giovedì 25 novembre 2021

Le fotografie di Mario Bagnasco, 04

Le fotografie di Mario Bagnasco, Primo Capo Squadra o Capo Squadra della Legione CC.NN. "Valle Scrivia".

"Caposaldo 10 'Giarabub' 12.12.1942 prima dell'azione l'ufficiale sta spiegando".

Questa fotografia è davvero un pezzo di storia... è stata scattata solo 4 giorni prima dell'inizio dell'operazione Piccolo Saturno contro le linee italiane.

Anna Maria Rigoni

L'ho scoperto solo oggi... Morta a 99 anni Anna, la moglie di Mario Rigoni Stern.

Ancora pochi mesi e avrebbe raggiunto il traguardo delle 100 candeline. Anna Maria Rigoni “Haus”, moglie dello scrittore Mario Rigoni Stern, è però mancata venerdì nella sua casa di Val Giardini ad Asiago e ha raggiunto il “suo” Mario, il marito che aveva seguito nella sua vita di scrittore e di uomo. La notizia della scomparsa della signora Anna è arrivata nel paese di Asiago, e rapidamente diffusa su tutto l’Altopiano, a funerali avvenuti. I figli hanno rispettato fino in fondo la nota riservatezza di Anna. «Abbiamo voluto tenerla a casa fino alla fine - le parole del figlio Gianni - perché per noi figli non era la moglie di Mario Rigoni Stern ma la nostra mamma».

I dieci nipoti, che si sono stretti attorno ai genitori, hanno semplicemente dichiarato: «Abbiamo voluto tanto bene ad entrambi. Ci consideriamo fortunati di aver goduto della compagnia e della saggezza dei nostri nonni, che portiamo nel cuore». Era infatti una donna riservata, che si è sempre tenuta fuori dalle luci della ribalta che hanno illuminato Mario dopo il successo dei suoi libri. Si ricorda Anna sempre in disparte, ma subito pronta a intervenire per proteggere il marito e per suggerirgli di riposare quando si donava generosamente alle tante persone, dai giornalisti ai semplici fan, che lo cercavano presentandosi persino sugli scalini di casa. È stata il baluardo insormontabile a tutela della creatività e dell’ispirazione dello scrittore, come lui stesso ha sempre ammesso.

Ma la discrezione e la gelosia con cui custodiva i suoi spazi e i momenti casalinghi non hanno impedito ad Anna di conoscere e frequentare gli intellettuali del Novecento. Da Italo Calvino, Emilio Lussu e Leonardo Sciasia a Nuto Revelli e Primo Levi, le serate trascorse a discutere e a riflettere sul mondo sono state molte; in particolare con Revelli e Levi, con i quali Anna e Mario alimentarono una profonda e intima amicizia.

Tra i racconti del marito, che ovviamente conosceva molto bene, Anna aveva una predilezione per quelli inerenti la caccia, in considerazione che anche lei da giovane aveva praticato l’arte venatoria. Proprio per questa sua passione è stata proprio Anna a caldeggiare l’istituzione del Premio letterario Mario Rigoni Stern, promosso dall’associazione Ars Venandi; è stata una delle poche volte in cui si ricorda un così determinato intervento a favore di una commemorazione dedicata al marito, impegno che solitamente lasciava ai figli. «Lo sostengo perché credo che sia il miglior modo di portare avanti le idee sulla montagna che Mario esprimeva nei suoi racconti» dichiarò la signora durante la presentazione ufficiale del premio.

Anna e Mario Rigoni Stern si sono conosciuti a scuola e sono convolati a nozze dopo la guerra, nel maggio del 1946. Con gli anni la famiglia è cresciuta per la nascita, nell’ordine, di Alberico, Giovanni Battista e Ignazio. E insieme alla famiglia è cresciuta pure la popolarità di Mario. Tra interviste, convegni, onorificenze e premi, Rigoni Stern è stato però spesso in viaggio, con la moglie Anna sempre accanto.

