Speciali di Storia Illustrata, Campagna di Russia - La tragedia dell'ARMIR, Agosto 1999, ottava parte.
Dal 2011 camminiamo in Russia e ci regaliamo emozioni
Trekking ed escursioni in Russia sui campi di battaglia della Seconda Guerra Mondiale
Danilo Dolcini - Phone 349.6472823 - Email danilo.dolcini@gmail.com - FB Un italiano in Russia
martedì 27 dicembre 2022
Ritorno sul Don, parte 2
Tutto il materiale proposto fa riferimento all'articolo 70 comma 1 della legge numero 633 del 22 Aprile 1941 che cita "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali".
Questa era la terza volta che andavo nelle Russie; la prima fu quando partimmo da Aosta con il Cervino, la notte del 13 gennaio 1942. Nevicava, allora. Gli alpini salivano sui vagoni con fiaschi e bottiglie in mano e nello zaino, e vino in corpo; si cantava [...] Il viaggio fu lungo, durò fino al 21 febbraio: quaranta giorni attraverso la Germania, la Polonia e l'Ucraina. Il freddo era intenso e persistente. [...]
Più avanti, in Polonia, il treno si fermava perché i partigiani facevano saltare i binari o i ponti sui fiumi. [...] Un giorno incrociammo un treno carico di feriti che scendevano dal fronte di Mosca; stavano ammucchiati sulla paglia dentro i vagoni merci, fasciati con bende di carta, poco coperti, pidocchiosi. Erano nelle medesime condizioni di come si sarebbe stati noi un anno dopo, all'uscita della sacca del Don. Un alpino di Gressoney che parlava tedesco chiese a uno di loro sua volta ci aveva chiesto da fumare: - Come va la guerra? - Merda! - ci rispose.
Nello scompartimento di terza classe assieme a me c'erano De Marzi, Bonomi e Marcellin; due dormivano sulle panche e due sui teli da tenda tesi come amache. Io stavo sopra, dentro il telo, e quando il treno partiva o si fermava gli scossoni erano tali che si dondolava per un bel poco. [...] Una volta ci dissero che il treno sarebbe stato fermato per almeno sei o sette ore. [...] C'era il mercato: uova, galline, nastri, paste colorate, semi di girasole, sedie impagliate, utensili da tavola in legno e donne che conversavano animatamente. Due soldati tedeschi delle SS, armati di tutto punto, osservavano staccati e con aria di sufficienza. [...]
In un altro villaggio incontrai un vecchio che nel 1917 era stato con gli austriaci nel mio paese devastato; io gli offrii tabacco e lui mi portò un secchio di birra, e stemmo a conversare in una lingua strana, ma dicendoci tante cose, durante tutta la sosta. Il 7 febbraio eravamo a Leopoli e qui più che altrove si vedevano i segni della guerra. [...]
Il 23 febbraio il generale Messe che comandava il CSIR venne a Jassinovataja e ci fece il discorso. Disse che il Cervino era un battaglione speciale, da non sprecarsi, e che il nostro compito sarebbe stato di far pattuglie nelle retrovie russe e colpi di mano.
Venne un marzo freddo che per niente annunciava la primavera. Si andava di pattuglia con gli sci per le pianure nei dintorni di Rikovo, e un giorno ci imbattemmo in una grande fossa ricolma di cadaveri nudi di ogni età e sesso. Restammo sconvolti e quando un tenente volle ritornare su quel posto con la macchina fotografica, trovò le fosse coperte con terra e neve. [...]
Qualche pomeriggio ci portavano anche a teatro. La compagnia teatrale era di ragazze e ragazzi ucraini che ballavano e cantavano in costume. I soldati che affollavano il teatro di Rikowo fischiavano, urlavano e battevano i piedi quando nel ritmo della danza apparivano le ginocchia delle ragazze o sobbalzavano i seni. Ma certe canzoni profondamente malinconiche facevano stare tutti zitti. [...]
Nella primavera del 1942 ritornai in Italia con alcuni compagni, alla Scuola d'Aosta. Alla stazione di Jassinovataja, Simonutti e Anzi rubarono alla sussistenza un barile di cognac; dopo la bevuta si addormentarono in Russia e si svegliarono a Udine. Nell'estate ritornai al mio reggimento e ripartimmo per le Russie la seconda volta.
Eravamo in tanti, questa volta, tre divisioni: nove reggimenti di alpini e tre di artiglieria, e i servizi; tanti lunghi treni, con tanti muli, non i trecento alpini del Cervino. Diceva, radio scarpa, che si sarebbe andati nel Caucaso per poi scendere da lì per l'Armenia sino a incontrare l'armata dell'Africa che sarebbe salita dall'Egitto. [...]
Era una domenica mattina e, al comando «Zaino in spalla, riposo», uscimmo dalla caserma Monte Grappa con la bocca ancora impastata per il vino della notte. Le strade mattutine di una Torino ancora addormentata erano deserte; i rari passanti si fermavano sui marciapiedi e ci guardavano passare senza farci alcun gesto. Il rumore dei chiodi degli scarponi e zoccoli dei muli sull'asfalto di corso Vinzaglio sembrava riempire la città [...] Erano gli alpini della Tridentina che andavano in Russia.
Alle 10,40 la tradotta parti, e Gazzoli, il tromba della compagnia, suonò l'avanti; il macchinista rispose con il fischio del vapore. Gli alpini urlarono. [...] Cosi, con un grande coro, partimmo dalla stazione di Porta Nuova quella domenica del 26 luglio. A Brescia trovammo tanto vino perché dalle montagne erano scesi i parenti dei nostri compagni bresciani; vino, pane e salame anche a Verona per i veronesi, e anche a Trento per i trentini. Poi, quando il treno scese dall'altra parte delle Alpi, stavamo a guardare dalla porta spalancata del carro ferroviario, con le gambe a penzoloni.
Questa era la terza volta che andavo nelle Russie; la prima fu quando partimmo da Aosta con il Cervino, la notte del 13 gennaio 1942. Nevicava, allora. Gli alpini salivano sui vagoni con fiaschi e bottiglie in mano e nello zaino, e vino in corpo; si cantava [...] Il viaggio fu lungo, durò fino al 21 febbraio: quaranta giorni attraverso la Germania, la Polonia e l'Ucraina. Il freddo era intenso e persistente. [...]
Più avanti, in Polonia, il treno si fermava perché i partigiani facevano saltare i binari o i ponti sui fiumi. [...] Un giorno incrociammo un treno carico di feriti che scendevano dal fronte di Mosca; stavano ammucchiati sulla paglia dentro i vagoni merci, fasciati con bende di carta, poco coperti, pidocchiosi. Erano nelle medesime condizioni di come si sarebbe stati noi un anno dopo, all'uscita della sacca del Don. Un alpino di Gressoney che parlava tedesco chiese a uno di loro sua volta ci aveva chiesto da fumare: - Come va la guerra? - Merda! - ci rispose.
Nello scompartimento di terza classe assieme a me c'erano De Marzi, Bonomi e Marcellin; due dormivano sulle panche e due sui teli da tenda tesi come amache. Io stavo sopra, dentro il telo, e quando il treno partiva o si fermava gli scossoni erano tali che si dondolava per un bel poco. [...] Una volta ci dissero che il treno sarebbe stato fermato per almeno sei o sette ore. [...] C'era il mercato: uova, galline, nastri, paste colorate, semi di girasole, sedie impagliate, utensili da tavola in legno e donne che conversavano animatamente. Due soldati tedeschi delle SS, armati di tutto punto, osservavano staccati e con aria di sufficienza. [...]
In un altro villaggio incontrai un vecchio che nel 1917 era stato con gli austriaci nel mio paese devastato; io gli offrii tabacco e lui mi portò un secchio di birra, e stemmo a conversare in una lingua strana, ma dicendoci tante cose, durante tutta la sosta. Il 7 febbraio eravamo a Leopoli e qui più che altrove si vedevano i segni della guerra. [...]
Il 23 febbraio il generale Messe che comandava il CSIR venne a Jassinovataja e ci fece il discorso. Disse che il Cervino era un battaglione speciale, da non sprecarsi, e che il nostro compito sarebbe stato di far pattuglie nelle retrovie russe e colpi di mano.
Venne un marzo freddo che per niente annunciava la primavera. Si andava di pattuglia con gli sci per le pianure nei dintorni di Rikovo, e un giorno ci imbattemmo in una grande fossa ricolma di cadaveri nudi di ogni età e sesso. Restammo sconvolti e quando un tenente volle ritornare su quel posto con la macchina fotografica, trovò le fosse coperte con terra e neve. [...]
