martedì 31 dicembre 2024

Italiani nella neve, parte 10

Italiani nella neve: Il cinema della campagna italiana di Russia, di Sergio Spinnato - tratto da HUMANITIES, anno VI, numero 12, dicembre 2012.

Decima e ultima parte, L'Armir in scena.

Il tema del racconto della campagna di Russia non è stato oggetto solamente di film o documentari ma anche di alcune opere teatrali. Agli inizi del nuovo millennio, complice la riscoperta di gran parte della letteratura inerente ai fatti di Russia, sono state realizzate diverse trasposizioni teatrali tra le quali le più significative sono senza dubbio Il sergente e Li Romani in Russia.

Il sergente, tratto dall’opera di Mario Rigoni Stern Il sergente nella neve, è uno spettacolo teatrale ideato, diretto ed interpretato dall’attore bellunese Marco Paolini.

Paolini, già attivo in cinema e televisione, non è affatto nuovo ad esperienze teatrali di questo genere in cui riesce a conciliare il gusto per la ricerca storica con l’intento di denuncia, costanti queste del cosiddetto “teatro di impegno civile”. In tal senso le opere più note di Paolini sono Vajont del 1993 e Il Milione del 1998.

Il sergente, rispettando le linee guida del teatro di narrazione già espresse in Vajont e ne Il Milione, procede ad una disamina priva di retorica e quanto più realistica possibile dei tragici fatti di Russia. A tal riguardo anche la scelta dell’ambientazione ricopre un punto di fondamentale importanza. Se Vajont fu trasmesso dalla sommità della diga e Il Milione fu messo in scena all’Arsenale di Venezia, con il pubblico assiepato sulle barche, Il sergente scelse come location “naturale” una cava di pietra dismessa sui monti Berici, alle porte di Vicenza. Lo stesso Paolini dirà riguardo a questa scelta: "Per il teatro bastano quattro muri. Ma il mezzo televisivo ha una sua urgenza, ha bisogno di un luogo che aggiunga la potenza di un'immagine non pretestuosa. Altrimenti, incorniciato dallo schermo, diventa lontanissimo da chi sta a casa. A me interessa la tv in diretta, e che abbia un pubblico presente in carne e ossa. Su un fiume era difficile, e certo non potevamo mettere della neve posticcia. Ho trovato questa cava. Mi pare perfetta per raccontare una discesa oltre ogni limite, al fondo della condizione umana, come quella che racconta Rigoni".

Attraverso l’utilizzo della tecnica del monologo, lo spettacolo, che non presenta alcuna interruzione pubblicitaria, può essere suddiviso in due grandi blocchi narrativi: il primo racconta la vita di trincea e la sua immobile monotonia che snerva gli alpini e riporta alla memoria la staticità dei fanti della Grande Guerra; la seconda parte, di durata più breve, racconta i momenti d’addio al caposaldo e l’inizio della tragica ritirata.

Il sergente, portato in teatro tra la fine del 2005 e l’inizio del 2006, ebbe la sua consacrazione il 30 ottobre 2007 con la diretta televisiva su La7 che, in funzione della messa in onda di questo spettacolo, impostò tutto il palinsesto della giornata sul tema della guerra.

Il critico teatrale Mauro Favaro a proposito de Il sergente scrisse: "Nelle prime uscite con un nuovo lavoro sembra che il narratore-Paolini misuri la disponibilità del pubblico ad ascoltarlo, assegnando ad esso il preciso ruolo di collaboratore, attivo e vivente, nel processo del “fare teatro”. Lo stesso è accaduto con “Il Sergente”. Ma se è vero il collaboratore più importante di chi narra è inevitabilmente colui che ascolta, è anche vero che proprio in quelle occasioni la necessità di racconto si è tramutata nel racconto vero e proprio, non già per misurare la tenuta di una storia reale, ma per riordinare uno spettacolo che, come afferma Paolini, non è un antidoto a quanto accaduto, bensì esperienza utile alla memoria, per poter addestrare e per poter istruire".

Li Romani in Russia è l’adattamento dell’omonima opera del poeta, scrittore e regista Elia Marcelli, reduce della campagna di Russia. L’opera, adattata a pièce teatrale da Marcello Teodonio, narra le vicende di un gruppo di soldati romani della divisione Torino che la guerra scaraventò dalla caserma della Cecchignola, vicino Roma, alle rive innevate del fiume Don.