Alla scomparsa del marito, nel 2008, Anna si è ritirata in casa, offrendo ancor meno apparizioni negli eventi commemorativi. Negli ultimi tempi la sua salute si era indebolita, tanto che per un periodo è stata ospite della casa di riposo “Villa Rosa” di Asiago. Il richiamo della loro casa di Val Giardini però era troppo forte: lì sono conservati i ricordi e le gioie condivise con Mario, la scrivania con i quaderni e le penne con i quali Mario traduceva momenti di vita in poesia.

A casa ha voluto dire addio a questo mondo, nel mese in cui nacque suo marito, proprio come lui ha salutato questa vita in un giorno di primavera. Il 21 marzo sarebbe stato il compleanno di Anna.

lunedì 22 novembre 2021

Rapporto sui prigionieri, parte 5

Pubblico alcuni estratti del "Rapporto sui prigionieri di guerra italiani in Russia" a cura di Carlo Vicentini e Paolo Resta, fonte UNIRR, 2a edizione, anno 2005, a mio avviso la fonte più autorevole per fare chiarezza sulle perdite e sulle vicissitudini dei nostri soldati in Russia durante il secondo conflitto mondiale.

LA CATTURA.

L'animo esasperato e la tensione della battaglia. non lasciavano molto spazio a sentimenti umanitari quando la cattura avveniva al termine di un combattimento, specialmente se i russi avevano subito parecchie perdite. Ai soldati russi era stato inculcato un odio profondo contro questi invasori, dipinti come razziatori, incendiari, che deportavano le donne. Certo, questo profilo non si addiceva al soldato italiano, ma i russi non facevano troppa differenza tra noi ed i tedeschi: parecchie volte i soldati italiani, soprattutto gli ufficiali, furono passati per le armi appena catturati. Ai tedeschi questo succedeva quasi sistematicamente.

Quando la cattura avveniva da parte di truppe asiatiche, gli episodi di brutalità ed efferatezza erano certi. I comandanti ed i singoli gregari avevano ampia discrezionalità e, secondo gli umori personali, erano capaci dell'assassinio dei feriti o del mitragliamento dei prigionieri appena consegnatisi. A queste atrocità non si sono sottratti nemmeno i partigiani. Comportamento di malvagità più raffinata era la spogliazione dei prigionieri. Erano ambitissimi i pastrani con la pelliccia, i giubbetti, i maglioni casalinghi, i berretti di pelo, le coperte, gli stivaloni di feltro russi di cui erano stati dotati alcuni reparti della "Julia". Queste razzie inutili, perché il soldato russo non aveva certo bisogno del nostro equipaggiamento, lasciavano i malcapitati scalzi, senza guanti, condannandoli al congelamento ed a morte sicura.

A parte questi casi, frequenti ma non generalizzali, la massa dei prigionieri era sottoposta alla sistematica requisizione di tutto quanto avevano in tasca: orologi, penne stilografiche, accendisigari, temperini, portafogli e la sistematica distruzione di immagini sacre e fotografie. Queste perquisizioni si ripetevano ad ogni cambio della scorta e mano mano il prigioniero rimaneva sempre più spoglio perché i russi, non trovando più nulla di ambito, delusi d'essere arrivati per ultimi, si attaccavano alle gavette, ai cucchiai di alluminio, ai pettinini, alle cinghie dei pantaloni. I prigionieri venivano immediatamente avviati all'indietro, naturalmente a piedi, e poi raggruppati in colonne sempre più numerose fino al migliaio di uomini, sorvegliati da pochi guardiani poco più che adolescenti, ma oltremodo risoluti e spietati. I prigionieri non venivano interrogati, nessuno segnava le loro generalità.

Nella confusione dei primi giorni, qualche prigioniero, specialmente se ferito, riuscì a sottrarsi agli incolonnamenti ed a trovare rifugio presso un'isba, una famiglia impietosita che di solito lo invitava ad allontanarsi dopo averlo rifocillato e sommariamente curato. Aiutare e proteggere un soldato nemico era reato punito con la deportazione e non c'era cittadino russo che osasse sottrarsi agli ordini dell'NKVD la quale aveva mille occhi ed ancor più delatori. Questi prigionieri furono rastrellati tutti ancora nei primi mesi del 1943.

