Ricompense al Valor Militare attribuite per le operazioni sul Fronte Russo, a cura di Carlo Vicentini, fonte UNIRR.
MOVM - Medaglia d'Oro al Valor Militare, MAVM - Medaglia d'Argento al Valor Militare, MBVM - Medaglia di Bronzo al Valor Militare, MOVM - Medaglia d'Oro al Valor Militare, CGVM - Croce di Guerra al Valor Militare.
8a ARMATA - BATTAGLIONI LANCIAFIAMME.
MOVM caporale VITALE Vincenzo, alla memoria
MOVM soldato IACOVITTI Mario
MAVM Capitano PIAZZA Melchiorre
MAVM Tenente GERUNDA Aldo
MAVM Sottotenente GORI Cesare, alla memoria
MAVM Sottotenente LOVERA Agostino
MAVM soldato CONTE Domenico, alla memoria
MAVM soldato GABRIELLI Filippo, alla memoria
MBVM Tenente TARTARA Ettore
MBVM Sottotenente RICCI Giovanni
MBVM sergente AGOSTINI Giorgio
MBVM soldato APICELLA Mario
MBVM soldato BALDUCCI Savino
MBVM soldato MARIAN Luigi
MBVM soldato SCANO Antioco, alla memoria
CGVM Sottotenente LOVERA Agostino
CGVM Sottotenente PICCA Francesco
CGVM soldato BALDONI Sestilio
CGVM soldato GRILLI Nunzio
CGVM soldato MANGIAROTTI Libero
CGVM soldato RIMOLDI Innocente
CGVM soldato TENTORI Giovanni
Dal 2011 camminiamo in Russia e ci regaliamo emozioni
Trekking ed escursioni in Russia sui campi di battaglia della Seconda Guerra Mondiale
Danilo Dolcini - Phone 349.6472823 - Email danilo.dolcini@gmail.com - FB Un italiano in Russia
martedì 19 ottobre 2021
Woroschilowa, parte 5
Tutto il materiale proposto fa riferimento all'articolo 70 comma 1 della legge numero 633 del 22 Aprile 1941 che cita "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali".
Woroschilowa: un buco senza speranza, di Giulio Ricchezza - quinta e ultima parte.
Rainaldi scriveva sovente alla famiglia. Di lui sono rimaste molte delle lettere inviate dal fronte russo; una di queste, per esempio, porta la data del 17 novembre 1941; vi si legge: "Carissimi, nei giorni precedenti all'azione del 12, noi col battaglione avevamo tentato di aggirare le posizioni russe che impedivano l'accesso alla strada asfaltata che da Stalino porta a Gorlowka e a un altro centro; non siamo riusciti; quindi, in forze, il CSIR ha attaccato frontalmente. Il nostro battaglione di rincalzo, dopo poche ore aveva scavalcato il X Battaglione e si era portato in primissima posizione. La prima compagnia in testa. Il mio plotone avanzato, ancora più avanti; così durò tutta la giornata del 12 contendendo e guadagnando terreno sulle posizioni russe annidate dietro la ferrovia. Dalle case vicine, dalle fabbriche, da postazioni a terra, si sparava contro di noi con mitragliatrici, fucili mitragliatori, moschetti automatici, mortai e cannoni. Tutto era rivolto contro di noi che avanzavamo in terreno completamente scoperto, di sbalzo in sbalzo, di buca in buca, alcune buche di proiettili ancora fumanti; si avanzava sempre. Già la colonna del colonnello Chiaramonti, dell’80° Reggimento fanteria, si era incuneata fra le postazioni russe; noi abbiamo alleggerito il suo fronte aumentando la resistenza sul nostro. Alle 16 l'azione terminava avendo raggiunto lo scopo prefisso. Le mie impressioni? Eccole: azioni come quella del 12 noi non ne avevamo mai fatte, così in piena regola e così allo sbaraglio. Vi erano state prime linee, esplorazioni, scaramucce; il vero battesimo del fuoco, quindi, è stato quello del 12... Il nostro regolamento dice che la migliore ambizione è quella di aver compiuto il proprio dovere. Da questo lato io sono completamente a posto. Ho lasciato il campo di battaglia per ultimo, avendo visto tutto prima di mettere al riparo i miei uomini".
Come si vede, in queste righe vi è tutto l'animo giovane, entusiasta, anche un tantino ingenuo se vogliamo - come appare dalla citazione del regolamento per giustificare e auto... premiare il proprio comportamento - del Rainaldi. Un ragazzo che non meritava certo di morire così, in mezzo a quella piana gelata, col sangue delle proprie ferite coagulato dal freddo. Morto dunque per Woroschilowa, per quattro spuntoni di isba, sudici lembi di muretti di fango, accanto a un sentierino pesticciato, in una lercia contrada paesana, appena appena ingentilita dal bianco manto di neve. Con lui, con Rainaldi, sono caduti tanti altri. Il solo ruolino di una compagnia che verso Natale recava ancora 142 presenze, dopo Woroschilowa ha solo trentasei nomi; gli altri sono andati a ingrossare le file dei deceduti, dei feriti, dei dispersi.