Li Romani in Russia si presenta come una nuova forma di teatro civile che mostra numerose innovazioni soprattutto a livello linguistico mediante l’accostamento dell’ottava classica al dialetto romanesco. Conciliando in tal modo la metrica dei grandi poemi classici con la lingua popolare di Giuseppe Gioacchino Belli, viene fuori una narrazione più spontanea del solito.

Lo spettacolo è interpretato unicamente dal cantautore Simone Cristicchi che, vestito con una «divisa d’epoca, uno zaino, un fucile e una sedia», ha dato vita ad una narrazione ricca di pathos dal taglio decisamente cinematografico.74 Cristicchi, dopo esser passato alla ribalta nazionale con il singolo Vorrei cantare come Biagio (2005) e la vittoria al Festival di Sanremo del 2007 con la canzone Ti regalerò una rosa, si è dedicato alla realizzazione di questo spettacolo teatrale, spinto anche da motivi di natura familiare. Infatti suo nonno Rinaldo, fante della divisione Torino, fu uno dei pochi ad essere riuscito a ritornare vivo dalla Russia portando con sé la paura per il freddo, paura che lo tormentò per tutto il resto della sua vita.

La preparazione di questo spettacolo è stata molto intensa al punto che Cristicchi ebbe a dire in un'intervista rilasciata a Il Fatto Quotidiano: "Per arrivare degnamente preparato al mio debutto come attore, ho dovuto lavorare sodo imponendomi una disciplina ferrea, anche perché portare in scena un monologo di un’ora e mezza è faticoso come scalare una montagna; ma rispetto a un concerto mi dà molta più soddisfazione. Solo per imparare a memoria il testo ho impiegato 4 mesi. Poi, prima di lavorare con il regista, ho preferito fare delle anteprime, per testare da subito la reazione del pubblico. E se oggi porto in scena questo spettacolo, è proprio grazie all’incoraggiamento del pubblico che ha assistito a quelle prime repliche. Successivamente è arrivato il regista Alessandro Benvenuti, e devo dire che c’è stato il vero salto di qualità. Dalle luci alle musiche alla mia recitazione. Ho imparato da Benvenuti l’arte della caratterizzazione di ogni singolo personaggio: il colonnello, il sergente maggiore, il prete, e poi Gigi, Peppe, Nicola, Zi’ Pasquale, er Professore, ovvero i soldati del plotone. La sua grande esperienza è servita a dare un perfetto equilibrio alla musicalità della narrazione, a limare alcune ingenuità iniziali, evitando di enfatizzare troppo la recitazione".

Dopo il debutto del 30 ottobre 2010 al teatro Na Starnon di Mosca, in una serata organizzata dall’Istituto Italiano di Cultura a Mosca (IICM), Li Romani in Russia ha dato inizio ad una tournée sul territorio nazionale fino a tutto il 2015 e con alcune date anche nel 2016.

Il critico Alessandro Bronzini, favorevolmente impressionato dalla performance di Cristicchi, scriverà: "Simone dà voce a tutto questo con credibilità, sensibilità e tenerezza facendo suo un testo vissuto sulla propria pelle, ancor prima che imparato a memoria. Lo aiuta la regia impeccabile di Alessandro Benvenuti che alterna registri stilistici differenti a prima vista incompatibili con la durezza del testo e che invece ne rafforzano la credibilità, creando da subito quell’ empatia con il pubblico che è la chiave di volta di uno spettacolo davvero ben riuscito e che, ribadisco, avrebbe davvero ben pochi validi motivi per essere perso".

Omaggio a Giuseppe Toigo

"Poi giunsero ad affrontarli quattro semoventi tedeschi e lo scontro entrò, nel vivo. I carri russi, che avanzavano nella valletta percorsa dalla rotabile diretta al "tattico", riuscirono a bloccarne uno, ma quando i fanti russi tentarono di neutralizzare l'equipaggio salendo a bordo, ci fu un colpo di scena. Apparve infatti un secondo semovente tedesco: su di esso vi era l'alpino Giuseppe Toigo della 265ª. Toigo si era fatto legare alla struttura esterna del mezzo per poter brandeggiare a mani libere una mitragliatrice e sparava furiosamente facendo strage di attaccanti. Il semovente si fermò in mezzo alla valletta e continuò a falciare con le armi di bordo le fanterie che lo circondavano. Lo stesso faceva Toigo ritto sul carro con la sua "pesante", senza essere mai colpito.

[...] Tutto era finito. Il semovente tedesco che aveva messo in fuga la colonna russa fece rientro e Toigo venne accolto tra le acclamazioni entusiastiche di tutti i presenti. La fortuna però gli venne meno quando, poche ore più tardi, al rientro da un'altra incursione contro i russi, fu colpito da schegge di mortaio che gli troncarono un braccio e lo privarono della vista.

