martedì 23 febbraio 2021

La Milizia in Russia

Della Milizia in Russia si parla sempre poco, perché associata inevitabilmente al regime; ma se scindiamo la politica dalla storia (unico argomento di cui si tratta e si vuole trattare in questa pagina), non possiamo che riconoscere a quegli uomini dei meriti militari che vanno al di là di quanto viene ancor oggi loro attribuito. So che diversi parenti dei legionari in Russia seguono questa pagina e sono certo che farà loro piacere questo scritto. E come sempre parlano i numeri: dei legionari ed ufficiali partiti per la Russia in più riprese (la Legione Tagliamento con lo CSIR nel 1941; i suoi rimpiazzi, la Legione Montebello, la Legione Leonessa e la Legione Valle Scrivia con l'ARMIR nel 1942) rimanevano sul campo circa il 90% dei comandanti di battaglione, il 70% degli ufficiali e il 55% dei militi.

Ho scelto quale fotografia per descriverne la composizione, quella del Seniore (Maggiore) Giacomo Comincioli, comandante del XV Battaglione "M", Gruppo CC.NN. "Leonessa" insignito di 4 Medaglie d'argento al Valor Militare e di 2 Medaglie di bronzo al Valor Militare. Durante la Grande Guerra fu in forza al Battaglione "Monte Cavento" appartenente al 5º Reggimento alpini; si distinse particolarmente come comandante di un plotone di Arditi durante gli scontri sull'Adamello. In suo ricordo è stata posto un medaglione con inciso il suo nome al centro della grande Croce posta sulla cima dell'Adamello, e la sezione dell'Associazione Volontari di Guerra di Brescia porta il suo nome. Il 25 maggio 1999 è stata posta una lapide in suo ricordo presso la Chiesa degli Alpini di Boario Terme.

Di seguito la composizione delle CC.NN. in Russia al momento dell'offensiva sovietica nell'inverno 1942-1943.

RAGGRUPPAMENTO CAMICIE NERE "3 GENNAIO" (Riserva di Corpo d'Armata)
Comandante: Console Generale Filippo Diamanti; successivamente Console Generale Alessandro Lusana
- Comando

Gruppo Battaglioni Camicie Nere "Tagliamento"
Comandante: Console Nicolò Nicchiarelli; dal 1° ottobre 1942 Console Domenico Mittica; successivamente Primo Seniore Mario Rosmino; successivamente Console Antonio Galardo
Cappellano: Centurione Don Guglielmo Biasutti (rimpatriato per malattia); Centurione Don Giuseppe Cante (caduto)
- Comando
- LXIII (63°) Btg.Camicie Nere da Montagna "Udine" al comando del Primo Seniore Ermacora Zuliani; successivamente Primo Seniore Mario Rosmino; successivamente Seniore Nazzareno Mezzetti (caduto)
- LXXIX (79°) Btg.Camicie Nere d'Assalto "Reggio Emilia" al comando del Primo Seniore Alberto Patroncini; successivamente Primo Seniore Vincenzo Gamboni; successivamente Seniore Giosué Cangemi (ferito); successivamente Seniore Silvio Margini
- LXIII (63°) Btg.Armi d'Accompagnamento "Sassari" del Regio Esercito al comando del Tenente Colonnello Vittorio De Franco (ferito)

Gruppo Battaglioni Camicie Nere "Montebello"
Comandante: Console Italo Vianini
- Comando
- VI (6°) Btg.Camicie Nere d'Assalto "Vigevano" al comando del Seniore Ottorino Goldoni (caduto)
- XXX (30°) Btg.Camicie Nere d'Assalto "Novara" al comando del Seniore Giovanni Pollini
- XII (12°) Btg.Camicie Nere Armi d'Accompagnamento "Aosta" al comando del Seniore Stefano Superti (caduto)