Anche Taralli è falciato. Si è inoltrato fra i primi, sempre mosso da quell'irrefrenabile entusiasmo, da quella volontà di fare, di agire. Ha sopravanzato i suoi commilitoni, alla testa della sua compagnia. Ai suoi fianchi i soldati cercano di liberarsi dalla stretta della neve fresca, mentre l'artiglieria italiana che dovrebbe appoggiare l'attacco - per una sfasatura o nel tiro o negli... orari - fa piovere qualche colpo anche sui bersaglieri e sui legionari. Cose che in guerra succedono assai più frequentemente di quanto non si pensi. Taralli, arrivato a circa duecento metri dai Russi, si ferma: il tempo di tirar fuori dal tascapane le bombe a mano per poi riprendere quella che dovrebbe essere una corsa, ma che si è convertita ormai in un faticoso avanzare. Questo ragazzone simpatico dal sorriso aperto e dalle spalle quadre è uno di quelli che sono falciati senza pietà. Qualcuno, ad azione finita, riferirà di averlo sentito gridare all'indirizzo dei suoi: "Savoia! Savoia! Terzo! Terzo!".
Difficile dire se, nel frastuono della battaglia e nell'ansia spasmodica dei bersaglieri di far fronte all'azione avversaria, Taralli abbia effettivamente pronunciato queste parole. Probabilmente sì, perché in fondo faceva parte del suo carattere ed era in armonia con il suo desiderio di far di tutto per guadagnarsi quella medaglia tanto sospirata, una cosa alla quale teneva profondamente, per dimostrare a se stesso d'aver compiuto tutto ciò che c'era di umanamente possibile per il bene del proprio paese. Woroschilowa vede anche morire don Davoli, vede inghiottite nella mischia decine e decine di soldati, graduati, ufficiali. Tant'è che a un certo punto l'aiutante maggiore, tenente Supino, il solo rimasto che possa ancora impartire un ordine, dice a quelli che sono accanto a lui: "Fate circolare la voce... ci ritiriamo". Così, a poco a poco, gli Italiani rompono il contatto.
Qualcuno, come il bersagliere Salvatore Tropea, non riceve l'imbeccata e continua a combattere senza accorgersi che i colpi italiani si diradano progressivamente. Poi Tropea vede comparire il portaferiti Medetti, che vuol raggiungere un muricciolo sbrecciato dietro il quale ci sono dei soldati in attesa di qualcuno che rechi loro soccorso. Medetti va avanti per non tornare mai più. È il cammino a ritroso, per quei quattro gatti rimasti dopo la strage. Devizi si è caricato sulle spalle la salma di Nigra e con quella si farà tutti e sette i chilometri che separano Woroschilowa da Iwanowski.
"Mesti mesti, mogi mogi, tornammo sui nostri passi. Il nemico, quando noi eravamo ormai a una cinquantina o forse anche più metri dal luogo dello scontro, aveva già rallentato il tiro; ancora qualche decina di metri e il fuoco sarebbe cessato quasi del tutto. Marazzani aveva seguito a distanza l'azione, scuotendo di tanto in tanto la testa. Ci fece radunare; eravamo rimasti, mi pare, poco meno di un centinaio, tant'è che Marazzani decise di mandarci a riposo, il che voleva dire andare dietro le linee di quattro o cinque chilometri per riorganizzarci, per rimetterci in forze, per stare un po' in disparte. Con quelli che erano rimasti a lwanowski con il materiale, i servizi, eccetera, di tutto il battaglione, il XVIII, saranno rimasti sì e no centocinquanta uomini, da ottocento che eravamo un mese prima, contando quelli che erano stati mandati a riposo, contando anche quelli che erano ammalati, o che erano restati, come si è detto, a Iwanowski...
"I compagni che erano lì ci accolsero con non eccessivo gaudio; ci avrebbero accolto magari meglio, anzi sarebbero stati loro che ci avrebbero raggiunto a Woroschilowa, qualora l'avessimo conquistata. Tornando lì, naturalmente, si sa come succede, si videro alcuni commilitoni farsi avanti, chiedere angosciati che cosa fosse accaduto; quando seppero della morte di tutti quei compagni, del Taralli, del Tedeschi, della scomparsa di don Davoli, di cento altri, rimasero muti, non dissero più niente. Muti anche loro, come del resto noi... Che cosa avremmo potuto dire?".
La battaglia per la conquista di Woroschilowa falliva così. Nei testi dedicati all'avvenimento o nelle parole infiammate di qualche reduce potrebbe sembrare che gli Italiani abbiano qui conseguito non un successo, ma per lo meno un discreto risultato. Non per nulla Taralli è diventato una sorta di simbolo, come lo è divenuto don Davoli. Nell'iconografia bersaglieresca Taralli è stato dipinto come una sorta di novello eroe della prima guerra mondiale: butta le sue bombe a mano contro il nemico con lo stesso sprezzo del pericolo dimostrato da un Toti. Ma non basta, ovviamente, un pugno di coraggiosi com'erano effettivamente Taralli e i suoi a trasformare in vittoria un insuccesso; né basteranno le difficoltà del combattimento sostenuto a giustificare agli occhi del comando tedesco l'abbandono della posizione che era costata tanto sangue e tante fatiche.
Non per nulla i Tedeschi ordineranno più tardi agli Italiani di riprendere ad ogni costo quel buco, dando incarico a tutti gli effettivi del battaglione di stanza a Iwanowski di partecipare all'azione. La collera tedesca, unita alla mancata occupazione di un caposaldo ritenuto, a torto o a ragione, chi lo sa, davvero prezioso, farà sì che i bersaglieri non potranno ricevere il riposo e il premio alle fatiche sostenute fino a quel momento. Dopo la guerra, uno di loro, ci mostrerà un piccolo quaderno scolastico russo, portato con cura in Italia, in cui era stato tenuto un diario o per lo meno in cui erano stati scritti degli appunti casuali, guerra permettendo.
C'erano dei nomi, scritti in bella grafia; accanto a loro una parola, una sola:
Modica: morto
Russo: morto
Nordi: morto
Casarini: morto
Camarca: ferito
Creta: disperso
Cap. Rigo: ferito
Erano i nomi dei componenti di una sola squadra, la III, di una sola compagnia.
