mercoledì 28 dicembre 2022

Cronaca di una sconfitta annunciata, 28.12.42

Cronaca di una sconfitta annunciata; dall'11 dicembre 1942 al 31 gennaio 1943, giorno per giorno, la cronistoria dell'ARMIR durante l'offensiva sovietica "Piccolo Saturno". Tratto da "Le operazioni delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943), edito dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

28 DICEMBRE.

BLOCCO SUD.

Alla mezzanotte del 28 era finalmente raggiunto lo schieramento tedesco. L'affollamento ai varchi per raggiungere più presto la salvezza ed il riposo, faceva sì che alcuni uomini uscissero dai limiti stabiliti e rimanessero vittime dei campi minati predisposti a difesa. I superstiti si raccoglievano nella zona Michajlovskij - Nadeshovka, e vi sostavano per l'intera giornata del 29.

BLOCCO NORD.

Il 28 dicembre un aereo italiano effettuava un lancio di viveri, medicinali e munizioni per armi leggere. Nel pomeriggio del 29 dicembre giungevano in aereo il Comandante dell'aviazione dell'8a Armata, Generale Pezzi, ed il Colonnello medico Bocchetti, ai quali era esposta la situazione in atto. Nel viaggio di ritorno l'aereo andava disperso.

Ritorno sul Don, parte 3

Tutto il materiale proposto fa riferimento all'articolo 70 comma 1 della legge numero 633 del 22 Aprile 1941 che cita "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali".

Ora sono venuto in Russia per la terza volta. Il treno è entrato in Ucraina e corre via liscio e veloce; a Cop, mentre ci controllavano i passaporti, gli operai hanno cambiato i carrelli ai vagoni e ora non si sentono più i sobbalzi e gli scossoni che nell'attraversare l'Ungheria ti mescolavano il cervello e le viscere. Allora i treni non facevano questa strada, passavano più a nord, per la Cecoslovacchia e la Polonia. Da Leopoli si che sarà la stessa. Sarò forse il primo alpino che ritornerà in quei luoghi dopo trent'anni. Come sarà? Il treno corre tra i boschi della Transcarpazia, ricordo i miei due viaggi precedenti, i compagni di allora. In silenzio guardo le cittadine e i villaggi con i camini che fumano, le oche negli stagni, i vagoni che sfilano nelle ampie curve. [...]

È notte, mia moglie prepara i lettini nella cabina e intanto parlo nel corridoio con i compagni di viaggio. Due sono italiani, gli altri russi. Il più giovane degli italiani si è laureato a Mosca e ha sposato una ragazza di qui, ora si interessa di export-import; l'altro italiano è un vecchio fuoruscito della Bassa Padana [...] Mi mostra con orgoglio la lettera che Longo gli ha mandato in occasione del suo cinquantesimo di militante comunista, la medaglia d'oro e la cicatrice sulla mano, quando venne ferito in uno scontro davanti la Casa del Popolo. Gli aveva fatto impressione rivedere il suo paese dopo tanti anni, e commosso la festa dei vecchi compagni; pure sentiva nostalgia della moglie che lo aspettava a Mosca e del pane nero e saporito.

Mi dice anche in confidenza che quando al confine sono saliti i funzionari russi, ha sentito che tra loro dicevano di un certo Rigoni, un italiano, scrittore di guerra, che avrebbe dovuto essere sul treno. Mi aspettavano, insomma. [...] I miei compagni di viaggio dormono nelle loro cabine, il treno corre liscio sulle rotaie, la notte è serena e le costellazioni mi indicano l'orientamento: andiamo verso sud-est. Passano foreste, villaggi con piccole luci, città illuminate, distese di terra nera arate di fresco, stoppie, altre distese, ancora villaggi: questa è la Russia. Domattina saremo a Kiev. Per questa strada ferrata passammo anche allora, e da Vinitza era Lisa Mitz che faceva la cuoca al distaccamento di prigionieri lungo la ferrovia del Baltico. Sarà ancora viva?

Il treno corre nella notte e non dormo. Allora eravamo in tanti dentro i vagoni dalle porte spalancate e si stava distesi tra armi e zaini. Ma ha un senso andare alla ricerca di quel tempo? A Kiev, appena siamo giù dal treno si avvicina una ragazza: - Scusi. - dice in perfetto italiano, - è lei il signor Rigoni Stern? Le do il benvenuto. Sono dell'Inturist. [...]

