venerdì 5 agosto 2022

Rapporto sui prigionieri, parte 19

Pubblico l'ultima parte di alcuni estratti del "Rapporto sui prigionieri di guerra italiani in Russia" a cura di Carlo Vicentini e Paolo Resta, fonte UNIRR, 2a edizione, anno 2005, a mio avviso la fonte più autorevole per fare chiarezza sulle perdite e sulle vicissitudini dei nostri soldati in Russia durante il secondo conflitto mondiale.

LA LUNGA STRADA PER ARRIVARE A SAPERE.

La prima fonte di notizie su chi era morto in prigionia furono le dichiarazioni di coloro che erano sopravvissuti e che al rientro in Patria, testimoniarono di aver assistilo alla morte dei loro commilitoni. Queste testimonianze rese nelle dovute forme, cioè con dichiarazioni scritte e firmate davanti ai carabinieri, avevano dato luogo alla stesura di atti di morte postumi, da parte di una speciale Commissione del Ministero della Difesa. Sovente, però, queste notizie venivano comunicate solo alle famiglie del Caduto senza essere segnalate all'autorità militare, per cui il soggetto, negli archivi dell'Albo d'Oro, continuò ad essere considerato disperso.

Sia in un caso che nell'altro, la data di morte, raramente veniva segnalata con precisione; cosa comprensibile, ove si pensi che nei primi mesi di prigionia, si era persa la cognizione del tempo e che mancava la possibilità materiale di annotare qualsiasi cosa; quando in seguito, sulla scorta della memoria, vennero redatti elenchi dei morti con luoghi e date abbastanza precise, dato il breve tempo trascorso, essi vennero sistematicamente sequestrati. Il complesso di queste testimonianze ha consentito di accertare la morte in prigionia di circa 5.800 militari italiani.

A partire dagli anni sessanta, ad iniziativa della Croce Rossa Italiana e tramite la Croce Rossa Internazionale, vennero trasmesse alla Croce e Mezzaluna Rossa sovietica schede segnaletiche nominative per la ricerca dei Dispersi. Questi invii a cadenza bimestrale riguardavano ogni volta cento nominativi. I risultati furono deludenti perché le schede individuate superavano raramente il 3-4% delle richieste. Per tale via, in complesso, si è avuta la notizia della morte in prigionia di circa mille nostri soldati, rispetto ai 35.000 nominativi per i quali la nostra Croce Rossa aveva chiesto informazioni. In un primo tempo, i russi trasmettevano un certificato di morte del militare, compilato pro forma, perché la sua redazione non risaliva alla data del decesso, ma a dopo la richiesta di notizie da parte della Croce Rossa. II governo russo ha inviato 377 di questi certificati.

In seguito le risposte venivano date con una lista, nella quale, oltre alla data di morte, ma mai la località, era indicata la causa del decesso. Quest'ultima annotazione era un'insolente presa in giro, perché vi figuravano le malattie più astruse e mai le vere responsabili della morte del prigioniero. L'assurdità di queste gratuite dichiarazioni è lampante scorrendo la tabella allegata: vi figura un solo caso di tifo petecchiale, un solo caso di deperimento organico, un solo caso di setticemia da congelamento! Questo sistema è rimasto operante fino al febbraio 1992.

Una svolta veramente decisiva si è avuta con la nuova amministrazione Gorbaciov. Nella primavera del 1992, il socio dell'UNIRR, signor Guido Caleppio, ex prigioniero con ottima padronanza della lingua russa, quale incaricato di ONORCADUTI, poteva avere accesso all'Archivio Generale dell'Armata Rossa. Qui, in una campagna di ricerca durata quattro mesi, ha fotografato o ricopialo centinaia di schede di prigionieri, ricercate e selezionate con molta difficoltà tra migliaia e migliaia di schede di tedeschi, rumeni, ungheresi e giapponesi. Ha reperito e fotografato altresì altri importanti documenti che riguardano i prigionieri.