Fotografia dell'archivio storico della Legione Tagliamento: l'abitato di Woroschilowa.
Woroschilowa: un buco senza speranza, di Giulio Ricchezza - quinta e ultima parte.
Rainaldi scriveva sovente alla famiglia. Di lui sono rimaste molte delle lettere inviate dal fronte russo; una di queste, per esempio, porta la data del 17 novembre 1941; vi si legge: "Carissimi, nei giorni precedenti all'azione del 12, noi col battaglione avevamo tentato di aggirare le posizioni russe che impedivano l'accesso alla strada asfaltata che da Stalino porta a Gorlowka e a un altro centro; non siamo riusciti; quindi, in forze, il CSIR ha attaccato frontalmente. Il nostro battaglione di rincalzo, dopo poche ore aveva scavalcato il X Battaglione e si era portato in primissima posizione. La prima compagnia in testa. Il mio plotone avanzato, ancora più avanti; così durò tutta la giornata del 12 contendendo e guadagnando terreno sulle posizioni russe annidate dietro la ferrovia. Dalle case vicine, dalle fabbriche, da postazioni a terra, si sparava contro di noi con mitragliatrici, fucili mitragliatori, moschetti automatici, mortai e cannoni. Tutto era rivolto contro di noi che avanzavamo in terreno completamente scoperto, di sbalzo in sbalzo, di buca in buca, alcune buche di proiettili ancora fumanti; si avanzava sempre. Già la colonna del colonnello Chiaramonti, dell’80° Reggimento fanteria, si era incuneata fra le postazioni russe; noi abbiamo alleggerito il suo fronte aumentando la resistenza sul nostro. Alle 16 l'azione terminava avendo raggiunto lo scopo prefisso. Le mie impressioni? Eccole: azioni come quella del 12 noi non ne avevamo mai fatte, così in piena regola e così allo sbaraglio. Vi erano state prime linee, esplorazioni, scaramucce; il vero battesimo del fuoco, quindi, è stato quello del 12... Il nostro regolamento dice che la migliore ambizione è quella di aver compiuto il proprio dovere. Da questo lato io sono completamente a posto. Ho lasciato il campo di battaglia per ultimo, avendo visto tutto prima di mettere al riparo i miei uomini".
Come si vede, in queste righe vi è tutto l'animo giovane, entusiasta, anche un tantino ingenuo se vogliamo - come appare dalla citazione del regolamento per giustificare e auto... premiare il proprio comportamento - del Rainaldi. Un ragazzo che non meritava certo di morire così, in mezzo a quella piana gelata, col sangue delle proprie ferite coagulato dal freddo. Morto dunque per Woroschilowa, per quattro spuntoni di isba, sudici lembi di muretti di fango, accanto a un sentierino pesticciato, in una lercia contrada paesana, appena appena ingentilita dal bianco manto di neve. Con lui, con Rainaldi, sono caduti tanti altri. Il solo ruolino di una compagnia che verso Natale recava ancora 142 presenze, dopo Woroschilowa ha solo trentasei nomi; gli altri sono andati a ingrossare le file dei deceduti, dei feriti, dei dispersi.
Anche Taralli è falciato. Si è inoltrato fra i primi, sempre mosso da quell'irrefrenabile entusiasmo, da quella volontà di fare, di agire. Ha sopravanzato i suoi commilitoni, alla testa della sua compagnia. Ai suoi fianchi i soldati cercano di liberarsi dalla stretta della neve fresca, mentre l'artiglieria italiana che dovrebbe appoggiare l'attacco - per una sfasatura o nel tiro o negli... orari - fa piovere qualche colpo anche sui bersaglieri e sui legionari. Cose che in guerra succedono assai più frequentemente di quanto non si pensi. Taralli, arrivato a circa duecento metri dai Russi, si ferma: il tempo di tirar fuori dal tascapane le bombe a mano per poi riprendere quella che dovrebbe essere una corsa, ma che si è convertita ormai in un faticoso avanzare. Questo ragazzone simpatico dal sorriso aperto e dalle spalle quadre è uno di quelli che sono falciati senza pietà. Qualcuno, ad azione finita, riferirà di averlo sentito gridare all'indirizzo dei suoi: "Savoia! Savoia! Terzo! Terzo!".
Difficile dire se, nel frastuono della battaglia e nell'ansia spasmodica dei bersaglieri di far fronte all'azione avversaria, Taralli abbia effettivamente pronunciato queste parole. Probabilmente sì, perché in fondo faceva parte del suo carattere ed era in armonia con il suo desiderio di far di tutto per guadagnarsi quella medaglia tanto sospirata, una cosa alla quale teneva profondamente, per dimostrare a se stesso d'aver compiuto tutto ciò che c'era di umanamente possibile per il bene del proprio paese. Woroschilowa vede anche morire don Davoli, vede inghiottite nella mischia decine e decine di soldati, graduati, ufficiali. Tant'è che a un certo punto l'aiutante maggiore, tenente Supino, il solo rimasto che possa ancora impartire un ordine, dice a quelli che sono accanto a lui: "Fate circolare la voce... ci ritiriamo". Così, a poco a poco, gli Italiani rompono il contatto.
Qualcuno, come il bersagliere Salvatore Tropea, non riceve l'imbeccata e continua a combattere senza accorgersi che i colpi italiani si diradano progressivamente. Poi Tropea vede comparire il portaferiti Medetti, che vuol raggiungere un muricciolo sbrecciato dietro il quale ci sono dei soldati in attesa di qualcuno che rechi loro soccorso. Medetti va avanti per non tornare mai più. È il cammino a ritroso, per quei quattro gatti rimasti dopo la strage. Devizi si è caricato sulle spalle la salma di Nigra e con quella si farà tutti e sette i chilometri che separano Woroschilowa da Iwanowski.