Si sa che Kiev è una città antica [...] L'interprete vorrebbe accompagnarci nei soliti luoghi che i turisti vogliono vedere: il Gum, il metrò, i musei, le cattedrali, i vecchi conventi, e rimane sorpresa quando le dico che preferisco stare tra la gente. I colori e il sole di questo lungo autunno sui giardini di Kiev mi allontanano dallo scopo del mio viaggio fino a quando in un parco sopra la collina vediamo il monumento ai soldati caduti per liberare la città nel dicembre del 1943. Leggo il nome di un generale di quarantadue anni e quello del giovanissimo soldato che per primo vi entrò su un carro armato, e vedo la grande fossa dove sono tutti insieme sepolti e i fiori freschi sulle pietre. [...]

Nella primavera del 1945 a Kiev erano sopravvissuti appena duecentocinquantamila abitanti, ora sono oltre i due milioni. I trucidati, i deportati, i caduti in combattimento in Ucraina furono milioni, e non c'è casa o famiglia che non abbia avuto i suoi morti. [...] O sedermi accanto a quell'ebreo, chissà come sopravvissuto, che sulla panchina si gode il sole guardando i ragazzi che giocano che giocano. No, noi qui non eravamo come i tedeschi; e dopo, quando ognuno poté scegliere, fui con voi. Per questo posso dire tranquillamente: - Ià italianschi, - e voi rispondermi sorridendo: - Italianschi carasciò! [...]

Il giorno dopo sono in viaggio per Charkov: è da questa città che spero di raggiungere il Don. Qui a Charkov vi era un grande ospedali italiano dove molti nostri compagni sono morti. Anche il mio capitano che venne ferito a Nikolajewka il 26 gennaio. E nei pressi di Bielgorod, a una ottantina di chilometri da qui, siamo usciti dalla sacca in quel febbario del 1943. [...] A Charkov scendiamo allo stesso albergo.

Anche qui mi aspettano alla stazione, e dopo, in albergo, il direttore dell'Inturist mi chiede se il mio desiderio è proprio quello di visitare i luoghi dove hanno combattuto gli italiani. Ci tiene a precisare che le distanze sono grandi, le strade non tutte buone e, infine mi chiede se sono disposto a pagare in valuta [...] e lo scopo del mio viaggio è solo per portare un saluto ai miei compagni caduti e rimasti per sempre in quelle steppe, e anche un ringraziamento alla gente dei villaggi e delle isbe. Solamente ora sorride appena: - Allora siamo d'accordo, - dice. [...]

Ricordare, ricordare, ricordare sempre...

Coming soon.

martedì 27 dicembre 2022

Storia Illustrata 1999, parte 8

Speciali di Storia Illustrata, Campagna di Russia - La tragedia dell'ARMIR, Agosto 1999, ottava parte.

















Ritorno sul Don, parte 2

Tutto il materiale proposto fa riferimento all'articolo 70 comma 1 della legge numero 633 del 22 Aprile 1941 che cita "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali".

Questa era la terza volta che andavo nelle Russie; la prima fu quando partimmo da Aosta con il Cervino, la notte del 13 gennaio 1942. Nevicava, allora. Gli alpini salivano sui vagoni con fiaschi e bottiglie in mano e nello zaino, e vino in corpo; si cantava [...] Il viaggio fu lungo, durò fino al 21 febbraio: quaranta giorni attraverso la Germania, la Polonia e l'Ucraina. Il freddo era intenso e persistente. [...]

Più avanti, in Polonia, il treno si fermava perché i partigiani facevano saltare i binari o i ponti sui fiumi. [...] Un giorno incrociammo un treno carico di feriti che scendevano dal fronte di Mosca; stavano ammucchiati sulla paglia dentro i vagoni merci, fasciati con bende di carta, poco coperti, pidocchiosi. Erano nelle medesime condizioni di come si sarebbe stati noi un anno dopo, all'uscita della sacca del Don. Un alpino di Gressoney che parlava tedesco chiese a uno di loro sua volta ci aveva chiesto da fumare: - Come va la guerra? - Merda! - ci rispose.