Poiché tale sistema avrebbe richiesto moltissimo tempo e considerevole impegno da parte dell'incaricato di ONORCADUTI, quest'ultimo Commissariato riusciva a fare inserire nei protocolli che regolano l'esumazione dei nostri cimiteri campali ed il rimpatrio delle Salme dei nostri Caduti, anche la fornitura, da parte dell'Archivio di Mosca, dell'elenco dei prigionieri a suo tempo presenti nei lager dell'Unione Sovietica. Una prima tranche del medesimo, con circa 8.000 nomi, veniva consegnala al generale Gavazza nell'aprile del 1992. Ad essa seguirono altri sette elenchi - l'ultimo dei quali in ottobre 1992 - per complessivi 64.400 nomi.

Gli elenchi, in forma di tabulati computerizzati, contengono, ove noti, i dati del prigioniero; Cognome e nome, anno di nascita; luogo di nascita e domicilio; grado militare e reparto di appartenenza; data e luogo della cattura; codice dei vari lager dove il prigioniero fu rinchiuso; data di morte ed eventuale luogo d'interramento. La presenza completa di tutti questi dati si riscontra solo per i prigionieri che sono stati rimpatriati o che sono morti in epoca successiva alle grandi epidemie dei primi mesi. La loro lunga permanenza in prigionia, i ripetuti interrogatori, la collaborazione degli stessi prigionieri, hanno permesso di rilevare con esattezza e compiutamente i dati di cui sopra.

Per la stragrande maggioranza degli altri, i dati contenuti negli elenchi, si limitano a cognome e nome, anno di nascita, data e lager di decesso. Per alcuni lager, come il 56 di Uciostoje (Miciurinsk) o il 67 di Bostianovka (Sverdlovsk) la data di morte è sistematicamente assente. E' qui il caso di smentire quanto sovente si è scritto sui giornali o detto in televisione e cioè che negli archivi sono conservati i fascicoli di tutti i prigionieri catturati. Come si è detto, solo per i 20.000 rimpatriati e per pochi altri è stato possibile ai russi raccogliere materiale ed arricchire i dossier con i verbali degli interrogatori, il frutto delle innumerevoli perquisizioni, le copie degli articoli da loro scritti per il giornale murale o "L'ALBA", i rapporti dei delatori, gli appelli da loro firmati. Quale fascicolo poteva essere impiantato per quei poveretti che entrati nei campi al ritmo di migliaia al giorno, vi morivano dopo una settimana? Dall'esame degli originali russi, risulta che le circa 65.000 segnalazioni riguardano: circa 38.000 prigionieri morti nei lager; circa 22.000 prigionieri rimpatriati; circa 5.000 prigionieri non italiani, duplicazioni e deportati civili.

La data del decesso, presente nel 90% dei casi, consente di ricostruire con sufficiente esattezza l'andamento della mortalità nell'arco di tempo che va da dicembre 1942, epoca della cattura dei primi grossi contingenti, al 1946 data del rimpatrio del primo scaglione. Il risultato è evidenziato nell'unita tabella e relativo grafico. Tra il gennaio ed il giugno del 1943 è morto I'85% dei prigionieri entrati nei lager con una concentrazione terrificante in marzo, quando ogni giorno morivano più di 300 nostri soldati e ufficiali. C'è da accennare che, purtroppo, anche alla vigilia del rimpatrio, in taluni campi si è verificata una nuova epidemia di tifo che ha provocato ancora innumerevoli morti.

L'esame degli elenchi russi ha dato la possibilità di conoscere il numero di codice di circa 270 lager e circa 200 lager-ospedali dove sono morti i nostri prigionieri e di individuare l'ubicazione di buona parte di essi. Si è constatato che dopo l'internamento nei primi campi improvvisati, relativamente vicini alle zone dove avvenne la cattura (vedi Tambov, Miciurinsk, Uciostoje, Nekrilovo, Khrinovoje) i prigionieri sopravvissuti vennero trasferiti molto più ad est, alcuni addirittura nelle provincie degli Urali (Perm, Sverdlovsk, Celiabinsk), duemila chilometri da Mosca o nell'Asia centrale ad Ak Bulak, Karagandà, Tashkent. Stupefacente è il numero degli ospedali dove furono ricoverati feriti e congelati ed in un secondo tempo i numerosi ammalati di affezioni polmonari ed i denutriti irricuperabili. Anche questi campi-ospedale erano dislocati lontanissimo dal fronte, quasi tutti oltre il Volga: uno, Pinjug, a soli 400 km da Arkangelo, il porto sul Mar Glaciale Artico. A parziale modifica della convinzione di gran parte di prigionieri rimpatriati, anche nei campi di smistamento furono annotati i nomi dei morti. Negli archivi di Mosca, il nostro rappresentante ha fotografato una parte dei registri redatti nel campo di Tambov, dove venivano annotati giornalmente i nomi di chi era morto, senza distinzione di nazionalità. Perfino per il campo di Khrinovoje esiste una strana documentazione fatta di frammenti di carta, scritti frettolosamente a mano e, purtroppo, oggi ben poco leggibili. Si tratta di materiale tutto da studiare attentamente, cosa che richiederà degli anni.