"Mesti mesti, mogi mogi, tornammo sui nostri passi. Il nemico, quando noi eravamo ormai a una cinquantina o forse anche più metri dal luogo dello scontro, aveva già rallentato il tiro; ancora qualche decina di metri e il fuoco sarebbe cessato quasi del tutto. Marazzani aveva seguito a distanza l'azione, scuotendo di tanto in tanto la testa. Ci fece radunare; eravamo rimasti, mi pare, poco meno di un centinaio, tant'è che Marazzani decise di mandarci a riposo, il che voleva dire andare dietro le linee di quattro o cinque chilometri per riorganizzarci, per rimetterci in forze, per stare un po' in disparte. Con quelli che erano rimasti a lwanowski con il materiale, i servizi, eccetera, di tutto il battaglione, il XVIII, saranno rimasti sì e no centocinquanta uomini, da ottocento che eravamo un mese prima, contando quelli che erano stati mandati a riposo, contando anche quelli che erano ammalati, o che erano restati, come si è detto, a Iwanowski...
"I compagni che erano lì ci accolsero con non eccessivo gaudio; ci avrebbero accolto magari meglio, anzi sarebbero stati loro che ci avrebbero raggiunto a Woroschilowa, qualora l'avessimo conquistata. Tornando lì, naturalmente, si sa come succede, si videro alcuni commilitoni farsi avanti, chiedere angosciati che cosa fosse accaduto; quando seppero della morte di tutti quei compagni, del Taralli, del Tedeschi, della scomparsa di don Davoli, di cento altri, rimasero muti, non dissero più niente. Muti anche loro, come del resto noi... Che cosa avremmo potuto dire?".
La battaglia per la conquista di Woroschilowa falliva così. Nei testi dedicati all'avvenimento o nelle parole infiammate di qualche reduce potrebbe sembrare che gli Italiani abbiano qui conseguito non un successo, ma per lo meno un discreto risultato. Non per nulla Taralli è diventato una sorta di simbolo, come lo è divenuto don Davoli. Nell'iconografia bersaglieresca Taralli è stato dipinto come una sorta di novello eroe della prima guerra mondiale: butta le sue bombe a mano contro il nemico con lo stesso sprezzo del pericolo dimostrato da un Toti. Ma non basta, ovviamente, un pugno di coraggiosi com'erano effettivamente Taralli e i suoi a trasformare in vittoria un insuccesso; né basteranno le difficoltà del combattimento sostenuto a giustificare agli occhi del comando tedesco l'abbandono della posizione che era costata tanto sangue e tante fatiche.
Non per nulla i Tedeschi ordineranno più tardi agli Italiani di riprendere ad ogni costo quel buco, dando incarico a tutti gli effettivi del battaglione di stanza a Iwanowski di partecipare all'azione. La collera tedesca, unita alla mancata occupazione di un caposaldo ritenuto, a torto o a ragione, chi lo sa, davvero prezioso, farà sì che i bersaglieri non potranno ricevere il riposo e il premio alle fatiche sostenute fino a quel momento. Dopo la guerra, uno di loro, ci mostrerà un piccolo quaderno scolastico russo, portato con cura in Italia, in cui era stato tenuto un diario o per lo meno in cui erano stati scritti degli appunti casuali, guerra permettendo.
C'erano dei nomi, scritti in bella grafia; accanto a loro una parola, una sola:
Modica: morto
Russo: morto
Nordi: morto
Casarini: morto
Camarca: ferito
Creta: disperso
Cap. Rigo: ferito
Erano i nomi dei componenti di una sola squadra, la III, di una sola compagnia.
Fotografia dell'archivio storico della Legione Tagliamento: l'abitato di Woroschilowa.
sabato 16 ottobre 2021
Le mappe dello CSIR e dell'ARMIR 15
Le mappe delle operazioni del CSIR e dell'ARMIR dal giugno 1941 all'ottobre 1942 - La battaglia di Chazepetowka (5-14 Dicembre 1941).
Il viaggio del 2011, Scheljakino
Immagini del mio primo viaggio "esplorativo" effettuato nel 2011... nella prima immagina una tipica balka russa, nella seconda immagine il monumento dedicato ai giovani partigiani russi caduti durante gli scontri fuori Scheljakino.
La serata alla Comunità Giovanile
Come avevo indicato qualche giorno fa proprio su questa pagina, ieri sera si è tenuta la serata dedicata alla Campagna di Russia presso la Comunità Giovanile di Busto Arsizio. Grazie all'invito di Francesco Pannilini e con la presenza di Silvia Ostinelli, abbiamo parlato di Russia e dei suoi protagonisti.
Credo una delle serate meglio riuscite che ho tenuto in questi ultimi anni... forse la viva atmosfera della Comunità Giovanile, forse la presenza di Silvia che è riuscita a trasmettere in modo diretto e profondo la tragedia vissuta dalle famiglie nelle quali un padre, un figlio, un fratello è stato dichiarato disperso, siamo riusciti a coinvolgere le persone presenti con un racconto fatto sì di numeri, di immagini di guerra, di immagini dei nostri viaggi che toccano l'anima, ma soprattutto fatto di emozioni e di sensazioni.
Per noi ormai questa è diventata una sorta di "missione" di vita: vogliamo mantenere viva la memoria di quei ragazzi anche se a distanza di 80 anni. Se ci fosse qualche altra realtà desiderosa di organizzare un'analoga serata in Lombardia o nelle regioni limitrofe, mi contatti senza alcun problema.