RAGGRUPPAMENTO CAMICIE NERE "23 MARZO" (Riserva di Corpo d'Armata)
Comandante: Console Generale Enrico Francisci; successivamente Console Generale Ergardo Preti; dal 1° dicembre 1942 Console Generale Luigi Martinesi
- Comando

Gruppo Battaglioni Camicie Nere "Valle Scrivia"
Comandante: Console Mario Bertoni
- Comando
- V (5°) Btg.Camicie Nere d'Assalto "Tortona" al comando del Primo Seniore Giuseppe Masper (caduto)
- XXXIV (34°) Btg.Camicie Nere da Montagna "Savona" al comando del Seniore Roberto Gloria (ferito)
- XLI (41°) Btg.Camicie Nere Armi d'Accompagnamento "Trento" (non si conoscono le generalità del comandante)

Gruppo Battaglioni Camicie Nere "Leonessa"
Comandante Console Graziano Sardu (caduto)
- Comando
- XIV (14°) Btg.Camicie Nere d'Assalto "Bergamo" al comando del Seniore Fortunato Albonetti
- XV (15°) Btg.Camicie Nere d'Assalto "Brescia" al comando del Seniore Giacomo Comincioli (caduto)
- XXXVIII (38°) Btg.Camicie Nere Armi d'Accompagnamento "Asti" al comando del Seniore Francesco Vannini

Una tragedia annunciata, parte 4

Riporto la quarta parte di un interessantissimo articolo, tutto da leggere, di Nicola Pignato apparso su "Storia Militare" numero 117 del giugno 2003; è un articolo dall'altissima valenza storica che ci permette di conoscere alcuni aspetti della Campagna di Russia, evidentemente fino ad oggi poco evidenziati.

SUPERFICIALITA' O INETTITUDINE?

Fin qui, l'"appunto". Ci si consenta tuttavia qualche osservazione. Anzitutto. la testimonianza avvalora la tesi che fu un errore sottrarre il comando ad un esperto generale come Giovanni Messe (il quale doveva essere promosso dopo sei mesi Maresciallo d'Italia!). Non v'è dubbio infatti che questi sarebbe Stato per carattere meglio in grado di imporsi alla prepotenza dell'alleato, in quanto già a conoscenza dell'ambiente, del territorio e dell'avversario ed avrebbe difficilmente accettato, tra l'altro, di schierare in pianura una grande unità alpina inviata per operare in montagna (e di conseguenza opportunamente addestrata ed equipaggiata - come sostiene B.H. Liddel Hart (op.cit., vol. I, pp. 368-369), gli ampi spazi della Russia, che in precedenza presentavano all'attaccante sempre ottime occasioni per compiere manovre aggiranti, alla fine del 1942 avevano finito per ritorcersi contro i tedeschi, riducendo sempre più la loro capacità di tenere in modo adeguato un fronte così esteso).

Né ci dà una buona impressione la testimonianza relativa al generale Gariboldi, il quale di fronte ad una imminente catastrofe si limitava a trattare con l'inviato del ministro (e Comandante Supremo) unicamente questioni del tutto marginali. Ma, forse, e sempre a nostro parere, nemmeno la scelta di Messe poteva essere sufficiente ad evitare il disastro. C'è il sospetto che neanche l'ex comandante del C.S.I.R. si fosse reso conto dello scarso morale delle truppe, il quale non poteva abbassarsi cosi repentinamente in qualche mese soltanto a causa della decisione di procedere, improvvisamente e nell'imminenza di una battaglia decisiva, ad avvicendamenti dei veterani con personale inesperto e ad invii in licenza... senza ritorno (Pietro Bonabello, L'8a Armata italiana nella seconda battaglia difensiva del Don in "Rivista Militare" 1/1984). In relazione poi, a quanto poteva accadere agli ufficiali se fatti prigionieri, i sovietici (e purtroppo se ne aveva già la riprova) non erano meno feroci degli abissini e dei repubblicani spagnoli, in casi analoghi e... quando ne facevano. Tuttavia, sia in Africa Orientale, sia in Spagna, i nostri ufficiali non si erano fatti intimidire. Evidentemente il decadimento qualitativo di questa componente e le carenze morali dipendevano dalle inadeguate modalità di reclutamento, dalla scarsa selezione e soprattutto dall'affrettata formazione, com'era del resto ormai abbondantemente noto. Lo stesso discorso va fatto per i sottufficiali, che normalmente sono "la spina dorsale degli eserciti" e che in quello italiano erano invece, pochi, trascurati e scarsamente addestrati.

