Immagini del mio primo trekking effettuato nel 2013... Venerdì 25 gennaio - 7a tappa Km.15,0: da Romachowa a Nikitowka. Arrivo a Nikitowka... il giorno dopo sarebbe stata Nikolajewka per la prima volta nella mia vita, almeno raggiunta così!
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Trekking ed escursioni in Russia sui campi di battaglia della Seconda Guerra Mondiale
Danilo Dolcini - Phone 349.6472823 - Email danilo.dolcini@gmail.com - FB Un italiano in Russia
martedì 10 dicembre 2024
Le marce del davai
Ma realmente cosa accadde durante le tristemente famose "marce del davai"? Lo lascio raccontare ad un "protagonista" d'eccezione, suo malgrado. Ecco la testimonianza di Giuseppe Bassi, uno degli ultimi reduci di Russia in vita, dal suo libro "Dal fronte del Don ai lager sovietici - 42 mesi di prigionia nei campi di Tambov - Oranki - Suzdal - Vladimir - Odessa - S.Valentino”.
“Eravamo una turba di soldati esausti e demoralizzati, provati dalle sofferenze di una marcia tormentata dal freddo, da cinque giorni di fame, dal sonno e dai continui combattimenti marciavamo sotto la sferza del grido tragico: “Davai, davi, bistreij!” cioè: “Avanti, avanti, presto!”, gridato in continuazione dai soldati russi. Mentre la neve continuava a cadere, stormi di lugubri corvi svolazzavano gracchiando sopra le nostre teste. La lunga colonna, come una serpe umana si snodava sulla neve lasciando ai bordi della pista, rigidi corpi stremati dalla fatica; ogni tanto alle nostre spalle sentivamo i colpi che partivano dai moschetti delle sentinelle russe che “risparmiavano” le sofferenze della prigionia a tanti nostri soldati incapaci di proseguire. Fiocchi di neve avrebbero coperto quei corpi che presto sarebbero stati irrigiditi dal gelo. Uno sguardo impotente verso gli uccisi e di odio verso i carnefici, ci dava la forza e l'energia per proseguire nella marcia crudele. A volte il grido straziante di “Pausa, pausa…” risaliva come una valanga per giungere come invocazione ai soldati russi che in testa, facevano il passo. Se la pausa veniva concessa, ci si accovacciata a terra, approfittando della sosta per mangiare qualche manciata di neve. Era questo il nostro cibo e la nostra bevanda. Al grido di “Davai” qualcuno restava a terra, vinto dalla fatica e allora bisognava svegliarlo con la forza, altrimenti sarebbe stato una delle tante vittime della morte bianca. Alle nostre continue richieste su quanti chilometri ci fossero ancora da percorrere, le sentinelle rispondevano sempre: “Dsvai” (due) e la marcia, implacabile, continuava in mezzo ad una bufera di neve che ci investiva nel pieno della notte. Il vento sollevava dalla steppa una neve ghiacciata, sottile e gelida che ci tagliuzzava il viso e, come spilli, ci penetrava nella carne; molti morirono assiderati in quell'interminabile notte. Il freddo polare e la tormenta di neve rendevano inumana ed insostenibile la marcia notturna nella steppa. Nelle condizioni fisiche e morali in cui ci trovavamo, solo Iddio poteva salvarci da quest’inferno e la nostra volontà di vivere per poter testimoniare e raccontare ciò che ci stava succedendo, senza immaginare che il nostro calvario era appena cominciato. Il Rosario dei chilometri continuava con i morti ai bordi della pista che indicavano il cammino percorso dalle colonne che ci avevano preceduto […]”.