Credo una delle serate meglio riuscite che ho tenuto in questi ultimi anni... forse la viva atmosfera della Comunità Giovanile, forse la presenza di Silvia che è riuscita a trasmettere in modo diretto e profondo la tragedia vissuta dalle famiglie nelle quali un padre, un figlio, un fratello è stato dichiarato disperso, siamo riusciti a coinvolgere le persone presenti con un racconto fatto sì di numeri, di immagini di guerra, di immagini dei nostri viaggi che toccano l'anima, ma soprattutto fatto di emozioni e di sensazioni.
Per noi ormai questa è diventata una sorta di "missione" di vita: vogliamo mantenere viva la memoria di quei ragazzi anche se a distanza di 80 anni. Se ci fosse qualche altra realtà desiderosa di organizzare un'analoga serata in Lombardia o nelle regioni limitrofe, mi contatti senza alcun problema.
giovedì 14 ottobre 2021
GIS per la Campagna di Russia
Danilo Dolcini e Stefano Olivieri sono gli ideatori di questo gruppo che ha quale finalità la realizzazione di un sistema informativo geografico (GIS) per la Campagna di Russia; attraverso lo studio di documenti e di diari storici, le testimonianze e i resoconti di reduci e parenti di reduci, l'analisi di cartine e sistemi cartografici, le esperienze dirette sul campo in Russia, vogliamo realizzare, su una piattaforma Web che un giorno potrà essere consultata gratuitamente da tutti, una ricostruzione dinamica ed interattiva della partecipazione italiana alla Campagna di Russia dall'invio dello C.S.I.R. alle tristemente famose ritirate che si svolsero nel dicembre 1942 e nel gennaio 1943 da parte dei reparti dell'ARM.I.R.
Obiettivo dunque di tale progetto è quello di rappresentare su un sistema virtuale la dislocazione dei reparti nei vari momenti della campagna; l'identificazione delle varie località con la traslitterazione in italiano, tedesco e russo; i movimenti e i percorsi seguiti durante le fasi di avanzata e di ritirata; la comparazione della cartografia attuale con quella militare dell'epoca attraverso la sovrapposizione di cartine storiche tedesche e sovietiche; la sequenza degli avvenimenti con appositi riferimenti geografici e storici, tratti da saggi attualmente o in passato in commercio; l'integrazione con immagini storiche ed attuali, queste ultime realizzate durante i viaggi in Russia sui campi di battaglia.
Per raggiungere quanto indicato avremo sicuramente bisogno del contributo di tutte quelle persone che come noi sono interessate a questa vicenda e che un giorno potranno anch'esse utilizzare liberamente il sistema informativo geografico (GIS); il gruppo ha quindi la finalità di raccogliere semplici ma precise testimonianze di episodi avvenuti in una data e in un luogo preciso, riferite a reparti ben identificabili, onde poter ricostruire con estrema accuratezza la storia dei battaglioni, dei reggimenti, delle divisioni impegnate in Russia. Sono altrettanto preziosi i contributi più consistenti quali studi e resoconti già effettuati di provata attendibilità.
Al completamento di questo studio andremo inoltre a realizzare, come autori e curatori, un saggio storico in cui i dati raccolti saranno utilizzati per la stesura di alcuni capitoli. Ogni singolo contributo sarà adeguatamente citato nella pubblicazione in oggetto.
Come contribuire? Iscrivendosi al gruppo innanzitutto. Con regolarità inseriremo dei post relativi a TEMI specifici che in quel momento stiamo trattando, opportunamente etichettati con un apposito tag che serve a contraddistinguere in modo univoco un argomento; per ognuno di questi TEMI potrete dunque aggiungere immagini, fonti, racconti, testimonianze, ecc. che verranno mappate sul sistema informativo geografico. Per esempio quando tratteremo della battaglia di Nikolajewka il tag sarà #nikolajewka ed eventuali vostri contributi potranno essere aggiunti direttamente sotto il nostro post oppure proposti da zero, meglio se contenenti il tag univoco che servirà a tutti per capire a quale TEMA fanno riferimento.
Oppure potrete voi direttamente attivare di un TEMA per il quale avete informazioni, immagini ed altri contenuti di particolare rilevanza, sempre identificandolo con il suo tag univoco... in tal modo sarete promotori di un argomento specifico e chiunque potrà collaborare fornendo ulteriore materiale.
Vi lasciamo immaginare quale potrà essere il risultato finale di questo lavoro... un risultato che già giorno per giorno vediamo crescere sotto i nostri occhi!
https://www.facebook.com/groups/campagnadirussiagis
Obiettivo dunque di tale progetto è quello di rappresentare su un sistema virtuale la dislocazione dei reparti nei vari momenti della campagna; l'identificazione delle varie località con la traslitterazione in italiano, tedesco e russo; i movimenti e i percorsi seguiti durante le fasi di avanzata e di ritirata; la comparazione della cartografia attuale con quella militare dell'epoca attraverso la sovrapposizione di cartine storiche tedesche e sovietiche; la sequenza degli avvenimenti con appositi riferimenti geografici e storici, tratti da saggi attualmente o in passato in commercio; l'integrazione con immagini storiche ed attuali, queste ultime realizzate durante i viaggi in Russia sui campi di battaglia.