Quel che lascia perplessi è però, come già anticipato, l'atteggiamento passivo di Mussolini. Questi aveva sottolineato, com'era solito fare con la sua matita rossa, i punti più eclatanti della relazione. Ma, a quanto pare, non vi fu da parte sua alcuna reazione né, quanto meno, una qualche richiesta di approfondimento. Al momento del rientro in Patria dei reparti più provati, egli si limiterà, il 10 marzo 1943, ad indirizzare ai suoi sfortunati soldati un saluto, non privo della consueta scontata retorica; che ne esaltava il sacrificio cosi giustificandolo: "[...] Non meno gravi sono state le perdite che la battaglia contro il bolscevismo vi ha imposto, ma si trattava e si tratta di difendere contro la barbarie la millenaria civiltà europea (anche quest'autografo si trova fra le carte Aliccio").

Per completare queste note, riteniamo opportuno fare riferimento ad un altro documento inedito dello S.M.R.E., Ufficio Operazioni, 1, Sez. 2a del 2 febbraio 1943, dal titolo "Situazione 8a Armata". E' rintracciabile all'Ufficio Storico S.M.E. (riferimento archivistico M7) e riassume in maniera stringata gli avvenimenti di cui ci occupiamo. Ne riportiamo i passi salienti:
I. [...] Il tratto di fronte affidato all'Armata correva sul Don tra Pawlowk e il Choper (Km. 270 circa). Dipendevano dall'Armata i C.A.: II - XXIX germanico - XXXV (in linea) - alpino (in affluenza). In seguito alle azioni svolte dai russi a fine agosto 1942, l'ala destra dell'Armata fu costretta, dopo accaniti combattimenti, a indietreggiare di una trentina di Km dalla linea del Don.
II. L'11 dicembre u.s. venne sferrata dai russi sulla fronte dell'Armata, con azione principale condotta nel settore delle Divisioni Cosseria e Ravenna, l'attesa [corsivo nostro] offensiva che portò il successivo giorno 16 alla rottura della fronte. Il ripiegamento del II e XXXV C.A. ordinato dal Gruppo di Armate Sud, venne reso difficile dal cedimento del gruppo Hollidl (unità romene e tedesche) sulla destra della nostra Armata. In conseguenza di tale azione persi: circa 60.000 uomini, 6.000 automezzi.
III: In seguito al successivo sfondamento avvenuto sulla fronte del VII C.A. ungherese e del XXIV C.A. germanico, schierati sulle ali del C.A. alpino, fu dal comando germanico, dopo precise insistenze del comando 8a Armata, ordinato il ripiegamento delle unità italiane, conclusosi con il rientro avvenuto in questi giorni, a tergo delle nuove linee sullo Oskol di una massa di circa 25.000 uomini. Meno provata di tutte risulta, dalle notizie sinora giunte, la divisione Tridentina.

domenica 21 febbraio 2021

Tschertowo

La dislocazione dei reparti durante l'assedio di Tschertowo (o Čertkovo) avvenuto nel gennaio del 1943.