Nello scompartimento di terza classe assieme a me c'erano De Marzi, Bonomi e Marcellin; due dormivano sulle panche e due sui teli da tenda tesi come amache. Io stavo sopra, dentro il telo, e quando il treno partiva o si fermava gli scossoni erano tali che si dondolava per un bel poco. [...] Una volta ci dissero che il treno sarebbe stato fermato per almeno sei o sette ore. [...] C'era il mercato: uova, galline, nastri, paste colorate, semi di girasole, sedie impagliate, utensili da tavola in legno e donne che conversavano animatamente. Due soldati tedeschi delle SS, armati di tutto punto, osservavano staccati e con aria di sufficienza. [...]

In un altro villaggio incontrai un vecchio che nel 1917 era stato con gli austriaci nel mio paese devastato; io gli offrii tabacco e lui mi portò un secchio di birra, e stemmo a conversare in una lingua strana, ma dicendoci tante cose, durante tutta la sosta. Il 7 febbraio eravamo a Leopoli e qui più che altrove si vedevano i segni della guerra. [...]

Il 23 febbraio il generale Messe che comandava il CSIR venne a Jassinovataja e ci fece il discorso. Disse che il Cervino era un battaglione speciale, da non sprecarsi, e che il nostro compito sarebbe stato di far pattuglie nelle retrovie russe e colpi di mano.

Venne un marzo freddo che per niente annunciava la primavera. Si andava di pattuglia con gli sci per le pianure nei dintorni di Rikovo, e un giorno ci imbattemmo in una grande fossa ricolma di cadaveri nudi di ogni età e sesso. Restammo sconvolti e quando un tenente volle ritornare su quel posto con la macchina fotografica, trovò le fosse coperte con terra e neve. [...]

Qualche pomeriggio ci portavano anche a teatro. La compagnia teatrale era di ragazze e ragazzi ucraini che ballavano e cantavano in costume. I soldati che affollavano il teatro di Rikowo fischiavano, urlavano e battevano i piedi quando nel ritmo della danza apparivano le ginocchia delle ragazze o sobbalzavano i seni. Ma certe canzoni profondamente malinconiche facevano stare tutti zitti. [...]

Nella primavera del 1942 ritornai in Italia con alcuni compagni, alla Scuola d'Aosta. Alla stazione di Jassinovataja, Simonutti e Anzi rubarono alla sussistenza un barile di cognac; dopo la bevuta si addormentarono in Russia e si svegliarono a Udine. Nell'estate ritornai al mio reggimento e ripartimmo per le Russie la seconda volta.

Eravamo in tanti, questa volta, tre divisioni: nove reggimenti di alpini e tre di artiglieria, e i servizi; tanti lunghi treni, con tanti muli, non i trecento alpini del Cervino. Diceva, radio scarpa, che si sarebbe andati nel Caucaso per poi scendere da lì per l'Armenia sino a incontrare l'armata dell'Africa che sarebbe salita dall'Egitto. [...]

Era una domenica mattina e, al comando «Zaino in spalla, riposo», uscimmo dalla caserma Monte Grappa con la bocca ancora impastata per il vino della notte. Le strade mattutine di una Torino ancora addormentata erano deserte; i rari passanti si fermavano sui marciapiedi e ci guardavano passare senza farci alcun gesto. Il rumore dei chiodi degli scarponi e zoccoli dei muli sull'asfalto di corso Vinzaglio sembrava riempire la città [...] Erano gli alpini della Tridentina che andavano in Russia.

Alle 10,40 la tradotta parti, e Gazzoli, il tromba della compagnia, suonò l'avanti; il macchinista rispose con il fischio del vapore. Gli alpini urlarono. [...] Cosi, con un grande coro, partimmo dalla stazione di Porta Nuova quella domenica del 26 luglio. A Brescia trovammo tanto vino perché dalle montagne erano scesi i parenti dei nostri compagni bresciani; vino, pane e salame anche a Verona per i veronesi, e anche a Trento per i trentini. Poi, quando il treno scese dall'altra parte delle Alpi, stavamo a guardare dalla porta spalancata del carro ferroviario, con le gambe a penzoloni.

Cronaca di una sconfitta annunciata, 27.12.42

Cronaca di una sconfitta annunciata; dall'11 dicembre 1942 al 31 gennaio 1943, giorno per giorno, la cronistoria dell'ARMIR durante l'offensiva sovietica "Piccolo Saturno". Tratto da "Le operazioni delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943), edito dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

27 DICEMBRE.

BLOCCO SUD.

