venerdì 29 ottobre 2021

martedì 26 ottobre 2021

Racconti di Russia, Novo Postojalowka

Un'altra testimonianza tratta dal libro "Nikolajewka: c'ero anche io" a cura di Giulio Bedeschi. Capitano Lino Ponzinibio, medaglia d'oro al V.M. Battaglione Mondovì, 1° Reggimento Alpini.

[...] Io a Nikolajewka non c'ero. Posso però egualmente affermare che essa fu la più grande battaglia fortunata combattuta in terra di Russia dal Corpo d'Armata Alpino, e per esso quasi esclusivamente dalla Tridentina. Io però c'ero a Nowo Postojalowka! Questa sanguinosa, disperata battaglia che doveva durare, quasi ininterrotta per più di trenta ore ed in cui rifulse il sovrumano e sfortunato valore dei battaglioni e dei gruppi della Julia e della Cuneense che ne uscirono poco meno che distrutti.

Di questa battaglia quasi nessuno dei molti che hanno scritto sulla campagna di Russia si è occupato, quantunque essa sia stata, senza dubbio alcuno, la più dura, lunga e sanguinosa fra le molte sostenute dagli alpini sia in linea sia nel corso del ripiegamento: ritengo quindi necessario affermare che essa, anche se al moltissimo sangue che fu sparso non corrisponde il meritato successo, costituì una delle pagine più gloriose che gli alpini abbiano mai scritto nella loro lunga storia e fu certamente la più splendida fra le molte di cui si compose l'epopea della Julia e della Cuneense in terra di Russia.

La lotta davanti a Novo Postojalowka era costata alla Cuneense la distruzione pressoché completa di quattro battaglioni, di due gruppi d'artiglieria e del battaglione genio ed alla Julia circa eguali perdite, sebbene i suoi reparti fossero già stati assottigliati in seguito a precedenti duri e sanguinosi combattimenti. Questo il tragico bilancio della battaglia di Nowo Postojalowka dei giorni 19 e 20 gennaio 1943. Ma non fu un inutile sacrificio perché attirando su di sé ed impegnando a lungo notevoli e poderose forze russe impedì loro di accorrere più a nord e di gettarsi sulla Tridentina che poté così superare meno duramente le numerose resistenze russe e uscire dalla sacca traendo in salvo, sulla sua scia, qualche migliaio di superstiti delle divisioni sorelle.

A queste ultime, invece, la sorte fu meno benigna ed i superstiti, nella maggior parte feriti o congelati, dovettero subire la triste sorte della prigionia. Non senza aver resistito e combattuto fino oltre ogni estremo limite e possibilità di resistenza. Infatti, prive di collegamenti con la Tridentina e quindi con il comando del Corpo d'Armata Alpino, ignare perciò del dirottamento su Nikolajewka, le superstiti colonne della Cuneense della Julia proseguirono il cammino puntando sulla meta originaria, Waluiki, che raggiunsero attraverso combattimenti pressoché continui alternati a estenuanti marce compiute soprattutto di notte, ben spesso fra violente bufere, sempre accompagnati dalla fame dal gelo. E ciò in una crescente progressione di atroci disagi fino al 27 gennaio, allorché dinanzi a Waluiki, nonostante il quasi totale esaurimento delle munizioni i generali Battisti e Ricagno e i loro superstiti alpini si impegnarono in combattimento ad oltranza e infine vennero catturati dai russi.

La colonna del 1° Alpini resisteva ancora dinanzi a Waluiki, all'alba del 28 gennaio, quando il colonnello Manfredi venne ucciso dai russi; e il battaglione Mondovì, sopraggiunto a metà giornata, combatté aspramente fino a notte, prima di essere sopraffatto dalle strapotenti forze nemiche che portavano a compimento l'effetto di dieci giorni di patimenti inauditi, accumulati dal rigore del clima e dalle quasi inverosimili circostanze nelle quali si trovarono infossati gli alpini nella sacca sul fronte russo.

Serata a Medesano

Sabato 6 novembre alle ore 20.45 saremo ancora una volta quasi tutti insieme, a Medesano in provincia di Parma, per raccontare il viaggio del 2018, ma soprattutto per ricordare tutti quei ragazzi che non sono tornati. Su invito e grazie all'iniziativa del Gruppo Alpini Medesano e con il patrocinio del Comune di Medesano, interverremo alla serata con un primo inquadramento storico della Campagna di Russia e successivamente proietteremo immagini e video del viaggio con la diretta testimonianza di chi ne ha preso parte. Chi fosse interessato può presentarsi al Teatro Comunale Adolfo Tanzi in Via Picelli 12 a Felegara, frazione di Medesano.