Il viaggio del 2011, Postojalyi

Immagini del mio primo viaggio "esplorativo" effettuato nel 2011... steppa ed isbe di Postojalyi; qui per primo il battaglione Verona della Tridentina effettuò l'attacco per occupare la località e riprendere poi la lunga ritirata. E' il 19 gennaio 1943.



sabato 20 febbraio 2021

Bruno e Mario Carloni, parte 2

Legate alle vicende belliche ci sono e ci saranno sempre "belle" storie da raccontare; storie di uomini e di eroismi, di paure e di coraggio. Ve n'è una che ho scoperto per intero da poche settimane, ed è quella di un figlio ed un padre, entrambi combattenti in Russia, entrambi combattenti nel 6° Reggimento Bersaglieri della Divisione Celere. Il secondo di cui parlerò è il padre, Mario Carloni.

Mario nasce a Napoli il 27 dicembre 1894; il 31 dicembre 1912 si arruola come soldato volontario nel Regio Esercito, assegnato al 5° Reggimento Bersaglieri. Allievo ufficiale di complemento, fu nominato sottotenente per il servizio di prima nomina presso il 7° Reggimento bersaglieri con Regio Decreto 29 aprile 1915; durante il corso della prima guerra mondiale rimase ferito in combattimento due volte, e fu promosso tenente per merito di guerra il 2 dicembre 1915, poi capitano il 10 aprile 1917. Aiutante di campo presso la 2a Brigata Bersaglieri dal 31 dicembre 1917, passò poi in servizio presso il deposito Cecoslovacco in forza al 33° Reggimento mobilitato il 16 maggio 1918, e prestò servizio al Quartier generale del comando del Corpo Cecoslovacco dal 4 novembre 1918 al 10 giugno 1919. Dopo l'entrata in guerra del Regno d'Italia, avvenuta il 10 giugno 1940, il 19 settembre dello stesso anno si imbarcò per l'Albania, dove a partire dal 28 ottobre prese parte alle operazioni belliche contro la Grecia alla testa del 31° Reggimento fanteria "Siena". Trasferito a Creta, il 4 ottobre 1942 chiese il trasferimento per combattere sul fronte russo al comando del 6° Reggimento bersaglieri di Bologna, rimanendovi fino al 23 marzo 1943.

Il Colonnello Carloni chiese espressamente di poter servire nello stesso Reggimento Bersaglieri nel quale il figlio Bruno era caduto durante la Campagna di Russia; così scrisse Mario nel suo bel libro "La campagna di Russia", edito nel 1971, oggi non di facile reperibilità: "Nei primi giorni di settembre del 1942 mi trovavo a Creta, comandante del 31° fanteria e del settore italo-tedesco di Heraclion (Candia) nella parte centrale dell’isola (Creta), alle dirette dipendenze del comandante superiore tedesco dell’isola. A Neapolis mi giunse dal comando superiore di Rodi un telegramma che annunziava la morte di mio figlio Bruno, sottotenente del 6° bersaglieri, avvenuta il 13 agosto in Russia, sul Don, in combattimento a Baskowskij. [...] Dal principe ereditario, ispettore della fanteria, ottenni la promessa che mi sarebbe stato affidato il comando del 6°. A Creta, infatti, mi raggiunse l’ordine che mi trasferiva al comando del 6° bersaglieri. Potevo così continuare, nel suo stesso reggimento, l’opera del mio caro figliuolo, che guadagnò in un solo mese di guerra tre ricompense al valore, fra cui la medaglia d’oro".

Le vicende del Colonnello Carloni e del 6° Reggimento Bersaglieri della Divisione Celere sono narrate nel libro sopra indicato; restano da ricordare le ben 4 Medaglie d'Argento al Valor Militare guadagnate dallo stesso, una nella Grande Guerra e tre durante la Seconda Guerra Mondiale.

Medaglia d'argento al valor militare: «Lanciava la propria truppa all’assalto, incitandola con nobili parole all’avanzata. Caduto ferito e impossibilitato a tenere il Comando continuava ad animare i dipendenti e al comandante del Battaglione che gli era accorso vicino per confortarlo rivolgeva le seguenti parole: ‘Non pensare a me, pensa al battaglione portalo avanti. Viva l'Italia, Viva l'Italia”. Flondar, 5-giugno-1917.»