Qualche pomeriggio ci portavano anche a teatro. La compagnia teatrale era di ragazze e ragazzi ucraini che ballavano e cantavano in costume. I soldati che affollavano il teatro di Rikowo fischiavano, urlavano e battevano i piedi quando nel ritmo della danza apparivano le ginocchia delle ragazze o sobbalzavano i seni. Ma certe canzoni profondamente malinconiche facevano stare tutti zitti. [...]
Nella primavera del 1942 ritornai in Italia con alcuni compagni, alla Scuola d'Aosta. Alla stazione di Jassinovataja, Simonutti e Anzi rubarono alla sussistenza un barile di cognac; dopo la bevuta si addormentarono in Russia e si svegliarono a Udine. Nell'estate ritornai al mio reggimento e ripartimmo per le Russie la seconda volta.
Eravamo in tanti, questa volta, tre divisioni: nove reggimenti di alpini e tre di artiglieria, e i servizi; tanti lunghi treni, con tanti muli, non i trecento alpini del Cervino. Diceva, radio scarpa, che si sarebbe andati nel Caucaso per poi scendere da lì per l'Armenia sino a incontrare l'armata dell'Africa che sarebbe salita dall'Egitto. [...]
Era una domenica mattina e, al comando «Zaino in spalla, riposo», uscimmo dalla caserma Monte Grappa con la bocca ancora impastata per il vino della notte. Le strade mattutine di una Torino ancora addormentata erano deserte; i rari passanti si fermavano sui marciapiedi e ci guardavano passare senza farci alcun gesto. Il rumore dei chiodi degli scarponi e zoccoli dei muli sull'asfalto di corso Vinzaglio sembrava riempire la città [...] Erano gli alpini della Tridentina che andavano in Russia.
Alle 10,40 la tradotta parti, e Gazzoli, il tromba della compagnia, suonò l'avanti; il macchinista rispose con il fischio del vapore. Gli alpini urlarono. [...] Cosi, con un grande coro, partimmo dalla stazione di Porta Nuova quella domenica del 26 luglio. A Brescia trovammo tanto vino perché dalle montagne erano scesi i parenti dei nostri compagni bresciani; vino, pane e salame anche a Verona per i veronesi, e anche a Trento per i trentini. Poi, quando il treno scese dall'altra parte delle Alpi, stavamo a guardare dalla porta spalancata del carro ferroviario, con le gambe a penzoloni.
Cronaca di una sconfitta annunciata, 27.12.42
Cronaca di una sconfitta annunciata; dall'11 dicembre 1942 al 31 gennaio 1943, giorno per giorno, la cronistoria dell'ARMIR durante l'offensiva sovietica "Piccolo Saturno". Tratto da "Le operazioni delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943), edito dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.
27 DICEMBRE.
BLOCCO SUD.
Nelle ore meridiane del 27 dicembre era compiuto un breve spostamento verso ovest, fino a Nikolajevskij, per migliorare gli alloggiamenti, ma non appena i reparti stavano sistemandovisi, alle ore 22 un ordine del XXIX Corpo ordinava la ripresa del movimento su Bolscioj Ternovyi, in valle Gnilaja. A mezzanotte, nella tormenta, veniva ripresa la marcia, disturbata, in coda, da attacchi di partigiani e, sul fianco destro, alle ore 4 del 28 dicembre, da reparti regolari sovietici. Alle ore 5,30, quando Bolscioj Ternovyi distava ormai soltanto 3 chilometri, un aereo tedesco lanciava un messaggio sulla colonna. Era una carta 1:300.000, con il segno di una forte occupazione nemica a Bolscioj Ternovyi e con l'indicazione di un nuovo itinerario fino a Skassirskaia, occupata da forze tedesche.
Si sarebbe trattato, però, di coprire una nuova tappa di altri 40 chilometri, in aggiunta ai 35 appena percorsi, portando la distanza complessiva a 75 chilometri senza soste intermedie, fuori delle piste, nelle descritte condizioni ambientali. La mancanza assoluta di carburante determinava un ulteriore sacrificio di automezzi e di bocche da fuoco. Carri armati sovietici attaccavano la colonna in testa ed in coda e tre di essi erano distrutti dalla poca artiglieria rimasta. Le perdite di uomini, per esaurimento e per congelamento, si moltiplicavano.
BLOCCO NORD.
Il 27 dicembre venivano richiesti al Comando d'Armata, nuovamente per mezzo della radio della 298a Divisione, l'invio di medicinali, lo sgombero aereo dei feriti più gravi e con automezzi (non appena fosse stata aperta la strada) di 2.000 feriti e congelati meno gravi. Veniva anche richiesta la presenza di un ufficiale del Comando d'Armata per constatare la gravità della situazione e prendere accordi per lo sgombero di feriti ed ammalati. Il necessario riordinamento dei reparti si dimostrava impossibile, poiché il nemico sempre vigilante non consentiva di effettuare adunate all'aperto. Il fuoco delle artiglierie, mortai e lanciarazzi provocava perdite tra gli uomini e la distruzione delle abitazioni. I reparti italiani erano assegnati alla difesa del settore orientale, contiguo ai loro alloggiamenti.
FRONTE DEL CORPO D'ARMATA ALPINO.
La lotta si protraeva sullo stesso terreno nelle giornate del 27 e del 28, in una alternanza di perdite e di riconquiste di posizioni che, però, alla sera del 28 erano tutte in mano italiana. Le sole perdite per congelamento nella giornata del 28 ammontavano a 103.
27 DICEMBRE.
BLOCCO SUD.
Nelle ore meridiane del 27 dicembre era compiuto un breve spostamento verso ovest, fino a Nikolajevskij, per migliorare gli alloggiamenti, ma non appena i reparti stavano sistemandovisi, alle ore 22 un ordine del XXIX Corpo ordinava la ripresa del movimento su Bolscioj Ternovyi, in valle Gnilaja. A mezzanotte, nella tormenta, veniva ripresa la marcia, disturbata, in coda, da attacchi di partigiani e, sul fianco destro, alle ore 4 del 28 dicembre, da reparti regolari sovietici. Alle ore 5,30, quando Bolscioj Ternovyi distava ormai soltanto 3 chilometri, un aereo tedesco lanciava un messaggio sulla colonna. Era una carta 1:300.000, con il segno di una forte occupazione nemica a Bolscioj Ternovyi e con l'indicazione di un nuovo itinerario fino a Skassirskaia, occupata da forze tedesche.
Si sarebbe trattato, però, di coprire una nuova tappa di altri 40 chilometri, in aggiunta ai 35 appena percorsi, portando la distanza complessiva a 75 chilometri senza soste intermedie, fuori delle piste, nelle descritte condizioni ambientali. La mancanza assoluta di carburante determinava un ulteriore sacrificio di automezzi e di bocche da fuoco. Carri armati sovietici attaccavano la colonna in testa ed in coda e tre di essi erano distrutti dalla poca artiglieria rimasta. Le perdite di uomini, per esaurimento e per congelamento, si moltiplicavano.
BLOCCO NORD.
Il 27 dicembre venivano richiesti al Comando d'Armata, nuovamente per mezzo della radio della 298a Divisione, l'invio di medicinali, lo sgombero aereo dei feriti più gravi e con automezzi (non appena fosse stata aperta la strada) di 2.000 feriti e congelati meno gravi. Veniva anche richiesta la presenza di un ufficiale del Comando d'Armata per constatare la gravità della situazione e prendere accordi per lo sgombero di feriti ed ammalati. Il necessario riordinamento dei reparti si dimostrava impossibile, poiché il nemico sempre vigilante non consentiva di effettuare adunate all'aperto. Il fuoco delle artiglierie, mortai e lanciarazzi provocava perdite tra gli uomini e la distruzione delle abitazioni. I reparti italiani erano assegnati alla difesa del settore orientale, contiguo ai loro alloggiamenti.
FRONTE DEL CORPO D'ARMATA ALPINO.
La lotta si protraeva sullo stesso terreno nelle giornate del 27 e del 28, in una alternanza di perdite e di riconquiste di posizioni che, però, alla sera del 28 erano tutte in mano italiana. Le sole perdite per congelamento nella giornata del 28 ammontavano a 103.
lunedì 26 dicembre 2022
Ritorno sul Don, parte 1
Tutto il materiale proposto fa riferimento all'articolo 70 comma 1 della legge numero 633 del 22 Aprile 1941 che cita "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali".
Ho scelto questa bellissima fotografia di Mario Rigoni Stern con il suo cane per raccontare, al di là della cronaca e dei numeri che riporto in questi giorni di dicembre e che riporterò anche nei prossimi fino alla fine di gennaio, un'altra storia di Russia. Una storia, sempre di Mario Rigoni Stern, che io scoprii tanti anni fa leggendo "Ritorno sul Don" dopo aver letto prima, non ricordo come e perché, "Il sergente nella neve" e "Centomila gavette di ghiaccio" di Bedeschi. Dicevo appunto... lessi "Ritorno sul Don" e continuo a leggerlo ogni anno, non ho mai smesso e non smetterò mai. Le vicende belliche di quella terribile campagna mi sembravano così lontane e relegate alla storia, ma "Ritorno sul Don" no! Era una storia così vicina, una storia che con mille distinguo, potevo vivere anche io. Una storia che ogni volta mi commuoveva e mi commuove, una storia che mi ha spinto a voler andare ad ogni costo in Russia, per vedere e cercare di capire. La riporto per intero per tutte quelle persone che non hanno mai avuto la fortuna di leggerla.