In realtà per noi sarà un doppio impegno, perché la mattina avremo anche il piacere di parlare della Campagna di Russia e della nostra intensa esperienza anche ai ragazzi della scuola media locale.

Cimitero di Lambrate, Milano

Milano, piazzale del cimitero di Lambrate...

sabato 23 ottobre 2021

Tributo ai combattenti di El Alamein

Parlo della Campagna di Russia e dei ragazzi che lì hanno combattuto e sofferto, ma questa sera il mio pensiero va a loro... ai soldati che proprio in queste ore ad El Alamein, 79 anni fa, affrontarono la morte.

martedì 19 ottobre 2021

MOVM - Iacovitti Mario

Le Medaglie d'Oro al Valor Militare della Campagna di Russia, Soldato Scelto Flammiere IACOVITTI Mario, 1° Battaglione Chimico d’Armata.

Motivazione: "Volontario in durissimi combattimenti difensivi, mentre l’unità di cui faceva parte, completamente circondata, era premuta da soverchianti forze nemiche, sfìnito da più giorni di combattimento e con gli arti inferiori menomati da principio di congelamento, in un disperato ritorno di energie, riusciva a montare su di un cavallo e, tenendo alto sulla destra un drappo tricolore, si lanciava contro il nemico, trascinando con l’esempio centinaia di uomini all’attacco. Incurante della reazione avversaria, attaccava ripetutamente. Alla quinta carica, rimasto miracolosamente illeso, dopo che una raffica di mitragliatrice gli aveva abbattuto il cavallo, si trascinava ancora avanti, carponi, verso una postazione di arma automatica nemica, della quale, con fredda astuzia e straordinario coraggio, riusciva a impadronirsi con lancio di bombe a mano. Nel prosieguo della lotta disperata, travolto dalla marea nemica veniva catturato. - Arbusow (Russia), 22 dicembre 1942".

MOVM - Vitale Vincenzo

Le Medaglie d'Oro al Valor Militare della Campagna di Russia, Caporale VITALE Vincenzo, 5a Compagnia Lanciafiamme, Divisione Cosseria.

Motivazione: "Vicecomandante di squadra lanciafiamme, si lanciava animosamente contro il nemico incalzante ricacciandolo col getto della sua arma. Esaurito il lancio sostituiva il suo apparecchio con un altro tolto ad un compagno ferito e si portava di nuovo arditamente e decisamente al contrassalto infliggendo notevoli perdite all’avversario. A lancio finito si toglieva di dosso l’apparecchio e spintosi davanti a tutti teneva testa ad un numero soverchiante di nemici, prima con la pistola e poi a colpi di bombe a mano. Mentre a voce alta incitava i compagni a seguirlo nella azione destando l’ammirazione dei superstiti, rimaneva ucciso da una granata avversaria. Già distintosi in azioni precedenti. Chiaro esempio di elevato senso del dovere spinto sino al sacrificio. - Fronte russo (Don Deresowka), 15 dicembre 1942".

Ricompense - 8a Armata - Btg.ni Lanciafiamme

Ricompense al Valor Militare attribuite per le operazioni sul Fronte Russo, a cura di Carlo Vicentini, fonte UNIRR.

MOVM - Medaglia d'Oro al Valor Militare, MAVM - Medaglia d'Argento al Valor Militare, MBVM - Medaglia di Bronzo al Valor Militare, MOVM - Medaglia d'Oro al Valor Militare, CGVM - Croce di Guerra al Valor Militare.

8a ARMATA - BATTAGLIONI LANCIAFIAMME.
MOVM caporale VITALE Vincenzo, alla memoria
MOVM soldato IACOVITTI Mario
MAVM Capitano PIAZZA Melchiorre
MAVM Tenente GERUNDA Aldo
MAVM Sottotenente GORI Cesare, alla memoria
MAVM Sottotenente LOVERA Agostino
MAVM soldato CONTE Domenico, alla memoria
MAVM soldato GABRIELLI Filippo, alla memoria
MBVM Tenente TARTARA Ettore
MBVM Sottotenente RICCI Giovanni
MBVM sergente AGOSTINI Giorgio
MBVM soldato APICELLA Mario
MBVM soldato BALDUCCI Savino
MBVM soldato MARIAN Luigi
MBVM soldato SCANO Antioco, alla memoria
CGVM Sottotenente LOVERA Agostino
CGVM Sottotenente PICCA Francesco
CGVM soldato BALDONI Sestilio
CGVM soldato GRILLI Nunzio
CGVM soldato MANGIAROTTI Libero
CGVM soldato RIMOLDI Innocente
CGVM soldato TENTORI Giovanni

Woroschilowa, parte 5

Tutto il materiale proposto fa riferimento all'articolo 70 comma 1 della legge numero 633 del 22 Aprile 1941 che cita "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali".