Moltissimi prigionieri feriti o congelati che, impossibilitati a camminare, erano stati lasciati dai russi in accantonamenti provvisori a Valuiki, a Rossosc oppure erano stati trovati nei nostri ospedali da campo, non potuti sgomberare per mancanza di mezzi di trasporto, furono spediti successivamente in appositi lager-ospedali situati negli Urali ed in altre località a migliaia di chilometri dal Don, dove arrivarono dimezzati o in condizioni tali che sopravvissero poche settimane. Ci sono stati dei prigionieri italiani che dopo catturati furono adibiti per alcuni mesi alla riparazione e ripristino delle centinaia di nostri automezzi abbandonati nella ritirata, ma in seguito furono mandati nei campi. La fortuna di questi soldati fu quella di evitare le marce ed i trasporti nei carri bestiame. Più fortunati ancora, quei piccoli gruppi che, catturati e rinchiusi in attesa di poterli sgomberare, furono, dopo uno o due giorni, liberati dai nostri reparti che, nell'aprirsi la strada delle ritirata, avevano infranto lo sbarramento russo in quella località.

Il viaggio del 2011, Garbusowo

Immagini del mio primo viaggio "esplorativo" effettuato nel 2011... Garbusowo e la steppa circostante.



Le fotografie di Mario Bagnasco, 03

Le fotografie di Mario Bagnasco, Primo Capo Squadra o Capo Squadra della Legione CC.NN. "Valle Scrivia".

"Malgrado il maltempo si continua a consolidare la prima linea".

mercoledì 17 novembre 2021

Le fotografie di Mario Bagnasco, 02

Le fotografie di Mario Bagnasco, Primo Capo Squadra o Capo Squadra della Legione CC.NN. "Valle Scrivia".

"Lanciafiamme in azione".

Una storia dal passato

Ricevo e pubblico questa richiesta da UNIRR... ancora una volta una storia riemerge dal passato e cerchiamo di dare un nome a questo volto.

"Ciao Pasha. Questa è la storia della mia famiglia. Al tempo delle colonne di prigionieri non tutto li portavano nei lager, lasciavano quelli malati nei paesini, erano così malandati, che di certo pensavano che non sarebbero sopravvissuti a lungo. Così si sono conosciuti Maria, la madrina di mia mamma e un soldato. Lui aveva una grave polmonite, così come tanti nostri soldati vicino a Stalingrado. Fecero di tutto perché lui si salvasse, sai come la nostra gente è capace a perdonare. Così che si innamorarono. La nonna Maria raccontava poco di lui. Lui morì e venne seppellito nel cimitero del paese, lei andava spesso al cimitero a trovarlo e pulire la tomba, noi non ci ricordiamo dove venne sepolto. Si sa solo che lui morì nella speranza di salvarsi e di portare Maria in Italia. Lui gli regalò la sua foto. E questa foto venne custodita al mio paese dai miei genitori. Sarà difficile capire chi fosse dopo tanti anni. Si e ti dico che la gente ha dimenticato gli errori dei fascisti e poi guarda che succede in Ucraina . Va beh, Pasha, ti saluto e saluta tua moglie e i tuoi figli se ancora si ricordano di noi".

Queste le parole che arrivano dalla Russia di oggi. Renato, il ragazzo della fotografia, è di Cosenza. Scrive una cartolina al fratello in Russia, una cartolina con la sua fotografia; un modo come un altro per stare vicino al fratello al fronte, di cui non conosciamo nessuna generalità. Il fratello di Renato è il protagonista del racconto che arriva dalla Russia; il fratello di Renato probabilmente viene catturato e vive i tristissimi giorni delle "marce del davai"; forse ferito, viene abbandonato in un villaggio e dopo anni, tanti anni, riemerge questa fotografia.

Ecco, oggi a distanza di così tanti anni, sarebbe bello poter dare un nome a questi ragazzi divisi dalla guerra. Magari fra i lettori della pagina ce n'è qualcuno di Cosenza o dintorni che può contribuire al riconoscimento.

Onori a Giovanni Alutto

105 anni! La nostra storia fatta a persona!