Ogni anno, quando cadeva la prima neve e dalla finestra che guarda gli orti vedevo tetti e montagne imbiancarsi, mi prendeva una malinconia che stringeva il cuore e mi isolava da tutto il resto. Come se questa neve avvolgesse e coprisse la vita che è nel corpo. Anche di notte mi svegliavo quando nevicava. Lo sentivo che nevicava, e stavo immobile dentro il letto. I primi anni prendevo gli sci e andavo. Andavo da solo dove non avrei incontrato nessuno. Nessuno, tranne quello che avevo lasciato là. [...]
Allora per delle giornate intere stavo zitto e chiuso; i colleghi d'ufficio e a casa dicevano che era perché avevo la luna di traverso. Era difficile spiegare, o non volevo. Perché una madre che aspetta non poteva sapere. Aspetta, prega, ma non si stanca di sperare. Magari, dice, è sposato in qualche parte perché la Russia è grande; e magari avrò anche dei nipotini, laggiù. [...] Ma io sapevo. Avevo visto cose che non si possono dire alle madri. Cosi, ogni volta che nevicava era come morire un poco. [...]
Fu per questo vivere, forse, che un mattino di dicembre il cuore si fermò? Forse poteva essere un allarme per dirmi che avevo ancora poco tempo? Ma io so che il tempo della vita non è quello che si misura con l'orologio. Andai in pensione. [...]
Però solo una cosa, ora, mi interessava veramente: avere quanto prima l'indennità di buonuscita che da Roma doveva liquidarmi l'Enpas. Quei soldi li volevo per ritornare in Russia. Forse avrei potuto trovare anche un giornale che avrebbe finanziato il viaggio; ero pur sempre quel tale che aveva scritto Il sergente. [...] Ma non volevo questo, o non cercavo queste strade; volevo essere libero di andare a modo mio.
Quando arrivò l'assegno della Banca d'Italia scrissi all'Inturist di Milano. Era d'estate, e mi risposero che avrebbero organizzato il viaggio per ottobre, quando non ci sarebbe stata la confusione dei turisti; ma fino a Charkov: arrivati là, avremmo dovuto, proseguire, prendere accordi con le organizzazioni locali. [...] Era di notte. Il mio cane abbaiò forte e festoso perché certo credeva che si andasse sulla montagna a galli: - Stai buono, - gli dissi, - per questa partenza non mi dispiace perdere il passo delle beccacce. Ma quando tornerò ne troveremo ancora qualcuna. [...] Pioveva, era notte fonda e mentre l'automobile ci portava giù per i tornanti della montagna per prendere il treno che da Torino arriva fino a Togliattigrad, pensavo alle altre mie partenze.
Ho scelto questa bellissima fotografia di Mario Rigoni Stern con il suo cane per raccontare, al di là della cronaca e dei numeri che riporto in questi giorni di dicembre e che riporterò anche nei prossimi fino alla fine di gennaio, un'altra storia di Russia. Una storia, sempre di Mario Rigoni Stern, che io scoprii tanti anni fa leggendo "Ritorno sul Don" dopo aver letto prima, non ricordo come e perché, "Il sergente nella neve" e "Centomila gavette di ghiaccio" di Bedeschi. Dicevo appunto... lessi "Ritorno sul Don" e continuo a leggerlo ogni anno, non ho mai smesso e non smetterò mai. Le vicende belliche di quella terribile campagna mi sembravano così lontane e relegate alla storia, ma "Ritorno sul Don" no! Era una storia così vicina, una storia che con mille distinguo, potevo vivere anche io. Una storia che ogni volta mi commuoveva e mi commuove, una storia che mi ha spinto a voler andare ad ogni costo in Russia, per vedere e cercare di capire. La riporto per intero per tutte quelle persone che non hanno mai avuto la fortuna di leggerla.
Ogni anno, quando cadeva la prima neve e dalla finestra che guarda gli orti vedevo tetti e montagne imbiancarsi, mi prendeva una malinconia che stringeva il cuore e mi isolava da tutto il resto. Come se questa neve avvolgesse e coprisse la vita che è nel corpo. Anche di notte mi svegliavo quando nevicava. Lo sentivo che nevicava, e stavo immobile dentro il letto. I primi anni prendevo gli sci e andavo. Andavo da solo dove non avrei incontrato nessuno. Nessuno, tranne quello che avevo lasciato là. [...]
Allora per delle giornate intere stavo zitto e chiuso; i colleghi d'ufficio e a casa dicevano che era perché avevo la luna di traverso. Era difficile spiegare, o non volevo. Perché una madre che aspetta non poteva sapere. Aspetta, prega, ma non si stanca di sperare. Magari, dice, è sposato in qualche parte perché la Russia è grande; e magari avrò anche dei nipotini, laggiù. [...] Ma io sapevo. Avevo visto cose che non si possono dire alle madri. Cosi, ogni volta che nevicava era come morire un poco. [...]
Fu per questo vivere, forse, che un mattino di dicembre il cuore si fermò? Forse poteva essere un allarme per dirmi che avevo ancora poco tempo? Ma io so che il tempo della vita non è quello che si misura con l'orologio. Andai in pensione. [...]
Però solo una cosa, ora, mi interessava veramente: avere quanto prima l'indennità di buonuscita che da Roma doveva liquidarmi l'Enpas. Quei soldi li volevo per ritornare in Russia. Forse avrei potuto trovare anche un giornale che avrebbe finanziato il viaggio; ero pur sempre quel tale che aveva scritto Il sergente. [...] Ma non volevo questo, o non cercavo queste strade; volevo essere libero di andare a modo mio.
Quando arrivò l'assegno della Banca d'Italia scrissi all'Inturist di Milano. Era d'estate, e mi risposero che avrebbero organizzato il viaggio per ottobre, quando non ci sarebbe stata la confusione dei turisti; ma fino a Charkov: arrivati là, avremmo dovuto, proseguire, prendere accordi con le organizzazioni locali. [...] Era di notte. Il mio cane abbaiò forte e festoso perché certo credeva che si andasse sulla montagna a galli: - Stai buono, - gli dissi, - per questa partenza non mi dispiace perdere il passo delle beccacce. Ma quando tornerò ne troveremo ancora qualcuna. [...] Pioveva, era notte fonda e mentre l'automobile ci portava giù per i tornanti della montagna per prendere il treno che da Torino arriva fino a Togliattigrad, pensavo alle altre mie partenze.
Il viaggio del 2013, da Podgornoje a Postojalyi
Immagini del mio primo trekking effettuato nel 2013... Sabato 19 gennaio - 1a tappa Km.29: da Podgornoje a Opit, a Postojalyi. Finalmente e al termine della salita di Opit troviamo questo T-34/85 a ricordo degli avvenimenti bellici che qui si verificarono nel gennaio del 1943.
Cronaca di una sconfitta annunciata, 26.12.42
Cronaca di una sconfitta annunciata; dall'11 dicembre 1942 al 31 gennaio 1943, giorno per giorno, la cronistoria dell'ARMIR durante l'offensiva sovietica "Piccolo Saturno". Tratto da "Le operazioni delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943), edito dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.
26 DICEMBRE.
BLOCCO SUD.
La marcia era ripresa alle ore 3 del 26 dicembre, con la temperatura di -38°. Alle ore 12, tre aerei tedeschi bombardavano per errore la colonna infliggendole forti perdite. La località di tappa, Nizne Petrovskij, era occupata alle 15, dopo due ore di combattimento.
FRONTE DEL CORPO D'ARMATA ALPINO.
Alle ore 3 del 26 dicembre i sovietici attaccavano il fronte dei battaglioni Tolmezzo e Val Cismon. Verso le ore 7 accentuavano gli sforzi sul Val Cismon, ottenendo parziali successi, annullati da un immediato contrassalto sostenuto da un plotone di carri armati tedeschi. Il Comandante del XXIV Corpo tedesco, esprimendo il suo compiacimento, esteso anche alle artiglierie che avevano appoggiato l'azione (gruppi Conegliano, Val Piave e XXIII/2° da 105/28), definiva gli alpini «molto aggressivi nell'attacco». Le perdite erano state ingenti dall'una e all'altra parte, per quella italiana aggravate dai congelamenti (64 nella sola 59a compagnia del battaglione Vicenza).
