riusciamo a parlarci. Questa donna che per l'emozione non è capace di avvolgere il pacchetto avrà avuto vent'anni. Mi dice: - Dasvidània! - E poi, in italiano: - Arrivederci -. E nient'altro. [...]

Ora ho fretta di arrivare sul Don, anche se Larissa dopo essersi allontanata dal gruppo per telefonare, mi dice che il Soviet di Rossoch gradirebbe una visita. - No, - dico, - se è possibile; si farebbe troppo tardi. E poi bisogna ritornare a Charkov viaggiando tutta la notte. Andiamo subito a Podgornje. Vorrei anche andare verso Staraja e Novo Kalitva, a Quota Pisello, dove hanno combattuto quelli della Julia e della Cuneense. Ma lassù c'è il mio caposaldo: - Andiamo, - dico, accennando al Nord.

Ecco Podgornje con la fabbrica di calce e i carrelli che passano sopra la strada; [...] Sulla strada che va a Dacia c'è ancora il mulino a vento dove un giorno incontrai il Silvio dalle Ave che faceva il guardafili; ero passato con gli sci prima di andare in linea, per trovare Rino al comando del battaglione genio. Questo mulino indicava la strada ai nostri conducenti e ai portaordini, ed è come rivedere un campanile di paese. Stiamo attraversando un villaggio e Boris ferma la macchina vicino a un pozzo perché ha sete. [...]

Gli scavi erano grandi e profondi, per stare al caldo e al sicuro; uno ogni due plotoni. Noi mitraglieri del tenente Sarpi eravamo con i fucilieri di Cenci. Quanto abbiamo cantato là sotto quando veniva la sera! Ci sono ancora i segni degli scavi ed è come mi ritrovassi davanti tutti i compagni di allora e le voci: Artico, Tardivel, Moreschi, Bodei, Monchieri, Linardi, Corazza, Barp. Tutti. [...]

Bielogoroje; il paese che declina verso il fiume, a destra e a sinistra le due montagne biancheggianti, il boschetto e la piana con il fosso anticarro, le erbe, la riva e l'acqua che va lenta. Lo riconoscete, amici del Tirano, questo posto? Quante volte siete venuti di pattuglia dove ora cammino e non sparano? Quaggiù sulla riva c'erano i posti avanzati dove venivate di notte; sui dossi ci sono ancora i segni delle trincee delle postazioni e guardando verso il sole che tramonta indico con la mano i caposaldi. [...]

Scendo alla riva, con l'acqua mi bagno la fronte e raccolgo una manciata di terra. Un cartello dice che è vietato fare il bagno: forse perché sul letto ci sono ancora bombe a mano o mine? Un ponte di barche unisce le due rive; al di là la strada prosegue dentro il bosco e camminando su questo ponte dondolante ho l'impressione della vastità delle Russie. Quante migliaia di chilometri ancora? Foreste, città, pianure, fiumi, deserti, laghi, villaggi, steppe, montagne fino dove finisce il mondo.

domenica 1 gennaio 2023

Il viaggio del 2013, da Podgornoje a Postojalyi

Immagini del mio primo trekking effettuato nel 2013... Sabato 19 gennaio - 1a tappa Km.29: da Podgornoje a Opit, a Postojalyi. Nell'abitato di Opit incontriamo una "babushka" che, riconosciutoci quali italiani, nel pieno inverno russo ci viene incontro e inizia a parlare con la nostra guida Sasha. Racconta, racconta... e ci porta a questo vecchio fienile, e scopriamo che abbiamo di fronte a noi un pezzo di storia di quei tragici giorni. Il fienile era utilizzato come posto di medicazione per i numerosi feriti che le nostre truppe ebbero durante i primi scontro della ritirata. Nessuno di noi ha voluto entrarci, quasi a rispetto di quel luogo e delle sofferenze vissute all'interno.