Insignito in vita della Medaglia d'Oro al Valor Militare per i fatti di cui era stato protagonista, Toigo morì nel 1955 per le conseguenze delle gravi ferite riportate in quella circostanza. Abitava ad Arten, una frazione di Fonzaso, paese dove mio padre era nato e lo aveva frequentato da ragazzo. Emigrato in Francia per lavoro prima della guerra, Toigo - da uomo semplice e generoso, animato da grande senso del dovere - era rientrato in Italia per compiere da volontario il proprio dovere di soldato. Tognato, che lo conosceva bene, sostiene che Toigo ...non avrebbe sopportato che i suoi amici di leva fossero al fronte mentre lui era un imboscato". Nel dopoguerra, gli fu intitolata la caserma di Belluno che fu sede del battaglione logistico della brigata alpina "Cadore", ora disciolta.

Sarà il capitano Mosetti, nella veste di comandante interinale del "Val Cismon" a proporre l'alpino Giuseppe Toigo, grande mutilato e cieco di guerra, per la più alta ricompensa al Valor Militare, facendo presente altresì che era già stato proposto per lo stesso riconoscimento dal comandante titolare del battaglione, capitano Valenti, prima della sua morte in combattimento avvenuta il 21 gennaio 1943.

Toigo era in forza al plotone cacciatori di carri della 265ª compagnia. Questi i passaggi più significativi della relazione per la concessione della ricompensa: "Rientrato dalla Francia per arruolarsi nell'Esercito Italiano, non mancava mai di partecipare alle azioni più arrischiate e dal suo energico comportamento traspariva tutto il suo amor patrio ed un potente ideale che lo portava a dare tutto se stesso per la grandezza dell'Italia in armi". "Più volte si era trovato a lottare da solo contro preponderanti forze nemiche e per ben tre volte rientrava ferito nelle nostre linee; ciononostante rifiutava sempre di essere ricoverato e si accontentava della semplice medicazione. Dotato di grande forza fisica, riusciva sempre a sorpassare i momenti di crisi e di stanchezza".

"Il giorno 28 Dicembre l'Alpino Toigo superò se stesso quando si offerse volontario per un'azione rischiosissima. I carri armati nemici avevano portato lo scompiglio tra le nostre linee; bisognava reagire energicamente contro le masse nemiche che avanzavano compatte. L'Alpino Toigo si faceva legare sopra un carro armato alleato a completamente allo scoperto, con un'arma automatica pesante porta la strage tra le fila nemiche".

Così Valenti aveva concluso: "L'Alpino Toigo, rientrato dalla rischiosa azione, viene raggiunto da un colpo di mortaio e resta gravemente mutilato agli occhio e ad una mano. Fronte Russo: Selenyi Jar 28.12.1942".

Da "Trincee di ghiaccio - Il battaglione "Val Cismon" della divisione "Julia" sul fronte russo" di Adriano Vieceli.

Omaggio a Don Giovanni Brevi

"Don Brevi, cappellano del "Val Cismon", dedicò la giornata di natale a raccogliere e a comporre le salme dei nostri caduti, provvedendo a dar loro sepoltura. Il religioso, fatto prigioniero nel corso della ritirata del gennaio 1943, sopravvisse a quasi 12 anni di privazioni, maltrattamenti e torture nei lager russi. Scrisse alla famiglia: "Ma io rimango sempre sacerdote, ufficiale, cattolico, italiano. Ogni prova mi reca onore".

L'essere sacerdote e ufficiale gli valse un "trattamento speciale" da parte dei russi: fu spostato in ben 36 campi, dal Mar Nero alla Siberia. In ogni circostanza, si prodigò per aiutare i compagni di prigionia, cercò di celebrare messa a di farsi promotore di civili proteste contro le inumane condizioni di detenzione. Nonostante la pressione psicologica e fisica a cui veniva sottoposto, respinse sdegnosamente e con fermezza ogni offerta di collaborazione da parte dei commissari politici sovietici. Insomma, non fu mai disposto ad abbandonare o a tradire gli uomini con i quali aveva sofferto, preferendo invece star loro accanto nei momenti del bisogno e dando degna sepoltura a coloro che erano "andati avanti".

Nel 1951, quando era ancora prigioniero, a Don Brevi venne concessa la Medaglia d'Oro al Valor Militare. Rientrato in Italia solo nel 1954, divenne una figura molto nota tra gli alpini reduci di Russia".

