giovedì 26 maggio 2022

Storia Illustrata 1967, parte 3

Storia Illustrata del Dicembre 1967, speciale 1941-1943 la Campagna di Russia, terza parte.





















martedì 24 maggio 2022

Serata ad Arconate

Con grande piacere sono stato invitato dal Gruppo Alpini di Arconate a presenziare ad una serata dedicata alla Campagna di Russia dal titolo "La campagna di Russia, ieri ed oggi. Storia e testimonianze di un sofferto sacrificio". Sarà l'occasione per raccontare con una chiave differente dal solito le vicende prima dello CSIR e poi dell'ARMIR in terra di Russia, e per proiettare alcune delle centinaia di fotografie scattate in questi 10 anni di viaggi.

Venerdì 10 giugno alle ore 21.00 in via Montello 1 ad Arconate presso la sala polivalente Centro Pensionati.

Rapporto sui prigionieri, parte 16

Pubblico alcuni estratti del "Rapporto sui prigionieri di guerra italiani in Russia" a cura di Carlo Vicentini e Paolo Resta, fonte UNIRR, 2a edizione, anno 2005, a mio avviso la fonte più autorevole per fare chiarezza sulle perdite e sulle vicissitudini dei nostri soldati in Russia durante il secondo conflitto mondiale.

GLI ITALIANI INTERNATI DAI TEDESCHI "LIBERATI" DAI RUSSI.

Si è già accennato come i russi, nella loro avanzata verso occidente, ricacciando i nazisti dalle zone occupate, trovassero dei lager con prigionieri inglesi, americani, russi, italiani e di un'altra decina di nazionalità che i tedeschi non sempre ebbero il tempo o la possibilità di far sgomberare insieme a loro. I russi nell'autunno del 1944 si imbatterono in lager hitleriani con internati italiani a Bor in Serbia, a Minsk in Bielorussia ed in Lituania; proseguendo nella loro avanzata verso ovest, nella primavera del 1945, ne trovarono anche in Polonia, Cecoslovacchia ed Austria.

Appartenevano alle Divisioni "Pinerolo", "Parma", "Venezia", "Siena", "Taurinense" e "Pusteria", già operanti in Montenegro ed Albania o alla Divisione "Acqui" i cui ufficiali erano stati tutti fucilati a Cefalonia; alle truppe ed alle Unità della Marina dislocale in Grecia e nell'Egeo, infine a quelle truppe che l'otto settembre erano state disarmate in Italia settentrionale. Mentre inglesi ed americani, trovati nei campi ex-tedeschi, venivano sollecitamente restituiti ai rispettivi paesi, gli italiani - che erano stati internati proprio perché dopo l'otto settembre si erano schierati con gli alleati (e quindi anche con i russi) - furono trattenuti e la loro odissea, con marce a piedi, trasferimenti in condizioni bestiali, reclusione in campi da trogloditi, epidemie, fame e lavoro duro, non fu molto dissimile da quella dei prigionieri dell'ARMIR catturati due anni prima.

"L'ALBA", il giornale dei prigionieri italiani, solo nel luglio 1945 riportava la notizia con un articoletto intitolato: "Saluto agli italiani liberati dall'Esercito Rosso". ln esso "la redazione, certa di interpretare il sentimento di tutti i prigionieri italiani nell'URSS, saluta fraternamente gli italiani operai, soldati, marinai, ufficiali, generali ed ammiragli che sono stati liberati in Germania dall'Esercito Rosso". Anche nei numeri successivi, con grandi titoli si sbandierava la gratitudine degli italiani. "I russi ci trattano come fratelli" è intitolala una intervista di Robotti ai liberati. Questi "liberati" furono sparpagliati nei lager di mezza Russia a lavorare nelle miniere, nei boschi, nei campi di cotone. Li rimandarono a casa un anno dopo.

Sorte leggermente migliore fu riservala ai circa 150 generali ed ammiragli italiani, anch'essi impacchettati dai tedeschi nell'OFLAG di Schoken. Con l'incalzare dell'avanzata sovietica, nel gennaio del 1945, i tedeschi li trasferirono a Wugarden. II 30 gennaio le truppe sovietiche occuparono questa città ed i 150 generali passarono dalle mani dei nazisti in quelle dei russi, ma anziché essere trasferiti, furono lasciali nello stesso campo. L'impatto con i russi non deve essere stato piacevole e ce lo conferma il generale Briganti la testimonianza riportata nelle pagine seguenti. Tuttavia anche loro, come i soldati, si sentirono in dovere di segnalare "con riconoscenza l'affettuosa accoglienza e la cameratesca assistenza ricevuta dall'Esercito Rosso cui vogliono pubblicamente esprimere la gratitudine". Il generale d'Armata, Geloso, rincarava la dose con un messaggio personale.