26 DICEMBRE.
BLOCCO SUD.
La marcia era ripresa alle ore 3 del 26 dicembre, con la temperatura di -38°. Alle ore 12, tre aerei tedeschi bombardavano per errore la colonna infliggendole forti perdite. La località di tappa, Nizne Petrovskij, era occupata alle 15, dopo due ore di combattimento.
FRONTE DEL CORPO D'ARMATA ALPINO.
Alle ore 3 del 26 dicembre i sovietici attaccavano il fronte dei battaglioni Tolmezzo e Val Cismon. Verso le ore 7 accentuavano gli sforzi sul Val Cismon, ottenendo parziali successi, annullati da un immediato contrassalto sostenuto da un plotone di carri armati tedeschi. Il Comandante del XXIV Corpo tedesco, esprimendo il suo compiacimento, esteso anche alle artiglierie che avevano appoggiato l'azione (gruppi Conegliano, Val Piave e XXIII/2° da 105/28), definiva gli alpini «molto aggressivi nell'attacco». Le perdite erano state ingenti dall'una e all'altra parte, per quella italiana aggravate dai congelamenti (64 nella sola 59a compagnia del battaglione Vicenza).
Il viaggio del 2013, da Podgornoje a Postojalyi
Immagini del mio primo trekking effettuato nel 2013... Sabato 19 gennaio - 1a tappa Km.29: da Podgornoje a Opit, a Postojalyi. Affrontiamo per la prima volta la famosissima salita di Opit da Podgornoje; su questa salita gli Alpini dovettero abbandonare decine di mezzi.
Cronaca di una sconfitta annunciata, 25.12.42
Cronaca di una sconfitta annunciata; dall'11 dicembre 1942 al 31 gennaio 1943, giorno per giorno, la cronistoria dell'ARMIR durante l'offensiva sovietica "Piccolo Saturno". Tratto da "Le operazioni delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943), edito dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.
25 DICEMBRE.
BLOCCO NORD.
Alle ore 7 del 25 dicembre, a Sceptukovka la colonna oltrepassava la ferrovia sostando quindi fino alle 13; era però disturbata da un bombardamento aereo. Alla ripresa del movimento la marcia si faceva sempre più penosa; molti militari restavano indietro, alcuni davano segni di alienazione mentale, provocata dalla fatica, dal freddo, dal biancore ossessionante del paesaggio, dal prolungato digiuno. Alle ore 22 la testa della colonna raggiungeva Tcertkovo, dove il comandante delle forze italiane della difesa faceva distribuire vettovaglie ed assicurava alloggiamenti al coperto. L'afflusso dei ritardatari continuava per l'intera giornata del 26 dicembre. Dall'esame della situazione, subito condotto con il Comando locale e con quello tedesco, risultava che la via verso ovest, su Belovodsk, era in possesso del nemico e che il movimento non poteva essere proseguito.
FRONTE DEL CORPO D'ARMATA ALPINO.
La giornata di Natale trascorreva relativamente calma.
25 DICEMBRE.
BLOCCO NORD.
Alle ore 7 del 25 dicembre, a Sceptukovka la colonna oltrepassava la ferrovia sostando quindi fino alle 13; era però disturbata da un bombardamento aereo. Alla ripresa del movimento la marcia si faceva sempre più penosa; molti militari restavano indietro, alcuni davano segni di alienazione mentale, provocata dalla fatica, dal freddo, dal biancore ossessionante del paesaggio, dal prolungato digiuno. Alle ore 22 la testa della colonna raggiungeva Tcertkovo, dove il comandante delle forze italiane della difesa faceva distribuire vettovaglie ed assicurava alloggiamenti al coperto. L'afflusso dei ritardatari continuava per l'intera giornata del 26 dicembre. Dall'esame della situazione, subito condotto con il Comando locale e con quello tedesco, risultava che la via verso ovest, su Belovodsk, era in possesso del nemico e che il movimento non poteva essere proseguito.
FRONTE DEL CORPO D'ARMATA ALPINO.
La giornata di Natale trascorreva relativamente calma.
domenica 25 dicembre 2022
Cronaca di una sconfitta annunciata, 24.12.42
Cronaca di una sconfitta annunciata; dall'11 dicembre 1942 al 31 gennaio 1943, giorno per giorno, la cronistoria dell'ARMIR durante l'offensiva sovietica "Piccolo Saturno". Tratto da "Le operazioni delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943), edito dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.
24 DICEMBRE.
Il Comando del Gruppo di Armate «B» aveva confermato all'8a Armata l'ordine di resistere in ogni modo all'avanzata nemica, articolando le azioni in base alla situazione di ciascun tratto del fronte: - resistenza rigida sulle posizioni intatte del Corpo d'Armata Alpino, fino a Novo Kalitva, e su quelle, assai meno consistenti, del XXIV Corpo corazzato, tra Novo Kalitva e Golaja; - resistenza temporeggiante e ritardatrice a sud di Golaja fino a Michailo Aleksandrovskji, azione da rendere sempre più statica e consistente con il sopraggiungere di nuove forze (19a Divisione corazzata) nella zona di Starobelsk - Belovodsk - Novo Markovka, iniziato il 24 dicembre.
Le necessità di prendere contatto sulla destra con il gruppo Fretter Pico, di sbloccare le forze italiane e tedesche assediate a Tcertkovo e quella, meno impellente, ma non remota, di respingere l'avversario verso il Don, non consentivano l'impiego della Divisione anche per estendere l'occupazione, come sarebbe stato utile, verso nord, per allinearsi con l'ala destra del XXIV Corpo d'Armata e per colmare la falla tra Golaja e Novo Markovka, ampia circa 40 chilometri. Poiché il Comando tedesco giudicava necessaria la ricostituzione di una linea continua, il compito fu assunto dal XXIV Corpo. Questo, dopo l'arrivo della Julia, del gruppo Fegelein e della 387a Divisione, non aveva ricevuto nuove forze, mentre per opporsi all'avanzata sovietica aveva veduto ridursi quelle esistenti. Per poter prolungare a sud la propria linea doveva necessariamente assottigliare lo schieramento in atto.
Nella giornata del 26 dicembre raggiungeva Michailovka, in quelle del 27 e del 28 si spingeva ancora fino a Vissotscinof, sul parallelo di Kantemirovka, dimezzando così la falla, che rimaneva pur sempre ampia circa 20 chilometri. Un simile vuoto nello schieramento permetteva ancora al nemico di operare a tergo dei due tronconi, lasciando aperta a nord la via di Valuijki alle spalle del Corpo d'Armata Alpino, mentre a sud esisteva analoga minaccia per il gruppo Fretter Pico. II Comando d'Armata prospettava la pericolosa situazione al Comando del Gruppo di Armate «B» e provvedeva direttamente, nel modesto limite delle sue possibilità, spostando il 2 gennaio le forze residue della Cosseria, in corso di riordinamento, dalla zona a sud-ovest di Rossosc a quella di Rovenki. Il Comando del Gruppo di Armate, però, fidando più sulle presunte intenzioni del nemico che sulle forze a propria disposizione, decideva di alleggerire ulteriormente lo schieramento del XXIV Corpo, sottraendogli le modestissime forze residue della 27a corazzata (già ridotta dall'allontanamento del gruppo Haufmann con la 298a Divisione).
Questa Grande Unità, nominalmente «corazzata», cessava, in pratica, di essere tale, ricevendo in rinforzo due «reggimenti di addestramento», incompleti nella preparazione alla guerra e nelle dotazioni; essi inoltre avrebbero conservato la dipendenza organica dalla loro originaria «Divisione d'addestramento». Era, questo, un altro sintomo della grave situazione in cui versava l'Esercito tedesco. La 27a Divisione, così ricostituita, prendeva posizione a sud di Vissotscinof, mentre il limite destro del XXIV Corpo veniva spostato a sud, sulla linea Kriniza - Nikolskojc - Tisckovka - Peski.
Il 28 dicembre il nuovo schieramento era in atto; il XXIV Corpo d'Armata corazzato aveva così assolto il compito ricevuto. Tuttavia le unità erano stanche, gli effettivi ridotti, l'occupazione a sud di Golaja realizzata soltanto con caposaldi troppo distanziati, mancavano le riserve. In sostanza, gli ordini superiori erano stati eseguiti ma la situazione su quel tratto di fronte risultava sempre precaria. A sud del XXIV Corpo, la Divisione corazzata, in un primo tempo, rinforzava i caposaldi di Novo Markovka e di Belovodsk, estendeva poi il proprio controllo a sud, nella valle del Derkul, dando protezione alla linea del Donez e coprendo Voroscilovgrad insieme con la retrostante zona minerario-industriale.
