domenica 6 febbraio 2022

Rapporto sui prigionieri, parte 14

Pubblico alcuni estratti del "Rapporto sui prigionieri di guerra italiani in Russia" a cura di Carlo Vicentini e Paolo Resta, fonte UNIRR, 2a edizione, anno 2005, a mio avviso la fonte più autorevole per fare chiarezza sulle perdite e sulle vicissitudini dei nostri soldati in Russia durante il secondo conflitto mondiale.

IL GIORNALE L'ALBA.

Si è già accennato al giornale L'ALBA, diffuso nei campi dei prigionieri italiani. Lo dirigeva Robotti, vi collaboravano alcuni fuoriusciti ma, dopo qualche mese, ufficiali e soldati italiani intervennero sempre con maggior frequenza con articoli, appelli, dibattiti. Il giornale dava informazioni sull'andamento della guerra, privilegiando quanto avveniva sul fronte russo. Le vicende italiane avevano spazio, ma se ne accentuava l'aspetto catastrofico, anche a guerra finita, per demolire il morale dei prigionieri e diminuire la resistenza psicologica. Gran parte del giornale era poi dedicata ad illustrare e magnificare le istituzioni e le realizzazioni sovietiche ed alla pacchiana adulazione e glorificazione di Stalin.

L'occasione era ottima per imbottire i prigionieri con una grossolana propaganda, la cui etichetta di antifascista non riusciva a mascherare, nemmeno ai più sprovveduti, un marxismo ed un leninismo bello e buono. Lo scopo era lo stesso delle conferenze, degli interrogatori a ripetizione. delle minacce e delle lusinghe: arruolare più gente possibile al credo comunista, in modo da preparare preziosi fiancheggiatori al momento del ritorno dei prigionieri in Patria.

La redazione interveniva di rado in prima persona e bisogna dire, che il tono non era peggiore di quanto veniva allora pubblicato sull'UNITA' o sull'AVANTI. Invece, faceva parlare moltissimo i prigionieri ai quali guidava la penna o aveva lavato il cervello. Che qualche soldato sia stato lusingato dalla possibilità di vedere il proprio nome in calce ad un articolo è comprensibile, quello che meraviglia è che degli ufficiali con un livello di cultura, di discernimento e di responsabilità superiore ai soldati, abbiano collaborato a quel foglio e non possono giustificarsi dicendo di averlo fatto in buona fede, perché non si possono proclamare certezze, in assoluto contrasto con la realtà che circondava i prigionieri o che essi avevano constatato quando, ancora liberi, vivevano a contatto con la popolazione russa; non si distorcono clamorosamente i fatti o si affermano cose assurde, se con il deliberato proposito di compiacere i propri carcerieri.

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