Da "Trincee di ghiaccio - Il battaglione "Val Cismon" della divisione "Julia" sul fronte russo" di Adriano Vieceli.

sabato 28 dicembre 2024

I servizi logistici, parte 3

PREMESSA.

I testi che seguono sono un estratto de "I servizi logistici delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943)" edito dall'Ufficio Storico del Ministero della Difesa - Stato Maggiore dell'Esercito; la mia divulgazione ha il solo scopo di proporre alla vostra attenzione alcuni spunti di riflessione di quella che fu la Campagna di Russia per noi italiani, anche dal punto di vista logistico; la mia divulgazione non ha lo scopo di sostituire il testo originale, ma al contrario è un invito all’acquisto, se rintracciabile, per approfondire i temi trattati e conoscere a fondo anche questo aspetto della nostra storia. Buona lettura!

I SERVIZI DELL’INTENDENZA CSIR-ARMIR.

“Nel quadro di questi provvedimenti, ed anche in relazione all'atteggiamento difensivo assunto durante l'inverno dalle grandi unità germaniche, era stata istituita la base di Dniepropetrovsk, a circa 300 chilometri dalle truppe operanti del CSIR, pur dando vita ad una base avanzata nella zona di Stalino-Jassinovatoie, dalla quale ci sarebbe di partita, alla ripresa offensiva, la nuova linea di rifornimenti. […] Verso la fine dell'inverno, frattanto, presso il Comando Supremo era maturata la decisione di accrescere, fino alla forza di un'armata, l'entità della rappresentanza italiana al fronte germano-sovietico.

Sarebbero affluiti su quel teatro d'operazioni il II Corpo d'Armata ed il Corpo d'Armata Alpino, destinati ad unirsi al CSIR per formare l'8ª Armata, integrati da altre unità combattenti alle dirette dipendenze del comando d'armata. […] Appunto per fronteggiare le nuove necessità, determinate dall'arrivo del II Corpo d'Armata e dalla prevista (e poi non verificata) possibilità del suo impiego in quella zona, il 4 giugno 1942 veniva costituita la Delegazione d'Intendenza di Karkov, dalla quale dipendevano adeguati organi esecutivi, soprattutto appartenenti al Servizio di Commissariato. […]

Invece, fino a quando non furono partiti dall'Italia i primi trasporti ferroviari, le autorità tedesche non diedero notizia al comando italiano, e con esso all'Intendenza, sulla zona di scarico e sul probabile impiego del II Corpo d'Armata e del Corpo d'Armata Alpino. […] Il nuovo ordinamento stabilito dall'Armata per i Corpi di Armata presenti allora al fronte orientale (II e XXXV “CSIR”), con uno scambio di divisioni tra le due grandi unità, la previsione della ripresa operativa dell'estate e l'esigenza che i servizi si adeguassero all'imminente offensiva contro il bacino del Mius (Kransnyj Luch), oltre che la prosecuzione che gli arrivi ferroviarie di nuove unità dall'Italia, determinarono la costituzione della Delegazione d’Intendenza di Rykovo-Gorlovka (13 luglio 1942).

L'operazione offensiva il bacino minerario di Kransnyj Luch, condotta dal XXXV Corpo d'Armata “CSIR”, si risolse rapidamente in una generale avanzata di quella grande unità e del II confermata verso il Donez, nella zona di Voroscilovgrad. La nuova fase provocò la costituzione di un'altra Delegazione in quella città, per sovraintendere ai servizi anche durante la successiva marcia verso il Don. […]

L'avanzata verso il Don, l'impiego nell'ansa di Serafimovic della 3ª Divisione Celere, il successivo schieramento sulla sponda destra (occidentale) di quel fiume dei Corpi d'Armata II e XXXV-CSIR, nonché del XXIX Corpo d'Armata germanico determinarono alcuni problemi logistici il 1° agosto venivano costituiti due nuovi “centri logistici avanzati”: - a Millerovo, per le necessità del XXXV Corpo d’Armata “CSIR” e per disciplinare e coordinare, per mezzo di un ufficio staccato, il trasbordo ferroviario tra la stazione di Likaja ed il casello di Staraja Stanizza, nonché il movimento ferroviario dalla stazione di Malcevskaja. Questa località sulla sponda sinistra del Donez, sulla linea Millerovo-Starobelsk, per la più idonea per collegarsi con la città di Voroscilovgrad, sede dell'Intendenza e principale base logistica dell'8ª Armata. In quella stazione venivano scaricati i treni che trasportavano i feriti dagli stabilimenti sanitari avanzati alla base ospedaliera di Voroscilovgrad; - a Kantemirovka, per le necessità del II Corpo d'Armata e della Divisione “Torino”, schierata in un primo tempo a fianco di quella grande unità, ma inquadrata per l'impiego nel XXIX Corpo d'Armata tedesco.