Il Comando del Gruppo d'Armate progettava, frattanto, una azione congiunta tra la 19a corazzata e le forze del presidio di Tcertkovo, per dare al nemico, penetrato nella zona di Voloscino (settore Fretter Pico), la sensazione di essere accerchiato. Il Comando d'Armata prospettava le difficoltà dell'operazione, ma l'attuazione del progetto era ugualmente tentata il 29 dicembre: - la 19a Divisione raggiungeva soltanto la zona di Strelzovka, nella valle Kamyscnaja, a circa 25 chilometri da Tcertkovo; - il presidio assediato compiva la sua puntata verso ovest, progredendo di poco; il collegamento diretto, il rifornimento di viveri e munizioni, lo sgombero di ammalati e feriti non potevano avere luogo, né in quel giorno, né in un secondo tentativo compiuto il 10 gennaio. Dal 29 dicembre all'8 gennaio, l'avversario conduceva consistenti attacchi contro la 19a Divisione nella valle Kamiscnaja, infliggendole un forte logorio, mentre stringeva sempre più da vicino i presidi assediati di Gartmiscevka e Tcertkovo.
BLOCCO SUD.
Alle ore 5 del 24 dicembre la colonna si poneva in marcia su Krasnojarovka, occupata di forza alle ore 20 dal 6° bersaglieri, che ne scacciava le forze sovietiche occupanti. La temperatura era scesa a -35°, aggravata da forte bufera di vento. La marcia terminava alle ore 5 del giorno di Natale. Durante la sosta, vuotati i serbatoi dalla benzina, venivano distrutti col fuoco tutti gli automezzi ormai inservibili; il carburante ricuperato veniva destinato agli automezzi impiegati per il traino delle poche artiglierie superstiti od al trasporto di feriti e congelati. II movimento previsto su Nizne Patmos veniva disdetto in quanto la strada era sbarrata dal nemico. Occorreva, pertanto, allungare l'itinerario con un aggiramento ad est.
BLOCCO NORD.
Alle ore 8 del 24 dicembre, era raggiunta Sidorovka, alle 11 Gussev. A circa 5 chilometri da Mankovo Kalitvenskaja, la colonna era deviata da forti resistenze nemiche non potute superare. La marcia doveva essere invertita verso sud per Poltavka (ore 14) - Ivanovka - Chodokov, avanzando nella neve alta, con temperatura rigidissima e nebbia. Molti i congelati che, sostando per riposarsi, passavano dal torpore alla morte per assideramento. Partigiani armati di armi automatiche e pezzi a tiro rapido tendevano frequenti agguati alla colonna.
FRONTE DEL CORPO D'ARMATA ALPINO.
Il 24 dicembre veniva sciolto il gruppo d'intervento della Julia. Alle ore 5,15 il nemico attaccava il battaglione Val Cismon che, con il concorso di cinque semoventi tedeschi, respingeva con un contrattacco l'avversario oltre le sue posizioni di partenza, catturando prigionieri, armi e materiali. Verso le ore 9,30 dello stesso giorno, il battaglione Vicenza, appoggiato da sei carri armati tedeschi, contrattaccava il fianco destro di un grosso reparto sovietico che minacciava Kriniscnaja, nel settore della 385a Divisione tedesca. L'azione dei russi era stroncata con gravi perdite. Alle ore 11 il battaglione Tolmezzo era nuovamente attaccato da due battaglioni sovietici, dopo brevissima e violentissima azione di fuoco, durante una vorticosa bufera di neve che batteva di fronte gli alpini, riducendone la visuale. Veniva respinto anche questo attacco, con il concorso dell'artiglieria della Cuneense. I prigionieri catturati asserivano che l'azione russa aveva per obiettivo l'abitato di Komarof.
DIFESA DI VOROSCILOVGRAD E Dl UN ALTRO SETTORE SUL DONEZ.
II Comandante del II Corpo d'Armata, consapevole che il morale dei reparti avrebbe avuto importanza determinante negli scontri con un nemico imbaldanzito dal recente successo, il 24 dicembre invitava il Comandante della Ravenna a svolgere ogni possibile azione perché tutti i dipendenti di ogni grado si prodigassero nell'adempimento dei loro compiti, dimostrando che le traversie subite tra Don e Donez non avevano inciso sulla loro capacità combattiva. II Comandante della Ravenna rispondeva assicurando che l'opera morale di comando era già stata svolta, precisando che nel negativo episodio di Kantemirovka non erano state coinvolte solamente unità della Divisione, ma anche altri corpi e specialmente reparti dei servizi.
Nella stessa giornata, il Comandante del II Corpo poteva riferire al Comando dell'8a Armata sulla consistenza della difesa della testa di ponte, nella quale erano impiegati 4.084 uomini (124 ufficiali) e 33 bocche da fuoco d'artiglieria di calibri varianti dai 20 ai 105 mm. Il Comando della Sezione di Gruppo d'Armate Fretter Pico, il 24 dicembre, comunicava al Comando del II Corpo la propria intenzione di trasferire le forze italiane dalla difesa dei ponti di Voroscilovgrad a quella di altro settore del Donez. Il Generale Zanghieri rispondeva il 25 dicembre comunicando le limitate possibilità di quei reparti. Però, già il 27 dicembre il Generale Fretter Pico comunicava personalmente al Generale Zanghieri l'ordine di spostamento della Ravenna. Alla fine dello stesso giorno il Comando del Gruppo di Armate «B» emanava i propri ordini per la prosecuzione della battaglia tra Don e Donez.
24 DICEMBRE.
Il Comando del Gruppo di Armate «B» aveva confermato all'8a Armata l'ordine di resistere in ogni modo all'avanzata nemica, articolando le azioni in base alla situazione di ciascun tratto del fronte: - resistenza rigida sulle posizioni intatte del Corpo d'Armata Alpino, fino a Novo Kalitva, e su quelle, assai meno consistenti, del XXIV Corpo corazzato, tra Novo Kalitva e Golaja; - resistenza temporeggiante e ritardatrice a sud di Golaja fino a Michailo Aleksandrovskji, azione da rendere sempre più statica e consistente con il sopraggiungere di nuove forze (19a Divisione corazzata) nella zona di Starobelsk - Belovodsk - Novo Markovka, iniziato il 24 dicembre.
Le necessità di prendere contatto sulla destra con il gruppo Fretter Pico, di sbloccare le forze italiane e tedesche assediate a Tcertkovo e quella, meno impellente, ma non remota, di respingere l'avversario verso il Don, non consentivano l'impiego della Divisione anche per estendere l'occupazione, come sarebbe stato utile, verso nord, per allinearsi con l'ala destra del XXIV Corpo d'Armata e per colmare la falla tra Golaja e Novo Markovka, ampia circa 40 chilometri. Poiché il Comando tedesco giudicava necessaria la ricostituzione di una linea continua, il compito fu assunto dal XXIV Corpo. Questo, dopo l'arrivo della Julia, del gruppo Fegelein e della 387a Divisione, non aveva ricevuto nuove forze, mentre per opporsi all'avanzata sovietica aveva veduto ridursi quelle esistenti. Per poter prolungare a sud la propria linea doveva necessariamente assottigliare lo schieramento in atto.
Nella giornata del 26 dicembre raggiungeva Michailovka, in quelle del 27 e del 28 si spingeva ancora fino a Vissotscinof, sul parallelo di Kantemirovka, dimezzando così la falla, che rimaneva pur sempre ampia circa 20 chilometri. Un simile vuoto nello schieramento permetteva ancora al nemico di operare a tergo dei due tronconi, lasciando aperta a nord la via di Valuijki alle spalle del Corpo d'Armata Alpino, mentre a sud esisteva analoga minaccia per il gruppo Fretter Pico. II Comando d'Armata prospettava la pericolosa situazione al Comando del Gruppo di Armate «B» e provvedeva direttamente, nel modesto limite delle sue possibilità, spostando il 2 gennaio le forze residue della Cosseria, in corso di riordinamento, dalla zona a sud-ovest di Rossosc a quella di Rovenki. Il Comando del Gruppo di Armate, però, fidando più sulle presunte intenzioni del nemico che sulle forze a propria disposizione, decideva di alleggerire ulteriormente lo schieramento del XXIV Corpo, sottraendogli le modestissime forze residue della 27a corazzata (già ridotta dall'allontanamento del gruppo Haufmann con la 298a Divisione).
Questa Grande Unità, nominalmente «corazzata», cessava, in pratica, di essere tale, ricevendo in rinforzo due «reggimenti di addestramento», incompleti nella preparazione alla guerra e nelle dotazioni; essi inoltre avrebbero conservato la dipendenza organica dalla loro originaria «Divisione d'addestramento». Era, questo, un altro sintomo della grave situazione in cui versava l'Esercito tedesco. La 27a Divisione, così ricostituita, prendeva posizione a sud di Vissotscinof, mentre il limite destro del XXIV Corpo veniva spostato a sud, sulla linea Kriniza - Nikolskojc - Tisckovka - Peski.