Medaglia d'argento al valor militare: «Comandante di Reggimento di rara perizia, in cento giorni di lotta aspra ed accanita, dava luminose prove di ardimento e di valore contro un nemico, di gran lunga superiore di forza e di mezzi ed in condizioni di terreno e di clima oltremodo difficile, sempre primo tra i suoi fanti, si prodigava infaticabilmente oltre ogni limite, creando del suo reggimento un magnifico organismo di lotta e di vittoria. Fulgido esempio di alta virtù militare, di costante sprezzo del pericolo, di profonda dedizione al dovere. Albania, 28 ottobre 1940 - 10 febbraio 1941.»

Medaglia d'argento al valor militare: «Comandante di reggimento di elevate qualità militari, già distintosi in precedenti fatti d’armi sul fronte greco e più volte decorato al valore in successivi giorni di operazioni belliche dava ripetute prove di slancio, capacità, dedizione al dovere. Rimasto con qualche centinaia di bersaglieri del suo reggimento contro preponderanti forze nemiche che Io attaccavano ripetutamente minacciandolo di aggiramento, riusciva a impedire per due giorni ogni progresso. Attaccato violentemente ancora una volta riusciva a contenere sino al sopraggiungere della notte la posizione avversaria, ripiegando solo dietro esplicito ordine superiore. Magnifica figura di comandante valoroso capace e animatore. Valle Tichaja (fronte russo), 17-19 dicembre 1942.»

Medaglia d'argento al valor militare: «Comandante di un reggimento Bersaglieri motorizzato, in una particolare critica situazione, con ammirevole serenità, coraggio, energia, e capacità operativa, dava anima a una tenace resistenza esponendosi ove maggiore era il pericolo. Minacciato d’accerchiamento da elementi corazzati nemici, si apriva arditamente un varco raggiungendo lo schieramento arretrato di truppe amiche. Successivamente proteggeva per più giorni il ripiegamento di unità alleate accerchiate da forze corazzate e da fanterie nemiche riuscendo a rintuzzare sempre vittoriosamente ogni tentativo dell’avversario. Fronte Russo 21 dicembre 1942–3 gennaio 1943.»



Una tragedia annunciata, parte 3

Riporto la terza parte di un interessantissimo articolo, tutto da leggere, di Nicola Pignato apparso su "Storia Militare" numero 117 del giugno 2003; è un articolo dall'altissima valenza storica che ci permette di conoscere alcuni aspetti della Campagna di Russia, evidentemente fino ad oggi poco evidenziati.

L'impressione che il sottoscritto ha riportato dell'ambiente attuale dell'8a Armata può riassumersi nei seguenti termini: pletorica negli elementi di retrovia, e con andamento in tono minore in tutti i comandi, andamento non perfettamente consono allo spirito di un ordigno di guerra che dovrebbe rappresentare l'Italia migliore in terra straniera. La nota predominante apparente è stata quella della paura da parte di tutti i comandi - maggiori o minori - di provocare incidenti con la Wehrmacht: quindi acquiescenza e, questa, piena e completa con forse appena deboli, formali e per questo sterili, reazioni. Cosi, sarebbe stato l'Alto Comando tedesco ad ordinare uno schieramento in linea di tutte le Unità della nostra ARM.I.R., come delle altre armate, senza preoccuparsi di lasciare almeno qualche aliquota di esse a protezione delle truppe avanzate. Con la sembra indiscussa accettazione da parte nostra di tale ordine è avvenuto quindi che quello che, altrimenti, avrebbe potuto essere solo un episodio della guerra probabilmente superabile, sia finito in un rovescio di proporzioni ancora non calcolabili, ma certo serio, più che tutto per la perdita di materiali preziosissimi ed insostituibili.