Woroschilowa: un buco senza speranza, di Giulio Ricchezza - quinta e ultima parte.

Rainaldi scriveva sovente alla famiglia. Di lui sono rimaste molte delle lettere inviate dal fronte russo; una di queste, per esempio, porta la data del 17 novembre 1941; vi si legge: "Carissimi, nei giorni precedenti all'azione del 12, noi col battaglione avevamo tentato di aggirare le posizioni russe che impedivano l'accesso alla strada asfaltata che da Stalino porta a Gorlowka e a un altro centro; non siamo riusciti; quindi, in forze, il CSIR ha attaccato frontalmente. Il nostro battaglione di rincalzo, dopo poche ore aveva scavalcato il X Battaglione e si era portato in primissima posizione. La prima compagnia in testa. Il mio plotone avanzato, ancora più avanti; così durò tutta la giornata del 12 contendendo e guadagnando terreno sulle posizioni russe annidate dietro la ferrovia. Dalle case vicine, dalle fabbriche, da postazioni a terra, si sparava contro di noi con mitragliatrici, fucili mitragliatori, moschetti automatici, mortai e cannoni. Tutto era rivolto contro di noi che avanzavamo in terreno completamente scoperto, di sbalzo in sbalzo, di buca in buca, alcune buche di proiettili ancora fumanti; si avanzava sempre. Già la colonna del colonnello Chiaramonti, dell’80° Reggimento fanteria, si era incuneata fra le postazioni russe; noi abbiamo alleggerito il suo fronte aumentando la resistenza sul nostro. Alle 16 l'azione terminava avendo raggiunto lo scopo prefisso. Le mie impressioni? Eccole: azioni come quella del 12 noi non ne avevamo mai fatte, così in piena regola e così allo sbaraglio. Vi erano state prime linee, esplorazioni, scaramucce; il vero battesimo del fuoco, quindi, è stato quello del 12... Il nostro regolamento dice che la migliore ambizione è quella di aver compiuto il proprio dovere. Da questo lato io sono completamente a posto. Ho lasciato il campo di battaglia per ultimo, avendo visto tutto prima di mettere al riparo i miei uomini".

Come si vede, in queste righe vi è tutto l'animo giovane, entusiasta, anche un tantino ingenuo se vogliamo - come appare dalla citazione del regolamento per giustificare e auto... premiare il proprio comportamento - del Rainaldi. Un ragazzo che non meritava certo di morire così, in mezzo a quella piana gelata, col sangue delle proprie ferite coagulato dal freddo. Morto dunque per Woroschilowa, per quattro spuntoni di isba, sudici lembi di muretti di fango, accanto a un sentierino pesticciato, in una lercia contrada paesana, appena appena ingentilita dal bianco manto di neve. Con lui, con Rainaldi, sono caduti tanti altri. Il solo ruolino di una compagnia che verso Natale recava ancora 142 presenze, dopo Woroschilowa ha solo trentasei nomi; gli altri sono andati a ingrossare le file dei deceduti, dei feriti, dei dispersi.

Anche Taralli è falciato. Si è inoltrato fra i primi, sempre mosso da quell'irrefrenabile entusiasmo, da quella volontà di fare, di agire. Ha sopravanzato i suoi commilitoni, alla testa della sua compagnia. Ai suoi fianchi i soldati cercano di liberarsi dalla stretta della neve fresca, mentre l'artiglieria italiana che dovrebbe appoggiare l'attacco - per una sfasatura o nel tiro o negli... orari - fa piovere qualche colpo anche sui bersaglieri e sui legionari. Cose che in guerra succedono assai più frequentemente di quanto non si pensi. Taralli, arrivato a circa duecento metri dai Russi, si ferma: il tempo di tirar fuori dal tascapane le bombe a mano per poi riprendere quella che dovrebbe essere una corsa, ma che si è convertita ormai in un faticoso avanzare. Questo ragazzone simpatico dal sorriso aperto e dalle spalle quadre è uno di quelli che sono falciati senza pietà. Qualcuno, ad azione finita, riferirà di averlo sentito gridare all'indirizzo dei suoi: "Savoia! Savoia! Terzo! Terzo!".

Difficile dire se, nel frastuono della battaglia e nell'ansia spasmodica dei bersaglieri di far fronte all'azione avversaria, Taralli abbia effettivamente pronunciato queste parole. Probabilmente sì, perché in fondo faceva parte del suo carattere ed era in armonia con il suo desiderio di far di tutto per guadagnarsi quella medaglia tanto sospirata, una cosa alla quale teneva profondamente, per dimostrare a se stesso d'aver compiuto tutto ciò che c'era di umanamente possibile per il bene del proprio paese. Woroschilowa vede anche morire don Davoli, vede inghiottite nella mischia decine e decine di soldati, graduati, ufficiali. Tant'è che a un certo punto l'aiutante maggiore, tenente Supino, il solo rimasto che possa ancora impartire un ordine, dice a quelli che sono accanto a lui: "Fate circolare la voce... ci ritiriamo". Così, a poco a poco, gli Italiani rompono il contatto.