Probabilmente tutti questi buoni sentimenti avranno avuto il tempo di raffreddarsi parecchio nei dieci mesi che i signori generali passarono dietro il filo spinato del lager russo. Non è noto quanti siano stati gli italiani che dall'internamento in Germania sono passati alla prigionia russa. Si sa solo che, insieme ai sopravvissuti dell'ARMIR, l'Unione Sovietica ci ha restituito 11.059 ex internati. Purtroppo molti di questi, sfuggiti ai lager hitleriani sono morti di malattia, di sfinimento e di fame, in quelli di Stalin. Ce lo raccontano i superstiti, ma anche i russi. Tra i nominativi recentemente segnalati dalle autorità di Mosca, si sono riscontrati già 1.153 casi di decessi nei lager russi di militari italiani catturati dall'Armata Rossa nel 1944 e nel 1945, dunque provenienti dai campi tedeschi.

lunedì 23 maggio 2022

Il viaggio del 2011, Nikolajewka

Immagini del mio primo viaggio "esplorativo" effettuato nel 2011... l'inizio della discesa dalla quale si "affacciarono" i nostri soldati prima dell'attacco a Nikolajewka.



Le fotografie di Mario Bagnasco, 18

Le fotografie di Mario Bagnasco, Primo Capo Squadra o Capo Squadra della Legione CC.NN. "Valle Scrivia".

"Il Donetz".

martedì 10 maggio 2022

Un periodo di pausa...

Mi sono preso un periodo di pausa... quello che è accaduto e che succede tutt'oggi in Ucraina, credo come per molti altri, mi ha toccato profondamente per vari motivi e mi ha inizialmente fatto perdere l'entusiasmo positivo di portare avanti il mio lavoro di divulgatore delle mie storie personali e non solo. Ho per un certo periodo messo in discussione tutto quanto; mi sono chiesto se riuscivo ancora a trovare il senso di continuare tutto questo anche di fronte a quanto stava accadendo, e forse il vero mio "dramma" è stato proprio il dove stava accadendo.

Ci sono altri siti e altre pagine dedicate alla Campagna di Russia che forse trattano anche meglio di me l'argomento in generale e il ricordo dei nostri caduti in particolare; la caratteristica unica del mio sito e della mia pagina è proprio quella di raccontare per il mio vissuto in Russia dal 2011 in avanti; un vissuto che temo apparterrà appunto al passato, non certo al presente (con diversi viaggi già in programmazione e confermati) e molto probabilmente neanche al futuro, almeno quello prossimo. Si, perché se anche la guerra dovesse finire domani, è stato scavato un solco profondo che difficilmente potrà essere superato in poco tempo. E quindi mi sono reso conto che, seppur microscopico rispetto al dramma di chi si trova in guerra e nella guerra, anche io ne ho vissuto uno, semplicemente legato al non poter forse mai più tornare in Russia, al non poter più portare avanti un progetto nel quale ho creduto fortemente e al quale sono legato profondamente.

Poi alla fine ho deciso che però questo mio lavoro deve andare avanti comunque; per chi è rimasto là, per chi è tornato e per chi ha aspettato a casa, spesso senza avere una risposta. Lo so, il mio è un piccolo contributo, è tenere accesa una fiammella nel loro ricordo. Ma seppur differente da prima è comunque una "missione" che mi sono affidato e che porterò avanti comunque, seppur forse in modo differente da prima. Ben tornati a chi mi leggerà.

martedì 22 febbraio 2022

Il viaggio del 2011, Nikolajewka

Immagini del mio primo viaggio "esplorativo" effettuato nel 2011... la discesa dalla quale attaccarono i nostri soldati attaccarono Nikolajewka, vista dalla massicciata ferroviaria.



Storia Illustrata 1967, parte 2

Storia Illustrata del Dicembre 1967, speciale 1941-1943 la Campagna di Russia, seconda parte.

























martedì 15 febbraio 2022

Il viaggio del 2011, Nikolajewka

Immagini del mio primo viaggio "esplorativo" effettuato nel 2011... la ferrovia e la massicciata a Nikolajewka.