Il 28 dicembre il nuovo schieramento era in atto; il XXIV Corpo d'Armata corazzato aveva così assolto il compito ricevuto. Tuttavia le unità erano stanche, gli effettivi ridotti, l'occupazione a sud di Golaja realizzata soltanto con caposaldi troppo distanziati, mancavano le riserve. In sostanza, gli ordini superiori erano stati eseguiti ma la situazione su quel tratto di fronte risultava sempre precaria. A sud del XXIV Corpo, la Divisione corazzata, in un primo tempo, rinforzava i caposaldi di Novo Markovka e di Belovodsk, estendeva poi il proprio controllo a sud, nella valle del Derkul, dando protezione alla linea del Donez e coprendo Voroscilovgrad insieme con la retrostante zona minerario-industriale.
Il Comando del Gruppo d'Armate progettava, frattanto, una azione congiunta tra la 19a corazzata e le forze del presidio di Tcertkovo, per dare al nemico, penetrato nella zona di Voloscino (settore Fretter Pico), la sensazione di essere accerchiato. Il Comando d'Armata prospettava le difficoltà dell'operazione, ma l'attuazione del progetto era ugualmente tentata il 29 dicembre: - la 19a Divisione raggiungeva soltanto la zona di Strelzovka, nella valle Kamyscnaja, a circa 25 chilometri da Tcertkovo; - il presidio assediato compiva la sua puntata verso ovest, progredendo di poco; il collegamento diretto, il rifornimento di viveri e munizioni, lo sgombero di ammalati e feriti non potevano avere luogo, né in quel giorno, né in un secondo tentativo compiuto il 10 gennaio. Dal 29 dicembre all'8 gennaio, l'avversario conduceva consistenti attacchi contro la 19a Divisione nella valle Kamiscnaja, infliggendole un forte logorio, mentre stringeva sempre più da vicino i presidi assediati di Gartmiscevka e Tcertkovo.
BLOCCO SUD.
Alle ore 5 del 24 dicembre la colonna si poneva in marcia su Krasnojarovka, occupata di forza alle ore 20 dal 6° bersaglieri, che ne scacciava le forze sovietiche occupanti. La temperatura era scesa a -35°, aggravata da forte bufera di vento. La marcia terminava alle ore 5 del giorno di Natale. Durante la sosta, vuotati i serbatoi dalla benzina, venivano distrutti col fuoco tutti gli automezzi ormai inservibili; il carburante ricuperato veniva destinato agli automezzi impiegati per il traino delle poche artiglierie superstiti od al trasporto di feriti e congelati. II movimento previsto su Nizne Patmos veniva disdetto in quanto la strada era sbarrata dal nemico. Occorreva, pertanto, allungare l'itinerario con un aggiramento ad est.
BLOCCO NORD.
Alle ore 8 del 24 dicembre, era raggiunta Sidorovka, alle 11 Gussev. A circa 5 chilometri da Mankovo Kalitvenskaja, la colonna era deviata da forti resistenze nemiche non potute superare. La marcia doveva essere invertita verso sud per Poltavka (ore 14) - Ivanovka - Chodokov, avanzando nella neve alta, con temperatura rigidissima e nebbia. Molti i congelati che, sostando per riposarsi, passavano dal torpore alla morte per assideramento. Partigiani armati di armi automatiche e pezzi a tiro rapido tendevano frequenti agguati alla colonna.
FRONTE DEL CORPO D'ARMATA ALPINO.
Il 24 dicembre veniva sciolto il gruppo d'intervento della Julia. Alle ore 5,15 il nemico attaccava il battaglione Val Cismon che, con il concorso di cinque semoventi tedeschi, respingeva con un contrattacco l'avversario oltre le sue posizioni di partenza, catturando prigionieri, armi e materiali. Verso le ore 9,30 dello stesso giorno, il battaglione Vicenza, appoggiato da sei carri armati tedeschi, contrattaccava il fianco destro di un grosso reparto sovietico che minacciava Kriniscnaja, nel settore della 385a Divisione tedesca. L'azione dei russi era stroncata con gravi perdite. Alle ore 11 il battaglione Tolmezzo era nuovamente attaccato da due battaglioni sovietici, dopo brevissima e violentissima azione di fuoco, durante una vorticosa bufera di neve che batteva di fronte gli alpini, riducendone la visuale. Veniva respinto anche questo attacco, con il concorso dell'artiglieria della Cuneense. I prigionieri catturati asserivano che l'azione russa aveva per obiettivo l'abitato di Komarof.
DIFESA DI VOROSCILOVGRAD E Dl UN ALTRO SETTORE SUL DONEZ.
II Comandante del II Corpo d'Armata, consapevole che il morale dei reparti avrebbe avuto importanza determinante negli scontri con un nemico imbaldanzito dal recente successo, il 24 dicembre invitava il Comandante della Ravenna a svolgere ogni possibile azione perché tutti i dipendenti di ogni grado si prodigassero nell'adempimento dei loro compiti, dimostrando che le traversie subite tra Don e Donez non avevano inciso sulla loro capacità combattiva. II Comandante della Ravenna rispondeva assicurando che l'opera morale di comando era già stata svolta, precisando che nel negativo episodio di Kantemirovka non erano state coinvolte solamente unità della Divisione, ma anche altri corpi e specialmente reparti dei servizi.
Nella stessa giornata, il Comandante del II Corpo poteva riferire al Comando dell'8a Armata sulla consistenza della difesa della testa di ponte, nella quale erano impiegati 4.084 uomini (124 ufficiali) e 33 bocche da fuoco d'artiglieria di calibri varianti dai 20 ai 105 mm. Il Comando della Sezione di Gruppo d'Armate Fretter Pico, il 24 dicembre, comunicava al Comando del II Corpo la propria intenzione di trasferire le forze italiane dalla difesa dei ponti di Voroscilovgrad a quella di altro settore del Donez. Il Generale Zanghieri rispondeva il 25 dicembre comunicando le limitate possibilità di quei reparti. Però, già il 27 dicembre il Generale Fretter Pico comunicava personalmente al Generale Zanghieri l'ordine di spostamento della Ravenna. Alla fine dello stesso giorno il Comando del Gruppo di Armate «B» emanava i propri ordini per la prosecuzione della battaglia tra Don e Donez.
sabato 24 dicembre 2022
Cronaca di una sconfitta annunciata, 23.12.42
Cronaca di una sconfitta annunciata; dall'11 dicembre 1942 al 31 gennaio 1943, giorno per giorno, la cronistoria dell'ARMIR durante l'offensiva sovietica "Piccolo Saturno". Tratto da "Le operazioni delle unità italiane al Fronte Russo (1941-1943), edito dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.
23 DICEMBRE.
Il Comando del Gruppo di Armate «B» nella giornata del 23 dicembre, mutava lo schieramento della propria ala destra, assegnandone la parte meridionale al gruppo Fretter Pico (XXX Corpo d'Armata tedesco) e restringendo sensibilmente l'ampiezza del settore affidato all'8a Armata italiana, dando a questa il compito principale «di ostacolare e ritardare quanto possibile una avanzata di ulteriori forze nemiche oltre la linea ferroviaria» Rossosc-Millerovo e di «difendere in modo decisivo» il fronte sul Don tenuto dal Corpo d'Armata Alpino italiano fino a Novo Kalitva e quello del XXIV Corpo d'Armata corazzato tedesco da Novo Kalitva a Golaja. Su questo tratto erano schierate da nord a sud la Divisione Julia, la 385a tedesca, il gruppo Fegelein, la 27a corazzata tedesca e la 387a tedesca.
A sud di Golaja, però, non tutto il territorio era stato abbandonato al nemico, poiché nelle località di Bugajevka, Gartmiscevka e Tcertkovo, tre isolati presidi italiani erano rimasti operanti a contrastare l'avanzata delle forze avversarie, dando copertura al fianco sinistro del gruppo Fretter Pico impegnato in azioni offensive contro Diogtevo. Il Comando d'Armata doveva eseguire il compito ricevuto, pur non disponendo più: - del II Corpo d'Armata, ritirato dal fronte ed in corso di riordinamento nelle zone di Voroscilovgrad (Divisione Ravenna) e di Rossosc (Divisione Cosseria); - del XXXV Corpo d'Armata - CSIR, con le Divisioni Sforzesca, Pasubio, Torino e 3a Celere, rimaste tutte fuori del nuovo limite meridionale del settore e che stavano faticosamente ripiegando verso il Donez.