Nei registri di alcuni lager è annotata anche la causa del decesso. Quella più ricorrente è la denutrizione o distrofia alimentare, come la chiamano i russi, seguono la pellagra e le malattie polmonari. Questo conferma che prima della "glasnost" (la trasparenza, instaurata da Gorbaciov), i russi mentivano anche nelle briciole di notizie che lasciavano arrivare in occidente; oltre tutto lo facevano in modo goffo. Che bisogno c'era di redare certificati di morte fasulli, dove si dichiarava che il prigioniero era mono di cirrosi epatica. Forse per eccessivo consumo di vodka? Le fotografie dei registri mostrano un'altra cosa: i russi non erano sinceri nemmeno con se stessi, infatti la parola tifo non compare mai, assolutamente mai. In Russia essa è una parola tabù, perché il tifo, per ordine di Stalin, in Russia non esisteva, non era mai esistito, era un'invenzione di quegli ignoranti di medici capitalisti. La storia e le cronache, oggi senza più bavaglio, ci raccontano che durante la Rivoluzione e dopo, all'epoca della collettivizzazione, la fame fu accompagnata dal tifo e più di un milione di russi sono morti con l'aiuto dei pidocchi.

Dall'esame degli elenchi si è potuto accertare, infine, quanti nostri prigionieri sono morti in ogni lager. Il lager 188 di Tambov è quello che detiene il triste primato con 8.200 morti. Segue il 56 di Uciostoje (Miciurinsk) con più di 4.000 morti. Anche il lager di Khrinovoje avrebbe sicuramente uno dei primi posti in questa classifica se le registrazioni dei decessi fossero avvenute fin dall'inizio e con un minimo di accuratezza. La cifra di 1.800 morti desunta dagli elenchi non ha significato.

L'esame delle caratteristiche generali degli elenchi russi ha potuto essere condotta con relativa facilità anche se ha richiesto molto lavoro e considerevole impegno. Di tutt'altra natura, difficoltà e perdita di tempo si è manifestata l'individuazione di coloro che sono morti in prigionia. La traslitterazione dei cognomi contenuti negli elenchi, presenta un grossissimo problema. E' evidente che i primi frettolosi censimenti furono eseguiti da soldati o sottufficiali russi che scrivevano a mano le generalità declinate dal prigioniero. Analogamente, quando tali soldati annotavano il nome del morto in base alla descrizione di un compagno del defunto, che forse non lo sapeva con esattezza. Le inflessioni dialettali di chi dettava, la pronuncia di suoni che non esistono nella lingua russa o la loro difficile riproduzione con caratteri cirillici, la poca dimestichezza con la penna di chi redigeva quelle note, gli immancabili errori di trascrizione o d'interpretazione di chi li ha ricopiali - ed i passaggi sono stati numerosi - hanno fatto si che gli originali cognomi dei morti siano diventati parole indecifrabili.

Molte volte, invece, si va a riscontrare nell'archivio dei Dispersi un nome apparentemente sicuro, intellegibile, di stampo chiaramente italiano, si scopre che non c'è nessun disperso con quel nome. Inizia allora, una defatigante ricerca fra decine di cognomi simili, per arrivare qualche volta alla conclusione che esistono un paio di soluzioni ammissibili. Quale la giusta? Purtroppo in questa materia non sono ammesse soluzioni ambigue: è necessaria la certezza. Nei pochi casi dove è indicato il luogo di nascita, viene interpellato il Comune o il Distretto. Sono poche le risposte risolutive, sono fornite soprattutto dai piccoli Comuni, dove si lavora con criterio e buona volontà. Nelle anagrafi delle grandi città, impiegati frettolosi rispondono immancabilmente che il nominativo non risulta agli atti, cosa che ONORCADUTI sapeva in partenza, ma desiderava sapere se, tra i nati in tale anno, figurava un disperso con un cognome che si avvicinasse a quello segnalato. A questo lavoro di ricerca provvede anche l'UNIRR prendendo contatto con i Comuni d'origine e con le famiglie degli scomparsi quando si hanno risultati positivi.