Per raggiungere quanto indicato avremo sicuramente bisogno del contributo di tutte quelle persone che come noi sono interessate a questa vicenda e che un giorno potranno anch'esse utilizzare liberamente il sistema informativo geografico (GIS); il gruppo ha quindi la finalità di raccogliere semplici ma precise testimonianze di episodi avvenuti in una data e in un luogo preciso, riferite a reparti ben identificabili, onde poter ricostruire con estrema accuratezza la storia dei battaglioni, dei reggimenti, delle divisioni impegnate in Russia. Sono altrettanto preziosi i contributi più consistenti quali studi e resoconti già effettuati di provata attendibilità.
Al completamento di questo studio andremo inoltre a realizzare, come autori e curatori, un saggio storico in cui i dati raccolti saranno utilizzati per la stesura di alcuni capitoli. Ogni singolo contributo sarà adeguatamente citato nella pubblicazione in oggetto.
Come contribuire? Iscrivendosi al gruppo innanzitutto. Con regolarità inseriremo dei post relativi a TEMI specifici che in quel momento stiamo trattando, opportunamente etichettati con un apposito tag che serve a contraddistinguere in modo univoco un argomento; per ognuno di questi TEMI potrete dunque aggiungere immagini, fonti, racconti, testimonianze, ecc. che verranno mappate sul sistema informativo geografico. Per esempio quando tratteremo della battaglia di Nikolajewka il tag sarà #nikolajewka ed eventuali vostri contributi potranno essere aggiunti direttamente sotto il nostro post oppure proposti da zero, meglio se contenenti il tag univoco che servirà a tutti per capire a quale TEMA fanno riferimento.
Oppure potrete voi direttamente attivare di un TEMA per il quale avete informazioni, immagini ed altri contenuti di particolare rilevanza, sempre identificandolo con il suo tag univoco... in tal modo sarete promotori di un argomento specifico e chiunque potrà collaborare fornendo ulteriore materiale.
Vi lasciamo immaginare quale potrà essere il risultato finale di questo lavoro... un risultato che già giorno per giorno vediamo crescere sotto i nostri occhi!
https://www.facebook.com/groups/campagnadirussiagis
mercoledì 13 ottobre 2021
Woroschilowa, parte 4
Tutto il materiale proposto fa riferimento all'articolo 70 comma 1 della legge numero 633 del 22 Aprile 1941 che cita "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali".
Woroschilowa: un buco senza speranza, di Giulio Ricchezza - quarta parte.
Un tenue chiarore comincia a diffondersi all'orizzonte. Le tre compagnie di bersaglieri e CC.NN. continuavano a scalpicciare sulla neve gelata del sentierino. Il nemico non dovrebbe essere lontano. Il generale Marazzani è a Iwanowski. Non immagina che i suoi della Celere stanno per prender contatto coi Russi. Ma sa che dopo tutte quelle ore di marcia, nel gelo siberiano, i suoi uomini devono essere esausti; riusciranno a trovare ancora la forza per combattere?
Improvvisamente, nei pressi del villaggio di Woroschilowa, appaiono lungo la piana le caratteristiche lingue di fuoco dei colpi in partenza; tutti i bersaglieri che stanno ancora camminando in fila indiana e con loro i legionari della Tagliamento, quelli dei servizi che sono stati messi nel numero, i complementi appena arrivati al fronte, freschi freschi, ignari di Russia e di guerra, si sparpagliano a semicerchio per evitare di essere presi d'infilata. Ma al di fuori di quel maledetto sentiero a mala pena tracciato nella neve, si affonda fino al ginocchio; procedere è quasi impossibile, piazzare un'arma per rispondere al tiro avversario diventa assurdo. Nigra è li che cerca di imbastire un'azione qualunque; quel fuoco immediato dei Russi, segno indubbio che il nemico stava all'erta e ha reagito con prontezza fin eccessiva, lo ha sconcertato. Forse i Russi avevano nei dintorni di Iwanowski degli informatori locali che senza farsi scorgere sono arrivati la notte stessa per avvisare dell'imminente attacco. Chi lo sa.
Accanto a Nigra c'è il tenente Devizi. All'improvviso questi - mentre la buriana dei colpi infuria adesso senza posa - vede il colonnello che si affloscia senza un gemito: una pallottola russa gli ha perforato l'elmetto fulminandolo. Ormai il combattimento è feroce, accanito; i bersaglieri gli altri son dunque rimasti senza comandante. Tutti si sono buttati in mezzo a quella neve alta, allontanandosi a semicerchio dal sentierino, cercando di avvolgere il paese da più lati, di premerlo in una morsa. Ma i mortai russi continuano a far danni. La neve bianca è letteralmente coperta di fagotti nerastri. Sono i corpi degli Italiani, intabarrati nei loro pastrani grigioverdi, rattrappiti in quelle pose grottesche degli ultimi spasimi dell'agonia. Non hanno nemmeno fatto a tempo a sparare, a imbracciare il ridicolo moschetto per truppe speciali, contro i mortai russi, contro le posizioni nemiche che hanno sparso, come ha scritto tempo addietro una persona oggi defunta, Luigi E. Gianturco, "morte e disordine fra gli indifesi".
Woroschilowa, infatti, dal punto di vista tattico, è un assurdo: si tratta a ben vedere di un attacco, condotto appunto secondo la prassi più ortodossa; ma nelle particolari circostanze in cui viene effettuato si tramuta da attacco in autodistruzione. Vogliamo dire che, da offensori, gli Italiani sono in breve tramutati in carne da cannone, in vittime. Impotenti, esposti a un fuoco a cui non sanno né possono reagire, privi come sono di strumenti adeguati, gli Italiani dapprima si fermano, poi cominciano a sbandarsi. Invano il sergente Olivo guida ancora una volta all'assalto la propria squadra; invano i caporalmaggiori Gandini e Trabattoni fanno miracoli, insieme con il mitragliere Chiapparini.