Nelle ore meridiane del 27 dicembre era compiuto un breve spostamento verso ovest, fino a Nikolajevskij, per migliorare gli alloggiamenti, ma non appena i reparti stavano sistemandovisi, alle ore 22 un ordine del XXIX Corpo ordinava la ripresa del movimento su Bolscioj Ternovyi, in valle Gnilaja. A mezzanotte, nella tormenta, veniva ripresa la marcia, disturbata, in coda, da attacchi di partigiani e, sul fianco destro, alle ore 4 del 28 dicembre, da reparti regolari sovietici. Alle ore 5,30, quando Bolscioj Ternovyi distava ormai soltanto 3 chilometri, un aereo tedesco lanciava un messaggio sulla colonna. Era una carta 1:300.000, con il segno di una forte occupazione nemica a Bolscioj Ternovyi e con l'indicazione di un nuovo itinerario fino a Skassirskaia, occupata da forze tedesche.

Si sarebbe trattato, però, di coprire una nuova tappa di altri 40 chilometri, in aggiunta ai 35 appena percorsi, portando la distanza complessiva a 75 chilometri senza soste intermedie, fuori delle piste, nelle descritte condizioni ambientali. La mancanza assoluta di carburante determinava un ulteriore sacrificio di automezzi e di bocche da fuoco. Carri armati sovietici attaccavano la colonna in testa ed in coda e tre di essi erano distrutti dalla poca artiglieria rimasta. Le perdite di uomini, per esaurimento e per congelamento, si moltiplicavano.

BLOCCO NORD.

Il 27 dicembre venivano richiesti al Comando d'Armata, nuovamente per mezzo della radio della 298a Divisione, l'invio di medicinali, lo sgombero aereo dei feriti più gravi e con automezzi (non appena fosse stata aperta la strada) di 2.000 feriti e congelati meno gravi. Veniva anche richiesta la presenza di un ufficiale del Comando d'Armata per constatare la gravità della situazione e prendere accordi per lo sgombero di feriti ed ammalati. Il necessario riordinamento dei reparti si dimostrava impossibile, poiché il nemico sempre vigilante non consentiva di effettuare adunate all'aperto. Il fuoco delle artiglierie, mortai e lanciarazzi provocava perdite tra gli uomini e la distruzione delle abitazioni. I reparti italiani erano assegnati alla difesa del settore orientale, contiguo ai loro alloggiamenti.

FRONTE DEL CORPO D'ARMATA ALPINO.

La lotta si protraeva sullo stesso terreno nelle giornate del 27 e del 28, in una alternanza di perdite e di riconquiste di posizioni che, però, alla sera del 28 erano tutte in mano italiana. Le sole perdite per congelamento nella giornata del 28 ammontavano a 103.

lunedì 26 dicembre 2022

Ritorno sul Don, parte 1

Tutto il materiale proposto fa riferimento all'articolo 70 comma 1 della legge numero 633 del 22 Aprile 1941 che cita "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali".

Ho scelto questa bellissima fotografia di Mario Rigoni Stern con il suo cane per raccontare, al di là della cronaca e dei numeri che riporto in questi giorni di dicembre e che riporterò anche nei prossimi fino alla fine di gennaio, un'altra storia di Russia. Una storia, sempre di Mario Rigoni Stern, che io scoprii tanti anni fa leggendo "Ritorno sul Don" dopo aver letto prima, non ricordo come e perché, "Il sergente nella neve" e "Centomila gavette di ghiaccio" di Bedeschi. Dicevo appunto... lessi "Ritorno sul Don" e continuo a leggerlo ogni anno, non ho mai smesso e non smetterò mai. Le vicende belliche di quella terribile campagna mi sembravano così lontane e relegate alla storia, ma "Ritorno sul Don" no! Era una storia così vicina, una storia che con mille distinguo, potevo vivere anche io. Una storia che ogni volta mi commuoveva e mi commuove, una storia che mi ha spinto a voler andare ad ogni costo in Russia, per vedere e cercare di capire. La riporto per intero per tutte quelle persone che non hanno mai avuto la fortuna di leggerla.

Ogni anno, quando cadeva la prima neve e dalla finestra che guarda gli orti vedevo tetti e montagne imbiancarsi, mi prendeva una malinconia che stringeva il cuore e mi isolava da tutto il resto. Come se questa neve avvolgesse e coprisse la vita che è nel corpo. Anche di notte mi svegliavo quando nevicava. Lo sentivo che nevicava, e stavo immobile dentro il letto. I primi anni prendevo gli sci e andavo. Andavo da solo dove non avrei incontrato nessuno. Nessuno, tranne quello che avevo lasciato là. [...]