Rapporto sui prigionieri, parte 15

Pubblico alcuni estratti del "Rapporto sui prigionieri di guerra italiani in Russia" a cura di Carlo Vicentini e Paolo Resta, fonte UNIRR, 2a edizione, anno 2005, a mio avviso la fonte più autorevole per fare chiarezza sulle perdite e sulle vicissitudini dei nostri soldati in Russia durante il secondo conflitto mondiale.

IL PROCESSO D'ONOFRIO.

Nell'aprile 1948. alla vigilia di una difficile campagna elettorale, i reduci dalla prigionia russa pubblicarono un opuscoletto per informare gli italiani di cosa era successo ai soldati italiani catturati dai sovietici e denunciare come i comunisti italiani in Unione Sovietica si fossero comportati nei confronti dei loro connazionali rinchiusi nei lager. L'opuscolo, chiamato con un po' di presunzione "Numero Unico', conteneva. tra l'altro, un breve intervento sull'attività di D'Onofrio quale attivista comunista nei campi di Oranki e Skit e la parte da lui avuta, con minacce ed interventi concreti, sui provvedimenti in seguito adottati dai russi nei confronti di un gruppo di prigionieri. L'opuscolo concludeva con una specie di manifesto nel quale si accusavano i comunisti italiani in Russia, con in testa D'Onofrio, di aver fatto nei campi di concentramento, i commissari politici al servizio della polizia politica sovietica, qualificandoli di rinnegali ed aguzzini.

Il clima era molto infuocato e nei manifesti, nei giornali e nei discorsi si usavano parole grosse e non si andava per il sottile pur di controbattere e demolire l'avversario. E' rimasta famosa la frase di Togliatti che disse di voler calzare un robusto paio di scarponi chiodati per poter dare, a elezioni avvenute, un bel calcio nel sedere di De Gasperi. D'Onofrio denunciò per calunnia ed offese i firmatari dell'articolo che erano una ventina, ma in fase di stampa ne erano stati citati solo tre, seguiti da un "ecc.." . II processo fece epoca e si concluse con l'assoluzione degli imputati perché i fatti riportati nell'articolo erano veri e provati.

Oggi a cinquant'anni di distanza, un esame spassionato di quel manifesto suggerisce qualche considerazione. A parte le cifre un tantino forzate, la qualifica di aguzzino andava benissimo per D'Onofrio e Robotti, molto meno per gli altri. D'Onofrio era un individuo pericoloso. Già durante la guerra di Spagna stilava rapporti sui compagni che combattevano nelle Brigate Internazionali. Nei confronti dei prigionieri italiani si atteggiò ad emulo di Viscinski, l'accusatore nei grandi processi staliniani, usandone i metodi brutali di inquisitore. Che i suoi metodi non fossero adatti, lo capì immediatamente Togliatti che, dopo l'esperienza di Oranki, non gli fece mettere più piede in un lager di italiani e lo sostituì con Robotti, uomo molto intelligente, perciò forse più insidioso.

Gli altri comunisti italiani erano uomini che in cuor loro. dopo aver conosciuto cos'era l'URSS, avrebbero preferito cento volte il Tribunale Speciale Fascista dal quale erano sfuggiti. Anche loro erano prigionieri, vittime di un meccanismo che li avrebbe stritolati senza pietà, come era avvenuto a molti altri loro compagni di fede, scomparsi nei lager siberiani con il beneplacito di Togliatti. Sapevano che la loro pagella e la loro sorte dipendeva dal numero di prigionieri che riuscivano a portare dalla parte dei russi, e si sforzavano di farlo alla loro maniera, in modo goffo, maldestro ed, in definitiva, controproducente. Non dimentichiamoci che molti prigionieri italiani diventati comunisti, si sono comportati nei confronti dei loro colleghi di prigionia in maniera analoga, se non peggiore e la loro citazione tra gli aguzzini ed i rinnegati non sarebbe stata fuori luogo.

Che il contenuto dell'opuscolo difficilmente potesse essere smentito, lo dimostra il fatto che degli altri fuoriusciti, citati dal manifesto, né tantomeno Togliatti, anche lui chiamato in causa come loro capo, si associarono alla denuncia né alzarono un dito in segno di solidarietà.