sabato 18 marzo 2023

Capitano Pilota Giorgio Iannicelli, 9

La storia del Capitano Pilota GIORGIO IANNICELLI, Medaglia d'Oro al Valor Militare, nelle parole del figlio GianLuigi, nona parte. P.S. oggi questa testimonianza ha ancora più valore perché, seppur ho conosciuto il Signor Gianluigi una sola volta al telefono, ho appreso qualche settimana fa che ha raggiunto il suo povero padre; ad entrambi va la mia più profonda stima e il mio ricordo.

Breve biografia.

Fin qui il capitano Minguzzi, ma il giornalista cosi prosegue nel suo articolo: "Proprio cosi, perché questa gente che vola, che fa la guerra a cinquemila metri, è gente giovane, esuberante, sono ragazzi e se sembrano addirittura temerari ciò solo perché quella vigoria che hanno nel sangue e nei muscoli li rende tremendamente padroni di sé. Ne hai portati tu stesso tanti nei cieli di Spagna, indiavolati, furiosi, dannati cacciatori della Cucaracha, li hai portali a due metri dal suolo in Jugoslavia, a vedere, come dicevi tu, il campo di Mostar da vicino, li hai portati per la Grecia a saltellare sulle cime epirore e sui campi nascosti tra collina e collina: li hai portati in terra ucraina, tu rodevi più di loro il freno quando i piloti bolscevichi peccavano di eccessiva prudenza. Ecco, questo il suo amico giornalista dovrebbe cominciare a scrivere, elencare, spiegare, additare, e tu sai che tutto questo non lo posso fare: tu per me non sei lontano, tu m'hai lascialo sulla linea di volo, insieme ai tuoi ragazzi, ancora ad aspettarti e nessuno mi toglie la certezza che stasera mi prenderai sotto braccio, all'uscita della mensa, e ce ne andremo insieme a casa: se c'è il dottore e se Buono ha ospiti nel suo "appartamento" faremo anche una partitina a scopa, altrimenti saliremo su a sentire la radio, e, come al solito, tu mi leggerai la solita lettera di casa dove c'è sempre qualche critica severa per i giornalisti del fronte orientale, non è forse cosi?

Cosi sarà, perché io non mi vedo a spulciare fra le splendide motivazioni delle tue medaglie al valore per esaltare ciò che il tuo nome, a chi vola, ha di per se stesso indicato come esempio. Poi me ne andai a casa tua, dove tu hai sempre trovato un angolo per l'amico giornalista, e Fienco, il tuo attendente, mi guardava con gli occhi stralunati, si aspettava che io gli dicessi, si è vero, è vero. Io mi rimisi a sedere alla radio, la radio del campo di Mostar; c'erano le lettere arrivate da casa, c'erano le fotografie dei tuoi, c'erano quei pochi libri comprati in una rapida corsa a Bucarest, qualche carta geografica. Mi venne in mente che nel taschino della tuta portavi sempre il più prezioso dei portafortuna, le scarpette di lana del tuo piccolo. Fienco aveva acceso la stufa a muro e l'aveva rimpinzata di legna, a scoppiare, proprio come non piaceva a te. Io lo chiamai, ero seduto sulla tua brandina: si fermò sulla porta e disse, che volete Comandante? Non diceva a me. Io sapevo che noi due che ti eravamo cosi vicini, non c'eravamo rassegnati a rinunciare ad attenderti. Dissi, Fienco, la stufa tira troppo. L'attendente rispose che la neve stava riprendendo a cadere, che non sarebbe stato male un po' più di caldo. Gli dissi di non aprire, se avessero bussato alla porta: e me ne andai nel mio sgabuzzino a sviluppare le fotografie che t'avevo fatto il giorno prima. Al tuo ritorno saremmo andati a mensa...".

Il generale Giovanni Messe, Comandante del C.S.I.R, dirama il seguente ordine del giorno alle truppe con il quale ricorda il sacrificio del capitano Iannicelli, comandante del Gruppo caccia: "Ordine del giorno dell'Eccellenza il Generale Messe, Comandante del C.S.I.R. Per conoscenza al comandi dipendenti: Con vivo cordoglio apprendo che oggi in combattimento aereo generosamente ingaggiato contro un nemico numericamente assai superiore per proteggere le nostre fanterie, è caduto il capitano Iannicelli Giorgio, comandante del nostro Gruppo Caccia. Con Lui il C.S.I.R. perde uno dei più superbi cavalieri dell'aria e l'Aviazione Italiana un gregario prode e generoso. A tutti gli aviatori itallani che in terra di Russia rappresentano tanto degnamente l'Ala Nostra, le truppe del Corpo di Spedizione esprimono il loro fiero cordoglio".

Quasi preannunciata dal tenore del predetto ordine del giorno, gli viene poi concessa, "alla memoria", su proposta del generale di brigata aerea Enrico Pezzi, divenuto da poco Comandante dell'Aeronautica di Russia (con l'ARMIR), la sua ultima decorazione, la più alta, la medaglia d'oro al v.m. La motivazione cosi dice: "Medaglia d'Oro al Valor Militare (alla memoria) - Intrepido pilota da caccia, già distintosi per altissime doti di comandante e di soldato, non esitava, nonostante la proibitiva temperatura e le disperate condizioni di tempo ed ambiente, per cui solo ire apparecchi potevano mettersi in moto, a partire in volo alla testa di pochi gregari per compiere l'ardua missione di proteggere ad ogni costo le nostre linee. Avvistata una formazione di bombardieri avversari scortata da 15 caccia, incurante della superiorità numerica del nemico, impegnava con superbo ardimento l'asperrima lotta, riuscendo nello scopo affidatogli ed abbattendo un bombardiere. Persisteva nell'arduo ed impari combattimento fino a quando, colpito a morte, precipitava in fiamme, immolando cosi, nella luce della gloria, la balda giovinezza tutta dedicata alla lontana Patria immortale. (Cielo di Russia, ottobre - dicembre 1941)".