L'ampiezza dei magazzini esistenti a Kantemirovka, l'intensità del movimento, la posizione centrale rispetto a tutto lo schieramento, l'andamento della linea ferroviaria che serviva la località, provenendo da Rossosc e proseguendo su Tcertkovo e Millerovo, mi fecero in maggior centro dell'organizzazione logistica avanzata. […] Il 15 agosto 1942, per l'arrivo del Corpo d'Armata Alpino, al quale era stato assegnato il compito di operare nella zona caucasica alle dipendenze della 17ª Armata germanica, veniva costituita una nuova Delegazione d'Intendenza nella zona di Rostov (Mar d'Azov).

Essa fu disciolta pochi giorni dopo, in conseguenza delle mutate decisioni sull'impiego della grande unità. Le necessità logistiche dei tre corpi d'armata schierati sul Don (II e XXXV italiani e XXIX germanico), in relazione alle possibilità limitate di centri di Millerovo e Kantemirovka, determinarono la costituzione (31 agosto 1942) del centro logistico di Tcertkovo-Mankovo Kalitvenskaja, particolarmente orientato a servire la Divisione “Torino” di cui si è detto sopra e la 62ª Divisione germanica, anch’essa dipendente dal XXIX Corpo d’Armata. Il mutato impiego del Corpo d'Armata Alpino e il suo schieramento in un settore a nord di quello difeso dal II Corpo d'Armata richiesero la costituzione di un altro centro logistico nella cittadina di Rossosc (1° settembre 1942).

L'organizzazione logistica dell'8ª Armata Raggiungeva in quel tempo la massima estensione, comprendendo una fascia di territorio ampia trecentocinquanta km da nord a sud e cinquecento da ovest ad est (corrispondente per estensione ad oltre metà della superficie dell'intera Italia). […] alla fine di novembre, l'afflusso dell'unità costituenti la Divisione “Vicenza”, impiegata per la sicurezza delle retrovie, determinava l'istituzione, in Kupijansk, di un altro Ufficio Staccato di Intendenza, così come un altro ancora, nello stesso periodo, era costituito a Karkov, donde prendeva origine la linea ferroviaria di alimentazione dell'intera organizzazione logistica dell'8ª Armata. […]

All'inizio di dicembre, quando sulla sponda sinistra (orientale) del Don, di fronte alle grandi unità dell'8ª Armata si andavano raffittando gli schieramenti sovietici del “Fronte di Voronez” e del “Fronte Sud-Ovest”, destinati a svolgere una fase della prevista offensiva invernale, l'Intendenza disponeva non soltanto il prudenziale alleggerimento dei magazzini avanzati, ma anche l'adeguamento dell'organizzazione ospedaliera per le inevitabili necessità che sarebbero derivate dalla prossima battaglia. Lo sgombero avrebbe avuto luogo principalmente su un nuovo centro logistico di Karkov, costituito in relazione al mutamento della linea ferroviaria di alimentazione da quella meridionale a questa settentrionale. […] Tra i primi impianti situati a Karkov era quello di un importante centro ospedaliero”.

“Stato Maggiore dell'Esercito, I servizi logistici delle unità italiane al fronte russo (1941-1943), pagg. 32-37”.

martedì 24 dicembre 2024

I servizi logistici, parte 2

PREMESSA.

I testi che seguono sono un estratto de "I servizi logistici delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943)" edito dall'Ufficio Storico del Ministero della Difesa - Stato Maggiore dell'Esercito; la mia divulgazione ha il solo scopo di proporre alla vostra attenzione alcuni spunti di riflessione di quella che fu la Campagna di Russia per noi italiani, anche dal punto di vista logistico; la mia divulgazione non ha lo scopo di sostituire il testo originale, ma al contrario è un invito all’acquisto, se rintracciabile, per approfondire i temi trattati e conoscere a fondo anche questo aspetto della nostra storia. Buona lettura!

I TRASFERIMENTI DALL’ITALIA.