Riassumendo, l'insieme di queste difficoltà ha fatto si che contro i 38.000 nomi di morti in prigionia traslitterati, solo poco più della metà sono stati accertati con sicurezza. Naturalmente le ricerche proseguono con tutto l'impegno possibile. L'accertamento della morte in prigionia di un soldato finora ritenuto disperso, mette in moto una complessa procedura. L'ufficio dell'Albo d'Oro del Ministero della Difesa, cioè l'anagrafe dei Caduti e Dispersi su tutti i fronti e tutte le guerre, interessa i carabinieri e Comune di nascita del defunto, perché ne rintraccino i familiari cui viene poi comunicata la notizia in via ufficiale. In seguito, a cura della Commissione Interministeriale Atti Giuridici, si provvede alla compilazione dell'atto di morte che sostituisca la dichiarazione di dispersione o l'eventuale dichiarazione di morte presunta. Tale atto è trasmesso al Comune di nascita per la variazione sui registri di Stato civile ed al distretto Militare che aveva arruolato il militare.

L'UNIRR, per incarico del Commissariato Onoranze Caduti in Guerra, ha provveduto alla pubblicazione degli elenchi dei militari morti in prigionia nell'Unione Sovietica. Sono già stati pubblicati circa 24.000 nominativi, dove oltre alle generalità del militare sono indicati il reparto di appartenenza, la data di morte ed il lager dove questa è avvenuta.

giovedì 4 agosto 2022

Le fotografie di Mario Bagnasco, 22

Le fotografie di Mario Bagnasco, Primo Capo Squadra o Capo Squadra della Legione CC.NN. "Valle Scrivia".

"Ricoveri".

giovedì 28 luglio 2022

Ricompense - 8a Armata - Intendenza

Ricompense al Valor Militare attribuite per le operazioni sul Fronte Russo, a cura di Carlo Vicentini, fonte UNIRR.

MOVM - Medaglia d'Oro al Valor Militare, MAVM - Medaglia d'Argento al Valor Militare, MBVM - Medaglia di Bronzo al Valor Militare, MOVM - Medaglia d'Oro al Valor Militare, CGVM - Croce di Guerra al Valor Militare.

8a Armata - Intendenza d'Armata

MAVM Colonnello DE BIASE Achille
MAVM Tenente Colonnello DE MICHELI Luigi
MAVM Tenente Colonnello POIDOMANI Giuseppe
MAVM Tenente Colonnello SIMONETTI Carlo
MAVM Tenente RISPOLI Giacomo, alla memoria
MAVM Sottotenente GRASSI Pasquale
MAVM Sottotenente MARCHINI Renzo
MAVM Sottotenente PIRONI Salvatore
MAVM caporal maggiore DAMIANI Cornelio, alla memoria
MAVM caporal maggiore D'INNOCENZO Bruno, alla memoria
MAVM soldato GIARDONI Mario
MAVM soldato POLETTO Oreste, alla memoria
MBVM Maggiore FORNARO Vincenzo
MBVM Maggiore PIACENTE Gaetano
MBVM Capitano MANFREDI COLELLI Franco
MBVM maresciallo BIHARY Federico
MBVM maresciallo INVERNIZZI Carlo
MBVM caporale D'AGNOLO Bruno
MBVM caporale DI FONSO Antonio
MBVM soldato FRACASSI Pasquale, alla memoria
MBVM soldato PEDUZZI Aldo
CGVM Capitano CRUCIANI Giovanni
CGVM Capitano GALLETTO Corrado
CGVM Tenente GAGLIONE BARBO Girolamo
CGVM Sottotenente CIFARELLI Francesco
CGVM Sottotenente NARO Carmelo
CGVM Sottotenente PALMA Salvatore
CGVM maresciallo BADIALI Sole
CGVM sergente maggiore D'AMATO Pietro
CGVM sergente maggiore NERI Gualtiero
CGVM sergente maggiore RESEMINI Franco
CGVM sergente CONTA Bruno
CGVM caporal maggiore FOSSI Sanzio
CGVM soldato BIANCO Secondo
CGVM soldato CECCARELLI Pietro

Il viaggio del 2011, Nikolajewka

Immagini del mio primo viaggio "esplorativo" effettuato nel 2011... l'arrivo a Nikolajewka.