Giuseppe Vasi, un semplice bersagliere, si vede addirittura strappar l'arma di mano da uno scheggione di granata che gli sibila davanti, mentre un violento colpo di mortaio sfracella la gamba di Giulio Panepinto, un sergente, distruggendogli al contempo il prezioso mitragliatore. È ferito un altro caporalmaggiore, Pietro Mancini; si accascia al suolo, colpito, Carlo Panizza; poi è la volta di Aldo Napoli. Vampa... esplosione... uomini che cadono, altri che si rialzano poco dopo come inebetiti. Pietro Medetti, portaferiti, non sa più dove voltarsi. Laggiù un uomo si è abbattuto come un albero colpito dal fulmine. Medetti arranca nella neve; si avvicina. Raffiche sibilano intorno alla sua persona. Il gelo è terribile. Ma ogni soccorso è inutile. Quell'uomo è ormai cadavere.
Amedeo Rainaldi, giovanissimo sottotenente della 1a Compagnia, fa appena in tempo a gridare: "Portate le munizioni!". Poi si abbatte anche lui, falciato da una raffica. Ma quel grido è stato sentito da Pietro Cattaneo, che ha raccolto una cassettina di proiettili e che curvo sotto il peso e per non farsi colpire si avvicina. La sventagliata (non si capisce bene da dove provenga, dove sia il Russo che sta sparando) raggiunge anche lui, che si accascia, ferito, senza riuscire a portare il minimo soccorso al povero Rainaldi. Ma il sottotenente non ha più bisogno di soccorsi: ha già chiuso gli occhi per sempre. Eppure il tenente medico De Ponti, il giorno prima, glielo aveva detto: "Non andare... stai qui... con quei piedi non ce la farai...".
Infatti Rainaldi era stato colpito da un inizio di congelamento durante la celebre battaglia di Natale; era stato uno dei primi che erano saliti sui carri tedeschi per meglio inseguire le truppe russe. Poi, al rientro, s'era dovuto mettere a letto, con un febbrone da cavallo. I piedi, gonfi, purulenti, facevano un groppo sotto le coperte, come se si fosse coricato con degli enormi scarponi da montagna. Una ventina di giorni dopo aveva cominciato ad alzarsi, a camminare un po', ma non poteva più calzare gli scarponi. Allora s'era infilato i più comodi e caldi valenki, le calzature di feltro fabbricate dalle donne ucraine, ideali sulla neve gelata ma inservibili al momento del disgelo.
Il 25 gennaio s'era così trovato in riga con gli altri... A battaglia finita, con il cuore gonfio, il caporalmaggiore Piero Mancini, che lo aveva visto morire, prenderà la penna per scrivere al padre, Riziero Rainaldi, per comunicargli la morte del figlio; lo farà umilmente, con un tono rispettoso, così: "... il 25 gennaio, anche se il signor tenente Rainaldi non stava bene, anzi i piedi gli doloravano, e in più il gonfiore gli era aumentato per le fatiche, e gli ostacolava il camminare, volle nuovamente partecipare alla conquista di Woroschilowa, malgrado il medico e i suoi colleghi e tutti noi bersaglieri lo pregassimo di rimanere a letto. Fu sempre alla testa del suo plotone e cadde per ultimo, ferito a morte; in quelle condizioni, a terra, continuava a incitarci: "Savoia... avanti... portate le munizioni"; ma un'altra raffica lo fece tacere; io fui ferito; e venne l'ordine di ripiegamento dentro le nostre linee".
Fotografia dell'archivio storico della Legione Tagliamento: isba a Woroschilowa.
Woroschilowa: un buco senza speranza, di Giulio Ricchezza - quarta parte.
Un tenue chiarore comincia a diffondersi all'orizzonte. Le tre compagnie di bersaglieri e CC.NN. continuavano a scalpicciare sulla neve gelata del sentierino. Il nemico non dovrebbe essere lontano. Il generale Marazzani è a Iwanowski. Non immagina che i suoi della Celere stanno per prender contatto coi Russi. Ma sa che dopo tutte quelle ore di marcia, nel gelo siberiano, i suoi uomini devono essere esausti; riusciranno a trovare ancora la forza per combattere?
Improvvisamente, nei pressi del villaggio di Woroschilowa, appaiono lungo la piana le caratteristiche lingue di fuoco dei colpi in partenza; tutti i bersaglieri che stanno ancora camminando in fila indiana e con loro i legionari della Tagliamento, quelli dei servizi che sono stati messi nel numero, i complementi appena arrivati al fronte, freschi freschi, ignari di Russia e di guerra, si sparpagliano a semicerchio per evitare di essere presi d'infilata. Ma al di fuori di quel maledetto sentiero a mala pena tracciato nella neve, si affonda fino al ginocchio; procedere è quasi impossibile, piazzare un'arma per rispondere al tiro avversario diventa assurdo. Nigra è li che cerca di imbastire un'azione qualunque; quel fuoco immediato dei Russi, segno indubbio che il nemico stava all'erta e ha reagito con prontezza fin eccessiva, lo ha sconcertato. Forse i Russi avevano nei dintorni di Iwanowski degli informatori locali che senza farsi scorgere sono arrivati la notte stessa per avvisare dell'imminente attacco. Chi lo sa.