Allora per delle giornate intere stavo zitto e chiuso; i colleghi d'ufficio e a casa dicevano che era perché avevo la luna di traverso. Era difficile spiegare, o non volevo. Perché una madre che aspetta non poteva sapere. Aspetta, prega, ma non si stanca di sperare. Magari, dice, è sposato in qualche parte perché la Russia è grande; e magari avrò anche dei nipotini, laggiù. [...] Ma io sapevo. Avevo visto cose che non si possono dire alle madri. Cosi, ogni volta che nevicava era come morire un poco. [...]

Fu per questo vivere, forse, che un mattino di dicembre il cuore si fermò? Forse poteva essere un allarme per dirmi che avevo ancora poco tempo? Ma io so che il tempo della vita non è quello che si misura con l'orologio. Andai in pensione. [...]

Però solo una cosa, ora, mi interessava veramente: avere quanto prima l'indennità di buonuscita che da Roma doveva liquidarmi l'Enpas. Quei soldi li volevo per ritornare in Russia. Forse avrei potuto trovare anche un giornale che avrebbe finanziato il viaggio; ero pur sempre quel tale che aveva scritto Il sergente. [...] Ma non volevo questo, o non cercavo queste strade; volevo essere libero di andare a modo mio.

Quando arrivò l'assegno della Banca d'Italia scrissi all'Inturist di Milano. Era d'estate, e mi risposero che avrebbero organizzato il viaggio per ottobre, quando non ci sarebbe stata la confusione dei turisti; ma fino a Charkov: arrivati là, avremmo dovuto, proseguire, prendere accordi con le organizzazioni locali. [...] Era di notte. Il mio cane abbaiò forte e festoso perché certo credeva che si andasse sulla montagna a galli: - Stai buono, - gli dissi, - per questa partenza non mi dispiace perdere il passo delle beccacce. Ma quando tornerò ne troveremo ancora qualcuna. [...] Pioveva, era notte fonda e mentre l'automobile ci portava giù per i tornanti della montagna per prendere il treno che da Torino arriva fino a Togliattigrad, pensavo alle altre mie partenze.

Il viaggio del 2013, da Podgornoje a Postojalyi

Immagini del mio primo trekking effettuato nel 2013... Sabato 19 gennaio - 1a tappa Km.29: da Podgornoje a Opit, a Postojalyi. Finalmente e al termine della salita di Opit troviamo questo T-34/85 a ricordo degli avvenimenti bellici che qui si verificarono nel gennaio del 1943.



Cronaca di una sconfitta annunciata, 26.12.42

Cronaca di una sconfitta annunciata; dall'11 dicembre 1942 al 31 gennaio 1943, giorno per giorno, la cronistoria dell'ARMIR durante l'offensiva sovietica "Piccolo Saturno". Tratto da "Le operazioni delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943), edito dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

26 DICEMBRE.

BLOCCO SUD.

La marcia era ripresa alle ore 3 del 26 dicembre, con la temperatura di -38°. Alle ore 12, tre aerei tedeschi bombardavano per errore la colonna infliggendole forti perdite. La località di tappa, Nizne Petrovskij, era occupata alle 15, dopo due ore di combattimento.

FRONTE DEL CORPO D'ARMATA ALPINO.

Alle ore 3 del 26 dicembre i sovietici attaccavano il fronte dei battaglioni Tolmezzo e Val Cismon. Verso le ore 7 accentuavano gli sforzi sul Val Cismon, ottenendo parziali successi, annullati da un immediato contrassalto sostenuto da un plotone di carri armati tedeschi. Il Comandante del XXIV Corpo tedesco, esprimendo il suo compiacimento, esteso anche alle artiglierie che avevano appoggiato l'azione (gruppi Conegliano, Val Piave e XXIII/2° da 105/28), definiva gli alpini «molto aggressivi nell'attacco». Le perdite erano state ingenti dall'una e all'altra parte, per quella italiana aggravate dai congelamenti (64 nella sola 59a compagnia del battaglione Vicenza).

Il viaggio del 2013, da Podgornoje a Postojalyi

Immagini del mio primo trekking effettuato nel 2013... Sabato 19 gennaio - 1a tappa Km.29: da Podgornoje a Opit, a Postojalyi. Affrontiamo per la prima volta la famosissima salita di Opit da Podgornoje; su questa salita gli Alpini dovettero abbandonare decine di mezzi.