Era, però, in via d'affluenza la 1a Divisione corazzata tedesca, destinata a schierarsi sulla destra del XXIV Corpo corazzato, rimanendo alle dirette dipendenze del Comando d'Armata. Alcuni suoi elementi avevano costituito presidi sulla nota linea ferroviaria e, quando fosse stato completato l'arrivo delle altre forze, l'intera Grande Unità avrebbe cooperato alla nuova avanzata verso est. A tutte le forze tedesche dipendenti il Comando d'Armata impartiva i propri ordini nella giornata del 23.
PROSECUZIONE DEL RIPIEGAMENTO DELLE DIVISIONI DI FANTERIA.
Le unità dell'8a Armata italiana, che dal 19 dicembre erano in ritirata dalla linea del Don, formavano due blocchi di forze in ripiegamento su altrettanti itinerari principali: - blocco sud; - blocco nord. Le unità del II Corpo d'Armata ebbero sorte diversa, come precisato più avanti.
BLOCCO SUD.
Si era venuto costituendo a Kijevskoj, durante la giornata del 22 dicembre, con elementi delle più varie provenienze, confluiti attorno al maggiore nucleo omogeneo della Sforzesca. Il più importante reparto che si era unito a questa Divisione era il 6° reggimento bersaglieri. Invece, gli uomini provenienti dal II Corpo d'Armata, dal XXXV - CSIR e dalle altre Divisioni italiane del XXIX Corpo tedesco, si erano riuniti e avevano costituito un reggimento di formazione, denominato «Mazzocchi» dal nome del Comandante del 79° fanteria che ne teneva il comando. Questa nuova unità era costituita su tre battaglioni, che prendevano il nome dalle Divisioni dalle quali proveniva la maggior parte del personale inquadrato: - il battaglione Pasubio raggruppava appartenenti al 79° fanteria e ad altri ventuno reparti delle Divisioni Torino, Ravenna, Celere, del Comando del XXXV Corpo e di altre unità e servizi di Corpo d'Armata e d'Armata; - il II battaglione Celere (meno il 6° bersaglieri) inquadrava elementi provenienti da trentatré reparti delle Divisioni Ravenna e Torino, del Comando del XXXV Corpo e di altre unità e servizi di Corpo d'Armata e d'Armata; - il III battaglione Sforzesca comprendeva tutti gli elementi appiedati appartenenti all'omonima Divisione, non inquadrati nel loro reggimento o negli altri minori reparti.
I battaglioni, formati dapprima su tre compagnie di tre plotoni, dovettero essere portati a quattro compagnie ciascuno, facendosi distinzione tra il personale provvisto dell'armamento individuale e quello che ne era sprovvisto. Il reggimento era dotato del solo pezzo da 75/27 potuto portare in salvo dall'8° reggimento artiglieria della Pasubio, che era stato prima affiancato ai pezzi superstiti del 17° artiglieria della Sforzesca e poi restituito alla sua Divisione. Durante la giornata erano state respinte puntate di mezzi corazzati avversari provenienti da Nizne Astachof. Due carri armati erano stati distrutti. Nella notte sul 23 dicembre, il 6° reggimento bersaglieri rinforzato dalle artiglierie disponibili, sostituiva un gruppo tedesco nello sbarramento della valle Nagolnaja ad ovest di Kievskoj, rimanendo sulle posizioni fino all'imbrunire del giorno seguente e combattendo per l'intera giornata. Le rimanenti unità raggiungevano Annenskij, dove, per ordine del Comando del XXIX Corpo tedesco, si organizzavano a caposaldo per difendersi dalle forze avversarie che occupavano la valle Nagolnaja. Ad Annenskii potevano congiungersi ai superstiti del 53° fanteria.
BLOCCO NORD.
Il 23 dicembre, data la situazione, il Comandante della Torino ordinava l'incenerimento delle bandiere reggimentali, per evitarne la possibile cattura. La violenza dell'azione di fuoco avversaria cresceva di giorno in giorno con l'impiego di bocche da fuoco di maggiore potenza. Le operazioni di riordinamento intese a conferire ai reparti di formazione la maggiore possibile organicità, e quindi un rendimento migliore, venivano turbate dalla perentoria richiesta tedesca tendente ad ottenere immediatamente 14 reparti di formazione italiani di circa 100 uomini, da impiegare nella difesa dei settori comandati dai Generali italiani Capizzi (Ravenna) e Rossi (Torino).
Alla sera tutti i comandanti italiani erano invitati a radunarsi al Comando della 298a, per conferire maggiore prontezza di decisioni e di intervento alla loro azione di guida dei reparti. Nelle prime ore della notte venivano diramati gli ordini per la rottura dell'accerchiamento ed il trasferimento nel caposaldo di Tcertkovo. I feriti ed i congelati in grado di marciare seguivano la colonna, gli altri erano trasportati sulle slitte disponibili o sul solo autocarro per il quale era stata trovata benzina; gli intrasportabili venivano lasciati sul posto, affidati al senso di umana solidarietà dell'avversario. Alle 23,30 aveva inizio il movimento. I sovietici attaccavano la retroguardia italiana, ma questa li tratteneva durante tutto lo sfilamento della colonna. Il combattimento durava fino all'alba del 24 dicembre ed alcuni reparti impegnati nella lotta non riuscivano più a raggiungere la colonna.
La temperatura era scesa a -40° ed i soldati italiani marciavano un'altra volta digiuni, perché non era stato possibile ottenere gli avio rifornimenti richiesti, né il Comando della 298a Divisione tedesca, a fianco della quale pure combattevano i reparti italiani, aveva ceduto una parte del proprio vettovagliamento. La marcia notturna, per merito della retroguardia italiana, consentiva alla colonna di sottrarsi al nemico, seguendo un itinerario in aperta campagna.
Divisione Cosseria.
Raccolti a Sofjcvka il Comando della Divisione, una parte del 90° fanteria, il 108° artiglieria (meno un gruppo), i reparti del genio ed i servizi, dopo che i resti dell'89° fanteria si erano raccolti a Losctscina e dopo aver combattuto fino al 20 a fianco della 385a Divisione, il 23 dicembre, tutta la Cosseria si trasferiva nella zona di Lisinovka-Jekaterinovka, in prossimità di Rossosc, dove sostava fino al 31 dicembre, passando alle dipendenze d'impiego del Corpo d'Armata Alpino. Tra il 10 ed il 5 gennaio, esigenze operative determinavano lo spostamento della Divisione nella zona di Rovenki-Beloluzkaja, a protezione del fianco destro del Corpo d'Armata Alpino, continuando nella nuova dislocazione le operazioni di riordinamento, già iniziate.
Da quella zona, per un aggravamento della situazione sul fronte del XXIV Corpo d' Armata corazzato tedesco, la Divisione, passata alle dipendenze dirette del Comando d'Armata, veniva avviata in direzione di sud-ovest fino a raggiungere Izjum. Da qui si diresse poi a nord-ovest, iniziando una lunga marcia a piedi di 1.300 chilometri, con temperature talora discese al di sotto dei -40°, ed eseguita sempre nel rispetto dell'ordine e della disciplina. Fu percorso l'itinerario Karkov - Ahtyrka - Romny - Priluki - Neshin, fino a Novo Beliza, nella zona di Gomel (Russia Bianca) raggiunta il 7 marzo. La Divisione si ricongiungeva così al Comando del II Corpo d'Armata ed alla Divisione Ravenna.
FRONTE DEL CORPO D'ARMATA ALPINO.
Nella giornata del 23 dicembre non avevano luogo azioni importanti.
DIFESA DI VOROSCILOVGRAD E Dl UN ALTRO SETTORE SUL DONEZ.
Il Comando dell'8a Armata, nella giornata del 23 dicembre, stabiliva che la difesa della testa di ponte aveva grande importanza ai fini di future azioni controffensive e che quel compito era preminente sugli altri. Prescriveva, inoltre, che la difesa tenesse contegno aggressivo, spingendo le proprie punte contro le fanterie nemiche avanzanti.
23 DICEMBRE.
Il Comando del Gruppo di Armate «B» nella giornata del 23 dicembre, mutava lo schieramento della propria ala destra, assegnandone la parte meridionale al gruppo Fretter Pico (XXX Corpo d'Armata tedesco) e restringendo sensibilmente l'ampiezza del settore affidato all'8a Armata italiana, dando a questa il compito principale «di ostacolare e ritardare quanto possibile una avanzata di ulteriori forze nemiche oltre la linea ferroviaria» Rossosc-Millerovo e di «difendere in modo decisivo» il fronte sul Don tenuto dal Corpo d'Armata Alpino italiano fino a Novo Kalitva e quello del XXIV Corpo d'Armata corazzato tedesco da Novo Kalitva a Golaja. Su questo tratto erano schierate da nord a sud la Divisione Julia, la 385a tedesca, il gruppo Fegelein, la 27a corazzata tedesca e la 387a tedesca.