“Eravamo una turba di soldati esausti e demoralizzati, provati dalle sofferenze di una marcia tormentata dal freddo, da cinque giorni di fame, dal sonno e dai continui combattimenti marciavamo sotto la sferza del grido tragico: “Davai, davi, bistreij!” cioè: “Avanti, avanti, presto!”, gridato in continuazione dai soldati russi. Mentre la neve continuava a cadere, stormi di lugubri corvi svolazzavano gracchiando sopra le nostre teste. La lunga colonna, come una serpe umana si snodava sulla neve lasciando ai bordi della pista, rigidi corpi stremati dalla fatica; ogni tanto alle nostre spalle sentivamo i colpi che partivano dai moschetti delle sentinelle russe che “risparmiavano” le sofferenze della prigionia a tanti nostri soldati incapaci di proseguire. Fiocchi di neve avrebbero coperto quei corpi che presto sarebbero stati irrigiditi dal gelo. Uno sguardo impotente verso gli uccisi e di odio verso i carnefici, ci dava la forza e l'energia per proseguire nella marcia crudele. A volte il grido straziante di “Pausa, pausa…” risaliva come una valanga per giungere come invocazione ai soldati russi che in testa, facevano il passo. Se la pausa veniva concessa, ci si accovacciata a terra, approfittando della sosta per mangiare qualche manciata di neve. Era questo il nostro cibo e la nostra bevanda. Al grido di “Davai” qualcuno restava a terra, vinto dalla fatica e allora bisognava svegliarlo con la forza, altrimenti sarebbe stato una delle tante vittime della morte bianca. Alle nostre continue richieste su quanti chilometri ci fossero ancora da percorrere, le sentinelle rispondevano sempre: “Dsvai” (due) e la marcia, implacabile, continuava in mezzo ad una bufera di neve che ci investiva nel pieno della notte. Il vento sollevava dalla steppa una neve ghiacciata, sottile e gelida che ci tagliuzzava il viso e, come spilli, ci penetrava nella carne; molti morirono assiderati in quell'interminabile notte. Il freddo polare e la tormenta di neve rendevano inumana ed insostenibile la marcia notturna nella steppa. Nelle condizioni fisiche e morali in cui ci trovavamo, solo Iddio poteva salvarci da quest’inferno e la nostra volontà di vivere per poter testimoniare e raccontare ciò che ci stava succedendo, senza immaginare che il nostro calvario era appena cominciato. Il Rosario dei chilometri continuava con i morti ai bordi della pista che indicavano il cammino percorso dalle colonne che ci avevano preceduto […]”.
sabato 7 dicembre 2024
Onori a Gianfranco Dalla Fior
Sottotenente Gianfranco Dalla Fior, nato a Trento il 25.12.1921, morto ad Oranki (Russia) il 20.02.1943.
"A Giuseppe Bassi, compagno d'armi del mio Caro Gianfranco che condivise con Lui le sofferenze della più dura prigionia, perché sempre lo ricordi, con affetto sincero, la sua mamma".
Dal bellissimo libro "Dal fronte del Don ai lager sovietici - 42 mesi di prigionia nei campi di Tambov - Oranki - Suzdal - Vladimir - Odessa - S.Valentino” di Giuseppe Bassi... poche righe che spiegano ancora oggi lo strazio di tante mamme che aspettarono e sperarono...
"A Giuseppe Bassi, compagno d'armi del mio Caro Gianfranco che condivise con Lui le sofferenze della più dura prigionia, perché sempre lo ricordi, con affetto sincero, la sua mamma".
Dal bellissimo libro "Dal fronte del Don ai lager sovietici - 42 mesi di prigionia nei campi di Tambov - Oranki - Suzdal - Vladimir - Odessa - S.Valentino” di Giuseppe Bassi... poche righe che spiegano ancora oggi lo strazio di tante mamme che aspettarono e sperarono...
In memoria di chi non è più tornato
In memoria di quei soldati italiani che a migliaia non tornarono mai più a casa... dal bellissimo libro "Dal fronte del Don ai lager sovietici - 42 mesi di prigionia nei campi di Tambov - Oranki - Suzdal - Vladimir - Odessa - S.Valentino” di Giuseppe Bassi.
giovedì 28 novembre 2024
Il viaggio del 2013, da Romachowa a Nikitowka
Immagini del mio primo trekking effettuato nel 2013... Venerdì 25 gennaio - 7a tappa Km.15,0: da Romachowa a Nikitowka. Nella steppa ma in vista di Nikitowka.
