mercoledì 21 marzo 2018

Incontro e cena

In occasione del 75° anniversario della Battaglia del Don, in un luogo quasi segreto pieno di memorabilia e al centro di Milano, giovedì 5 aprile 2018 è stata organizzata una serata in compagnia di Francesco Cusaro, Presidente Nazionale dell'UNIRR (Unione Nazionale Italiana Reduci di Russia). Il programma prevede: la visita al percorso fotografico “Russia 1943-2018. Il viaggio”, esposizione che ripercorre il viaggio fatto a gennaio da 11 italiani in ricordo dei nostri eroi; la cena a base di piatti genuini della tradizione lombarda, salumi e formaggi locali, pizzoccheri e grigliata mista; l’intervento di Francesco Cusaro. Una serata all’insegna delle emozioni. Per questioni organizzative, la serata sarà a numero chiuso; è necessaria quindi la prenotazione fino ad esaurimento posti; per informazioni e prenotazioni telefonare al 349.6472823.

Russia 1943-2018, il viaggio

Inaugurazione con aperitivo della mostra fotografica relativa al nostro trekking.

giovedì 15 marzo 2018

Lino torna a casa

Lino torna a casa! Siamo riusciti a rintracciare i parenti di uno dei due dispersi per i quali abbiamo recuperato il piastrino in Russia. Lino Incerti nato il 17.03.1920 a Baiso (Reggio Emilia), appartenente alla 302a Sezione di Sanità Alpina della Divisione Alpina Tridentina; registrato come caduto o disperso il 19.01.1943. Ad aprile in data in fase di definizione consegneremo presso il comune di Baiso il piastrino al nipote vivente di Lino. Seguiranno aggiornamenti per chi volesse partecipare.

Intervista a Silvia Ostinelli

La nostra grandissima Silvia Ostinelli in una bellissima intervista sul nostro trekking. Cara Silvia, ti faccio i miei più vivi complimenti per quanto hai raccontato.

martedì 20 febbraio 2018

Intervista ad Antonio Andrioli

Intervista al compianto Colonnello Antonio Andrioli, presidente della sezione U.N.I.R.R. di Torino. Prese parte alla Campagna di Russia come tenente della 123ª Compagnia del III Battaglione Misto Genio (Divisione Julia). Catturato dai Sovietici, fu uno dei pochissimi sopravvissuti a Krinovaja, lager tristemente famoso per le condizioni di vita che rasentarono l'inverosimile. Dopo il trasferimento a Suzdal, il rimpatrio, nel 1946.

giovedì 15 febbraio 2018

L'isba di Zina

E' la sera del 23 Gennaio, la nostra terza tappa, forse quella più impegnativa, fino ad ora affrontata, per il pesante fuoristrada percorso nella neve alta 30/40 cm; arriviamo nel villaggio di Novo Karcowka... qualche decina di isbe e un piccolo negozio, tipico di questa parte della Russia, che vende di tutto, dai biscotti ai chiodi, passando dal pesce essiccato alle calze da donna.

Siamo sudati e stanchi; la nostra guida ci porta verso un'isba incastrata fra altre; entriamo e ci accoglie una donna di mezza età, a dir poco burbera ed evidentemente poco felice di ricevere ospiti nella sua casa. Le condizioni di estrema povertà ci fanno capire il motivo dell'aver accettato la nostra presenza nella sua casa (in ogni località giustamente paghiamo una piccolissima quota per la cena e il pernotto).

L'isba è qualche cosa di inimmaginabile per noi abituati alle case "occidentali": il pavimento è disconnesso e coperto di tappeti che probabilmente non vedono l'acqua da anni, le pareti scrostate o coperte da una tappezzeria di altri tempi, il bagno inesistente, un lavandino unico per tutto con lo scarico che va direttamente in un secchio da svuotare ogni volta che si riempie. Una stanza funge da cucina e da sala da pranzo, l'altra stanza da salotto e camera da letto. Non esiste il bidet, non esiste la doccia, non esiste la vasca da bagno. Come una volta una grossa stufa a gas attorno alla quale è stata costruita l'isba.

Zina, la proprietaria, parla poco con noi; serve svelta la cena frugale; un gatto nero, il suo gatto nero fa capolino nella stanza arrivando da chissà dove. Anche lui assomiglia alla padrona... ci guarda da lontano, schivo. Iniziamo a smontare gli zaini e a stendere il sacco a pelo per la notte. A guardarci potremmo assomigliare lontanamente ai nostri alpini che 75 anni fa entravano nelle isbe e crollavano dalla stanchezza in ogni angolo.

Lei ci osserva distante e controlla che tutto avvenga senza complicazioni; ad una cert'ora com'è vestita, prende e va a letto; curioso e scatto alcune fotografie dell'isba; sui pochi armadi malandati i ricordi di una vita... alcune fotografie del marito (e così scopro che è vedova come tante donne in Russia, dove l'aspettativa di vita per gli uomini è bassissima rispetto a quella delle donne). Come sempre mi piace osservare i dettagli che poi sono quelli che fanno la differenza fra le persone, fra le vite delle persone. Penso a che vita difficile debba affrontare qui una donna, dispersa in un villaggio in piena steppa.