Capitano Pilota Giorgio Iannicelli, 2

La storia del Capitano Pilota GIORGIO IANNICELLI, Medaglia d'Oro al Valor Militare, nelle parole del figlio GianLuigi, seconda parte.

Breve biografia.

Giorgio Iannicelli nasce a Roma il 26 giugno 1912, primo di tre figli, da Leone, funzionario del ministero delle Comunicazioni, e da Augusta Natalizi. Ha un'infanzia felice e spensierata in seno alla sua famiglia, ove un legame intenso lo lega anche al nonno materno Giovanni, l'amato "nonno Nino". Per una singolare coincidenza, il nonno lavora in un istituto di credito romano, con sede in via Piacenza, dove il giovane nipote si reca spesso a trovarlo e dove, tanti anni dopo, il figlio di Giorgio, ignaro di tale circostanza, verrà assunto, vi lavorerà per oltre trent'anni e vi troverà ancora memoria del bisnonno.

Giorgio è molto affezionato anche ai suoi fratelli minori, sui quali esercita un forte ascendente, Fiorenzo, nato nel 1920, anche lui poi ufficiale pilota e Rossana, la piccola, nata due anni dopo. Ama disegnare e vi riesce molto bene. Segue il normale corso di studi, conseguendo il diploma di maturità classica presso il Liceo Umberto I nel 1929, quindi a soli diciassette anni. Subito dopo, il 22 ottobre dello stesso anno, fatto singolare per un futuro pilota, è ammesso, con votazione lusinghiera, come allievo ufficiale di vascello nella terza classe della Regia Accademia Navale di Livorno, dove risulta essere il più giovane di età. Tra il 10 ed il 23 luglio 1930 effettua la crociera annuale, in Nord Africa, sulla nave Cristoforo Colombo. Risulta fra i migliori del suo corso ed è promosso alla seconda classe.

In famiglia rimane storico il testo del telegramma che Giorgio invia al padre per annunciargli l'esito dell'esame di ammissione all'Accademia: "Risultato primo fra tutti. Manda i soldi per le spese." Nonostante le brillanti prospettive e le insistenze per dissuaderlo dell'Ammiraglio Cavagnari, allora Comandante dell'Accademia, nel novembre del 1930, lascia la stessa ed è ammesso come allievo nella Regia Accademia Aeronautica di Caserta ed assegnato al Corso "IBIS". Uomo fatto, fisicamente è alto un metro e settanta, di corporatura normale e, a differenza del fratello e della sorella minori, un pochino tarchiato. E' un po' "stempiato", con occhi verdi piuttosto grandi e con qualche, problema a pronunciare la "r", che per lui non ha netti confini con la "v". Di carattere vivace, è un po' suscettibile, pieno di interessi e, si dice, un po' "sciupafemmine".

E' nominato s. tenente pilota in servizio permanente effettivo, ruolo navigante, nel settembre 1933 e diventa tenente pilota nel luglio 1934. In quell'anno frequenta la Scuola Caccia a Castiglione del Lago e quella di Osservazione aerea, ove segue il corso di osservazione lontana, e poi viene assegnato al 1° Stormo C.T. Si legge in un "rapporto informativo" sul tenente Iannicelli, redatto il 16 febbraio 1935 dal comandante la 72a squadriglia, capitano pilota Alfredo Reglieri: "E' di sana e robusta costituzione. Non ha notevole attitudine per lo sport, al quale si dedica poco. E' un ufficiale intelligente. Ha buona cultura generale e professionale. E' chiaro nel ragionamento e dimostra di avere molto buon senso. Si esprime con e proprietà di linguaggio. Ha notevole spirito di osservazione e sviluppate qualità artistiche. Ha carattere forte e volitivo. E' leale, sincero, buon camerata. Possiede elevati sentimenti dell'onore e del decoro. E' molto sensibile ai richiami. E' rispettoso, disciplinato. Ottima condotta anche fuori servizio.