Il soldato di prima linea ha, come meglio ha potuto, assolto in genere il suo dovere: si può dire che si è generosamente battuto fin oltre ai limiti del sacrificio. L'attuale equipaggiamento invernale è più che buono (un documento del Comando Supremo in data 13 ottobre 1941 segnalava l'avvenuta distribuzione a ciascun militare del Corpo di Spedizione "di un berrettone di pelliccia, un paraorecchi di tipo romeno, un paio di guanti foderati di pelliccia, un cappotto foderato di pelliccia. Alle truppe in servizio di guardia o addette a servizi speciali - continuava il promemoria - saranno dati anche il sacco a pelo, un giubbotto di pelliccia di tipo transilvano ed un paio di calzari con suola in legno") e, tenuto conto delle circostanze, anche il vitto è soddisfacente. Ma le nostre truppe in un settore della guerra dove la meccanizzazione raggiunge altissimo grado sono in quanto ad armamento in condizioni assolutamente inadeguate al loro compito; ai carri armati pesanti e pesantissimi di cui i russi sono e continuano ad essere abbondantemente provvisti, sia per propria produzione, sia per rifornimento dall'estero (enorme fu il contributo dell'industria statunitense e britannica allo sforzo bellico sovietico, specialmente per quanto concerneva la fornitura di mezzi moto-meccanizzati: 9.214 carri armati fra leggeri M3 e medi M3 ed M4 (americani) e Churchill, Matilda II, Valentine Mk 3 e 4, Tetrarch Mk VII forniti dal Commonwealth britannico, oltre a ben 520.000 altri veicoli militari, alcuni dei quali blindati) esse non possono opporre che poche anche se e qualitativamente non disprezzabili artiglierie, già d'altra parte anche usate e logorate da un servizio prestato su altri fronti, un discreto numero di mitragliatrici nelle stesse condizioni, il fucile 1891 (cioè di un modello datato di oltre cinquant'anni...) e la volontà di combattere (mentre anche i sovietici erano dotati di un fucile M1891 cal. 7,62 - il nostro era di calibro inferiore, 6,5 mm; in più i sovietici disponevano, su scala ridotta, anche id un modello di fucile semiautomatico, il Tokarev. Come arma automatica individuale, i loro reparti scelti erano armati col moschetto automatico PPSh41 cal. 7,62, mentre ai nostri si stava gradualmente distribuendo, proprio dall'estate 1942 e con precedenza ai reparti speciali, il moschetto mitra Beretta 38-A con caricatore da 40 colpi, calibro 9 parabellum).

Ma esiste veramente nel soldato tale volontà? In quanto ho potuto osservare, sarei portato a rispondere negativamente. La guerra sul fronte russo non è sentita sia dal soldato, sia disgraziatamente dall'elemento ufficiali, segnatamente da quelli inferiori. Ma a tale proposito mi corre l'obbligo di constatare la mancanza di idealità e comprensione da parte della grande maggioranza dei giovani ufficiali addetti alle truppe e che di queste dovrebbero essere i diretti educatori ed ammaestratori: unica preoccupazione di costoro pare essere quella dei godimenti materiali od altrimenti dei vantaggi che dalla campagna di Russia possono loro derivare. La mensa, i conforti annessi alla mensa, i piccoli affari che possono combinare sul posto, la loro sola preoccupazione. L'esempio degli ufficiali non può quindi che esercitare in molteplici casi la sua non sana influenza sullo spirito della truppa. Né gli Alti Comandi e i troppi Uffici e Servizi di cui le retrovie pullulano sono esenti da questa tara: in molti casi la sola e costante attività è rivolta a speculare sui campi e a procacciarsi con qualsiasi mezzo generi alimentari, materiali di recupero, rottami e suppellettili da mandare comunque a casa, molto verosimilmente per farne oggetto di commercio più che per necessità diretta.