Accanto a Nigra c'è il tenente Devizi. All'improvviso questi - mentre la buriana dei colpi infuria adesso senza posa - vede il colonnello che si affloscia senza un gemito: una pallottola russa gli ha perforato l'elmetto fulminandolo. Ormai il combattimento è feroce, accanito; i bersaglieri gli altri son dunque rimasti senza comandante. Tutti si sono buttati in mezzo a quella neve alta, allontanandosi a semicerchio dal sentierino, cercando di avvolgere il paese da più lati, di premerlo in una morsa. Ma i mortai russi continuano a far danni. La neve bianca è letteralmente coperta di fagotti nerastri. Sono i corpi degli Italiani, intabarrati nei loro pastrani grigioverdi, rattrappiti in quelle pose grottesche degli ultimi spasimi dell'agonia. Non hanno nemmeno fatto a tempo a sparare, a imbracciare il ridicolo moschetto per truppe speciali, contro i mortai russi, contro le posizioni nemiche che hanno sparso, come ha scritto tempo addietro una persona oggi defunta, Luigi E. Gianturco, "morte e disordine fra gli indifesi".
Woroschilowa, infatti, dal punto di vista tattico, è un assurdo: si tratta a ben vedere di un attacco, condotto appunto secondo la prassi più ortodossa; ma nelle particolari circostanze in cui viene effettuato si tramuta da attacco in autodistruzione. Vogliamo dire che, da offensori, gli Italiani sono in breve tramutati in carne da cannone, in vittime. Impotenti, esposti a un fuoco a cui non sanno né possono reagire, privi come sono di strumenti adeguati, gli Italiani dapprima si fermano, poi cominciano a sbandarsi. Invano il sergente Olivo guida ancora una volta all'assalto la propria squadra; invano i caporalmaggiori Gandini e Trabattoni fanno miracoli, insieme con il mitragliere Chiapparini.
Giuseppe Vasi, un semplice bersagliere, si vede addirittura strappar l'arma di mano da uno scheggione di granata che gli sibila davanti, mentre un violento colpo di mortaio sfracella la gamba di Giulio Panepinto, un sergente, distruggendogli al contempo il prezioso mitragliatore. È ferito un altro caporalmaggiore, Pietro Mancini; si accascia al suolo, colpito, Carlo Panizza; poi è la volta di Aldo Napoli. Vampa... esplosione... uomini che cadono, altri che si rialzano poco dopo come inebetiti. Pietro Medetti, portaferiti, non sa più dove voltarsi. Laggiù un uomo si è abbattuto come un albero colpito dal fulmine. Medetti arranca nella neve; si avvicina. Raffiche sibilano intorno alla sua persona. Il gelo è terribile. Ma ogni soccorso è inutile. Quell'uomo è ormai cadavere.
Amedeo Rainaldi, giovanissimo sottotenente della 1a Compagnia, fa appena in tempo a gridare: "Portate le munizioni!". Poi si abbatte anche lui, falciato da una raffica. Ma quel grido è stato sentito da Pietro Cattaneo, che ha raccolto una cassettina di proiettili e che curvo sotto il peso e per non farsi colpire si avvicina. La sventagliata (non si capisce bene da dove provenga, dove sia il Russo che sta sparando) raggiunge anche lui, che si accascia, ferito, senza riuscire a portare il minimo soccorso al povero Rainaldi. Ma il sottotenente non ha più bisogno di soccorsi: ha già chiuso gli occhi per sempre. Eppure il tenente medico De Ponti, il giorno prima, glielo aveva detto: "Non andare... stai qui... con quei piedi non ce la farai...".
Infatti Rainaldi era stato colpito da un inizio di congelamento durante la celebre battaglia di Natale; era stato uno dei primi che erano saliti sui carri tedeschi per meglio inseguire le truppe russe. Poi, al rientro, s'era dovuto mettere a letto, con un febbrone da cavallo. I piedi, gonfi, purulenti, facevano un groppo sotto le coperte, come se si fosse coricato con degli enormi scarponi da montagna. Una ventina di giorni dopo aveva cominciato ad alzarsi, a camminare un po', ma non poteva più calzare gli scarponi. Allora s'era infilato i più comodi e caldi valenki, le calzature di feltro fabbricate dalle donne ucraine, ideali sulla neve gelata ma inservibili al momento del disgelo.
Il 25 gennaio s'era così trovato in riga con gli altri... A battaglia finita, con il cuore gonfio, il caporalmaggiore Piero Mancini, che lo aveva visto morire, prenderà la penna per scrivere al padre, Riziero Rainaldi, per comunicargli la morte del figlio; lo farà umilmente, con un tono rispettoso, così: "... il 25 gennaio, anche se il signor tenente Rainaldi non stava bene, anzi i piedi gli doloravano, e in più il gonfiore gli era aumentato per le fatiche, e gli ostacolava il camminare, volle nuovamente partecipare alla conquista di Woroschilowa, malgrado il medico e i suoi colleghi e tutti noi bersaglieri lo pregassimo di rimanere a letto. Fu sempre alla testa del suo plotone e cadde per ultimo, ferito a morte; in quelle condizioni, a terra, continuava a incitarci: "Savoia... avanti... portate le munizioni"; ma un'altra raffica lo fece tacere; io fui ferito; e venne l'ordine di ripiegamento dentro le nostre linee".
Fotografia dell'archivio storico della Legione Tagliamento: isba a Woroschilowa.
Una serata con Giuseppe Bassi
Ricevo dal gentile Signor Carlo, figlio di Giuseppe Bassi, reduce di Russia.
Sabato 30 ottobre alle 20.30 all'auditorium di Galzignano Terme (PD) si terrà la presentazione del libro "Dal fronte del Don ai lager sovietici", presente il protagonista Giuseppe Bassi.
Sabato 30 ottobre alle 20.30 all'auditorium di Galzignano Terme (PD) si terrà la presentazione del libro "Dal fronte del Don ai lager sovietici", presente il protagonista Giuseppe Bassi.
martedì 5 ottobre 2021
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