Ha molta vocazione per la carriera aeronautica. Sa istruire i dipendenti. Ha sufficiente iniziativa. Alla sua inesperienza del funzionamento del reparto, supplisce con la volontà ed anche con lo zelo. Con le sue buone qualità di carattere, di mente e di cuore, se saranno ben curate ed indirizzate, diventerà certamente un buon ufficiale. Ha grande passione per il volo. Il desiderio di progredire in esso lo porla ad accelerare i tempi e a fare ciò che la sua non ancora formata esperienza gli consente. Va perciò frenato e guidato. Ha in complesso notevoli qualità di pilotaggio e molta resistenza al volo.

Il giudizio finale è di "buon pilota" con punti 17/20 e "buon tenente" con punti 3, confermato il primo e ridotto a punti 2 il secondo, dal comandante del XVII gruppo e confermato dal comandante il 1° stormo caccia, evidentemente un po' più severi. Al di là del linguaggio usato, caratteristico delle "note di qualifica" redatte in ambienti gerarchicamente organizzati, le parole riportate sembrano delineare abbastanza bene la personalità e le capacità del giovanissimo tenente pilota Iannicelli, da poco uscito dall' Accademia Aeronautica.

Scoppiato, nell'ottobre 1935, il conflitto italo-etiopico, il suo gruppo viene trasferito a Catania, ma non è chiamato a partecipare alle operazioni. Fra il 1936 ed il 1937 torna prima all'Accademia come istruttore professionale del Corso "REX' e del corso dei Sottotenenti di Amministrazione e poi, nel luglio del 1937 va al 52° Stormo C.T., comandato dal colonnello Tessore, di base a Ghedi (Brescia), dove lo raggiunge la nomina a capitano pilota.

E' un periodo di tranquillità, di normale attività di volo. Conosce allora quella che sarà sua moglie, che all'epoca abitava a Brescia, nella centralissima piazza della Vittoria, al decimo piano dell'edificio, recente opera dell'architetto Piacentini, da tutti chiamato "il grattacielo" per la sua altezza notevole per i tempi. Su quel fabbricato il comandante Iannicelli manifesta il suo interesse per la signora con ardite puntate effettuate con il suo caccia, spesso in compagnia degli amici Pocar e Raoul Zucconi, fra lo sconcerto degli altri inquilini e con grande compiacimento della stessa, compiacimento ancora vivo ed evidente nei suoi racconti di tanti anni dopo. Dall'estate del 1938, però, per il capitano Iannicelli tale tranquillità finisce e per lui la parola "pace", tranne l'intervallo tra l'autunno del 1939 ed il giugno del 1940, non ha significato, coinvolto com'è nei conflitti che caratterizzano quel periodo.



giovedì 21 luglio 2022

Una proposta per El Alamein

El Alamein nell'80° Anniversario della battaglia.

Su richiesta del Circolo Culturale Tricolore di Sesto San Giovanni abbiamo ideato una proposta che con la Campagna di Russia è poco attinente ma ci consentirà di onorare e ricordare tutti quei ragazzi che presero parte all'ultima battaglia di El Alamein dal 23 ottobre 1942 all'11 novembre 1942; e grazie al permesso del Circolo Culturale Tricolore possiamo estendere questa proposta a chiunque fosse interessato.

Venerdì 21.10 partenza da Milano Malpensa; arrivo a Il Cairo; trasferimento in pullman ad El Alamein; cena e pernottamento in hotel.

Sabato 22.10 prima colazione in hotel; partenza per la visita al bunker di Rommel (Rommel Cave Museum) a Marsa Matrouh; visita alla spiaggia di Aghiba, le “Maldive dell’ Egitto"; pranzo in un ristorante locale; rientro in hotel; cena e pernottamento.

Domenica 23.10 prima colazione in hotel; partenza per il Sacrario Italiano di El Alamein (dove riposano i resti mortali di circa 5.200 caduti) e Quota 33 (altura in cui il 52° Gruppo Cannoni da 152/37 fu distrutto); visita al cippo "Mancò la fortuna non il valore"; visita al Sacrario tedesco (dove riposano circa 4.000 caduti tedeschi) e al Cimitero del Commonwealth (dove riposano circa 6.500 caduti britannici); visita al Museo Militare di El Alamein (ricco di testimonianze del conflitto); pranzo in un ristorante locale; rientro in hotel; cena e pernottamento.