Chi scrive potrebbe citare il caso di ufficiali anche superiori i quali, giornalmente, inviano in Italia vari pacchi di generi vari che, prelevati per uso locale, non vengono usati dagli aventi diritto ma sottratti al loro legittimo consumo per essere [destinati] ad altri meno chiari scopi. Sono esempi isolati, ma indici di una situazione anche troppo generalizzata. Esiste poi disgraziatamente, soprattutto fra i più giovani ufficiali alle truppe la persuasione che in caso di cattura da parte dei russi, essi vengano seviziati o trucidati. Non so sino a che punto ciò essere esatto, ma debbo notare come tale persuasione profondamente radicata non costituisca certo un coefficiente atto ad aumentare la combattività di coloro che sono destinati a condurre reparti al fuoco e incidere profondamente sul loro morale. A qualunque costo bisognerebbe evitare che tali idee persistessero, ma d'altra parte come raggiungere tale scopo con - oltre tutto - degli armamenti tanto impari alla lotta?".

L'estensore accenna poi alla stanchezza ed al logorio delle truppe germaniche ed all'evidente indebolimento delle loro armate corazzate dopo Stalingrado, ricordando di aver osservato, nel viaggio di ritorno attraverso la ferrovia sud, solo "un movimento normale di uomini - non inquadrati - come non ho potuto vedere se non qualche treno di materiali: in tutto non più di 150 carri armati diretti verso le prime linee". E conclude riferendo che al fronte è diffusa la convinzione che l'Armata Rossa sia ben lontana dal crollo, specie grazie ai consistenti aiuti dei suoi "alleati" ed allo spirito di adattamento del suo popolo, evidente anche da quanto si ha modo di constatare nei territori occupati dalle truppe dell'Asse.

venerdì 19 febbraio 2021

L'Italia entra in guerra

Se avete la pazienza di ascoltare per oltre 2 ore e mezza, vi consiglio vivamente di seguire questa conferenza webinar realizzata e trasmessa dall'Ufficio Storico dello SME dal titolo "L'ingresso dell'Italia nella Seconda Guerra Mondiale - Una riflessione a ottant'anni di distanza"; con l'intervento del Gen. B. Fulvio Poli, Ufficio Generale Promozione Pubblicistica e Storia dello Stato Maggiore dell’Esercito: "Aspetti militari e diplomatici all’atto dell’ingresso dell’Italia in guerra, preparazione e ritardi"; di Antonio Varsori, Professore ordinario di Storia delle relazioni internazionali Università degli Studi di Padova: "Le conseguenze dell’ingresso in guerra: le politiche britannica e statunitense verso l’Italia sino all’armistizio dell’8 settembre"; di Eugenio Di Rienzo, Professore ordinario di Storia moderna Sapienza, Università di Roma: "La politica estera dell’Italia fascista dalla crisi etiopica al 10 giugno 1940"; di Giuseppe Parlato, Professore ordinario di Storia contemporanea Università degli Studi Internazionali di Roma (Unint). "La guerra rivoluzionaria. Caratterizzazione ideologica di una guerra “breve”.

Il viaggio del 2011, intorno ad Opit

Immagini del mio primo viaggio "esplorativo" effettuato nel 2011... le strade ghiacciate intorno ad Opit; si seppur su strada sono i miei primi passi sul fronte russo e vedo finalmente la steppa.



Le mappe dello CSIR e dell'ARMIR 8

Le mappe delle operazioni del CSIR e dell'ARMIR dal giugno 1941 all'ottobre 1942 - La manovra di Petrikowka (28-30 settembre 1941).

giovedì 18 febbraio 2021

L'ARMIR nella II battaglia del Don, parte 11

L'8 Armata italiana nella seconda battaglia difensiva del Don (11 dicembre 1942 - 31 gennaio 1943), undicesima parte.

LA RICOSTITUZIONE Dl UNA DIFESA ARRETRATA CONTINUA. SOSTA NELLE OPERAZIONI.