Le fotografie di Carlo Mezzena, 05
Le fotografie di Carlo Mezzena, Sottotenente della 31ª Batteria del Gruppo Bergamo, Divisione Alpina Tridentina. Ogni fotografia è stata recuperata dalla precedente pubblicazione dell'intero album e trattata con l'intelligenza artificiale per renderla più nitida e dettagliata.
"La fine di una locomotiva".
"La fine di una locomotiva".
Le fotografie di Carlo Mezzena, 04
Le fotografie di Carlo Mezzena, Sottotenente della 31ª Batteria del Gruppo Bergamo, Divisione Alpina Tridentina. Ogni fotografia è stata recuperata dalla precedente pubblicazione dell'intero album e trattata con l'intelligenza artificiale per renderla più nitida e dettagliata.
"L'opera dei partigiani".
"L'opera dei partigiani".
lunedì 25 novembre 2024
Il viaggio del 2013, da Romachowa a Nikitowka
Immagini del mio primo trekking effettuato nel 2013... Venerdì 25 gennaio - 7a tappa Km.15,0: da Romachowa a Nikitowka. Villaggi e isbe abbandonate nella steppa russa.
L'Armata Rossa nel 1942
Nel novembre 1942, quando i sovietici passarono alla controffensiva dando inizio ad una serie di grandi operazioni il cui esito segnò il capovolgimento in loro favore delle sorti della guerra, la forza dell'Armata Rossa era la seguente:
Combattenti nell'Armata Rossa: 6.124.000
Artiglierie esclusi lanciarazzi multipli e mortai da 50 mm: 77.734
Carri armati e semoventi: 6.956
Velivoli da combattimento: 3.254
Inquadrati nei "Fronti" vi erano:
Divisioni: 391
Brigate fucilieri, brigate corazzate e meccanizzate autonome; 247
Corpi corazzati e meccanizzati: 15
Nella riserva strategica vi erano:
Divisioni: 25
Brigate fucilieri, brigate corazzate e meccanizzate autonome; 7
Corpi corazzati e meccanizzati: 13
Fonte "Le operazioni delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943", Stato Maggiore dell'Esercito.
Combattenti nell'Armata Rossa: 6.124.000
Artiglierie esclusi lanciarazzi multipli e mortai da 50 mm: 77.734
Carri armati e semoventi: 6.956
Velivoli da combattimento: 3.254
Inquadrati nei "Fronti" vi erano:
Divisioni: 391
Brigate fucilieri, brigate corazzate e meccanizzate autonome; 247
Corpi corazzati e meccanizzati: 15
Nella riserva strategica vi erano:
Divisioni: 25
Brigate fucilieri, brigate corazzate e meccanizzate autonome; 7
Corpi corazzati e meccanizzati: 13
Fonte "Le operazioni delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943", Stato Maggiore dell'Esercito.
giovedì 21 novembre 2024
Ricordi, parte 32
«… Ogni anno quando cadeva la prima neve e dalla finestra che guarda gli orti vedevo tetti e montagne imbiancarsi, mi prendeva una malinconia che stringeva il cuore e mi isolava da tutto il resto. Come se questa neve avvolgesse e coprisse la vita che è nel corpo. Anche di notte mi svegliavo quando nevicava. Lo sentivo che nevicava, e stavo immobile dentro il letto. I primi anni prendevo gli sci e andavo. Andavo da solo dove non avrei incontrato nessuno. Nessuno, tranne quello che avevo lasciato là. […] Ma io sapevo. Avevo visto cose che non si possono dire alle madri. Così, ogni volta che nevicava era come morire un poco…».
Dal libro "Ritorno sul Don" di Mario Rigoni Stern, per me il libro in assoluto più bello sulla Campagna di Russia.
Dal libro "Ritorno sul Don" di Mario Rigoni Stern, per me il libro in assoluto più bello sulla Campagna di Russia.
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