Lunedì 24.10 prima colazione in hotel; partenza per Il Cairo; arrivo in aeroporto e rientro a Milano Malpensa.

TARIFFE: Euro 780,00 inclusa polizza sanitaria base.

LA QUOTA COMPRENDE:
- 3 notti con trattamento di camera e colazione presso Rhactus Hotel NewAlamein (5*) o struttura di pari livello,
- trasferimenti aeroporto - hotel e viceversa,
- accompagnatore dall’Italia,
- visite come da programma, ingressi nei siti archeologici indicati,
- assistenza e guida locale parlante italiano,
- polizza assistenza medica + garanzia bagaglio.

LA QUOTA NON COMPRENDE:
- volo Egyptair Milano - Il Cairo - Milano e diritti emissione biglietteria Euro 25,00,
- visto d’ingresso Egitto + assistenza in italiano Euro 35,00,
- assicurazione annullamento viaggio e copertura Covid pari al 5% della quota,
- mance, bevande, spese personali, eventuali tasse locali e tutto quanto nonindicato ne “La quota comprende”.

OPERATIVO VOLI EGYPTAIR.:
- 21/10 partenza da Milano Malpensa 14.30 - arrivo a Il Cairo 18.10
- 24/10 partenza da Il Cairo 12.55 - arrivo a Milano Malpensa 16.50
- tariffe da Euro 450,00 incluso tasse e bagaglio (le tariffe potrebbero subirevariazioni e adeguamenti carburante).

Supplemento camera singola: euro 270,00.

Tutti i servizi sono su riconferma e la quota è riferita ad un minimo di 15 partecipanti; al momento dell’adesione è richiesto acconto pari al 30%, interamente da restituirsi se non verrà confermato il viaggio.

Per informazioni e prenotazioni potete chiamare o scrivere con WhatsApp al numero 349.6472823

mercoledì 20 luglio 2022

Siamo noi, puntata del 19.01.2016

Siamo noi - Puntata del 19 gennaio 2016 con la partecipazione dello scomparso giornalista Pino Scaccia, Marco Revelli figlio di Nuto Revelli, GianLuigi Iannicelli figlio del Capitano Pilota Giorgio Iannicelli e Giuseppe Bassi, uno dei pochi reduci della Campagna di Russia ancora in vita.

martedì 19 luglio 2022

Capitano Pilota Giorgio Iannicelli, 1

Questa è una di quelle storie, quelle belle storie da raccontare che danno un ulteriore senso a questa pagina e al sito collegato. Prima dell'inizio della guerra in Ucraina e della mia conseguente pausa di riflessione, ricevo un'email dal Signor GianLuigi Iannicelli, figlio del Capitano Pilota GIORGIO IANNICELLI, Medaglia d'Oro al Valor Militare, caduto il 29 dicembre del 1941 nei cieli di Russia, presidente dell'U.N.I.R.R. di Roma. Dell'esistenza di questa mia pagina ne è venuto a conoscenza dalla figlia.

L'email contiene parole di apprezzamento e la richiesta di poter entrare in contatto con me. Ovviamente non me lo faccio ripetere due volte e una domenica lo chiamo al suo numero di cellulare. Mi risponde un signore gentilissimo e che naturalmente mi ispira tantissima simpatia; a tutti i costi vuole che gli dia del tu... e inizia a raccontarmi del suo povero papà, uno dei tanti papà mai più tornati, inghiottiti da quella guerra. Di Giorgio Iannicelli conoscevo il nome e sapevo della Medaglia d'Oro, ma ovviamente non tutti i dettagli di questa ennesima triste storia.

Ho parlato per oltre mezz'ora con GianLuigi e mi ha trasmesso un profondissimo sentimento per il padre "conosciuto" a pochi mesi d'età e poi mai più visto; dalle sue parole ho "sentito" tutto quello che un figlio può nutrire per un padre caduto in guerra. Questi rari momenti che ho il piacere di poter vivere davvero danno una carica a continuare e non mollare mai, per loro... per loro che non sono tornati e per voi che a casa li avete aspettati per anni e che ancor oggi cercate informazioni, seppur ad 80 anni di distanza.