“[…] invece come zona per lo sbarco ferroviario del Corpo di Spedizione, veniva stabilita quella di Marmaros Sziget-Felsoviso-Leordina-Borsa, ad Occidente dei Carpazi, in Ungheria, chi sarebbe stata raggiunta seguendo l'itinerario ferroviario: Brennero - Salisburgo - Vienna - Presburgo - Budapest - Miskolz - Csop - Taraczkoz. Era previsto un movimento di quattordici treni giornalieri iniziando alle zero del 4 luglio dal Brennero. […] Le unità, a seconda dei loro arrivi, venivano instradate per via ordinaria verso la Romania. Però, mutata la situazione operativa in Bessarabia, fu possibile spostare ad oriente le teste di scarico ferroviario, dirottando i convogli di truppe ed i materiali nella zona romena di Falticeni-Suceava-Botosani (Bucovina meridionale), già prevista come zona di radunata del CSIR.

Essa distava da quello ungherese, dove avevano avuto inizio gli scarichi dei primi treni, circa 300 chilometri di strada montana non a doppio transito, culminante al Passo Prislop a 1.414 metri di quota. […] La rapida avanzata verso oriente dell'unità italiane, costantemente pressate tanto dai comandi germanici affinché serrassero sotto, quanto dai propri organi di governo perché partecipassero attivamente alla guerra che sembrava avviata ad una rapida conclusione vittoriosa, rese necessaria la costituzione anche di una terza base, a Belzy, in Bessarabia, ormai distante 440 chilometri da Marmaros Sziget. Vi fu provveduto con l'invio diretto dall'Italia dei treni, ai quali veniva fatto seguire un terzo diverso itinerario”. […]

Abolita la base originaria di Marmaros Sziget, i convogli ferroviari provenienti dall'Italia giungevano ormai direttamente alle basi di Suceava e Belzy. Da entrambe, per mezzo di autotrasporti, le dotazioni che si rivelavano necessarie venivano trasportate presso basi temporanee, dove avveniva il rifornimento delle unità: Pervomajsk, Saksagan, Dniepropetrovsk, Petropavlovka, Stalino, in corrispondenza delle fasi operative orientate sul Bug, sul Dnieper e sul margine occidentale del bacino minerario del Donez”.

“Stato Maggiore dell'Esercito, I servizi logistici delle unità italiane al fronte russo (1941-1943), pagg. 24-28”.

Libri: "LETTERE DALLA STEPPA"

Ho conosciuto Simone qualche mese fa quando ricevetti una sua email, nella quale mi chiedeva il permesso di pubblicare sul suo libro una delle mie fotografie, scattate in Russia durante i miei sei viaggi dal 2011 al 2020. Come sempre accordai il permesso. Sono passate settimane da quella prima email ed ecco la sua opera che ho il piacere di farvi conoscere. Sono sincero... non ho ancora letto il suo libro, ma ve lo consiglio fortemente, fosse anche solo per un motivo (so che ce ne sono sicuramente molti altri, ma questo almeno per me li vale tutti). Simone ha solo 25 anni e per me che ho qualche anno in più di lui, è sempre una sorpresa e anche un'emozione, vedere che un ragazzo di queste ultime generazioni, prende "carta e penna" e racconta una storia di Russia, una storia così vicino alla sua famiglia. Anche e solo per questo il suo libro merita di essere letto.

Simone Girardi, Lettere dalla steppa: storia di coloro che non tornarono. La Campagna di Russia (1941-1943) nelle memorie degli italiani sul fronte del Don, Milano, Biblion edizioni, 2024.

Prefazione: Ch. ma Prof. ssa Maria Teresa Giusti, Università “G. D’Annunzio” Chieti-Pescara.

Autore: Simone Girardi (Milano, 1999), laureatosi presso il Dipartimento di Studi Storici e specializzando in Scienze Storiche presso l’Università degli Studi di Milano, con questo testo è stato proclamato vincitore dell’edizione 2023 del premio “Riconoscenza alla solidarietà e al sacrificio degli Alpini”, a cura dell’Associazione Nazionale Alpini (ANA) e del Consiglio Regionale della Lombardia. Dal 2023 è socio di ANCFARGL e fa parte della redazione di Giano Public History APS.

Una lettera dal fronte ritrovata ottant’anni dopo tra i ricordi di famiglia, rappresenta - oggi - l’unica traccia che la storia ha lasciato di Deglause Legnani, caporal maggiore alpino infermiere della divisione «Cuneense», cugino del nonno dell’autore, mai più tornato dalle gelide steppe del fronte russo. Da questa testimonianza familiare, ha origine la volontà di comprendere cosa rappresentò la campagna italiana di Russia per i “vinti”, i “non-colti”, coloro che Nuto Revelli - nella sua opera La strada del davai - definirà i «senza storia». Parafrasando la storica Natalie Zamon Davis, non si è inteso scrivere «su grandi personaggi, sulle regine e sui re»; si è cercato di dare voce agli «altri», a storie di «coloro che non tornarono».