Osservate i dettagli delle fotografie per capire, perché le mie parole non bastano per comprendere le condizioni di vita di questa persona... la mattina dopo partiamo per la prossima tappa e ancora una volta Zina ci saluta con un certo distacco e senza grandi emozioni. L'abbiamo lasciata alla sua vita, nella sua casa vuota e con il suo gatto nero. Spesso ripenso a lei e a cosa stia facendo in quel preciso momento, anche un po' con malinconia perché questo viaggio in Russia serve a capire anche questo e a vivere una realtà spesso lontana anni luce dalle nostre comodità di tutti i giorni.






mercoledì 14 febbraio 2018

Ricordando Nikolajewka

Questo è ciò che molti al nostro posto avrebbero tanto voluto vedere... la fotografia è stata scattata alla base della linea ferroviaria che corre da Nord a Sud a Nikolajewka ed inquadra il costone dal quale comparirono i nostri soldati la mattina del 26 gennaio 1943. E' visibile in tutta la sua estensione la famosa conca dalla quale scesero prima a compagnie e battaglioni e poi in massa, alpini e in minor misura fanti, italiani e in minor misura tedeschi e ungheresi, per aprirsi definitivamente la strada verso le linee tenute dalle truppe tedesche. Per anni ho cercato d'immaginarmela, leggendo i libri di Bedeschi e di Rigoni Stern; poi finalmente nell'inverno 2011 l'ho vista di persona. In quell'anno abbiamo piantato alla sommità una bandierina italiana in ricordo di tutti i caduti... avremmo dovuto piantarne a centinaia per ricordarli tutti quanti.


martedì 13 febbraio 2018

Grazie Irene!

Ricevo e pubblico in modo che anche i miei compagni di viaggio si possano sentire emozionati e felici quanto me...

Ciao... Vi scrivo perché vi devo un grande ringraziamento. Inconsapevolmente avete innescato il meccanismo che ha portato un epilogo meraviglioso, per me e per la mia famiglia. Seguivo la vostra impresa qui su Facebook, affascinata da quel fiume Don che da sempre sogno di vedere coi miei occhi. Da quei luoghi in cui, tantissimi anni fa, ha perso la vita uno zio che non ho mai conosciuto, ma che ho sempre scrutato affettuosamente e con tanta curiosità tra le foto d’epoca. Un ragazzo di vent’anni, che nulla ancora sapeva della vita (figuriamoci della morte!). Attilio è rimasto là, “disperso” hanno raccontato alla famiglia che non si è mai data pace. Conoscete bene quanto dolore ha causato quella guerra… i racconti di quel dolore sono ancora abbastanza sentiti tra i miei famigliari. E’ successo tutto così, sulla vostra pagina. Tra le foto e le testimonianze. Tra un commento e l’altro, tra i consigli e le dritte di chi vi seguiva… e poi la speranza che si accende per quelle targhette! Ho cominciato a raccogliere informazioni, leggere libri, a rovistare nei siti. “Disperso” non mi bastava più, volevo conoscere nel dettaglio cosa gli era successo. E’ stata una catena rapidissima di cose, incroci di date e luoghi. Ed infine, il 2 febbraio scorso abbiamo “riabbracciato” Attilio al Sacrario di Cargnacco… dopo ben 75 anni è “arrivato a baita” e abbiamo ottenuto un po’ di verità, conosciuto la sua storia. La storia di Attilio è la storia di tutti i caduti dell’Armir, ed è un sacrilegio dimenticare il loro immane sacrificio. Grazie di cuore: per il vostro impegno nel vivere l’esperienza, diffondere, raccontare e condividere, affinché non si dimentichi; per la passione che trasmettete. Per la curiosità che avete innescato nella mia testa, e che ci ha permesso di arrivare a lui, dopo tanto tempo. E perché grazie a voi, il viaggio in Russia che da sempre desidero, non pare più così lontano... ma realizzabile quanto prima (speriamo presto… non so da dove cominciare… si accettano consigli!). Grazie Irene!

Cari amici miei

A distanza di qualche settimana dal nostro trekking, voglio dedicare questo post ai miei compagni di viaggio... vi dico che oggi mi manca tutto (o quasi) di quei giorni e darei chissà cosa per passare ancora una sera insieme in un'isba o per camminare in silenzio come abbiamo fatto tante volte nella neve. Questa esperienza, forse non subito e non per tutti in egual misura, riemergerà nei prossimi anni e la rimpiangeremo; sono convinto che in qualsiasi momento della nostra vita ci rivedremo, ricorderemo quanto di buono ci ha unito in quei giorni. Nulla a che vedere con il cameratismo che ha portato a casa da quell'esperienza molti dei nostri soldati, un cameratismo che nasce dall'affrontare insieme difficoltà per noi inimmaginabili, ma comunque una piccola parte di esso ha caratterizzato la nostra esperienza. Raccontate a chi potete cosa abbiamo visto e provato, perché mai si spenga l'interesse e il rispetto per quei ragazzi.










martedì 6 febbraio 2018