Con quella attribuita, esattamente un anno dopo, allo stesso generale Pezzi, caduto eroicamente il 29 dicembre 1942 nell'intento di portare soccorso alle nostre truppe accerchiate a Certkovo, sono le due massime ricompense al valor militare riconosciute a componenti della Regia Aeronautica in quella campagna. Illuminante è la lettera del sotto tenente medico Angelo Facchinelli Mazzoleni alla vedova del capitano Iannicelli: "Fronte russo - 15 marzo 1942. Gentilissima Signora, ho ricevuto in questi giorni la vostra lettera del 20 gennaio con la richiesta di particolari sull'eroica morte di vostro marito. Ho raccollo le seguenti informazioni dal Ten. Medico Ilario del locale campo d'aviazione. Il Capitano Iannicelli si era levato in volo il 29 dicembre al mattino per controbattere l'aviazione russa che in quei giorni, particolarmente difficili per tutti noi, era molto attiva. Nella mattinata si scontrò con forze molto superiori e colse più di una vittoria. Rientraro al campo, a mensa espresse l'opinione che nel pomeriggio si dovesse volare con formazioni più numerose per non essere sopraffatti dal numero degll avversari. Ma, nelle prime ore del pomeriggio i comandi delle truppe in linea richiesero nuovamente l'intervento della nostra caccia per alleggerire la pressione aerea russa. Per le enormi difficoltà, create dalla temperatura bassissima, solo tre apparecchi furono potuti approntare per il volo. Il Capilano partì con due compagni. Essi sapevano che avrebbero trovato forze infinitamente superiori. Sapevano che era un volo senza speranze di ritorno. Chi li vide partire mi disse che avevano la grande serenità degli eroi che sanno d'immolarsi. Sapevano che molti nostri fratelli in quei momenti morivano sotto l'offesa aerea ed imploravano l'aiuto dei camerati aviatori. E vostro marito parti per morire con loro. E non fece rirorno. Lo trovarono i nostri fanti il giorno dopo fra i resti del suo apparecchio. Fu colpito da pallottola nemica che fermò il suo grande cuore nell'esaltazione del combattimento e della vittoria.

La sua salma fu ricomposta dagli stessi fanti che lo trovarono con quella religiosa pietà che sanno trovare nei loro umili cuori i nostri soldati. Non so, signora, se voi avete mai vista la commovente delicatezza dei nostri soldati in queste tristi incombenze. Io, che ormai ho già visto due dure guerre, vi posso assicurare che in loro c'è una meravigliosa tenerezza e mano di madre non potrebbe essere più lieve. Fu sepolto con gli onori militari ai primi di gennaio nel cimitero di guerra di Jussowo. La sua tomba porta il numero 33, è la quarta da sinistra a destra in terza fila. Il cimitero è sulla strada dalla stazione a Stalino, cento metri prima di arrivare al sottopassaggio, è contornato da un piccolo bosco. Conosco benissimo la località e ne ho rilevato un piccolo schizzo che accludo. Per ora non ci sono disposizioni per il trasporto in patria dei Caduti, forse a guerra vittoriosamente finita si potrà provvedere a questo. Se Dio mi concederà di ritornare in Italia, mi metterò a vostra disposizione per tulle quelle notizie che potranno esservi utili per rintracciare il luogo di sepoltura. Signora, sento tutto il vostro infinito dolore; non credo che parole di conforto possano lenire il vostro strazio. Permettete ad un soldato di dirvi che vostro marito cadde da eroe, che il suo sacrificio non fu vano. Questa terra è stata consacrata dal purissimo sangue italiano per una causa santa. Dal suo sacrificio sorgerà una nuova era ed anche questo popolo, tanto disgraziato, riceverà la fede di Cristo. Pensate che il cuore di vostro marito si era commosso il giorno di Natale vedendo rinascere Gesù Cristo in questa terra, che sembrava per sempre esclusa, a questo divino ed umanissimo mistero. E quando si muore per questo non si muore invano! Con rispettoso ossequio vi bacio la mano".

Scrive oggi Daniele Lembo, articolista esperto di cose militari, colpito da alcuni aspetti umani della vicenda del capitano Iannicelli, nel suo lungo e documentato articolo "Una scarpina di lana sulla neve di Russia", apparso sul supplemento "Ali Tricolori" al n.23 della rivista "Aerei nella Storia": "... la storia di Giorgio Iannicelli, pilota da caccia per dovere e per amore, potrebbe anche concludersi qui, ma in questo caso nulla di nuovo sarebbe stato aggiunto alla narrazione della vicenda della sua ultima missione di volo". Continua l'Autore: "... questa ricostruzione vuole invece indurre il lettore a soffermare la sua attenzione su una parte meno conosciuta della storia di quest'uomo, ma che forse è la più interessante; la vicenda umana e militare di Giorgio Iannicelli ha infatti un seguito, che continua a giungere fino ai nostri giorni. Come già ricordato, i fanti della Pasubio recuperarono dalla carlinga dell'aereo alcuni degli effetti personali di Giorgio Iannicelli che furono in seguito inviati in Italia alla giovane vedova del pilota. Ella, insieme alla fede, ad un orologio con la cinghietta spezzata e ad alcuni documenti bruciacchiati, ricevette anche una scarpetta di lana da neonato che l'Ufficiale aveva con sé al momento della morte, forse come portafortuna: si trattava di una scarpina del piccolo Gian Luigi, che al momento della scomparsa del padre aveva solo otto mesi di vita...".

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