A sud di Golaja, però, non tutto il territorio era stato abbandonato al nemico, poiché nelle località di Bugajevka, Gartmiscevka e Tcertkovo, tre isolati presidi italiani erano rimasti operanti a contrastare l'avanzata delle forze avversarie, dando copertura al fianco sinistro del gruppo Fretter Pico impegnato in azioni offensive contro Diogtevo. Il Comando d'Armata doveva eseguire il compito ricevuto, pur non disponendo più: - del II Corpo d'Armata, ritirato dal fronte ed in corso di riordinamento nelle zone di Voroscilovgrad (Divisione Ravenna) e di Rossosc (Divisione Cosseria); - del XXXV Corpo d'Armata - CSIR, con le Divisioni Sforzesca, Pasubio, Torino e 3a Celere, rimaste tutte fuori del nuovo limite meridionale del settore e che stavano faticosamente ripiegando verso il Donez.
Era, però, in via d'affluenza la 1a Divisione corazzata tedesca, destinata a schierarsi sulla destra del XXIV Corpo corazzato, rimanendo alle dirette dipendenze del Comando d'Armata. Alcuni suoi elementi avevano costituito presidi sulla nota linea ferroviaria e, quando fosse stato completato l'arrivo delle altre forze, l'intera Grande Unità avrebbe cooperato alla nuova avanzata verso est. A tutte le forze tedesche dipendenti il Comando d'Armata impartiva i propri ordini nella giornata del 23.
PROSECUZIONE DEL RIPIEGAMENTO DELLE DIVISIONI DI FANTERIA.
Le unità dell'8a Armata italiana, che dal 19 dicembre erano in ritirata dalla linea del Don, formavano due blocchi di forze in ripiegamento su altrettanti itinerari principali: - blocco sud; - blocco nord. Le unità del II Corpo d'Armata ebbero sorte diversa, come precisato più avanti.
BLOCCO SUD.
Si era venuto costituendo a Kijevskoj, durante la giornata del 22 dicembre, con elementi delle più varie provenienze, confluiti attorno al maggiore nucleo omogeneo della Sforzesca. Il più importante reparto che si era unito a questa Divisione era il 6° reggimento bersaglieri. Invece, gli uomini provenienti dal II Corpo d'Armata, dal XXXV - CSIR e dalle altre Divisioni italiane del XXIX Corpo tedesco, si erano riuniti e avevano costituito un reggimento di formazione, denominato «Mazzocchi» dal nome del Comandante del 79° fanteria che ne teneva il comando. Questa nuova unità era costituita su tre battaglioni, che prendevano il nome dalle Divisioni dalle quali proveniva la maggior parte del personale inquadrato: - il battaglione Pasubio raggruppava appartenenti al 79° fanteria e ad altri ventuno reparti delle Divisioni Torino, Ravenna, Celere, del Comando del XXXV Corpo e di altre unità e servizi di Corpo d'Armata e d'Armata; - il II battaglione Celere (meno il 6° bersaglieri) inquadrava elementi provenienti da trentatré reparti delle Divisioni Ravenna e Torino, del Comando del XXXV Corpo e di altre unità e servizi di Corpo d'Armata e d'Armata; - il III battaglione Sforzesca comprendeva tutti gli elementi appiedati appartenenti all'omonima Divisione, non inquadrati nel loro reggimento o negli altri minori reparti.
I battaglioni, formati dapprima su tre compagnie di tre plotoni, dovettero essere portati a quattro compagnie ciascuno, facendosi distinzione tra il personale provvisto dell'armamento individuale e quello che ne era sprovvisto. Il reggimento era dotato del solo pezzo da 75/27 potuto portare in salvo dall'8° reggimento artiglieria della Pasubio, che era stato prima affiancato ai pezzi superstiti del 17° artiglieria della Sforzesca e poi restituito alla sua Divisione. Durante la giornata erano state respinte puntate di mezzi corazzati avversari provenienti da Nizne Astachof. Due carri armati erano stati distrutti. Nella notte sul 23 dicembre, il 6° reggimento bersaglieri rinforzato dalle artiglierie disponibili, sostituiva un gruppo tedesco nello sbarramento della valle Nagolnaja ad ovest di Kievskoj, rimanendo sulle posizioni fino all'imbrunire del giorno seguente e combattendo per l'intera giornata. Le rimanenti unità raggiungevano Annenskij, dove, per ordine del Comando del XXIX Corpo tedesco, si organizzavano a caposaldo per difendersi dalle forze avversarie che occupavano la valle Nagolnaja. Ad Annenskii potevano congiungersi ai superstiti del 53° fanteria.
BLOCCO NORD.
Il 23 dicembre, data la situazione, il Comandante della Torino ordinava l'incenerimento delle bandiere reggimentali, per evitarne la possibile cattura. La violenza dell'azione di fuoco avversaria cresceva di giorno in giorno con l'impiego di bocche da fuoco di maggiore potenza. Le operazioni di riordinamento intese a conferire ai reparti di formazione la maggiore possibile organicità, e quindi un rendimento migliore, venivano turbate dalla perentoria richiesta tedesca tendente ad ottenere immediatamente 14 reparti di formazione italiani di circa 100 uomini, da impiegare nella difesa dei settori comandati dai Generali italiani Capizzi (Ravenna) e Rossi (Torino).
Alla sera tutti i comandanti italiani erano invitati a radunarsi al Comando della 298a, per conferire maggiore prontezza di decisioni e di intervento alla loro azione di guida dei reparti. Nelle prime ore della notte venivano diramati gli ordini per la rottura dell'accerchiamento ed il trasferimento nel caposaldo di Tcertkovo. I feriti ed i congelati in grado di marciare seguivano la colonna, gli altri erano trasportati sulle slitte disponibili o sul solo autocarro per il quale era stata trovata benzina; gli intrasportabili venivano lasciati sul posto, affidati al senso di umana solidarietà dell'avversario. Alle 23,30 aveva inizio il movimento. I sovietici attaccavano la retroguardia italiana, ma questa li tratteneva durante tutto lo sfilamento della colonna. Il combattimento durava fino all'alba del 24 dicembre ed alcuni reparti impegnati nella lotta non riuscivano più a raggiungere la colonna.
La temperatura era scesa a -40° ed i soldati italiani marciavano un'altra volta digiuni, perché non era stato possibile ottenere gli avio rifornimenti richiesti, né il Comando della 298a Divisione tedesca, a fianco della quale pure combattevano i reparti italiani, aveva ceduto una parte del proprio vettovagliamento. La marcia notturna, per merito della retroguardia italiana, consentiva alla colonna di sottrarsi al nemico, seguendo un itinerario in aperta campagna.
Divisione Cosseria.
Raccolti a Sofjcvka il Comando della Divisione, una parte del 90° fanteria, il 108° artiglieria (meno un gruppo), i reparti del genio ed i servizi, dopo che i resti dell'89° fanteria si erano raccolti a Losctscina e dopo aver combattuto fino al 20 a fianco della 385a Divisione, il 23 dicembre, tutta la Cosseria si trasferiva nella zona di Lisinovka-Jekaterinovka, in prossimità di Rossosc, dove sostava fino al 31 dicembre, passando alle dipendenze d'impiego del Corpo d'Armata Alpino. Tra il 10 ed il 5 gennaio, esigenze operative determinavano lo spostamento della Divisione nella zona di Rovenki-Beloluzkaja, a protezione del fianco destro del Corpo d'Armata Alpino, continuando nella nuova dislocazione le operazioni di riordinamento, già iniziate.
Da quella zona, per un aggravamento della situazione sul fronte del XXIV Corpo d' Armata corazzato tedesco, la Divisione, passata alle dipendenze dirette del Comando d'Armata, veniva avviata in direzione di sud-ovest fino a raggiungere Izjum. Da qui si diresse poi a nord-ovest, iniziando una lunga marcia a piedi di 1.300 chilometri, con temperature talora discese al di sotto dei -40°, ed eseguita sempre nel rispetto dell'ordine e della disciplina. Fu percorso l'itinerario Karkov - Ahtyrka - Romny - Priluki - Neshin, fino a Novo Beliza, nella zona di Gomel (Russia Bianca) raggiunta il 7 marzo. La Divisione si ricongiungeva così al Comando del II Corpo d'Armata ed alla Divisione Ravenna.
FRONTE DEL CORPO D'ARMATA ALPINO.
Nella giornata del 23 dicembre non avevano luogo azioni importanti.
DIFESA DI VOROSCILOVGRAD E Dl UN ALTRO SETTORE SUL DONEZ.
Il Comando dell'8a Armata, nella giornata del 23 dicembre, stabiliva che la difesa della testa di ponte aveva grande importanza ai fini di future azioni controffensive e che quel compito era preminente sugli altri. Prescriveva, inoltre, che la difesa tenesse contegno aggressivo, spingendo le proprie punte contro le fanterie nemiche avanzanti.
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