Il 23 dicembre, mentre le D. «Pasubio», «Torino», «Celere», «Sforzesca» ed il comando del XXXV C.A. sono in via di ripiegamento verso sud, ed il II C.A. ritirato dal fronte è in corso di riorganizzazione nelle zone di Woroschilowgrad e di Rossosch, il comando superiore germanico assegna un nuovo settore al comando 8a Armata, limitato al tratto Belogorje (sul Don) - Michailo Alexandrowskij (sulla ferrovia Millerowo - Rossosch). Unità alle dipendenze per le operazioni sono: il C.A. alpino, (D. «Tridentina», «Vicenza», «Cuneense»); il XXIV C.A. (D. «Julia», 385a D. germ., 387a D. germ., Gruppo Cr. Fegelein, presidi di Gartmjschewka e Tschertkowo); la 19a D. cr. germ. che sta per affluire nella zona di Starobolosk - Belowodsk - Nowo Markowka. Con le truppe in posto (C.A. alpino e XXIV C.A.) una difesa continua è in atto tra Belogorje e Golaja.

E' da costituire invece una linea continua a sud del parallelo di Golaja. A ciò il comando 8a Armata provvede: estendendo lo schieramento del XXIV C.A. fino a Wyssotschinoff, facendo occupare dalla 19a D. cr., con una sistemazione nucleare, la linea del Derkul fra il limite sud dell'Armata e Nowo-Markowka e, in seguito ad ordine del Gruppo Armate, svincolando la 27a D. Cr. dalla linea tenuta nel settore del XXIV C.A. per chiudere il vuoto fra le ali del XXIV C.A. e della 19a D. Il comando 8a Armata, il 30 dicembre, sposta inoltre la D. «Cosseria» dalla zona di Rossosch a quella di Rovenko per controllare indirettamente la zona non occupata. Lo schieramento delle unità italo-tedesche sul fronte dell'8a Armata alla data del 21 dicembre ed i successivi spostamenti per la ricostituzione di una difesa arretrata continua risultano dallo schizzo 12.

Il comando dell'Armata non ha alla mano alcuna riserva; lo schieramento è particolarmente debole in corrispondenza dell'ala destra del XXIV C.A. (27a D. cr.) e della 19a D. cr. Il periodo 22 dicembre - 8 gennaio fu caratterizzato da una relativa sosta nelle operazioni. Si svolsero tuttavia combattimenti ed attività da ambo le parti. La difesa del fronte tra Belogorje e Golaja non presentò particolari difficoltà per il C. A. alpino, il quale non ebbe a sostenere attacchi di qualche consistenza tranne uno, effettuato il giorno 24, da un btg. nemico nel settore della D. «Cuneense». Più duro fu invece il compito sul fronte del XXIV C.A. dove l'avversario cercò incessantemente di logorare lo schieramento e di allontanare la nostra difesa dalla valle del Bogutschar. Nei combattimenti che si sostennero quasi giornalmente si distinsero particolarmente la D. «Julia» ed il btg. «Monte Cervino» che furono citati anche sul bollettino tedesco.

Più a sud, risultò laborioso il tentativo di creare una linea continua a mezzogiorno di Golaja, mentre urgente si palesava la necessità di sbloccare, sia pure soltanto per il tempo necessario a rifornirlo di viveri e munizioni, il caposaldo di Tscherkowo, nel quale erano affluiti, il 26 dicembre, i resti delle divisioni «Pasubio», «Torino» e 298a, elevando la consistenza del presidio a 16.000 uomini in gran parte invalidi (feriti e congelati) da sgomberare. La 19a D. effettuò, il 29, un'azione verso Tscherkowo; riuscì a raggiungere la valle Kamyschnaja, ma non a proseguire oltre, malgrado la puntata fatta dal presidio di Tscherkowo verso ovest. Non fu così possibile effettuare il ripiegamento delle forze assediate ed il previsto sgombero dei feriti e congelati. Il caposaldo di Gartmjschewka, anch'esso assediato, venne stretto sempre più.