sabato 30 novembre 2019

Lettera da un disperso...

Ciao mi chiamo Luigi, ma mi potrei chiamare Paolo, Giovanni, Andrea, Battista... sono uno dei tanti dispersi della campagna di Russia. Sono partito dall'Italia nel 1942 e non ci sono più tornato. Non importa se sono stato un volontario o un richiamato; se un fante o un alpino o un carrista o una camicia nera; se soldato o ufficiale; se ero in prima linea o nelle retrovie; se sono morto per una fucilata o per il freddo. Non importa questo.

Sono partito e non sono più tornato. I miei resti sono ancora qui sotto un metro di terra e nessuno mi ha più portato a casa. Ho lasciato la mamma, il papà ed una sorella più piccola. Non mi hanno più visto da quel giorno del 1942. Qualche lettera si ma niente altro. La mia famiglia ad un certo punto non ha più avuto mie notizie; hanno scritto, cercato, incontrato persone, ma nessuno li ha potuti aiutare. La mamma è morta, dopo qualche anno straziata dal dolore per aver perso suo figlio in Russia; il papà qualche anno dopo la mia mamma; mia sorella, mai conosciuta in vita, solo da qualche anno con una vita segnata dal lutto e dal vedere la sua famiglia distrutta.

Sono morto qui e non sono più tornato. Non so esattamente dove sono ora. I miei resti sparsi da qualche parte in Russia: ogni tanto vedo qualcuno che ci passa vicino, vorrei gridare per dirgli che sono qui sotto. Vorrei dirgli di scavare, di prendere i miei resti e di portarli a casa. Almeno quelli. Non c’è più nessuno che mi aspetta, ma sono partito dall'Italia e vorrei tornare in Italia. Ho saputo che qualche italiano, degno di questo nome, viene qui per cercare i nostri caduti, ma qui dove sono io non è mai venuto nessuno.

Non sono più tornato e non so dove sono. Qui d’inverno, come allora, fa tremendamente freddo; d’estate crescono i girasoli. Sono solo, anche se so per certo che vicino a me ci sono altri che non sono più tornati. Non li vedo, ma so che ci sono. Qui in Russia i campi sono pieni di altri ragazzi come me che non sono più tornati. Perché nessuno viene a prenderci?

So che diverse persone, poche a dire il vero, parlano ancora di noi e ci ricordano; ecco a loro chiedo di non dimenticarci, di continuare a farlo. Basta che ogni persona racconti la nostra storia ad un’altra più giovane per non farci morire ancora una volta, per tenere vivo il ricordo di tutti quei ragazzi che hanno dato tutto all'Italia e non sono più tornati. Raccontate a chi non conosce la nostra storia, cosa è successo, cosa abbiamo patito, perché non siamo più tornati a casa.

Io non sono più tornato…

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