Perché 229.000 soldati italiani furono inviati sul fronte orientale, nelle ostili terre del Doneckij bassejn, meglio conosciuto come Donbass; in quegli stessi luoghi oggi al centro delle più drammatiche cronache di guerra internazionali? Cosa dovettero affrontare quei giovani contadini e operai, partiti per la steppa inconsapevoli delle vicende che la storia avrebbe loro riservato?

Il volume - senza alcuna pretesa di completezza - vuole trattare i drammatici fatti d’arme delle 229.000 «gavette di ghiaccio» impegnate sul fronte orientale, richiamando l’attenzione sul ruolo della corrispondenza militare giunta dal territorio di guerra e, precipuamente, della bibliografia sorta nel dopoguerra, tanto unita negli intenti storico-memorialistici, quanto diversificata nelle operazioni letterarie.

La prima parte è dedicata al racconto storico della spedizione armata italiana, inquadrata nel mito mussoliniano della «guerra parallela». Con un approccio compilativo, non privo degli spunti critici e storiograficamente riconosciuti dei principali storici contemporanei italiani e stranieri - su tutti, Aldo Giannuli, Thomas Schlemmer, Maria Teresa Giusti -, il primo Capitolo principia dal consolidamento dell’alleanza tra i regimi dell’Asse, proseguendo con la spedizione in terra russa di CSIR e ARMIR. L’analisi storica degli eventi bellici, susseguitisi tra l’estate 1941 e l’inverno 1942/43, culmina nel racconto della tragica ritirata italiana, e nelle drammaticamente note battaglie nella steppa, tra il Kalitva, il Don, le località di Nowo Postojalowka, Nikolajewka e Valujki; laddove si elevarono al grado di “eroiche” - nella definizione di Aldo Rasero - le tre divisioni alpine «Julia», «Tridentina», «Cuneense».

Nella seconda parte - nucleo dello scritto - si è inteso indagare le forme della comunicazione storica rappresentate - nell’ideale percorso tra “Storia” e “Memoria” tracciato - da un metaforico “binario” tripartito costituito da: le «opere letterarie dei reduci scrittori», tre Alpini d’Italia, Giulio Bedeschi, Mario Rigoni Stern, Nuto Revelli, rispettivamente con Centomila gavette di ghiaccio, Il sergente nella neve, La strada del davai; le «relazioni eseguite dai vertici militari», di cui si è voluto declinare a case study l’opera del generale Giovanni Messe La guerra al fronte russo; le «lettere dal fronte», le missive dei soldati italiani i cui nomi sono spesso celati in sineddochi storiche. Secondo l’interpretazione offerta, in questi tre distinti segmenti risiede la genesi della critica volta dallo storico tedesco Thomas Schlemmer - nella sua opera Invasori non vittime - alla «politica italiana della memoria», accusata di aver trasmesso l’immagine dell’italiano come “vittima” della guerra, e non come “invasore”. In sintonia con quest’ultimo tema, si è ampiamente considerata - nelle Conclusioni del saggio - l’opera dello storico italiano Filippo Focardi Il cattivo tedesco e il bravo italiano. La rimozione delle colpe della Seconda guerra mondiale.

Affiancando, ai magistrali lavori degli storici Antonio Gibelli, Gabriella Gribaudi, Lucio Ceva, l’omogeneo coro delle testimonianze alpine raccolte nelle opere di Revelli e Rigoni Stern, particolare attenzione è stata posta al “comune sentire” dei soldati italiani al fronte, le cui lettere - non prive dei rigidi canoni censori del regime fascista - rappresentano oggi - di frequente - l’unico ricordo rimasto alle famiglie di quei 95.000 soldati italiani Caduti e Dispersi.