Qualcuno, come il bersagliere Salvatore Tropea, non riceve l'imbeccata e continua a combattere senza accorgersi che i colpi italiani si diradano progressivamente. Poi Tropea vede comparire il portaferiti Medetti, che vuol raggiungere un muricciolo sbrecciato dietro il quale ci sono dei soldati in attesa di qualcuno che rechi loro soccorso. Medetti va avanti per non tornare mai più. È il cammino a ritroso, per quei quattro gatti rimasti dopo la strage. Devizi si è caricato sulle spalle la salma di Nigra e con quella si farà tutti e sette i chilometri che separano Woroschilowa da Iwanowski.

"Mesti mesti, mogi mogi, tornammo sui nostri passi. Il nemico, quando noi eravamo ormai a una cinquantina o forse anche più metri dal luogo dello scontro, aveva già rallentato il tiro; ancora qualche decina di metri e il fuoco sarebbe cessato quasi del tutto. Marazzani aveva seguito a distanza l'azione, scuotendo di tanto in tanto la testa. Ci fece radunare; eravamo rimasti, mi pare, poco meno di un centinaio, tant'è che Marazzani decise di mandarci a riposo, il che voleva dire andare dietro le linee di quattro o cinque chilometri per riorganizzarci, per rimetterci in forze, per stare un po' in disparte. Con quelli che erano rimasti a lwanowski con il materiale, i servizi, eccetera, di tutto il battaglione, il XVIII, saranno rimasti sì e no centocinquanta uomini, da ottocento che eravamo un mese prima, contando quelli che erano stati mandati a riposo, contando anche quelli che erano ammalati, o che erano restati, come si è detto, a Iwanowski...

"I compagni che erano lì ci accolsero con non eccessivo gaudio; ci avrebbero accolto magari meglio, anzi sarebbero stati loro che ci avrebbero raggiunto a Woroschilowa, qualora l'avessimo conquistata. Tornando lì, naturalmente, si sa come succede, si videro alcuni commilitoni farsi avanti, chiedere angosciati che cosa fosse accaduto; quando seppero della morte di tutti quei compagni, del Taralli, del Tedeschi, della scomparsa di don Davoli, di cento altri, rimasero muti, non dissero più niente. Muti anche loro, come del resto noi... Che cosa avremmo potuto dire?".

La battaglia per la conquista di Woroschilowa falliva così. Nei testi dedicati all'avvenimento o nelle parole infiammate di qualche reduce potrebbe sembrare che gli Italiani abbiano qui conseguito non un successo, ma per lo meno un discreto risultato. Non per nulla Taralli è diventato una sorta di simbolo, come lo è divenuto don Davoli. Nell'iconografia bersaglieresca Taralli è stato dipinto come una sorta di novello eroe della prima guerra mondiale: butta le sue bombe a mano contro il nemico con lo stesso sprezzo del pericolo dimostrato da un Toti. Ma non basta, ovviamente, un pugno di coraggiosi com'erano effettivamente Taralli e i suoi a trasformare in vittoria un insuccesso; né basteranno le difficoltà del combattimento sostenuto a giustificare agli occhi del comando tedesco l'abbandono della posizione che era costata tanto sangue e tante fatiche.

Non per nulla i Tedeschi ordineranno più tardi agli Italiani di riprendere ad ogni costo quel buco, dando incarico a tutti gli effettivi del battaglione di stanza a Iwanowski di partecipare all'azione. La collera tedesca, unita alla mancata occupazione di un caposaldo ritenuto, a torto o a ragione, chi lo sa, davvero prezioso, farà sì che i bersaglieri non potranno ricevere il riposo e il premio alle fatiche sostenute fino a quel momento. Dopo la guerra, uno di loro, ci mostrerà un piccolo quaderno scolastico russo, portato con cura in Italia, in cui era stato tenuto un diario o per lo meno in cui erano stati scritti degli appunti casuali, guerra permettendo.

C'erano dei nomi, scritti in bella grafia; accanto a loro una parola, una sola:
Modica: morto
Russo: morto
Nordi: morto
Casarini: morto
Camarca: ferito
Creta: disperso
Cap. Rigo: ferito

Erano i nomi dei componenti di una sola squadra, la III, di una sola compagnia.

Fotografia dell'archivio storico della Legione Tagliamento: l'abitato di Woroschilowa.

Il camion dello CSIR

Camion dello CSIR al museo di Kubinka (Mosca).