GianLuigi mi ha fatto dono di un suo bellissimo lavoro in memoria del padre e soprattutto mi ha dato il permesso di pubblicarlo, in modo che tutti ne possano essere a conoscenza. Ora non mi resta che lasciare a lui la parola, in ricordo del papà Giorgio e in ricordo di tutti quei papà, mariti, fratelli, nonni mai più tornati dalla Russia. Mi auguro che le parole che leggerete possano anche a voi fare lo stesso effetto che hanno fatto a me... e un profondo grazie a GianLuigi per aver condiviso con me la sua storia.

A Benedetta, con profondo affetto.

Queste poche e semplici pagine vogliono essere un atto d'amore nei confronti di un padre tanto amato, ma del quale non conservo un'immagine diretta; non ho la percezione della sua voce, delle sue inflessioni, dell'espressione dei suoi occhi, del suo gestire, insomma del suo modo di essere. Il mio rapporto diretto con lui rimane fissato solo in alcune fotografie. Ho avvertito la sua mancanza, talvolta in maniera lancinante, specialmente durante l'adolescenza, ma anche dopo, quando scelte e responsabilità erano rimesse unicamente a me.

Il suo ricordo, però, ha svolto un ruolo importante nella mia vita, la sua personalità, delineatami dai familiari cosi bene e in maniera gioiosa e completa, lo ha reso quasi presente e ha infuso in me un senso di orgoglio e di profonda fierezza di essere suo figlio. L'ho tanto cercato anche nella memoria degli altri, nelle sue lettere, fino nei luoghi che hanno visto le sue imprese e il suo sacrificio. Lo sento profondamente vicino, anche se non mi è stata neppure concessa la consolazione di ritrovare le sue spoglie e cosi la possibilità di poter onorare con un fiore la sua tomba.

L'andare degli anni, lui fermo nella pienezza della gioventù, nell'attimo in cui la morte l'ha colto, e io ormai avanti nella vita, me lo fanno ora sentire quasi come un figlio, oggetto di commossa tenerezza. Il pensiero struggente e riconoscente va a mia madre Elisabetta, alla quale devo tutto, anche l'amore con il quale ha saputo instillare e coltivare in me la memoria di papà. A mia moglie Patrizia devo la profonda e tenera solidarietà di cui mi ha circondato in tutti questi anni della mia ricerca di papà, accompagnandomi anche in luoghi lontani e standomi vicino in tanti momenti di profonda emozione.

A mia figlia Benedetta, anche lei partecipe commossa e affettuosa di questa mia personale vicenda e alla quale tanto ho pensato nello scrivere queste righe, affido la memoria del nonno e la continuazione di quanto sto facendo. A tutti quelli che mi hanno aiutato e mi sono stati vicini va la mia profonda riconoscenza. In particolare, ai cari amici, gli impareggiabili Franco e Giuliana Martini, lui reduce di Russia e coetaneo di mio padre, instancabili e appassionali cultori della memoria dei nostri Caduti in quella campagna, al generale di squadra aerea Stelio Nardini, protagonista di eventi decisivi che hanno consentilo l'apertura delle ricerche dei nostri Caduti di Russia, custode geloso e appassionato di tante memorie dell'Aeronautica Militare Italiana e a Silvano Zitti, Presidente della Sezione Marche dell'Unione Nazionale Reduci di Russia, anche lui orfano di un Caduto di laggiù, che condivide la stessa mia storia, artefice e protagonista paziente di tanti viaggi, di pellegrinaggi dolenti, di innumerevoli incontri, tutti dedicati alla ricerca e al ricordo dei nostri soldati finiti in quelle terre lontane e che tanto mi è vicino e tanto ha fatto e fa anche per me. Un ricordo affettuoso ai compagni d'Accademia di mio padre che ho conosciuto (Ciccio Sforza, Roberto Fassi, Sandrino Cerulli, Duilio Fanali, Raoul Zucconi, Gianni Macorig), ormai tutti scomparsi e ai "suoi ragazzi" (in particolare Bepi Biron) che con il mio caro hanno diviso tante vicende e tanti sacrifici e, in qualche caso, anche la morte in combattimento. Infine, un pensiero reverente e commosso e una preghiera per tutti coloro che da laggiù, dal fronte russo, non sono tornati.

Roma, giugno 2005.