Oggi Giovanni Alutto classe 1916 ha tagliato in buona salute il traguardo dei 105 anni. La sezione Unirr di Torino lo ha festeggiato assieme alla famiglia ed agli amici più cari.

martedì 16 novembre 2021

Le fotografie di Mario Bagnasco, 01

A volte anche Internet regala delle bellissime sorprese che permettono di far tornare in vita vecchi ricordi che viceversa rimarrebbero nascosti in un cassetto. E' il caso del Signor Giorgio Quaini che qualche settimana fa mi ha contattato ed inviato le fotografie originali del nonno, reduce della Campagna di Russia.

Sono fotografie inedite, emozionanti... ho sempre pensato che il compito di un divulgatore fosse appunto quello di far conoscere e far vedere a tutti "dettagli" della nostra storia, belli o brutti che siano, e il permesso a pubblicare le fotografie del Signor Giorgio è davvero un bel regalo per tutti noi.

Il nonno si chiamava Mario Bagnasco e lo vediamo in questa prima fotografia; le immagini sono talmente belle che le pubblicherò una alla volta con la didascalia originale scritta in matita sul retro, così da poterle apprezzare singolarmente.

Mario Bagnasco era una camicia nera e più precisamente, vedendo i gradi, un Primo Capo Squadra o un Capo Squadra (gradi corrispondenti a Sergente Maggiore o Sergente del Regio Esercito); visti alcuni dettagli delle fotografie, le date delle stesse e la provenienza geografica del nonno, è molto probabile che Mario fosse inquadrato nella Legione CC.NN. "Valle Scrivia" successivamente Gruppo Battaglioni Camicie Nere "Valle Scrivia" così articolato:

Comandante: Console Mario Bertoni
- Comando
- V (5°) Btg.Camicie Nere d'Assalto "Tortona" al comando del Primo Seniore Giuseppe Masper (caduto)
- XXXIV (34°) Btg.Camicie Nere da Montagna "Savona" al comando del Seniore Roberto Gloria (ferito)
- XLI (41°) Btg.Camicie Nere Armi d'Accompagnamento "Trento" (non si conoscono le generalità del comandante)

Mario Bagnasco è sopravvissuto alla guerra e ha sviluppato poi queste fotografie che sono state successivamente ritrovare dal nipote.

Libri: "NON SARETE DIMENTICATI"

Segnalo questo libro appena uscito in commercio di Renza Martini dal titolo: "Non sarete dimenticati - Memorie dell'ARMIR dal Fronte Russo".

Alpini, fanti, bersaglieri, artiglieri, dell’ARMIR, caduti, scomparsi, fortunosamente tornati, oppure finiti prigionieri durante la ritirata tra il dicembre 1942 e il gennaio 1943.

Ventuno storie di ventuno italiani in grigioverde partiti, da ogni regione d’Italia, per conquistare l’Unione Sovietica e scontratisi con la grande storia. Ventuno testimonianze, ricostruzioni, ritrovamenti, che a distanza di 80 anni ancora dimostrano quanto la tragedia dell’Armata perduta, sia ancora memoria viva. Dopo le madri e le giovani mogli, oggi sono i nipoti o i pronipoti a cercare di colmare il dubbio e di cancellare l’oblio caduto sui loro familiari.

Ventuno ritratti di uomini che oggi rappresentano un segno di pace e di contrasto ad ogni guerra.

L'autrice.

Questo libro nasce grazie al gruppo Facebook “Armir, sulle tracce di un esercito perduto”, creato dal giornalista Pino Scaccia, storico inviato del Tg1 Rai, e specializzato nella ricerca di notizie, documenti e ricordi dei dispersi nella campagna di Russia.

Renza Martini ha raccolto da Scaccia il testimone e sta continuando nel lavoro di raccolta di testimonianze, documenti, fotografie permettendo ai tanti figli, nipoti o pronipoti dei caduti dell’ARMIR di poter ricostruire le vicende accadute ai loro familiari.

Il libro è acquistabile a questo link https://www.tralerighelibri.com/product-page/non-sarete-dimenticati-memorie-dell-armir-dal-fronte-russo.