Il terzo Capitolo, infine, vuole essere dedicato all’alpino Deglause Legnani, caporal maggiore infermiere del 615° ospedale da campo, 2° reggimento alpini, divisione «Cuneense»; ferrarese di nascita, orfano della Grande Guerra ’15-’18, emigrato in terra ligure, soldato veterano dei fronti alpino occidentale e greco-albanese, per il quale - oggi - una lettera datata «6 aprile 1941» diviene ultimo ricordo per la famiglia dell’autore. Attraverso un percorso di ricerca intrapreso tra il 2019 e il 2022, grazie alla fondamentale collaborazione di autorevoli istituzioni tra cui l’Unione Nazionale Italiana Reduci di Russia (UNIRR), il Commissariato Generale per le Onoranze ai Caduti, gli Archivi di Stato di Bologna e Savona, le istituzioni comunali competenti, e l’Associazione di Collaborazione Militare Commemorativa di Mosca, in Russia, è stato possibile ricostruire la vita civile e militare dell’alpino, figurante tra i “Dispersi”, - scrisse Revelli - «l’eredità più crudele di ogni guerra»; italiani dei quali oggi - come si legge nella cripta del Tempio “Madonna del Conforto” di Cargnacco - «CI RESTA IL NOME».

sabato 21 dicembre 2024

Natale ad Arbuzowka

"... La battaglia di Arbuzovka ebbe luogo il 21-25 dicembre 1942 durante la Seconda guerra mondiale sul fronte orientale, nella conca di Arbuzovka. Fu una delle fasi più drammatiche e sanguinose della seconda battaglia difensiva del Don ...".

Siamo abituati a ricordare il ripiegamento del Corpo d'Armata Alpino e le battaglie di Nikolajewka e di Nowo Postojalowka, ma circa un mese prima e proprio in questi giorni si verificò il ripiegamento delle Divisioni di fanteria e ad Arbuzovka si consumò la battaglia che si può considerare come la più sanguinosa per numero di caduti, feriti, dispersi e prigionieri di tutta la Campagna di Russia.

Per Giorgio Scotoni nel libro "L'Armata Rossa e la disfatta italiana (1942-1943)" le cifre sono le seguenti: su circa 25.000 italiani e 1.500 tedeschi presenti inizialmente nella conca di Arbuzovka, ben 20.440 uomini furono i morti, i feriti e i prigionieri.

Ma come comprendere cosa accadde in quelle ore ad Arbuzovka? Lasciamo la parola ad uno dei testimoni che riuscì ad uscire dalla sacca: "I feriti, con le membra spezzate e mutilate, venivano trascinati via e affidati ai medici che, senza attrezzatura e con scarsissimi materiali, iniziarono, su questa banchina glaciale, un prodigioso impegno che sarebbe andato avanti fino alla notte del 24 dicembre e che alcuni di loro avrebbero proseguito in prigionia, restando a fianco dei loro sventurati pazienti. Tutti i feriti, da quella sera, iniziarono un vero calvario. I più fortunati furono stivati in fredde isbe. La maggior parte rimase all’addiaccio. Venivano addossati alle pareti esterne delle case o ai pagliai, avvolti in coperte. Molti sarebbero morti assiderati…".











venerdì 20 dicembre 2024

Libri: "LA RAZIONE DI FERRO"

Appena arrivato il libro "La razione di ferro" di Rocco Rocco.

Questo volume non è soltanto un'opera narrativa, che viene ad aggiungersi alle molte pubblicazioni sulla tragica odissea dell'ARMIR in Russia, è, anzitutto, una preziosa ed esatta, importante documentazione delle vicende del gruppo "Val Piave" e dell'alpino sul fronte russo. L'Autore, uno dei più coscienziosi ufficiali medici del 3° Artiglieria Alpina della Divisione "Julia", per il comportamento in guerra fu decorato al valor militare sul campo. Ha potuto ricostruire con vera scrupolosa esattezza i fatti, e con fedeltà di date, grazie ad un'agendina dove egli aveva fissato gli episodi del duro dramma della "Julia", registrandovi anche molti nomi di feriti, di caduti e di dispersi, che altrimenti sarebbero stati cancellati dalla memoria.

giovedì 19 dicembre 2024

Prossimi appuntamenti 2025

Se avete piacere ad ascoltare dal vivo la storia dei nostri soldati durante la Campagna di Russia e qualche aneddoto dei miei viaggi, vi aspetto ad uno dei prossimi appuntamenti; seguiranno sulla pagina tutti i dettagli.

10 gennaio ad Origgio (VA)
17 gennaio a Cuneo
25 gennaio a Parma
8 febbraio a San Pellegrino Terme (BG)
14 marzo a Cernobbio (CO)
28 marzo a Clusone (BG)

lunedì 16 dicembre 2024

Il viaggio del 2013, da Nikitowka a Nikolajewka

Immagini del mio primo trekking effettuato nel 2013... Sabato 26 gennaio - 8a tappa Km.17,0: da Nikitowka a Nikolajewka. Partenza per la nostra ultima tappa, in lontananza il villaggio di Arnautowo.